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Autore: Aleptos    24/05/2007    2 recensioni
Attenzione! Lettura sconsigliata a cardiopatici e malati di cuore. Può causare infarto. Può avere effetti collaterali quali svenimento, vomito, schizofrenia e impulsi omicidi ossessivo-compulsivi. Non somministrare al di sotto dei 12 anni.

Neurone fuori uso. Aggiornamento spostato al 20/06/07.

Genere: Romantico, Triste, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi scuso per il ritardo enorme, ma, si sa, con la scuola è difficile, anzi difficilissimo andare avanti. Pensate che mentre sto scrivendo questo dovrei stare studiando greco.

Da questo capitolo in poi le cose si movimentano, e appariranno personaggi nuovi... ditemi se i frutti della mia mente artereosclerotica sono accettabili.

P.S. Fujiko, in giapponese, significa fenice.

 

Cap 12- Black holes and revelations

 

"This ship is taking me far away
Far away from the memories
Of the people who care if I live or die"

Muse, 'Starlight'

Il vicolo era stretto, umido e soprattutto sporco. La luce del sole non faceva altro che accentuare queste caratteristiche, e Ryo Saeba si ripromise, se mai sarebbe capitato, di tornare di sera. Un gatto che dire magro era un eufemismo di dimensioni colossali lo squadrò guardingo dalla cima del cassonetto dove sperava di trovare qualcosa da mettere sotto i denti. La donna che stendeva il bucato sul balcone che lo sovrastava aveva il volto scavato dalla fatica, più che dalla fame, e un taglio sullo zigomo sinistro. Una voce maschile, impastata dall'alcool, le urlò di rientrare.

Lo sweeper si lasciò alle spalle il pianto della donna e le urla dell'uomo.

La porta era rossa, scrostata in più punti e necessitò di una volenterosa spinta per scivolare sui propri cardini arruginiti, cigolando. La scala dai gradini irregolari puzzava di muffa e di Dio solo sapeva quant'altro; gli bastò seguirla per ritrovarsi in una specie di cucina dove un frigorifero d'epoca riempiva l'aria del suo ronzio basso e continuo. Accese una sigaretta -l'ultima del pacchetto, constatò con irritazione- e si sedette, aspettando.

"Dovresti sapere che sono fuori da qualsiasi cosa da oltre un anno, Ryo. Perchè sei venuto a parlarmi?"

"Quelli come noi non vanno in pensione, Shinichi, mai. E poi, ho bisogno di un'informazione che nessun altro è riuscito a darmi. Tu devi dirmi cosa cazzo significa 'chiedi alla polvere' "

Shinichi disse di no. Ma conosceva Ryo, e aveva già visto nei suoi occhi quell'espressione fumosa, quasi assorta. Quello sguardo che dice che arriverà dove vuole, non importa quanti cadaveri dovrà scavalcare e quante volte dovrà imbavagliare la propria coscienza; Shinichi si arrese per la prima volta perchè un ex-mercenario capisce un ex-mercenario, e lui non aveva proprio voglia di rischiare la pelle.

"La Fujiko è risorta ancora. Ma immagino che questo nome ti risulti nuovo" Ryo fece cenno di si con la testa. "La Fujiko esiste da molto tempo prima che tu nascessi, e controlla qualcosa come l'ottanta per cento della criminalità del Giappone. Per quanto venga distrutta, i componenti uccisi o arrestati, non fa differenza: come la mitica Fenice, lei risorge dalle sue ceneri."

"E secondo te io l'avrei scoperto solo ora?" frecciò Ryo, acido.

"Non potevi scoprirlo. Non si ricostruisce un vero e proprio impero con uno schiocco di dita" fu l'altrettanto acida risposta.

"Mi servono più informazioni"

Shinichi scribacchiò qualcosa su un pezzetto di carta, passandolo all'ex-compagno. "Forse lui ti potrà dire di più. Io non posso fare altro"

 

L'indirizzo era quello di un Night Club, il Paradise per la precisione. Ci era stato, qualche volta. Riconobbe vagamente una o due ballerine, mentre proseguiva verso la porta del magazzino degli alcolici e la apriva.

Shinichi aveva fatto cenno a un cinquantenne piuttosto tarchiato e nessun altro. Nel magazzino, invece, un uomo massiccio e calvo discuteva con un giovane bruno, che ascoltava attentamente; una ragazza sottile cercava di incenerire con gli occhi un bassotto che, evidentemente credendosi un dobbermann, aveva tentato di azzannarle la gamba, mentre un uomo biondo ascoltava fumando la sola persona che si aspettava di trovare. Avanzò verso il signor Kudo, così si chiamava il proprietario del locale, che lo guardò con autentico terrore. Non doveva essere stato un bel quarto d'ora, per lui.

 

"Our hopes and expectations, black holes and revelations"

Muse, 'Starlight'

"Che c'è? Non ti senti bene, Kaori?"

No, Kaori stava benissimo, parlando nell'accezione prettamente fisica del termine. Ma ancora quel sogno incompleto, la tormentava. Non che fosse poi tanto spiacevole, ma quando quel calore conosciuto e quella voce familiare sparivano, appena apriva gli occhi, si sentiva svuotata.

"Parlami della mia vita, Eri, per favore" chiese flebilmente.

La spiegazione fu frettolosa: era sua amica, aveva perso il fratello e viveva con lei, lavorando occasionalmente come modella. Eriko strinse più forte il bicchiere di succo d'ananas.

"Adesso mi dispiace, Kaori-chan, ma... devo fare, cioè... finire la cucitura del vestito blu, sai, quello estivo con le spalline sottili." La stilista si chiuse la porta dietro e vi si appoggiò con la schiena; si sentiva le gambe improvvisamente pesanti. Kaori rimase a fissare il bicchiere intontita ancora per qualche minuto, prima di accendere lo stereo e spegnere il cervello.

Avevano ordinato indiano, per quella sera, e avevano programmato di mangiare davanti a un film sdolcinato. Ma il fattorino era in ritardo mostruoso, lei non aveva la minima idea di quale film dell'infinita collezione di Eriko prendere e l'amica era ancora chiusa nella stanza dove quasi tutte le sue creazioni avevano avuto inizio. Il campanello annunciò la risoluzione almeno al primo dei problemi della serata. Pagò e salutò con un sorriso il ragazzo delle consegne, posando le confezioni di cartone sul tavolino del soggiorno.

"Devo parlarti, Kaori. Siediti" Kaori obbedì. Eriko trasse un respiro profondo e cominciò a raccontare. Dopo neanche cinque minuti già non ascoltava più; piangeva e ricordava, Kaori Makimura, mentre l'amica si scusava e cercava di consolarla. Si premette una mano sulla bocca, colta da una improvvisa nausea verso sé stessa per averlo dimenticato ancora. Non odiava Eriko, no, era fuori dalle sue capacità, ma aveva bisogno di tempo per poterla perdonare. Mentre faceva le valige le venivano in mente quegli occhi neri e profondi che l'avevano accompagnata per otto lunghi anni, i più difficili, certo, ma anche i più belli. Caricò le valige, disse l'indirizzo e il taxi partì. Non badò all'ansia crescente né a quella morsa che le stringeva il petto. Adesso, voleva solo rivederlo.

 

Mi scuso ancora, anche se non lo farò mai abbastanza, per tutto il tempo che vi ho fatto attendere. Gomen Nasai ç_ç

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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