Tears
Avrebbe potuto negarlo fino allo svenimento ma dentro di lei sapeva che nemmeno il Babbano più sciocco le avrebbe creduto.
Poteva ripetersi a gran voce, in
solitudine, che non era certo colpa sua se il suo primogenito era venuto su
così.
Eppure più lo guardava più si sentiva
sprofondare dietro la consapevolezza di quanto lui le somigliasse.
Gli occhi grandi e capaci di essere
rassicuranti e, un attimo dopo, di intimidire chiunque, di un grigio ghiaccio
che se osservato da vicino pareva cambiare le sfumature di azzurro chiaro qua e
la in un nero profondo, scuro come la pece.
Il naso diritto, le labbra carnose e
perfette, un piccolo neo poco sotto l’occhio destro e il tutto su un viso
delicato e duro al tempo stesso, incorniciato da capelli corvini lunghi fino a
sfiorare le spalle larghe.
Il suo volto era pura contraddizione.
Bellissimo: meglio non sarebbe potuto
venite, il suo Sirius, ma così tremendamente testardo e ribelle da metterle
addosso la voglia di strappargli quella luce dagli occhi e quel sorrisetto
sbruffone sull’angolo del labbro inferiore.
Sirius era capace di martoriarle gli impulsi
più affabili ancor prima che questi avessero il tempo di accarezzarle l’animo! Ma non era stato sempre così...
Ricordava la prima volta che lo aveva
preso fra le braccia, come quella creaturina fosse riuscita ad accendere in lei
un amore indescrivibile.
Non avrebbe mai pensato di poter
vedere quel sentimento affievolirsi a tal modo, scivolare via tra le sue dita,
sbiadire dietro una rabbia troppo accesa per poter essere accantonata. Non
svanire del tutto: quello sarebbe stato impossibile, ma venire oscurato dal’odio
per ogni suo sbaglio e per l’orgoglio al quale non voleva cedere per dare
spazio ai suoi capricci – che poi capricci non erano!
Tutto aveva pensato, Warburga, meno
che a vederlo così forte e capace di fare le scelte più difficili senza contare
su nessuno.
Sirius l’aveva sfidata con lo sguardo
quella vigilia di Natale, dopo una delle più violente litigate.
Quando lei lo aveva visto passare per
il corridoio con il suo baule e con l’orgoglio e la rabbia che gli dipingevano
una maschera rappresa sul volto ancora da bambino ma che l’aveva guardata con gli occhi di un ragazzo più grande, cresciuto troppo in fretta.
Quindici anni e poco sale nella
zucca, si era detta la signora Black. Lo aveva chiamato per nome e gli aveva
chiesto, burbera, che intenzioni aveva.
Il Grifondoro aveva risposto in malo
modo e Walburga gli aveva tirato uno schiaffo in piena guancia.
Aveva visto la carnagione chiara arrossarsi
e lacrime trattenute lucidare gli occhi del suo primogenito.
Si aspettava il solito scoppio di
urla, qualcosa con la quale sarebbe stata più o meno in grado di cavarsela, non
vederlo voltarsi e camminare spedito fino alla porta.
«Se esci da questa casa, Sirius, giuro che dimenticherò per
sempre di aver avuto un altro figlio al di fuori di Regulus. La pagherai cara,
Sirius.» disse sottovoce mentre suo figlio era immobile con la
maniglia del portone già sotto il palmo della mano.
Non credeva che lo avrebbe fatto,
eppure Sirius aveva spinto con forza il pomello a forma di serpente verso il
basso ed era uscito di casa sbattendosi la porta alle spalle.
L’unica cosa che era riuscito a
pensare mentre sua madre gridava la sua rabbia ed incendiava l’immagine del
primogenito dall'albero genealogico della sua famiglia, incapace di reprimere
le lacrime, era che in nessun posto, in nessun tempo mai, una madre avrebbe
dovuto perdere l’amore per il figlio a quel modo.
E alla fine anche Sirius venne
travolto dalle stesse lacrime della madre, ira e dolore, ed esse gli erano
scivolate lungo le guance calde, lasciando una scia umida che si congelava al
contatto con l’aria pungente che segue le nevicate. Ma quel freddo non lo
uccideva come ciò che provava…
Dentro di lui sapeva che per sempre
avrebbe strutto l’affetto materno che gli era stato negato.