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Autore: DeiDeiDei    08/11/2012    9 recensioni
[...] Il suo cuore saltò un battito.
-Boyd?- Domandò esitante, fermo e teso come una corda di violino –Isaac?- Non erano mai entrati in camera sua prima, ma chi lo sa, magari il loro Alpha li aveva spediti a tenerlo sotto controllo –Erica?- Anche l’ultimo richiamo cadde nel vuoto. Nel silenzio più assoluto. Nella stanza dove regnavano soltanto il suono del suo respiro e di quello del visitatore. Sembrava persino più vicino. Il cuore di Stiles iniziò a battere più forte, quando un fruscio tutt’altro che rassicurante si mosse verso di lui. Perché quello dietro di se non gli rispondeva? Non era un bello scherzo. Assolutamente no. Avrebbe dovuto parlare col branco riguardo ai loro scherzi. Se l’obbiettivo era spaventarlo, ci stavano riuscendo benissimo. Non sapeva se essere più irritato o terrorizzato, perché una piccola parte di lui, pressante ed accanita contro la sua calotta cranica, gli stava ripetutamente suggerendo che la persona entrata dalla finestra non era Scott, non era Derek, ne Isaac, Boyd o tantomeno Erica. Stiles sentì distintamente lo sbuffo di un ghigno aprirsi da qualche parte nella stanza scura[...]
POV alternato. Focus Stiles.
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla fine era andato tutto abbastanza bene. Relativamente parlando. Scott si era trasformato: unghie deformi, denti appuntiti, pelo un po’ ovunque e brillanti occhi dorati. E Stiles aveva pensato fosse opportuno dire a suo padre che era un Lupo Mannaro. Che erano TUTTI Lupi Mannari. L’uomo, per un attimo, dal canto suo era rimasto perfettamente immobile. Lo sguardo basito puntato sul moro che tante volte aveva ospitato a casa sua e che in quel momento non sembrava nemmeno più la stessa persona. Aveva quindi abbassato la mano sulla fondina della pistola, estraendola con un gesto rapido ed esperto e puntandola davanti a se, ad appena due misere spanne di distanza dal naso di Scott. Stiles aveva subito provveduto ad attirare la sua attenzione, spiegando allarmato che loro, però, non avevano fatto niente di male e che erano innocenti per ogni delitto commesso. O, perlomeno, la maggior parte. Jon Stilinski era rimasto ad osservarlo per qualche secondo, poi, come in un sogno, il suo braccio si era spostato, seguito solo dopo dal viso serio, e Derek si era ritrovato la canna di una pistola puntata in fronte. Aveva fatto una smorfia. L’avevano fatta tutti e due, a dire il vero. Quindi, aveva parlato, col sarcasmo che trasudava assieme alla rabbia da sotto la facciata composta. Lo aveva accusato. A suo dire, non solo lo aveva fatto dannare per un anno rovinandogli la carriera, ma, dopo tutte le maledizioni che gli aveva mandato, si era pure preso la cosa per lui più importante al mondo. Si era preso suo figlio.

Derek era rimasto semplicemente senza parole. Lui non si era preso proprio niente, giusto? Non era che avesse perpetrato volontariamente un qualche furto o rapimento. Perciò di cosa lo incolpava il vecchio? Tutto si sarebbe aspettato tranne l’essere accusato di una cosa simile. Lo Sceriffo gli aveva chiesto se, perlomeno, si sentisse soddisfatto. Non aveva saputo come rispondere. Perché, ovviamente,  non voleva che gli sparasse un proiettile in testa. Quindi, di certo, non poteva ammettere davanti a lui di sentirsi effettivamente soddisfatto di come fosse mutata la sua situazione di quei tempi. Poi il poliziotto era passato ad elencare dal suo punto di vista tutte le stranezze che erano accadute sotto la sua giurisdizione apparentemente per colpa loro. Il Branco se ne stava nel silenzio più completo. E forse era stato per quello che Derek aveva capito quanto l’uomo avesse avuto ragione fin dal principio della sua tirata. Suo figlio era stato sempre coinvolto in tutti quei delitti assurdi e sovrannaturali ed aveva continuato a dire il falso alla propria restante famiglia per coprire le spalle ad un lurido Branco di Licantropi. Da qualche settimana, inoltre, aveva iniziato a mancare sistematicamente di casa per interi pomeriggi (a volte, persino intere nottate), a non tornare dopo scuola andando invece sempre più spesso alla villa degli Hale. Suo padre lo aveva evidentemente fatto seguire ed aveva raccolto testimonianze del ragazzo che saliva e scendeva dalla macchina del Capobranco, che faceva compere senza mai poi portare nulla a casa, che accompagnava in auto numerosi suoi compagni di classe alla vecchia magione in ristrutturazione nel bel mezzo del bosco. Lo avevano visto uscire dal bosco insieme a Derek e tornarsene a dormire nella sua casa. Ovviamente aveva parlato anche del fattaccio delle magliette: nell’armadio di suo figlio c’erano sempre meno vestiti suoi e con frequenza a dir poco allarmante se ne tornava indossando capi d’ abbigliamento appartenenti a qualcun’ altro (l’Alpha), troppo larghi per essere di Scott e indubbiamente non appena comprati. Derek aveva continuato a fissare la pistola, irrequieto, lasciando che fosse Stiles stesso a ribattere. Eppure l’uomo aveva ragione. Dannatamente ragione. Il ragazzo era praticamente sparito da casa, tornava a casa con il suo branco, faceva compere per la SUA casa, dove viveva, passava i pomeriggi, mangiava, si faceva la doccia, dormiva, aveva una stanza con un suo letto ed un suo armadio, dove, pian piano, stava portando tutti i suoi effetti personali. Persino nelle serate libere andava a caccia o guardava un film insieme agli altri. Ma, in fondo, a riassumere il tutto, il succo era che, invece di passare il tempo con la propria famiglia, preferiva starsene con lui. Preferiva starsene con Derek Hale. Il Lupo se ne era reso conto solo in quel momento, giusto giusto mentre si rendeva conto anche di quanto la cosa gli piacesse.  Di quanto la situazione lo mantenesse tranquillo e, in un certo senso, felice. Il solo pensiero gli aveva fatto salire su per la schiena un brivido. Avere Stiles con se in macchina, nel bosco, a caccia, durante la luna piena. Vederlo tornare da scuola, abbandonare i libri sul divano e sedersi in cucina a pranzare, uscire dal bagno la sera ridicolmente coperto di asciugamani e dalla camera la mattina, sbadigliando ed indossando delle sue magliette sfatte. Gli piaceva. Dio se gli piaceva. Era come riavere una famiglia, una vita normale. Aveva, perlomeno, qualcuno con cui condividerla, quella stramaledetta vita.

Era stato quello il momento in cui Stiles stesso aveva fatto irruzione nei suoi pensieri. Lo aveva preso per un braccio, stringendolo con forza ben poco umana (grazie al cielo non era un Licantropo particolarmente portato per l’utilizzo della forza bruta). Derek si era lasciato spostare di lato e trasportare fin fuori della porta. Il ragazzo l’ aveva richiusa subito, sbattendola brutalmente. Derek si era guardato attorno e si era reso conto solo in quel momento che gli altri erano scomparsi. Stiles lo stava trascinando verso la Jeep, l’unica macchina nel vialetto. Dove diavolo erano finiti tutti? Possibile che se ne fossero già andati da un po’? minuti? Il ragazzo lo aveva fatto entrare in auto e si era seduto alla guida della sua amata auto. Si era finalmente preso un attimo per guardarlo bene. Le mani che stringevano il volante mostravano unghie lunghe e affilate e gli occhi stavano lampeggiando di un rosso a dir poco preoccupante. Era fuori controllo. Pensando che nemmeno durante la sua prima Luna Piena aveva perso il controllo rendeva il tutto vagamente inquietante. Avrebbe voluto allungare una mano, confortarlo. Ma alla fine non l’aveva fatto. Non, perlomeno, fino a quando erano arrivati a casa. A quel punto, sì, aveva lasciato che si sfogasse  e lo aveva consolato. Se così vogliamo dire.

E fu così che, il mattino dopo, aprì gli occhi sul divano. Era l’alba, lo sapeva ancora prima di lanciare uno sguardo grigio assonnato fuori dalla finestra aperta del salotto. Una mattina grigia, ma fresca quanto bastava per non risultare opprimente. Niente pioggia, grazie al cielo. Sapeva anche fin da subito che il peso costante che gli pigiava sul fianco sinistro non era altro che Stiles. Abbassò lo sguardo sulla propria spalla ed osservò il viso del ragazzo, assopito ed innocente come non mai. La bocca era aperta e gli occhi si spostavano a tratti sotto le palpebre chiuse. Stava dormendo un sonno tranquillo, ragionò Derek, a dispetto del litigio avuto la sera prima col padre, di seguito si era lasciato andare attentando alla solidità di villa Hale. All’inizio si era sfogato dando pugni al muro di divisione tra ingresso e salotto. Tanti pugni alla parete. Tanti da non farla più sembrare neppure una parete. Forse un pannello di cartongesso diroccato, ma non di certo un muro quale sarebbe dovuto apparire. Poi aveva pianto. Non per il muro, purtroppo. Aveva pianto per aver trattato male suo padre e per la situazione in generale. Per l’Hale era stata una cosa angosciante ascoltarlo. O, perlomeno,  lo era stata fino a quando non aveva acquistato abbastanza coraggio da avvicinarsi a lui di qualche passo. Stiles, a quel punto, gli era saltato letteralmente al collo. Aveva seriamente cercato di strangolarlo in un abbraccio per i successiva dieci minuti, senza mai allentare la presa. Nemmeno quando l’Alpha aveva restituito la stretta, lasciando scivolare la mani sulla sua schiena. O quando lo aveva sollevato di peso e lo aveva portato fino al divano, facendolo sedere assieme a lui. Derek aveva persino pensato per un po’ di tempo che il giovane non stesse neppure ascoltando le sue parole di conforto, o che non le volesse. Sarebbe stato imbarazzante: lui che sussurrava parole sensibili all’orecchio di un’ adolescente in lacrime che poi gli chiedeva “cosa?” o gli diceva di piantarla, che era fastidioso. Fortunatamente, non lo aveva fatto. Era invece rimasto a singhiozzare silenziosamente per quasi un’ ora, attaccato al suo collo e seduto sulle sue gambe, tenendoselo immobile ed usandolo in tutto e per tutto come un cuscino. Passata quell’ora, aveva finalmente alzato la testa. Aveva il viso bagnato e rigato dalle lacrime e gli occhi gonfi di pianto, quando lo aveva ringraziato. Derek aveva annuito, cercando di riprendere il suo consueto contegno. Poi Stiles si era chinato su di lui e tutto era successo in un attimo. Lo aveva baciato. Labbra su labbra. Un bacio delicato, dolce, grato e bisognoso allo stesso tempo. Si era staccato, rimanendo ad osservarlo a una decina di centimetri di distanza. Il moro aveva potuto vedere il suo sorriso sorgere pian piano, nel tempo che lui ci metteva a riprendersi dallo shock, e i suoi occhi lampeggiare rosso fuoco e a fanculo l’orgoglio! L’aveva preso per le spalle e aveva catturato la sua bocca per un lungo momento. E poi uno ancora. Stiles era rimasto sorpreso, all’inizio, ma si era limitato infine a stringergli le braccia attorno al collo e smetterla di piangere una volta per tutte.

Derek valutò la possibilità di spostarlo leggermente di lato sul divano ed iniziare la propria routine quotidiana. Ma qualcosa (forse il lamentarsi del ragazzo nel sonno oppure la sua mano stretta sul braccio dell’ Alpha) gli fece decidere il contrario. Sospirò. Osservò il viso dell’altro, assorto, per qualche secondo. Poi alzò lo sguardo al soffitto. Cosa avrebbe fatto? Aveva baciato quel ragazzo. Aveva baciato un membro del suo branco sul divano della loro tana, probabilmente approfittando della sua confusione e del suo stato emotivamente drastico. E decise di sorvolare sul fatto che fosse un maschio. Aveva appena abusato di un adolescente. Si maledì sottovoce e fissò con tutta la rabbia e la frustrazione l piccola crepa nell’intonaco del soffitto. Era abbastanza sicuro che al giovane non fosse dispiaciuto, dopotutto era stato lui a baciarlo per primo e, anche dopo, i suoi occhi non sembravano per nulla offesi o oltraggiati. Eppure in uno stato d’animo come quello che il ragazzo aveva la sera precedente, probabilmente lo aveva fatto solo per sfogarsi. Ma non gli sembrò per nulla cosa da Stiles. La testa del ragazzo scivolò di lato qualche centimetro e, subito, la mano del capobranco scattò quasi automaticamente a rimetterla a posto, mentre un sorriso gli sorse naturale sulla labbra. Era da così tanto tempo che non faceva una cosa del genere e che si svegliava con accanto qualcuno del quale gli importasse qualcosa.

-Shhh! Taci!- Nella casa risuonò il suono di uno scappellotto.- Mamma e papà si stanno riposando, non vorrai mica disturbarli.- Derek si irrigidì, congelandosi. C’ erano Isaac e Boyd in casa? Non li aveva nemmeno sentiti arrivare. Come aveva potuto non accorgersene? Quella cosa stava iniziando a succedere un po’ troppo spesso, per i suoi gusti. Era irritante. Dannatamente irritante. Un fruscio gli fece abbassare lo sguardo, che ancora era rimasto freddato sul soffitto sopra la sua testa. Le iridi non indugiarono nemmeno un attimo e caddero subito su Erica che, raggiante ai primi raggi di sole entrati dalla finestra, se ne stava poggiata allo stipite della porta. Aveva le braccia incrociate ed un ghigno complice sulle labbra. Derek sentì gli alti due salire al piano di sopra. E, così, già tre dei suoi Beta lo avevano visto abbracciato a Stiles? Bhè, prima o poi lo sarebbero dovuti venire a sapere tutti. Meglio prima che poi.

Pensando al come dire agli altri cosa fosse successo, non poté fare a meno di agitarsi sul posto, a disagio. Ed anche un po’ preoccupato. Lo sceriffo lo avrebbe ucciso. Gli avrebbe sparato in ogni centimetro di carne disponibile e POI lo avrebbe ucciso. Scott sarebbe stato furioso, sempre se fosse riuscito a capire cosa gli stessero dicendo. Jackson lo avrebbe deriso per il resto dei suoi giorni. Lydia ed Allison avrebbero fatto in modo che lo venisse a sapere il mondo intero nel giro di mezza giornata. Il Veterinario, probabilmente, lo avrebbe fatto incriminare per pedofilia. Stiles si mosse contro il suo fianco, facendolo sorridere ancora. Decise che, come capobranco, avrebbe ignorato le malelingue. Si costrinse a vedere il lato positivo della faccenda.

Peter sarebbe rimasto meravigliosamente, memorabilmente indignato.




 

ALPHAS-FINE







Angolo Dell'autrice:
Salve a tutti, sono Eva e sono quì per piangere per il mio ritardo  e per la fine di questa storia.
Come già detto e ridetto in precedenza, chi vorrà leggere ulteriori capitoli di questa Fic, inseriti in un punto a vostra scelta della trama, basta che me lo chieda!

Questa è la mia prima long pubblicata dopo tre anni nei quali ho ignorato EFP ed è la prima FanFiction completa (long) che pubblico in assoluto. Perciò è molto importante per me. E' inoltre la mia prima Sterek e la storia che mia sorella Emma e le mie amiche (Serena e Alice, soprattutto) mi hanno spronata tanto a scrivere (Emma è arrivata alle minacce fisiche).
Spero quindi che possa essere piaciuta anche a voi e che vi abbia fatto un po' ridere ed un po' stare sulle spine a tratti come è successo a me.

Detto ciò vi abbandono. Ho un testo da scrivere per un E-Book del corso che sto seguendo (C.Randall ci parla di Romanzi Fantasy) e ben trentasette storie tra Long e Oneshot da completare.

Alla prossima e grazie di tutto.

   
 
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