Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Astrea_    09/11/2012    8 recensioni
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata. [...]
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata. [...]
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
k

Every piece of your heart

Stop the tape and rewind.

Avevo provato per tutta la settimana successiva a mettermi in contatto con Harry in qualsiasi modo, comprese telefonate, messaggi e Twitter, ma ovviamente non ci ero riuscita.
Era passata una settimana, un’intera settimana e di lui non avevo avuto più notizie.
Non mi ero neppure arrabbiata come avrei dovuto quando Rossella ebbe finalmente la decenza di informarmi riguardo alla meta del viaggio, soltanto il giorno prima di partire.
“Io non so davvero come dirtelo. All’inizio verso aprile sembrava la cosa giusta da fare, poi a maggio mi sono ricreduta e ho chiesto di cambiare meta, ma visto gli eventi delle ultime settimane l’ho fatta ricambiare con l’originale e quando ieri sono andata in agenzia per modificarla ancora mi hanno detto che era troppo tardi, quindi ora dobbiamo andarci.”, aveva detto tutto d’un fiato, quasi delirando.
“Ma andare dove?”, avevo chiesto io non avendo capito molto dal suo sproloquio.
“A Londra.”, aveva detto Ludovica con un filo di voce.
Io avevo sgranato gli occhi per fissarli prima sulla bionda e poi sulla rossa, aspettando spiegazioni.
“Non sembrava un’idea malvagia quando l’ho pensata!”, si era difesa alzando le mani. “E poi era per poter incontrare più facilmente i One Direction!”, aveva aggiunto facendo spallucce con finta aria ingenua.
“Ma quindi tu lo sapevi?”, avevo poi domandato a Ludovica, avendo notato che era stata lei e non Rossella a rispondere alla mia prima domanda.
Lei aveva annuito, abbassando il capo.
“Ross me l’ha detto quando ha cambiato destinazione la prima volta.”, aveva sussurrato.

Così quel giorno mi trovavo su un aereo di linea diretto a Londra, dove avrei trascorso i prossimi giorni in un albergo del centro a cinque stelle, per festeggiare la fine del liceo.
Inutile dire che speravo di utilizzare quella vacanza come un’occasione per incontrare Harry, quindi non feci obiezioni quando le mie due amiche pianificarono tutti i nostri impegni in base a quelli degli One Direction.
Ormai ero sicura che Ludo si fosse presa una cotta per Niall, ma lei, timida com’era, non voleva raccontarci nulla.
Rossella, invece, non faceva che ripetere quanto fosse appagante il sesso con Zayn e che non voleva assolutamente farne a meno, almeno fino a quando fosse stato possibile.
“Ecco, questo è il numero di Louis, me l’ha appena dato Zayn.”, m’informò Rossella, sventolandomi sotto il naso lo schermo del suo cellulare non appena mettemmo piede a terra.
“E cosa dovrei farci io?”, le chiesi mentre mi avviai alla zona destinata al recupero bagagli.
“Magari puoi farti dare l’indirizzo e andare a parlare con Harry!”, propose lei raggiungendomi, subito seguita anche da Ludo.
“Io e quello non abbiamo più nulla da dirci.”, replicai a denti stretti, mentre afferravo la mia valigia.
Attendemmo ancora qualche minuto che anche quelle di Ludo e Ross apparissero sul rullo, poi terminata l’operazione ci avviamo all’uscita dell’aeroporto.
“Ora sei addirittura passata a chiamarlo quello?”, mi fece notare con fare scettico Ludovica.
Rimuginai sulle sue parole per qualche secondo.
Forse sarei davvero potuta andare da lui e spiegargli tutta la situazione.
Il problema, tuttavia, era che io non gli dovevo assolutamente nulla, né tantomeno spiegazioni.
Lui avrebbe potuto tranquillamente dirmi che a lui non interessava nulla, perché non eravamo mica fidanzati ed io avrei fatto la figura della patetica illusa.
“Lo chiamo come mi pare.”, borbottai.
“Chiamalo, sta già squillando!”, continuò ignorandomi bellamente la bionda, mentre mi passava il cellulare.
Lo afferrai, senza tuttavia esserne convinta.
Magari con le giuste parole avrei potuto sondare il terreno e poi decidere cosa sarebbe stato giusto dire, nel peggiore dei casi avrei potuto addurre la scusa della visita di cortesia.
“Hello!”, mi salutò una voce dall’altro capo del telefono.
Con un lento movimento lo portai all’orecchio, presi una lunga boccata d’aria, poi mi decisi a rispondere.
“Ciao Louis, sono Giulia.”, dissi cercando di sembrare tranquilla, per mascherare tutte quelle smisurate sensazioni che mi stavano attraversando in quel momento.
E se non avesse voluto vedermi? Se stesse con un’altra?
“Ehi Lia! Siete già arrivate a Londra?”, mi chiese con voce allegra.
Lanciai una veloce occhiata omicida alle mie amiche: ma perché tralasciavano sempre qualche dettaglio?
Perché non mi avevano detto che avevano avvisato anche loro?

“Si, proprio in questo momento. Comunque volevo chiederti un favore.”, iniziai a dire per giungere al nocciolo della conversazione.
“Dimmi pure, carotina.”, m’incitò lui.
Ancora la fissa per le carote aveva?
“Volevo chiederti se Harry fosse a casa, è una settimana che provo a parlarci, ma lui mi evita.”, gli dissi mordicchiandomi il labbro.
Non sapevo cosa sperare che mi rispondesse.
Insomma, se era fuori poteva benissimo essere con un’altra, se era in casa, invece, significava che davvero non voleva vedermi visto che comunque continuava a non rispondere alle mie chiamate.
“Si, è in bagno in questo momento.”, rispose lui. “Vuoi che te lo vada a chiamare?”, mi domandò poi.
“No!”, mi affrettai a dire, sobbalzando. “Cioè no, mi attaccherebbe il telefono in faccia.”, ammisi.
Restammo in silenzio per qualche secondo, io ad assimilare quella triste verità e lui probabilmente a concedermi il tempo di cui necessitavo.
Le mie amiche, invece, tenevano lo sguardo fisso su di me, cercando di capire cosa mi stesse dicendo.
“Louis, chi è?”, sentii domandare da Harry che presumibilmente doveva averlo raggiunto in quella stanza.
“Mia sorella.”, mentì lui all’amico e gli fui davvero grata per quella piccola accortezza.
“Posso venire ora da voi?”, gli chiesi senza troppo peli sulla lingua.
Non appena pronunciai quelle parole vidi Ludovica e Rossella battersi energicamente il cinque, prima di sorridere entusiaste.
“Ma certo! La mamma ne sarà contentissima!”, acconsentii lui per rendere più credibile la conversazione con la sua presunta sorella.
“Mi dai l’indirizzo?”, gli domandai allora.
“Ma certo che puoi mandarmi i messaggi ogni volta che vuoi!”, esclamò lui, come se fosse un codice da decifrare.
“Stai cercando di dire che devo mandarti un messaggio o che tu mandi a me l’indirizzo tramite messaggio?”, gli chiesi conferma, non avendo ben afferrato il suo indizio.
“Secondo me la seconda, la prima è troppo piccola per il tuo seno!”, dichiarò lui allora.
Sgranai gli occhi e spalancai la bocca.
La perversione era di casa!
Scossi la testa, per riprendermi, non avevo tempo per soffermarmi su quelle futili riflessioni.
“Bene, allora muoviti a mandarmi l’indirizzo.”, sentenziai infine.
“Va bene, ciao sorellina! Ti voglio bene anche io!”, mi salutò prima di chiudere la chiamata.
Non ebbi neppure il tempo di restituire il cellulare alla mia amica che arrivò il messaggio con l’indirizzo.
Lo lessi e deglutii.
Coraggio! Coraggio, Giulia!

“Devo andare da Harry.”, sussurrai tutto d’un fiato.
Ross e Ludo annuirono.
“Questo è l’indirizzo dell’hotel, così saprai comunque dove andare. Alla valigia ci pensiamo noi.”, mi disse la bionda porgendomi un bigliettino da visita appena cacciato dalla borsa.
“Allora grazie, di tutto. Io vado.”, le salutai, poi corsi fuori alla ricerca di un taxi.
Ci misi circa tre quarti d’ora prima di giungere a destinazione e fortuna volle che non incontrai neppure traffico per le strade londinesi.
Ero talmente agitata che non mi soffermai neppure a guardare il paesaggio che scorreva veloce sotto i miei occhi, dall’altro lato del finestrino.
Le mani mi tremavano, sudavo freddo per l’ansia.
Quasi ero sussultata quando il tassista mi aveva avvisato di essere giunta a destinazione.
Pagai, poi scesi e mi ritrovai proprio davanti al numero civico che Louis mi aveva indicato.
Rimasi ferma lì davanti per qualche minuto, indecisa sul da farsi.
Tutto d’un colpo mi resi conto che non dovevo assolutamente essere lì in quel momento, che sembrava stessi per mettere su una di quelle scene disgustosamente romantiche di qualche commedia di secondo ordine.
Perché diavolo avevo ascoltato il consiglio di quelle due pazze che mi ritrovavo per amiche?
Perché tu ad Harry vuoi bene!
, mi rispose una vocina dentro la mia testa.
Era vero, io ci tenevo ad Harry, davvero tanto, ma non fino al punto di presentarmi a casa sua perché mi ignorava da appena una settimana e poco più.
Non ne avevo il diritto.
Tuttavia mi sentivo in colpa.
Diamine quanto mi sentivo in colpa!
Ci eravamo baciati, il che non equivaleva a dire nulla considerati i suoi standard, ma le parole che aveva detto appena dopo mi avevano lasciata basita.
Non preoccuparti per ora, ne riparleremo con calma.
Tranquilla, Juls. Però, ecco…
Ecco, ti sarei grato se evitassi di baciarlo, cioè almeno se hai intenzione di lasciarlo.

Come in un film nei momenti cruciali, rividi quelle scene nella mia mente, le sue parole rimbombavano forti e chiare.
Probabilmente furono quei ricordi la goccia che fecero traboccare il vaso.
Capii che non avrei voluto attendere neanche un istante in più, io avevo bisogni di chiarire con Harry, volevo che lui sapesse che non era stata mia intenzione, che non volevo prendermi gioco di lui con quel bacio, anche se per lui non era significato nulla.
Del resto, non potevo certo dire che fosse la stessa cosa per me.
Suonai il citofono, per farmi aprire il cancello e fu Louis a rispondere.
“Entra.”, mi disse non appena ebbe riconosciuto il mio viso attraverso la piccola telecamere istallata sull’aggeggio.
Non me lo feci ripetere due volte ed oltrepassai il cancello, giungendo al portone, dove lui mi attendeva insieme ad una ragazza.
“Ciao Lia!”, mi salutò con due baci sulle guance.
“Ciao Louis!”, ricambiai subito.
“Lei è la mia ragazza, Eleanor.”, disse indicandomi la mora alla quale cingeva la vita.
“Però parla solo inglese.”, aggiunse poco dopo.
“Nice to meet you.”, la salutai porgendole una mano.
“She’s Hazza’s girlfrie… Hazza’s italian friend.”, si corresse probabilmente intimorito dall’occhiata omicida che gli avevo lanciato al suono delle parole che aveva utilizzato per presentarmi.
La ragazza mi sorrise, lanciandomi un’occhiata d’intesa, chissà per cosa poi.
“Ok, noi usciamo. Harry è tutto tuo, è in salotto.”, mi comunicò Louis.
“Grazie.”, gli dissi soltanto prima che andasse via con la sua ragazza.
Oltrepassai l’ingresso e mi inoltrai in un largo e luminoso corridoio, sul cui lato sinistro c’era una libreria.
Era piena di cornici, alcune molto buffe, altre colorate, ed in ognuna c’era una foto che ritraeva i ragazzi in diversi momenti della loro carriera.
Una in particolare attirò la mia attenzione. Aveva una cornice di un rosa vivace ed energico, i cui contorni erano ondulati, modellati come le onde del mare. Riconobbi subito il faccino di Harry nel bambino della foto. Aveva i capelli corti, lisci e chiari, l’esatto contrario di come li aveva ora, ma gli occhi erano esattamente gli stessi, così come il sorriso e le fossette sulle guance.
Sorrideva all’obiettivo ed era davvero bellissimo.
Notai anche una serie di libri, gialli, thriller ed horror, ma non capii a chi appartenessero.
“Louis, sei ancora qui?”, chiese una voce che riconobbi subito.
Era Harry.
Non risposi, piuttosto mi feci guidare dalla traccia d’eco che aveva lasciato nella mia testa e forse, ma solo forse, anche nel mio cuore.
“Ciao Harry.”, gli dissi quando me lo ritrovai davanti sulla soglia di quello che doveva essere il salotto.
Lui si era alzato, forse per cercare il suo amico, ed ora era in piedi a qualche passo di distanza da me.
Arrossii violentemente quando realizzai che quell’unico indumento che aveva indosso erano dei boxer neri.
Ma questo proprio in mutande doveva girare per casa?
Spostai lo sguardo sul suo viso, solo su quello, cercando di rimanere concentrata e non pensare a quello che c’era sotto di esso.
Lui sbatté più volte le palpebre, come per avere la conferma che non fossi solo il frutto della sua immaginazione.
“Cosa ci fai tu qui?”, mi chiese poi con tono rude e secco.
“Ricambio la visita di cortesia.”, risposi facendo spallucce, dicendo la prima cosa che mi passò per il cervello.
Di certo non avrei mai ammesso che ero lì perché mi sentivo in colpa, in fottutissima colpa.
“E hai intenzione di restare lì impalata ancora per molto o vai via subito?”, continuò lui quasi attaccandomi, ma infondo quasi capivo la sua reazione.
Io al suo posto avrei fatto molto peggio.
“Devo dirti una cosa.”, sbottai allora con un sospiro.
“Non so se ti crederei.”, ammise lui tanto sincero quanto affranto.
“Almeno puoi provare ad ascoltarmi.”, proposi allora accennando ad un mezzo sorriso.
“Non so se ne ho voglia.”, borbottò in risposta a quella mia richiesta.
Spostai lo sguardo di lato, stando attenta a non farlo cadere neppure per una frazione di secondo sul suo corpo.
“Da quando sei così insicuro proprio tu?”, provai a dire cercando di sembrare scherzosa, ma il mio tono di voce si incrinò non appena tornai con gli occhi nei suoi.
Non rideva, non sorrideva o sogghignava neppure ed era strano vederlo così serio.
Lui non rispose, ovviamente.
Dovevo farmi coraggio e spiegargli bene le cose, non c’era altra soluzione.
“Io e Massi…”, iniziai ma fui interrotta da Harry.
“Ti ho detto che non so se ho voglia di sentirti.”, tuonò in un sussurro, stringendo la mano destra in un pugno.
Mi immobilizzai all’istante, rimanendo rigida e tesa davanti ai suoi occhi carichi di rabbia e rancore.
Da quando ero così codarda?
Harry era un amico, no? Più o meno sì e per gli amici si era disposti a tutto!
Volevo perderlo? No.
Volevo baciarlo? Si.
Bene, forse allora non era proprio un amico.

Tralasciai l’ultima riflessione, davvero poco opportuna in quel momento, per concentrarmi sulle altre.
Mi sentii come rinascere, mentre una nuova forza ardeva dentro di me.
“Ed io voglio che tu mi senta.”, replicai con tono più sicuro, alzando di poco la voce.
Lui sembrò scosso dal cambiamento repentino che aveva assunto non solo la mia voce, ma probabilmente anche la mia espressione.
Sentivo le fiamme ardermi negli occhi e le mani tremare.
“Io e Massi ci eravamo già lasciati quando mi hai baciata! Cioè, in teoria eravamo in pausa, in pratica era finita da un pezzo.”, gli dissi tutto d’un fiato.
Lui non proferì parola, rimase in silenzio, ad aspettare che continuassi.
“Quando mi ha baciata quella sera, l’ha fatto perché credeva di poter recuperare il rapporto con me e se io non l’ho respinto subito è soltanto perché mi aveva presa alla sprovvista. Non volevo venir meno alla parola che ti avevo dato. Ho provato a dirti che ci eravamo già lasciati, ma tu continuavi ad interrompermi dicendomi che ne avremmo parlato con calma, dopo e a me quella prospettiva del tempo futuro piaceva. Non volevo prenderti in giro e non volevo che tu assistessi a quella scena, ma è successo. Poi abbiamo chiarito e ti assicuro che ora anche lui ha capito che è inutile stare dietro ai miei cambi d’umore e alle mie sbadataggini perché…”, delirai senza sosta fino ad essere interrotta dall’indice destro di Harry che si posò sulle mie labbra, per farmi tacere.
Mentre io continuavo con quell’assurdo, imbarazzante e patetico sproloquio senza senso, lui si era avvicinato a me, restando solo a qualche spanna dal mio viso.
Avevo già detto che indossava solo i boxer?
“Shhh”, fece in un sussurro che al mio orecchio parve estremamente roco e sensuale.
“Facciamo che ricominciamo daccapo.”, mormorò lui a pochi centimetri dalle mie labbra, con gli occhi incatenati ai miei.
Con una lentezza estenuante ritrasse il dito, poi mi sorrise.
Pantaloni e maglia no, eh?
Sorrisi anche io, cercando di rimanere concentrata solo sul suo viso.
“Piacere, Giu…”, iniziai scherzando, ma lui mi bloccò un’altra volta.
“Io il tuo nome lo so già, ti chiami Giulia.”, terminò esattamente come aveva fatto la prima volta.
Sorrisi per quel piccolo ma significativo gesto: ricordava anche lui quel momento.
“Questa volta anche io conosco il tuo, Harold Edward Styles detto Harry.”, dissi guardandolo ancora negli occhi, mentre sentivo le labbra incurvarsi nel tipico sorriso da pesce lesso.
“Uffa, ma così cambia tutta la storia!”, si lamentò lui sbuffando come un bambino.
Feci roteare gli occhi e, disgraziatamente non proprio, caddero sul suo fisico.
Non era eccessivamente muscoloso, non come i palestrati delle spiagge americane dei film, ma nel giusto avrei detto. Era praticamente perfetto ai miei occhi. Le sue spalle erano piuttosto grandi, ma ben proporzionate al resto del corpo. I pettorali non erano particolarmente accentuati, ma si distinguevano perfettamente, mentre man mano che scendevo con gli occhi potevo notare i suoi addominali scolpiti in una leggera tartaruga.
Deglutii quando con lo sguardo partii dall’estremità dei suoi fianchi, seguendo la v ben scolpita sulla sua pelle, fino a giungere all’elastico dei boxer che erano troppo, davvero troppo calati.
Alzai di scatto gli occhi, trovando però i suoi che mi scrutavano per capire cosa stessi facendo.
Ecco, grande figura di merda!
Sentii immediatamente le guance andare a fuoco, imbarazzata com’ero.
“Va a metterti qualcosa addosso, Styles.”, gli suggerii con voce flebile allora, consapevole che ormai non avrei potuto ridicolizzarmi oltre.
Lui sogghignò.
“Tanto l’ho visto come mi guardavi e come sei arrossita! E poi non mi hai mai chiamato per cognome!”, borbottò lui, sorridendo sornione.
“Guarda che lo dicevo per te, potresti prenderti una broncopolmonite!”, provai a dire, ma lo feci solo ridere.
“A luglio?”, mi chiese con un’espressione scettica sul viso.
Sbuffai.
“Va a metterti qualcosa addosso e basta.”, gli ordinai ormai al limite.
Era davvero difficile far finta di nulla con tutto quel ben di dio sotto gli occhi!
“Va bene, va bene!”, acconsentì lui ridendo ancora sotto i baffi mentre si allontanava ed io ne approfittai per squadralo bene anche dietro.
Si, era proprio un gran bel pezzo di figo!

---





Angolo Autrice
Ed eccomi qui!:)
Appena tornata a casa sono stata accolta da una meravigliosa sorpresa:
ben 14 recensioni!!*.*
Ma dico, 14!!!!*.*
Grazie mille, di cuore!!<3 Vi adoro tutte, carotine!!!:3
Questo nuovo capitolo è tutto per voi
e per una volta c'è qualcosa che va per il verso giusto!:D
Juls ha finalmente messo le cose in chiaro, più o meno!
Ma, soprattutto, si è data una mossa!!:D
Ed Hazza... vabbè, rimane sempre Hazza!<3
Comunque, non mi dilungo che domani ci risentiamo con il prossimo chap!;)
Ancora grazie a tutti i lettori,
coloro che inseriscono la storia tra seguiti, preferiti o ricordati
e grazie a quelle spelndide personcine che hanno commentato!!*.*
A MASSIVE THANK YOU!!!<3
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!:D
Alla prossima!:*
                                                                            Astrea_


  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Astrea_