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Autore: BeeMe    08/11/2012    1 recensioni
Ricominciai a fissare lo specchio. I miei occhi si puntarono sul mio sguardo.
Impaurito.
Nervoso.
Ansioso.
Innamorato.
Una piccola ed insignificante lacrima scorse sulla mia guancia fredda, e feci in fretta a farla sparire.
[...]
Ecco che un'altra lacrima mi percorse la guancia. Questa, al contrario dell'altra, durò più a lungo.
-Per Anna, Mike.- ripetei tremolante, prima di deglutire. -Per Anna.-
[...]
Lui si allontanò da me e, riagganciando i nostri sguardi, mi fece la domanda che avevo sperato nessuno mi ponesse mai: “E Alice? Come sta?”
Una semplice domanda, troppe risposte.
Storia scritta a quattro mani con Monky_Blue
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  Mike strinse ancora di più la presa sulla mia giacca: “Ha aperto gli occhi, per un secondo soltanto. Poi il battito è diminuito ancora di più. Ora è a metà tra la vita e la morte. Oh Chaz, spero che sopravviva! Non posso vivere senza di lei!” singhiozzò, cercando di trattenere le lacrime. 

Io lo abbracciai in silenzio, cercando di alleviare il suo dolore. 

Dopo qualche attimo in cui l’unico suono che si sentiva era il respirare affannato del mio amico, questi riprese a parlare: “Sai..” bisbigliò “Ha detto qualcosa riguardo ad Alice...” 

Mi bloccai: riguardo ad Alice? 

Che stupido che ero stato! Anna era la migliore amica della mia ragazza e probabilmente sapeva qualcosa che non aveva fatto in tempo a dirmi. 

“Cos’ha detto, Mike?” domandai piano, incerto. 

“Ha detto il nome di Alice, poi un indirizzo... Suonava come 36 East Street, ma sul numero non ci scommetterei. Ha parlato così piano che l’ho sentita a malapena, nonostante fossi chino su di lei... Non mi ha neanche guardato...” 

Mike sembrava sull’orlo di una crisi: la sua amata in punto di morte apre gli occhi, ma non lo degna di uno sguardo, ma dice degli indizi fondamentali per ritrovare la sua migliore amica. 

Probabilmente anch’io sarei nella sua stessa condizione. 

“Chester... Ora vorrei andare da Anna... Mi capisci no?” mi chiese, fissandomi con due occhi imploranti ai quali mi fu impossibile dire no. 

“Certo che ti capisco. Se non ti dispiace io vorrei andare all’indirizzo che ha detto...” gli risposi in tutta franchezza. 

Lui annuì e poi si allontanò nei corridoi bianchi dell’ospedale. 

A differenza sua io non mi alzai. 

Non l’avrei ammesso con nessuno che non fosse me stesso, ma avevo paura. 

E se il padre di Alice avesse avuto ragione? Sarei morto per amore? 

La proposta non mi allettava nemmeno un po’, ma sapevo che alla fine dei conti sarei andato in East Street. 

Feci lentamente forza sulle mie gambe stanche e mi alzai in piedi. Iniziai a camminare verso l’uscita. 

Proprio davanti alla porta la stessa infermiera che aveva chiamato Mike mi bloccò: “Lei è l’amico del signor Shinoda, vero? Perché se ne sta andando? La sua amica peggiora minuto dopo minuto, resti a vegliarla qui.” 

Sembrava fosse intenzionata a fermarmi con la forza se avessi rifiutato la sua richiesta, ma doveva andare. 

“Mi dispiace. Non capisco come la mia compagnia possa aiutare Anna a guarire. Qualcun altro ha bisogno di me.” le risposi guardandola dritto negli occhi e continuando verso la porta verde che mi avrebbe condotto fuori da quel luogo di pianto e infelicità. 

La donna in camice bianco cercò di prendermi per un braccio, ma mi misi a correre e la distanziai velocemente. 

Non poteva fermarmi. Non ora che ero vicino a trovare Alice. 

Corsi fuori, verso casa mia. 

Arrivai che già si vedevano in cielo le prime stelle e aprii velocemente la porta. 

La casa era immersa nel buio, ma quasi non ci feci caso. 

Superando tutte le poche stanze che il mio piccolo appartamento conteneva, per fermarmi davanti al soggiorno. 

Allungai le braccia al massimo e arrivai a toccare l’architrave della porta. Lo spinsi piano. 

Il divano si alzò di botto, rivelando uno scomparto fino a quel momento invisibile. 

“Brad non era l’unico ad avere dei segreti” pensai con ironia mentre tiravo fuori da quello che prima era il mio comodo divano armi di ogni genere. 

Non avevo intenzione di fare del male a qualcuno, ma i gorilla del padre di Alice non mi avrebbero trovato impreparato un’altra volta. 

Mi ficcai in tasca qualche pistola e delle piccole bombe a mano e rinchiusi il baule improvvisato. 

Avrei voluto prendere qualcosa di più, ma non dovevo dare troppo nell’occhio. 

Dopo un attimo di indecisione mi misi in tasca anche delle cartucce extra. 

Perfetto. Ero pronto. 

Uscii all’aria aperta e saltai dentro al primo taxi che trovai: “Mi porti al 36 di East Street! Compenso doppio se riesce ad arrivarci in meno di dieci minuti!” 

L’autista partì in avanti a tutta velocità e raggiunse la mia meta in meno tempo del previsto. 

Lo pagai con i pochi spiccioli che mi trovai in tasca e mi avvicinai al grande portone di ferro che mi divideva dall’interno della casa. 

Era uno degli edifici più antichi della città, perfetto per la fine di una tragedia shakespeariana. 

Mi riscossi da quei pensieri cupi e spinsi con forza la gigantesca entrata della casa paterna di Alice. 

Non si mosse nemmeno. 

Era di ferro battuto, cosa pensavo? Che il signor Ray l’avesse casualmente dimenticata aperta? 

Iniziai a fare il giro della casa e mi ritrovai davanti ad un balcone tondo. 

Era identico a quello che mi ero sempre immaginato per la scena in cui Romeo scala l’edera rampicante per entrare da Giulietta di nascosto. 

Anche lì c’era dell’edera. 

Magari la storia che quei fanatici della setta di Shakespeare ora mi sembrava un po’ più concreta, ma rimaneva sempre una sciocca fantasia di alcuni poveri matti. 

Non poteva essere vera. 

Mi aggrappai ad un ramo e iniziai a salire. Miracolosamente mi resse e riuscii ad arrivare in cima. 

Spaccai la finestra che comunicava con l’interno ed entrai. 

Il silenzio era totale. 

“Magari non c’è nessuno...” pensai mentre strisciavo lungo i corridoi dell’enorme casa cercando la mia ragazza. 

Improvvisamente uno scalpiccio tagliò il silenzio come una lama col burro. 

Mi buttai dietro ad una tenda e vidi due uomini che parevano dei giganti passarmi accanto. 

Uno dei due mi aveva assalito l’ultimo giorno che avevo visto Alice. 

Iniziai a seguirli piano e mi condussero ai piedi di una scalinata che avrebbe fatto invidia al Re Sole. 

In cima vi era una porta, una sola. 

Salii i gradini due a due, fino ad arrivarci davanti. 

Da dentro proveniva l’inconfondibile voce roca del signor Ray. 

Sentii cosa diceva solo nel momento in cui sfondai la porta per entrare: “Bennington arriverà qui a minuti e noi saremo pronti ad accoglierlo.” 

Mi stavano aspettando! 

La mia mente corse all’infermiera che aveva cercato di trattenermi in ospedale: era un’informatrice del padre di Alice! 

Quest’ultimo sogghignò malvagiamente vedendomi entrare. 

“Benvenuto Romeo. Benvenuto all’inferno!” ridacchiò mentre i suoi sgherri mi accerchiavano. 

Tirai fuori dalla giacca le mie due pistole e iniziai a sparare. 

Gli uomini di Ray caddero come foglie. 

Balzai dietro un tavolo nel momento esatto in cui iniziarono a fare fuoco. 

Un proiettile solitario riuscì a perforare il legno, ferendomi ad una spalla, dimostrandomi che il mio nascondiglio non era molto sicuro. 

Presi una della bombe a mano che mi ero portato e, dopo averla attivata, la lanciai il più lontano possibile. 

Chiusi gli occhi e iniziai a contare. 

Uno, due, tre, quattro... 

Ecco il botto, seguito dalle grida di dolore delle guardie che cercavano di uccidermi e dalle urla di rimprovero da parte del loro capo. 

Sporsi fuori la testa: quasi tutti erano a terra, agonizzanti, mentre i pochi sopravvissuti scappavano fuori. 

Il mio sguardo cercò il padre di Alice. Stranamente non stava scappando. Stava aprendo una tenda che divideva due stanze. 

Saltai fuori dal mio nascondiglio e lo inseguii. 

Uno degli uomini caduti mi guardò dritto negli occhi e poi riprese in mano la pistola. 

Mi fermai, vedendo che si rialzava, e quello approfittò della mia sorpresa per spararmi un colpo alla testa. 

Mi mancò di poco, ferendomi solo di striscio una guancia, ma mi fece arrabbiare. E tanto. 

“Ma quanto ti paga Ray, per rialzarti a combattere?” urlai mentre prendevo la mia pistola. 

Lui sogghignò e riprese a sparare. Questa volta un colpo andò a segno. 

Fortunatamente mi aveva colpito il braccio sinistro e io risposi al suo attacco, sparandogli addosso. 

Uno dei miei proiettili lo colpì al petto, mandandolo steso a terra. 

La fortuna era dalla mia parte. 

Tenendomi il braccio sanguinante con quello sano, ricominciai a camminare verso la tenda ormai scarlatta. 

Nella camera accanto c’era uno strano fagotto, legato con una catena al muro. 

Il signor Ray stava andando da lui. 

Un timido raggio di sole entrò dalla grande vetrata su un lato del muro, rivelandomi che quel che avevo creduto un fagotto non era altri che Alice. 

Corsi verso di lei, col sorriso sulle labbra, ma una pesante spinta che mi lanciò sul pavimento mi ricordò della presenza dell’altro meschino individuo nella stanza. 

“Ora siamo rimasti solo noi due, Bennington.” sibilò avvicinandosi. 

“Già...” risposi pulendomi il sangue che usciva dalla mia bocca con una mano “Ora non ha più i suoi schiavi a proteggerla!” 

Mi alzai mentre lui mi balzava addosso rispingendomi per terra. 

Avrei avuto sicuramente la meglio su di lui in uno scontro corpo a corpo, ma il signor Ray non mi aveva spinto a terra per lottare con lui. 

Scattò in piedi, trionfante, dopo nemmeno un minuto, stringendo in pungo la mia pistola. 

Con una mano cercai la sua compagna, ma uno sguardo al tavolo dove mi ero nascosto mi rivelò che l’avevo persa lì. 

Il pazzo, con finalmente il coltello dalla parte del manico, puntò l’ arma contro Alice: 

“E’ semplice, Chester: ora mi ascolti o sparo alla tua amata. Se ti muovi, sparo. Se provi ad attaccarmi, sparo. Facile no? Ora annuisci se hai capito.” 

Io non potei fare altro che obbedire. 

“Perfetto. Allora, prima di morire, ti piacerebbe sapere chi ha cercato di uccidere la tua cara amichetta bionda?” 

Oh mio Dio, non poteva star parlando di Anna. 

“Credo si chiamasse qualcosa come Anna... bah, non mi ricordo mai i nomi della mie vittime! Sai chi è stato? Chi ha spinto il camion contro il suo fragile corpicino?” 

Io scossi lentamente la testa. Non poteva aver programmato veramente ciò che stava dicendo! Come si fa a chiedere a qualcuno di schiacciare una ragazza con un camion?! 

“Te lo ricordi il tuo vecchio amico capellone?” 

Non poteva essere stato Brad! Lui amava Anna! 

“Gli avevo chiesto di farlo, ma si è rifiutato. Gli avevo dato dei soldi, ma poi mi aveva detto di no, quindi BOOM! L’ho fatto esplodere!” 

Il signor Ray scoppiò in una risata isterica. 

Intanto io tremavo piano: quell’uomo davanti a me era pazzo! Sarebbe dovuto essere stato rinchiuso in un manicomio molto tempo prima! 

“Ha mettere a tacere la bionda ci ha pensato uno di quelli a cui hai sparato prima... 

Sapeva troppo! Alice le aveva detto dove abitavo e cosa volevo fare, non potevo lasciarla libera di dirlo a tutti, non pensi anche tu?” 

Questa volta non annuii. 

Non potevo dagli ragione su un fatto così senza senso! 

Lui non sembrò felice del mio non rispondergli e mi puntò la pistola addosso: “Sto parlando troppo e tu non mi stai ascoltando! Sai come finisce Romeo e Giulietta?” 

Un lampo di follia gli attraversò gli occhi e io capii cosa voleva fare. Provai ad alzarmi, ma lui fu più veloce. 

“Romeo muore” sussurrò premendo il grilletto. 

Un dolore atroce mi trafisse il petto. 

Cercai di reagire, ma ormai non riuscivo nemmeno più a muovermi. 

Mossi i miei occhi verso la piccola figura nera nell’angolo della sala. 

Alice. 

Almeno lei stava bene. 

Le mie labbra si stesero in un mezzo sorriso, poi tutto si fece buio. 



Angolo Autrici
Ehilà!
La storia sta finendo e infatti questo è il terzultimo capitolo :/
Mi piaceva pubblicare la nostra storia, ne pubblicheremo di sicuro un'altra :D
Comunque questo capitolo l'ho scritto io ed è un po' più lungo degli altri (un bel po' più lungo, perdonatemi)
Grazie a tutti quelli che recensiranno
Baci <3
Bee e Monky
  
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