13
E’ tempo delle
decisioni difficili,
ma non è un addio.
F |
ui
svegliata parecchie ore dopo da delle voci. Però io non volevo aprire gli
occhi: mi sentivo ancora così stanca…
-
Robby… - fece una voce maschile. Aprii gli occhi e mi accorsi di essermi
addormentata sulla spalla di Nico. Mi spostai di scatto, con il cuore in gola
ed esclamai: - Scusa, non volevo…! -
-
Perché ti devi scusare? – chiese lui ridendo, per niente infastidito. Presi un
respiro e, vedendo che tutti stavano scendendo dall’autobus, mi alzai e scesi
anch’io.
Ci
trovavamo a New York, esattamente sotto l’Empire State Building.
-
Metto il pilota automatico… - disse Apollo e, dopo aver premuto un pulsante
sulle chiavi, l’auto si alzò in volo da sola. – Almeno posso stare al consiglio
senza problemi… -
-
Di che consiglio sta parlando? – domandai a bassa voce a Paul, che era quello
più vicino a me.
-
Del consiglio degli dei… - bisbigliò lui in riposta. – Durante il viaggio è
stato contattato dall’Olimpo: anche se Artemide e Apollo già se l’aspettavano,
gli altri dei vogliono un consiglio straordinario per parlare di tutto quello
che è successo, e vogliono anche la nostra presenza. –
Deglutii
nervosa: avremmo incontrato tutti gli dei al completo, e stavamo andando
sull’Olimpo, anche se l’Empire State Building era l’ultimo edificio che mi
sarei aspettata come Olimpo. Salimmo nell’ascensore e, stranamente, ci
stavamo tutti, anche se eravamo in un bel po’ di gente. Quando arrivammo in
cima le porte si aprirono rimasi a bocca aperta: ci trovavamo davanti ad una
città dell’Antica Grecia sospesa tra le nuvole sopra Manhattan. Portici e
colonnati bianchi, ulivi rigogliosi e fuochi accesi abbellivano e illuminavano
la strada verso il palazzo più alto e più candido di tutta la città. Mentre
ci incamminavamo verso quell’edificio, campeggiati da Apollo e Artemide, potei
dare un’occhiata alla vita del posto, e mi resi subito conto che non solo gli
dei abitavano lassù.
La
prima cosa che vidi fu un mucchio di Ninfe del bosco, che uscirono allo
scoperto, sospirando alla vista di Apollo; quando queste videro Paul e
Nico, iniziarono a darsi a vicenda una gomitata e a scoppiare a
ridere. Paul,
inizialmente confuso, prese bene questo apprezzamento, tanto che
lanciava
occhiate ammiccanti a tutte le Ninfe, che si mettevano ad urlare come
delle
ragazzine al concerto del proprio cantante preferito. Le Ninfe avevano
anche
visto Nico, ed era certo che lo trovassero affascinante, glie lo
leggevo
chiaramente in faccia, ma lui andava avanti come se niente fosse: forse
non si
era accorto della reazione delle Ninfe, o forse non glie ne importava
niente.
Beh, meglio per me.
Vidi
per i giardini dei satiri, degli ambulanti del mercato e delle Naiadi
avvicinarsi al sentiero che stavamo percorrendo e inchinarsi ad Apollo e
Artemide. Sapevo che l’inchino era per loro e non per noi, ma non potevo fare a
meno di sentirmi un po’ vittoriosa, e a stento riuscii a trattenere un sorriso,
che si spense subito al pensiero di quello che ci aspettava.
-
Che hai? – chiese Nico, prendendomi la mano. – Ti vedo agitata… -
Scossi
la testa alzando le spalle, con il risultato che sembrai ancora più agitata di
quello che ero.
-
E’ che… per la prima volta… incontrerò… Zeus… - dissi con un filo di voce.
Ancora una volta non riuscivo a chiamarlo “padre”. Come potevo? Avevo sì
combattuto contro Micah e il suo piano per risvegliare Caos, ma non potevo
negare di condividere gran parte delle cose che pensava suoi nostri genitori
divini.
-
Credimi, non sarà peggio che gettarsi nel Tartaro… - mi assicurò lui. Non ne
ero affatto convinta.
Ci
ritrovammo in un’enorme sala dal soffitto a volta ornato da costellazioni in
movimento che ricordavano un poco la mia cabina, solo che l’Olimpo era molto
più grande ed aveva ovviamente un aspetto mille volte più impressionante.
Tutto intorno c’erano dodici troni enormi disposti a U, decorati ciascuno in
maniera diversa e, quasi a completare un ovale, c’erano altri troni in fase di
costruzione. Ogni trono era occupato dagli dei, giganti tanto quanto i loro
troni. Solo guardando il braciere scoppiettante al centro della sala riuscii a
trovare il coraggio di alzare lo sguardo e guardare gli dei negli occhi.
-
Eccoci arrivati! – esclamò allegramente Apollo, mutandosi nelle dimensioni
degli altri dei e sedendosi tranquillamente al suo trono.
Io
e Chiara non riuscivamo a staccare gli occhi di dosso alla figura che stava
davanti a noi: Zeus se ne stava seduto sul suo trono di platino, vestito di
tutto punto con un completo gessato di un grigio che ricordava le nuvole piene
di pioggia. Mi ero immaginata spesso l’aspetto di mio padre prima e dopo aver
scoperto che fosse Zeus, ma nessuna delle mie fantasie si era minimamente
avvicinata a com’era Zeus nella realtà. Capelli e barba erano corti, ben
tenuti, di un nero appena brizzolato, mentre i suoi occhi erano grigi, e sul
suo volto si leggeva un’immensa serietà. Mi sentii il cuore in gola.
-
Padre… - disse Talia, facendosi avanti per prima e inchinandosi di fronte a
Zeus. Chiara osservò nostra sorella e, preoccupata di aver sbagliato a non
essersi inchinata prima, si avvicinò ulteriormente a Zeus e la imitò. Io mi
accontentai di incrociare le braccia nervosa e abbassare il capo, in un inchino
poco più che accennato.
-
Vorrei ringraziare tutti voi mezzosangue per quello che avete fatto nell'Ade. –
disse Zeus, e la sua voce spense tutti i sussurri e i borbottii della stanza. -
Apollo e Artemide ci hanno già raccontato quello che è successo, ma tutti
noi vogliamo sentire la versione dei diretti interessati… -
Io,
Chiara, Paul e Nico raccontammo tutto quello che ci era successo
(tralasciando la storia del bacio) fino a quando non raccontammo di
essere state risputate fuori dal
Tartaro.
-
Com’è possibile? – domandò a questo punto una delle dee: dai suoi occhi grigi,
riflessivi e duri come quelli di Annabeth, capii immediatamente che la dea
doveva essere sua madre, Atena. – Tralasciando il fatto che mai nessuno si è
buttato nel Tartaro per poi uscirne vivo… il Tartaro richiede un sacrificio e,
scusatemi l’insolenza, anche un legame come quelle tra due gemelle figlie del
Padre degli dei mi sembra alquanto debole: ricordiamoci che le due, nonostante
il loro legame empatico, non si sono mai conosciute di persona fino a ieri. -
Atena
aveva ragione, e nessuno degli dei sapeva dare una spiegazione ragionevole.
-
Io… credo di avere un’idea. – disse Chiara all’improvviso. Tutti gli occhi si
puntarono su di lei, ma questa non abbassò lo sguardo, anzi, lo tenne alto su
tutti gli dei. – Credo che… sia solo un’ipotesi, non potrei dare delle
certezze. Non so di preciso cosa abbia provato Robby, ma il legame che ci
unisce ha iniziato ad esserci utile solo dopo aver superato il dolore mortale
del Tartaro. C’è stato qualcosa di ancora più forte che ci ha dato la forza di
continuare a vivere là dentro, ed è stato prima di tutto quello a salvarci. -
-
Di cosa si tratta? – domandò Atena attenta.
-
Io… parlo dal mio punto di vista. – continuò Chiara. - Quando mi sono buttata
nel Tartaro, credevo veramente di morire, anzi no… io avrei voluto morire
subito per dar fine alle mie sofferenze. Non avevo ricordi, non sapevo chi
fossi o cosa significasse vivere… poi ho sentito come una voce nella mia testa…
che poi è arrivata dritta al mio cuore, facendo diventare il dolore lancinante
solo una sciocchezza. – alzò lo sguardo decisa verso Artemide e disse: - Io ho
sentito la vostra voce, divina Artemide. So bene che a voi dei non era concesso
entrare nell’Ade… ma vedendo Talia combattere contro Alexa, la figlia di
Afrodite, è scattato qualcosa in me, come una fiamma, ed è stato quello che mi
ha salvata nel Tartaro, riportandomi la lucidità di sfruttare il legame che ho
con Robby. Anche se forse non è il momento adeguato, mi sento in dovere di
chiedervelo subito… vorrei unirmi alla cacciatrici e diventare una vostra
ancella, divina Artemide. -
Gli
dei iniziarono a parlottare agitati di fronte a quella svolta, ma Artemide
sorrise dolcemente verso Chiara, poi rivolse il suo sguardo verso di me
dicendo: - La prima volta che ti ho incontrata, Robby, ero certa che saresti
diventata una mia cacciatrice: me lo sentivo che c’era una parte di te che era
destinata a seguirmi; devo ammettere che sono rimasta sbalordita quando ho
notato che non eri molto convinta della mia proposta… ma ora so il perché: è
sempre stata tua sorella ad essere destinata a diventare una mia ancella.
Ovviamente, se vorrai far parte anche tu delle mie cacciatrici, non ho nulla da
obbiettare. – aggiunse poi, evitando qualsiasi scortesia.
Sorrisi
alla dea, scuotendo la testa.
-
Vi ringrazio per la proposta, ma credo che rimanere per sempre una ventenne non
sia il mio grande sogno… - le dissi gentilmente, e Artemide mi lanciò un
sorriso del tipo “dovevo aspettarmelo”.
-
Padre… - disse Chiara rivolgendosi a Zeus. – Prima di promettere fedeltà ad
Artemide, chiedo la vostra benedizione per questa mia scelta. –
Zeus
sospirò nostalgico e, rivolgendosi ad Artemide brontolò: - Prima Talia, poi
Chiara… Mi stai rubando tutte le figlie, te ne rendi conto? – la dea si limitò
a sorridere come se sapesse che alla fine Zeus non avrebbe avuto nulla in
contrario. Il dio sospirò di nuovo e disse: - Se è una scelta consapevole, Chiara, certo
che ti do la mia benedizione. –
Chiara
allora si voltò con un sorriso verso di me; di certo ero felice che non fossi
io a diventare cacciatrice, ma sapevo che questa scelta ci avrebbe separate.
-
Ne sei sicura? – le chiesi mordendomi un labbro incerta. – Voglio dire… niente
ragazzi per tutta la vita? -
Lei
mi sorrise e alzando le spalle disse: - Sento che è questa la mia strada, e so
per certo che è molto più quello che il mio cuore guadagna di quello che perdo.
– poi continuando a leggere la preoccupazione nei miei occhi aggiunse: -
Ascolta, so che questo non ci permetterà di stare vicine, ed è un peccato
visto che ci siamo incontrate solo dopo vent’anni… ma so per certo che lo sai
anche tu: ovunque andò, riuscirò ad essere sempre con te; essere lontane
fisicamente non significa esserlo anche con il cuore, e sappi che il mio
giuramento ad Artemide non m’impedirà di essere una buona amica, oltre che tua sorella. –
Di
fronte a quelle parole mi sentii sciogliere: le lacrime fecero capolino e,
senza pensarci un secondo di più, mi ritrovai ad abbracciarla forte. Era
incredibile, anche se ci eravamo ritrovate da così poco, rendersi conto di
quanto ognuna fosse importante per l’altra, ed era altrettanto incredibile come
i nostri cuori fossero pronti ad accettare quella separazione.
Quando
sciolsi l’abbraccio, ci guardammo in faccia, e scoppiammo a ridere vedendo che
tutte e due stavamo piangendo. Ci asciugammo velocemente le lacrime,
dopo di che Chiara si voltò decisa verso Artemide.
-
Ripeti dopo di me… - le disse Artemide.
-
Non c’è bisogno. – disse Chiara. – Dentro di me so già cosa devo fare… - si
inginocchiò di fronte alla dea e recitò guardandola negli occhi: - Consacro me
stessa alla dea Artemide. Volgo le spalle alla compagnia degli uomini, accetto
la fanciullezza eterna e mi unisco alle Cacciatrici. –
Artemide
sorrise e disse: - Accetto questo voto. –
Il
braciere al centro della stanza tremò, e Chiara si alzò con un sorriso:
sembrava la stessa di sempre, ma si vedeva che sul suo volto c’era una serenità
incredibile e che quella era stata certamente la scelta giusta per lei.
-
Rimane un altro problema… - prese parola nuovamente Atena. – Quei due ragazzi
figli di Ermes e di Afrodite… converrete con me che sono pericolosi e vanno
fermati: non possiamo lasciarli a piede libero… Se erano pronti a morire per
risvegliare Caos, saranno pronti a ben altro pur di raggiungere i loro scopi. -
Tutti
gli dei iniziarono a parlottare tra di loro, solamente due guardavano taciturni
per terra, lo sguardo perso nel vuoto: erano Ermes e Afrodite che,
probabilmente, stavano pensando ai loro figli.
- Certo che non possiamo lasciar cadere questa questione nel nulla – intervenne Zeus richiamando il silenzio. – Dirò a Chirone di dare ai mezzosangue del Campo il compito di ritrovare quei due e di portarli qui da noi sull’Olimpo. Per ora non credo che potremmo fare altro… -
L’assemblea
si sciolse, e Apollo, dopo essere tornato di dimensioni umane, mi si avvicinò
con un sorriso.
-
Che ne dici di fare un giretto qua intorno da soli, così possiamo parlare un
po’, eh? – mi chiese con aria complice. Tutti erano impegnati a parlare con
qualcuno, quindi fu facile andare in un angolo della sala a parlare con Apollo.
-
Ascolta, non credo che… - iniziai, ma lui subito m’interruppe: - Hey, sono il
dio della profezia! Credi che non sappia che tu hai intenzione di scaricarmi? –
Rimasi
a bocca aperta, sentendomi le guance leggermente accaldate.
-
E a-allora perché non hai evitato di apparirmi in sogno?! – feci agitata. – Mi
avresti risparmiato un sacco di problemi… -
Lui
sorrise smagliante e facendomi l’occhiolino disse: - Per lo meno sono contento
di averti fatto venire dei dubbi… vuol dire che in fin dei conti non sei del
tutto indifferente al mio fascino… - quando vide che ero arrossita talmente
tanto da non riuscire a rispondere, lui aggiunse: - Credo di aver agito in modo
egoistico, e ora che ci penso lo faccio praticamente con tutte le ragazza… però
che ti devo dire? Mi piaci, e quando tu ancora non avevi fatto una
scelta, ho pensato di avere una possibilità… -
Spostò
lo sguardo alle nuvole che si muovevano nel cielo calmo e azzurro.
-
Essere il dio delle profezie non vuol dire necessariamente sapere tutto. –
disse continuando ad osservare il cielo. - Il futuro è condizionato
dalle scelte che ognuno percorre, e quando si tratta di ascoltare i propri
sentimenti e il proprio cuore, il futuro è ancora più difficile da decifrare. –
Spostò lo sguardo su di me e sorrise.
Sapevo
dal principio che non avrei mai accettato la proposta di Apollo, sapevo per
certo che diventare sua moglie non era quello che volevo, ma quel bacio mi
aveva lasciata talmente interdetta da riempirmi di dubbi. Apollo nella mia
testa era sempre stato il mio dio preferito: era sempre descritto in maniera
affascinante, e di certo nella realtà non aveva distrutto le mie fantasie… era
come quando, da adolescenti, si sogna di incontrare il proprio attore
preferito, ma è ben diverso incontrarlo realmente.
-
So cosa ti ha schiarito le idee… - commentò Apollo facendomi l’occhiolino e
indicando Nico con la testa. Mi sentii le guance di fuoco, e sperai che Nico
fosse troppo impegnato a parlare con Talia per notare quello di cui io e Apollo
stavamo discutendo. – Sai che ti dico? Anche se tu una scelta l’hai fatta, non
credo che mi arrenderò tanto presto, con te… te l’ho detto che voglio diventare
un dio serio, no? -
Evitai
di dirgli in faccia che la parola dio e l’aggettivo serio non andavano proprio
a braccetto, quando si trattava di relazioni d’amore. Potevo credere realmente
che un dio fosse in grado di cambiare dopo tutti questi secoli? Non che la cosa
mi interessasse troppo, visto che ormai avevo chiari i miei sentimenti…
-
Beh, credo che papà voglia parlarti, quindi per ora ti lascio a lui… - disse
appoggiando una mano sulla mia spalla con fare amichevole. Iniziò ad
allontanarsi, ma prima che potesse essere troppo lontano si voltò nuovamente
verso di me e, quasi si fosse scordato di dirmelo prima, mi disse: - E non
preoccuparti per il futuro: qualsiasi scelta farai una volta scesa dall’Olimpo,
sappi che tutti l’accetteranno… - dopo di che mi salutò ancora con un grande sorriso
e si allontanò del tutto.
Sapevo
a cosa si riferiva, ma non avevo ancora fatto una scelta… oltretutto, in quel
momento avevo un problema ancora più importante: Zeus si stava avvicinando a me
dopo aver finito di parlare con Chiara. Il dio era di dimensioni umane, e nel
suo sguardo non c’era un sorriso paterno, il che da un certo punto era
veramente una cosa positiva, perché se solo l’avessi visto avvicinarsi verso di
me con un sorriso, avrei iniziato ad urlare il mio disprezzo nei suoi
confronti.
-
Roberta… - disse una volta che fummo l’uno di fronte all’altra.
Abbassai
la testa in un inchino appena accennato, esattamente come avevo fatto quando
eravamo entrati tutti nell’enorme sala.
-
Divino Zeus… - dissi freddamente. Lo sentii sospirare.
-
Tua sorella ha avuto una reazione del tutto diversa dalla tua… - disse con voce
calma. Mi parlò in italiano, ma le mie emozioni non mi diedero modo di
sorprendermi troppo. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi: sapevo che
se l’avessi fatto avrei riversato su di lui tutta la mia rabbia.
-
Beh, a quanto pare è una fortuna che almeno una delle vostre figlie non si
senta usata per il vostro egoismo… - sbottai in italiano, ostinandomi a
guardare per terra.
-
Egoismo? Roberta, io ti ho riconosciuta anni fa… - mi ricordò.
-
Sì, ma a quanto pare vostra altezza non si è dato la briga di spiegare che
diamine era quel segno! – esclamai arrabbiata. – No, ho dovuto sentirmi dare
della matta da tutti, mai una volta che abbia sentito la vostra presenza… solo
quando servivo avete deciso di ricongiungermi a Chiara e di farmi quindi
scoprire veramente le mie origini. –
Zeus
sospirò.
-
Non pretendo che tu capisca… - disse il dio. – Tenere lontani i miei figli
dalla loro stessa realtà sarebbe la soluzione migliore… se tu fossi venuta in America
molto prima, la tua vita sarebbe stata ancora più difficile, credimi… -
incrociò le braccia e guardò il cielo nostalgico. – Noi dei siamo costretti ad
abbandonare i nostri figli: se passiamo troppo tempo con gli umani finiremmo
per cessare d’esistere… tu cosa faresti al posto mio? –
-
Magari eviterei di mettere piede sulla terra per sfornare figli! – esclamai e
per la prima volta da quando parlavamo insieme, lo guardai negli occhi:
guardandoli da vicino notai che non erano solo grigi, ma raggiungevano delle
sfumature di un azzurro scuro, esattamente come i miei.
-
Credevo che quest’impresa ti avesse insegnato cosa vuol dire amare una persona…
- mi disse Zeus.
-
Peccato che io sia contro le relazioni extra coniugali... - ribattei senza pietà. Lessi in Zeus
uno sguardo accusatorio nei miei confronti, e sentii i sensi di colpa divorarmi
lo stomaco: forse stavo esagerando, potevo veramente capire come si sentivano
gli dei?
-
Se non fossi mia figlia, credo che piaceresti molto ad Era… - commentò lui,
senza fare commenti negativi sulla mia impertinenza. – Forse anche perché
somigli a me molto più di quanto non credi. Sei testarda, ostinata, caparbia e
cerchi sempre di affrontare i problemi con le tue sole forze, anche quando non
ti sembra di esserne in grado. Chiara invece sembra molto di più a vostra madre
– improvvisamente ogni rancore nei suoi confronti si fece da parte: da quando
avevo saputo chi fosse mio padre, mai avrei pensato di ritrovarmi a parlare con
lui di mia madre. – Era una donna dolce, semplice e gentile con il prossimo.
Quando prendeva una decisione, però, nessuno poteva fermarla, era irremovibile…
-
Aprii
la bocca, ma non riuscivo a pronunciare nemmeno una parola.
-
Lei… c-che… fine a fatto? – domandai in un sussurro, con il cuore in gola. Il
volto di Zeus si rabbuiò.
-
E’ morta dandovi alla luce. – rispose. – Io… non ho idea di cosa si provi a
morire, ma devi credermi quando dico che una parte di me è morta con lei,
quella notte. – sembrava sincero mentre mi raccontava tutto questo.
-
Quindi sei stato tu ad abbandonare me e Chiara in due differenti orfanotrofi? –
gli chiesi. I suoi occhi incontrarono i miei, addolorati dalle mie parole e dai
ricordi di mia madre.
-
Credi veramente che vi abbia abbandonate? – chiese lui. – Pensa in che famiglia
sei finita, pensa in che paese vivi la tua vita… -
-
Beh, abito in un piccolo paese del nord Italia… - riflettei.
-
Che al tempo dei romani… - continuò lui, facendomi cenno con la mano di andare
avanti a ragionare.
-
…ospitava uno dei più importanti templi di Giove del territorio. – continuai io
con un filo di voce. Zeus annuì.
-
Per noi dei stare vicino ai nostri figli è complicato, ma non impossibile come
pensano persone come quel Micah… - disse Zeus. – Non possiamo starvi vicini
fisicamente, ma siamo sempre con voi in ogni momento di difficoltà. Sai, ora la
società ruota intorno agli Stati Uniti, perciò anche l’Olimpo si è stabilito
qua; è quindi ancora più difficile stare vicino ai nostri figli che vivono lontano da qui e
il legame che ha il luogo in cui vivi con la mia figura mi ha sempre dato modo
di starti vicino nonostante tutto e, credimi, so che hai affrontato
molti problemi… Ma so anche che hai una fantastica famiglia che ti vuole bene, ed è
questo ciò che conta. – si schiarì la voce, per riprendersi da tutta quella
valanga di emozioni che probabilmente non si addicevano al padre degli dei. – Con
questo voglio dirti che non ho pretese su di te… sarei uno stupido a importi di
chiamarmi “padre” se non te la senti, ma vorrei che ti soffermassi a riflettere
sui pregiudizi che so che nutri verso tutti noi dei: credi veramente che siano
giusti? O ti limiti a giudicare solamente i nostri errori? –
Non
mi aspettavo un discorso così incredibilmente serio con Zeus. Non sapevo cosa
dire. In effetti mi ero sempre limitata a guardare l’intera situazione esclusivamente
dal mio punto di vista. Non mi ero mai abbassata al punto di tentare di
comprendere le responsabilità di un dio, giudicavo con freddezza la loro
lontananza… ma dopo aver sentito Zeus parlare in quel modo della donna che mi
aveva messa al mondo, non potevo non pensare che anche gli dei avessero dei
veri sentimenti e che quindi, di tanto in tanto, anche loro erano in qualche
modo umani, al punto da commettere degli sbagli.
-
Forse è vero… - dissi all’improvviso. - Fa
più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. -
Zeus
sorrise soddisfatto.
-
Sono felice che tu sia arrivata ad una simile conclusione… - disse solo.
Chiara
ed io ci salutammo sul monte Olimpo: lei avrebbe seguito Artemide, ma mi
promise che prima o poi ci saremmo riviste. Io, Paul e Nico ci incamminammo
verso al Campo e mi resi conto di essere cambiata da quando ero partita per
l’impresa: mi sentivo in pace con me stessa come non lo ero da secoli.
-
Ah, ora che abbiamo risolto tutto, posso chiederti una cosa? – domandò Paul ad
un certo punto, rivolgendosi a me.
-
Cosa? Ah, certo, chiedi pure… - risposi io scendendo dalle nuvole, ancora
immersa con la mente nel discorso con Zeus.
-
Si può sapere quand’è che tu e mio padre vi sareste incontrati prima che ci
accompagnasse sull’Olimpo? –
Inciampai
in un sasso per strada, ma riuscii a restare in equilibrio; ok, quella domanda
non me l’aspettavo, e non sapevo nemmeno come rispondergli dal tanto che
m’imbarazzavo.
-
Lui ha… hem… lui… - borbottai continuando a camminare come se nulla fosse, lo
sguardo fisso per terra: non potevo continuare a tacere l’accaduto, anche
perchè come attrice ero veramente pessima. – Qu-quando eravamo in campeggio mi è
apparso in sogno… Lui, hem… m-mi aveva chiesto di diventare sua moglie
sull’Olimpo… - balbettai.
-
Cosa?! – esclamarono in coro Paul e Nico. Mi sentii in imbarazzo come non mai.
-
Dovrei iniziare a chiamarti matrigna? – disse Paul mettendomi una mano sulla
spalla, ancora sconvolto.
- Ma per favore! – mi affrettai a rispondergli. – Figurati se mi metto con il
padre di un mio amico! – esclamai sforzandomi di ridere.
-
Beh, meno male! Anche perché sarebbe proprio una cosa imbarazzante sapere che i
miei due compagni d’impresa che finalmente si sono resi conto di quello che
provano l’uno per l’altro sono stati separati da mio padre… - commentò Paul. Io
e Nico ci guardammo e, dopo un attimo di esitazione, ci ritrovammo tutti a ridere: in effetti era una situazione assurda...
Quando
mettemmo piede al Campo, tutti ci acclamarono come degli eroi: qualcuno
sull’Olimpo doveva aver avvisato di quello che era successo, ma tutti volevano
avere dei dettagli dai diretti interessati. Io riuscii ad allontanarmi dalla
massa e guardandomi intorno sospirai: avevo preso una decisione e non era momento di rifletterci sopra.
-
Robby! – esclamarono delle voci mentre uscivo dalla Casa Grande: mi voltai e
vidi che erano Nico, Paul, Percy, Annabeth, Vera, Simon, Delilah ed Helénia.
-
Hey, che c’è? – domandai loro vedendoli agitati.
-
Che c’è?! Sei sparita senza dire una parola…! – esclamò Delilah.
- Scusate, dovevo parlare con Chirone… - dissi io.
- Cosa dovevi dirgli? – chiese Paul.
-
Beh, ora che la mia impresa si è conclusa, credo che sia arrivato il momento
per me di tornare in Italia… - rivelai loro.
-
Come?! – fecero tutti in coro.
Abbassai
lo sguardo titubante: speravo che Apollo avesse ragione e che tutti alla fine
riuscissero a capire le ragioni della mia scelta.
-
Sapete, nell’Ade, quando avevo capito di dover buttarmi nel Tartaro, ho pensato
a tutti quelli che non avevo salutato… - spiegai loro. – Ovviamente voi del
Campo siete importanti… ma lo è anche la mia vita in Italia. Gli amici che ho
là, la mia famiglia adottiva… non posso lasciarli, e l’idea di dovermene andare
senza averli salutati e ringraziati per tutto quello che hanno fatto per me era
quasi peggiore della morte. Poi c’è anche la mia sorellina… anche se io e lei
non abbiamo legami di sangue, le voglio stare vicino, voglio vederla crescere ancora...
-
-
Capisco perfettamente le tue ragioni… - prese la parola Percy. – Ma sei sicura
di non voler rimanere qua ancora per un po’ di tempo? Sei rimasta qua appena un
giorno, gli allenamenti del Campo sono fondamentali per riuscire a sopravvivere
fuori da qui… -
Nonostante
non avessi passato chissà quanto tempo con Percy, mi faceva piacere che si
preoccupasse per me.
-
Hey, stai parlando con colei che ha scongiurato il risveglio di Caos! –
esclamai io, fingendomi offesa di fronte alla sua mancanza di fiducia. – So che
ne ho di strada da fare, ma credo che quest’impresa mi sia stata d’aiuto a capire
come affrontare dei mostri, se mai mi capitasse di incontrarne altri. Chirone
ha detto che mi lascia Exusía, questo mi basta… -
Le
loro facce erano scure e gli occhi di tutti erano pieni di lacrime.
-
Eh, no, vi prego, non iniziate a piangere, altrimenti scoppio anch’io…! – dissi
scherzosamente con una risata e un groppo in gola: nonostante avessi ormai
deciso di ritornare in Italia, tenevo a tutti loro e mi dispiaceva lasciarli
proprio ora che avevamo tempo per conoscerci meglio.
-
Non ti preoccupare, non mi metterò a piangere… - disse Paul facendo un passo
avanti.
-
Beh, non è che mi dispiaccia, ma non potresti per lo meno dimostrarti un po’
dispiaciuto per la mia partenza? – feci ironica, incrociando le braccia e
guardandolo fingendomi severa.
-
Il fatto è che parto anch’io. – disse Paul con un sorriso. Mi guardò negli
occhi e mi chiese: – Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? – Annuii,
ricordandomi benissimo cosa mi aveva detto: voleva trovare qualcosa per cui
destinare la sua vita. – Ecco, sapere di te, di Chiara e della vostra
situazione mi ha fatto rendere conto che anche se i satiri si danno tanto da
fare per cercare mezzosangue, non sempre sono in grado di rintracciare tutti i
mezzosangue e di portarli qui al Campo. Voglio andare fuori dal continente,
dove è più complicato rintracciare i mezzosangue, e voglio allenarli io stesso
dove loro vivono, così che possano essere in grado di sopravvivere ai mostri
senza per forza dover venire al Campo. –
-
Wow, è un bel proposito! – esclamò Annabeth ammirata.
-
Quindi sarai come una specie di insegnante per mezzosangue in giro per il
mondo! – fece Vera.
Lui
alzò le spalle con un sorriso. – Beh, così si
direbbe. Finché non mi crescono
gli zoccoli e non divento un centauro come Chirone credo che sia questa
la mia aspirazione. Poi mi piace viaggiare… credo che
realizzerò immediatamente il mio
sogno di visitare
- Allora mi raccomando, se ti trovi nel sud della Francia, ricordati di fare una capatina in Italia a trovarmi… - gli dissi con una pacca sulla schiena.
-
Certo! – mi promise lui. – E mi offrirai anche una bella pizza italiana! –
Stavo
per tornare con Paul da Chirone per fare dei biglietti aerei, quando Nico mi
prese per il braccio e tirandomi da parte mi disse: - Io… ti dispiace se ti
accompagno io a casa tua? Con il viaggio nell’ombra… -
Non
mi aveva fermata per chiedermi di non partire, mi aveva fermata per chiedermi
se gli era possibile portarmi a casa: aveva accettato senza discussioni la mia
decisone, e glie ne fui veramente grata. Sorrisi, annuii e dissi: - Se devo
essere sincera, ci speravo che lo proponessi… -
Quella
sera avevano tutti organizzato un grande falò per la partenza mia e di Paul:
dopo aver mangiato una quantità industriale di cibo, eravamo pronti per
andarcene, quando Helénia mi chiamò da parte.
-
Ricordati del diario che ti ho dato… - mi ricordò lei con le lacrime agli
occhi. – Non dimenticarti del Campo, ok? Pretendo che tu mi scriva ogni giorno
quello che ti succede, anche se sarai in Italia. - e mi abbracciò forte.
-
D’accordo! – feci ridacchiando.
Dopo
di che mi voltai verso tutti gli altri e andai ad abbracciare in una volta sola
Vera, Delilah e Simon.
- L’anno prossimo tornerò al Campo, d’accordo? –
promisi loro, dopo di che abbracciai Percy ed Annabeth e dissi: - Quindi non
crediate di esservi sbarazzati di me tanto facilmente! -
Tutti si misero a ridere, e Simon disse: - Certo!
Anche perché io voglio una rivincita senza la mossa del koala: dovrebbero
renderla illegale, sai? –
Mi voltai verso Paul e con una pacca sulla spalla
gli dissi: - Spero veramente che tu possa riuscire in quello che ti sei
prefissato… e ovviamente spero di vederti presto! –
Lui annuì con un sorriso.
- Grazie… mi raccomando, ricordati la pizza che mi
hai promesso! – mi ricordò lui.
Mi voltai verso Nico con un sorriso e chiesi: -
Beh… andiamo? –
Lui annuì con un sorriso. Salii sulla sua schiena,
aggrappandomi forte a lui.
- Ci sentiamo, ragazzi…! – dissi solamente
cacciando via la tristezza.
I volti dei miei amici e le loro voci che mi salutavano furono le ultime cose che vidi e che sentii prima di venire risucchiata da quella sensazione di freddo e buio del viaggio nell’ombra.
Fulmini e saette, ecco lo spazio dell'autrice!
Che volete che vi dica? Ufficialmente la storia finisce qua, praticamente no. Diciamo che prima di concluderla del tutto (e prima di iniziare il sequel) vorrei offrirvi un capitolo extra che spero di finire di scrivere il prima possibile.Ora passiamo alle precisazioni riguardo questo capitolo (che è un po' più lungo degli altri, ma non mi andava di dividerlo in due perchè volevo che questa storia avesse un numero pari di capitolo -è una mia fissa numerica, scusate-).
Ora credo che abbiate capito cosa ha salvato me e Chiara dal Tartaro: il nostro legame è stato utile a salvare Eros, ma ciò che ha reso "il pezzo di torta di Eros più grande" (come direbbe Paul) è stato il sentimento di Robby per Nico e quello di Chiara per Artemide. Certo, Chiara e Artemide non si sono mai incontrate, ma credo che nelle stesse cacciatrici è riuscita a capire che anche lei era destinata a seguire la dea. Questo perchè nella realtà Chiara (che è la mia migliore amica da sempre) si sta facendo suora, e in questa storia mi sembrava perfetto farla diventare una cacciatrice alla fine. E' stato un po' da carie ai denti quando ho fatto dire a Chiara la frase con "ovunque io vada" che richiama il titolo della storia, ma prendetela così! xD Riguardo al resto, beh... Paul nella realtà avrebbe il sogno di diventare insegnante, quindi per lui nella storia non vedevo prospettiva migliore. Nico e Robby non hanno avuto possibilità di parlare, aimè! Ma non vi preoccupate che anche se non adesso, prima o poi parleranno (e vi farò sapere cosa si diranno). Perchè sono tornata in Italia mi sembra chiaro... ok, tutti vorremmo starcene in America, ma nella realtà la mia vita è qua e, nonostante Percy Jackson sia un fantasy, voglio rendere tutto (anche le mie scelte) il più verosimili possibli. Anche se questo non vuol dire che io molli Nico, no? Questo è il senso del titolo, e non riguarda solo Chiara, ma tutti i rapporti con le persone: anche se si è distanti fisicamente, se i rapporti di amicizia, di amore etc sono veri, saranno anche duraturi. Poi, hey. è il mio punto di vista.
Detto questo vi lascio perchè vi sto solo annoiando.
A presto con l'ultimo capitolo extra e, a seguire, il sequel!
Robby