Ehilà!
Come ve la passate? Eccoci ad un nuovo aggiornamento! Temo che d’ora in avanti
saranno un po’ meno frequenti visto che ho le lezioni in ospedale ora… Ma non
guastiamoci il morale con questa comunicazione di servizio, dai! ^__^
Andiamo a vedere chi si farà avanti per una nuova domanda! E andiamo pure a
vedere se riuscirò a farlo un po’ meno lungo degli ultimi due… XD
Non
sarà un’ucronia molto “storica” stavolta, diciamo che è più incentrata sul
personaggio che l’ha richiesta.
Questo capitolo lo dedico alla lettrice che mi ha suggerito l’idea, che è anche
una di quelle che mi seguono più assiduamente qui nel fandom di Hetalia, e che
per rispetto della privacy chiamerò semplicemente “Ceci” ^__^
Spero
di riuscire a soddisfare la tua curiosità!
Buona
lettura a tutti!
PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!
PPS: Altri OC in arrivo! Li troverete tra poche righe, e provengono dal doujin
di Deviantart “Maaf”. Se non lo conoscete vi consiglio di correre a leggerlo
(potete raggiungerlo attraverso i link qui sotto), perché è veramente il doujin
su Hetalia più ben fatto che abbia mai letto!
Ecco
qui intanto l’aspetto, con sotto la descrizione in inglese, di questi nuovi
personaggi:
>>>
http://dinosaurusgede.deviantart.com/gallery/31716477?offset=24#/d4cdrdk
>>>
http://dinosaurusgede.deviantart.com/gallery/31716477?offset=24#/d41ww39
Dopo
aver visto l’ucronia proposta da Romano, tutti erano stati più o meno concordi
nel considerarla abbastanza “sfortunata” rispetto a quelle vissute dagli altri,
non che queste fossero state tutte sorprese piacevoli per i protagonisti.
Fortunatamente,
Belgio era della stessa idea, quindi (essendo stato pure bravo Romano a
riconquistarla con quel bacio da latin-lover) si era subito prodigata per
ripagarlo a dovere.
“A
me piace Belgio.”
Bacino.
“A
me piace solo Belgio.”
Bacino.
“Belgio
è la più bella del mondo.”
Ancora bacino! Sulle labbra, sulle guance, sulla fronte, sul nasino… Non c’era
quasi punto che si fosse dimenticata!
“Per
quanto ancora devo continuare?” –chiese Romano, che l’aveva fatta sedere sulle
proprie ginocchia.
“Oh,
dipende da te: tante volte quanti sono i bacini che vuoi da me.”
“Allora
saranno tantissime! Più di tutti i pomodori del mondo!”
Doppio
bacino!
Intanto,
a qualche passo, gli altri li guardavano e inorridivano per la troppa dolcezza.
“Che fortunato bastardo!” –esclamò Francia.
“Ma
trovatevi una stanza!” –esclamò Prussia.
“Se
solo ne dicesse una su di me…” –si depresse Spagna.
“E
piantala tu!” –lo rimbeccò Gilbert- “Sul serio! Queste ucronie fanno anche
spanzare ogni tanto, ma possibile che in tutte debba starci questo cavolo di
romanticismo?”
“Purché
si tratti di romanticismo yaoi… a me va bene!” –ghignò perfida Ungheria alle
sue spalle, che segretamente aveva già incaricato Giappone di disegnarle un
doujin sul regno “molto unito” di Francia e Inghilterra.
Gilbert,
scosso da brividi di terrore, si allontanò!
Ma
non tutti erano in disaccordo con tutti quei sentimentalismi che la macchina
stava mostrando loro. Anzi, proprio quei momenti così commoventi avevano
attirato fino alla prima fila alcune nazioni particolarmente appassionate del
genere!
“Ah,
fantastico!” –congiunse le mani Indonesia, vibrante di eccitazione- “Queste
storie alternative sono una più bella dell’altra!”
“Verissimo!”
–fece sua sorella Filippine, seduta alla sua destra- “Ho apprezzato
particolarmente la dolcezza di Italia, e come ha rinunciato a tutto per la sua
famiglia!”
“Anch’io:
lo sapete che per essere un uomo sono un gran sentimentale.” –commentò India,
seduto invece alla destra della ragazza col codino- “Personalmente ho adorato
di più il complicato rapporto quasi padre-figlio che unisce America e
Inghilterra. A proposito America, colgo l’occasione di questa pausa per farti i
complimenti per questi capolavori con cui la tua macchina ci sta deliziando.”
“Bravissimo!”,
“Grande, America!” fecero una dopo l’altro le due sorelle.
“Brunei,
vammi a prendere un altro hot-dog.” –ordinò la loro altra sorella Malesia, che
si era occupata da sola due sedie per appoggiare i piedi e spaparanzarsi.
“Eh
eh eh, troppo buoni! Se devo dire la verità io sono più il tipo da esplosioni,
ma… si, non è male, dopotutto è qualcosa venuto da me.”
India
annuì: “Storie degne di Bollywood!”
America rise: “Hollywood vorrai dire.”
L’asiatico gli rise in faccia: “Come no, ma se hai appena finito di dire che la
tua è solo roba di esplosioni! Esplosioni e banalità aggiungerei. Bollywood
ormai vi supera largamente a voi americani!”
L’atmosfera
si fece tesa: “Non sono d’accordo, è meglio Hollywood…”
“Bollywood…”
–ribatté la nazione col puntino rosso sulla fronte.
“Hollywood.”
“Bollywood.”
“Hollywood!”
“Bollywood!” –gridarono Indonesia e Filippine!
“Non
vale! Ti sei portato la tifoseria! E poi che razza di film sarebbero i tuoi?
Alla fine tutti i personaggi si mettono a ballare!”
“Il
lieto fine va degnamente festeggiato!”
Indonesia
sospirò: “Ah, speriamo di vedere altre belle storie d’amore!”
Qualcun
altro venne ad affacciarsi alla prima fila: “A me non dispiacerebbe un po’
d’azione invece.”
Era
un ragazzone bello alto, con un cerotto sul naso e un koala sulla spalla:
“Australia!”
“Ciao
Indy!” –ricambiò l’entusiasmo di lei, col suo sorriso smagliante da avventuriero- “Queste ucronie sono una vera
figata, mi chiedevo se ci fosse posto da queste parti per guardarle meglio!”
“Oh,
sicuro, dammi un secondo!” –rispose lei malgrado i posti occupati sia a destra
che a manca.
“Signor
India” –lo chiamò con gentilezza- “Ho dimenticato il mio ventaglio sul tavolo
delle riunioni, potrebbe per favore andarmelo a prendere?”
“Ma certamente, vado e torno!”
E
due secondi dopo che si fu alzato, Indonesia indicò il posto appena svuotatosi
al nuovo arrivato.
“Oh,
India… Sempre così gentile, così affabile, così manipolabile! Ih ih ih!”
–mormorò con un’aura piccolina quanto lei, ma ugualmente raccapricciante!
“Sai,
è una fortuna averti per amica…” –commentò vedendola in quel modo…
Mai
sottovalutare gli asiatici, specie se sono donne!
“Forza,
forza!” –alzò la voce America- “Continuiamo! Chi di voi vuole essere il
prossimo a fare una domanda?”
Notò
il buon vecchio Russia, seduto un po’ in disparte, anche un pochino di spalle.
“Ehi,
Russia, vecchio mio! Vuoi provare tu?”
“No, grazie. Non sono interessato.” –rispose lui seccamente.
“Uh, che freddo, qualcuno accenda il riscaldamento! Come fai a rimanere così
insensibile? Su, chi vuole provare?”
“Tres
bien!” –si alzò Francis- “Allora stavolta tocca a me.”
“Oh
oh, ecco che arriva Francia! Sento nell’aria odore di domandona!”
“Umpf!” –sbuffò Inghilterra- “Io sento odore di banalità.” –disse mentre
Francia gli passava accanto, per la qual cosa gli menò un’occhiataccia interrogativa.
“Prego!”
–fece Alfred, passandogli il testimone, ovvero il tubo per le domande.
“Banalità
in arrivo…”
“La
mia domanda riguarda la Guerra dei Cent’anni.”
“Ah!
Eccola! Ci avrei giurato! Quanto sei banale!”
“Ma si può sapere che diavolo vorresti dire?”
“Che era sicuro come il tè delle cinque che avresti fatto una domanda su
quell’episodio! Scommetto che sarà tutta incentrata per vendicarti della mia
domanda e mettermi in imbarazzo: sei banalissimo!”
“Innanzitutto nella tua ucronia ti sei messo in imbarazzo da solo…” –lo colpì
dritto al bersaglio con uno sguardo da seduttore…
“Urgh!”
“In
secondo luogo, anche se so che ti dispiace, devo dirti che non sei sempre al
centro dei miei pensieri, sai?”
“Come sarebbe a dire? Ehm, no! È una cosa buona che non lo sono! Non ci devo
essere mai, rana pervertita!”
“Ehm,
questa domanda?”–tagliò corto America.
Fu
allora che su Francia si accese un riflettore e gli comparve una rosa in mano.
“?!?!?”
“La
mia domanda è su una donna. Una pulzella. Una soave e innocente quanto ardita
ragazza di appena diciannove anni che nel mio momento più buio, mi prese per
mano per ricondurmi alla luce, e io mai amai altra come amai lei.”
Filippine
e Indonesia emisero un lungo sospiro.
“Ma
poi!” –urlò per aggiungere drammaticità, spaventando tutti!- “Codesto bieco
sopracciglione qui…”
Indicò
ovviamente Inghilterra, il quale, sgomento, si toccò quelle specie di trattini
che aveva sopra gli occhi chiedendosi cosa avessero di male.
“Avutala
tra le mani, solo perché sua nemica, solo per fare un torto a me, gettò
discredito sulla sua purezza, condannandola ad atroce morte! Senza colpa, quel
candido fiore finì tra le fiamme, divenendo cenere, e io con lui.”
“Attore
nato!” –applaudì Giappone!
Stufo,
Romano tirò una scarpa sul riflettore, frantumandolo ed interrompendo il suo
monologo.
“Avete
capito di chi stiamo parlando, vero?”
“Si,
l’abbiamo capito che si tratta di Giovanna d’Arco…”
“Oui!
Ebbene, e mi scuso con voialtri perché questa domanda, in un certo senso, è
tutta per me: vorrei sapere cosa sarebbe successo se il mio angelo salvatore
non fosse mai stata catturata quel triste giorno lì a Compiègne nel 1430.
Vorrei tanto sapere che futuro avrebbe avuto se non fosse stata condannata, ma
avesse potuto continuare a vivere e a combattere.”
“Uffa,
altro romanticismo!” –si abbatté Australia.
“Alla
faccia tua, piromane!”
Inghilterra montò un broncio e si girò dall’altra parte.
“Bene
Francia, eccoti il telecomando! Pronti, partenza…”
<< Jeanne… Sto tornando da te!
>>
“Via!”
“Pour
l’amour!” –gridò il biondo, gettandosi in tuffo dentro il vortice della
mirabolante Macchina dell’Ucronia!
Guardò
l’anno indicato sul telecomando: 1438. Sette anni dopo la morte di Giovanna,
che però non era avvenuta.
Si
diede un’occhiata e sorrise soddisfatto: “Uhm… Non male: armatura da parata con
usbergo blu a gigli dorati. Tres chic! Mi mancava vedermela addosso!”
Toccò
il pomello della spada al fianco: che emozione essere tornato un cavaliere, un
galante uomo d’arme dei vecchi tempi in cui dire il suo nome era dire il fior
fiore della nobiltà d’Europa. Per fortuna non gli era comparso anche l’elmo: i
pennacchi bianchi e colorati erano belli da vedere, ma non gli era mai piaciuto
il modo in cui gli schiacciava i meravigliosi capelli, facendoli uscire tutti
appiccicaticci. Che orrore e che fatica poi risistemarseli.
Fece
due passi guardandosi intorno, producendo un gran rumore di ferraglia, che gli
fece provare altra nostalgia; ma una nostalgia allegra, senza un eccesso di
rimpianto che gli potesse guastare quel viaggio straordinario in un epoca che
mai fu e mai sarebbe potuta essere. Tutto ciò che vedeva, ogni istante da quel
momento in poi, era un’occasione unica ed irripetibile!
Quanto
al luogo, aveva subito riconosciuto il vecchio palazzo dei suoi monarchi, a
Parigi, ed aveva fatto caso alle coccarde, ai fiori, alle decorazioni per ogni
dove, e agli indaffarati servi e alle trepidanti ancelle che come formiche
industriose giravano per lì intorno.
“Si
sta preparando qualche grande evento. Mi chiedo di cosa si tratti.”
Un
grido femminile gli scombussolò i pensieri per un istante.
La
sua voce!
“Jeanne!”
Tornava
a sentirla dopo secoli ed era un verso di dolore: aveva abbassato troppo la
guardia. Seguendo la direzione della voce incontrò una porta semiaperta, e si
preparò stringendo il manico della spada nella mano destra.
“Jean!
Che succe…”
Lo
stupore di rivederla, viva, vegeta e più stupenda di quanto ricordava, fu
superato dal quello prodotto dagli sguardi sgomenti e imbarazzati che lei e le
altre quattro dame, indaffarate tra stoffe, metri e spilloni, gli rivolgevano.
Una
di loro gridò: “Messere, cosa fate?”
“Non
potete entrare così mentre una donzella sta vestendosi!”
“I-io, l’avevo sentita gridare e…”
La
sua risata, come un soave balsamo, lavò via ogni sua ansia.
“Tranquillo,
Francia, mi hanno solo punta con un ago… Per la quinta volta…”
“Chiedo perdono…” –fece inchinandosi la più giovane delle sarte di corte.
“Mio
signore, non potete restare qui!” –fece la più anziana, frapponendosi tra lui e
il piedistallo su cui era assisa Jeanne, a subire, tutto sommato, una tortura ben
più lieve di quella che aveva patito nel suo mondo- “È sconveniente!”
“Suvvia,
può rimanere. Non sono mica ignuda.”
Vero,
senza contare che la biancheria intima di quel periodo era decisamente più
sobria e non si rischiava mai di vedere granché… Proprio per questo aveva
acquisito la passione di fare da sé con l’immaginazione!
Francia
si fermò ad attendere, composto con le braccia incrociate, ad uno degli angoli
della stanza; pensieri impropri per un cavaliere a parte, notò, a conferma
delle sue ipotesi, che Jeanne si avviava ad indossare un abito meraviglioso e
degno di una grande occasione.
“E
poi, lui non è un cavaliere come gli altri.” –continuò il suo angelo,
regalandole un altro fugace sorriso, solo per lui.
“Siete
sicura?”
“So che della sua onestà e della sua purezza mi posso fidare ciecamente.”
–annuì, cogliendo ogni occasione buona per guardarlo negli occhi blu a lei più
cari di quanto mai quelle donne potessero immaginare.
“Umpf!”
Al
che Francia dovette subire la necessaria reazione del pubblico, che approfittò
del fatto di poter farsi sentire da lui solo per fargli giungere alle orecchie
la sua altisonante e corale ridarella!
“FRANCIA
PURO?!?!?” –urlò Prussia a corto di fiato.
“AH
AH AH! TENETEMI!” –soffocò Spagna.
“MA
BA------LO!” –disse con tutto il cuore Romano in puro romanesco, finendo poi a
rotolarsi a terra!
“Bella
considerazione che ha di te, Francia…” –sghignazzò Inghilterra- “Mi chiedo solo
se non sia un tantino distorta, ih ih!”
“Solo un tantino? Ah ah ah!”
“Quels
idiots… Je vais vous tuer!” –pronunciò con la
voce più nera (e più bassa) possibile…
“Ahi!”
Francia
reagì alzando subito il capo.
“Tranquillo!”
Si
rilassò e rise insieme a lei.
“Non
essere così nervoso. Che dovrei dire io che il gran giorno è arrivato?”
Francia
sbarrò gli occhi e li puntò sul velo, appeso a un manichino nell’altro angolo,
da lui non notato finora, troppo perso nel tornare dopo tanto tempo su ogni suo
stupendo dettaglio. Dunque si sposava.
“E
che dice il fortunato?”
Fece
spallucce: “Che vuoi che dica? Potevano benissimo fargli aspettare qualche
altro annetto visto che è solo un ragazzino. Penso che Louis preferisca
continuare a giocare con i suoi amici e godersi la sua vita piuttosto che
pensare a sua moglie.”
Fece
qualche conto con gli anni: << Si, forse
sono riuscito a capire. >>
Giovanna
era sopravvissuta al rogo, in quanto mai catturata dai borgognoni per essere
ceduta agli inglesi. Di conseguenza la sua stella aveva continuato a brillare,
e il corso della storia era rimasto inalterato, se non era diventato ancora
migliore per i francesi: gli inglesi erano stati cacciati oltre la Manica, e
una volta compiuta la sua missione, che farne ora dell’eroina amata da tutti? Quale
modo migliore che assicurare la stabilità del regno e il favore nei confronti
della dinastia, che darla in sposa al delfino, il primogenito, l’erede al
trono.
Giovanna
d’Arco, la contadinella mandata da Dio per salvarlo, stava per diventare la
moglie del futuro Luigi XI, re di Francia.
“Umpf!”
“Perché ridi?”
“Nulla…
Pensavo solo a quanta strada hai fatto. Contadina, lunatica, generale,
eroina... e ora moglie di un futuro sovrano.”
“Ti
dirò…” –chinò con modestia il capo-
“Avrei tanto voluto rimanere “pulzella” per
sempre…”
Aveva
espresso voto innanzi a Dio per essere colei che avrebbe risollevato le sorti
delle sue genti, pura nel cuore e nel corpo aveva affrontato mille perigli,
senza distrazioni, poiché “sposata” unicamente al suo paese.
“Ma
ormai la Francia è salva, il suo popolo è unito e il nemico lontano. E io sento
che questo è il modo, anche se inaspettato, in cui potrò continuare ad essere
utile alla sua causa. Se la provvidenza vuole così…”
Iniziò
ad avvicinarsi: “Prima sei umile, poi tanto orgogliosa.”
“Non me ne faccio nulla di una corona o di un illustre marito. Posso mostrare
orgoglio unicamente per il bene che compio e che potrò compiere per la
Francia.”
A
un passo da lei, iniziarono a fissarsi. Si ricordò dei suoi capelli corti,
maschili, quando era diciannovenne, ed ora, ventiseienne, maturata nella fede
in Dio e nella foga della guerra, ormai fuori da quella vita perigliosa che
tanta gloria le aveva dato, poteva finalmente lasciarseli crescere.
Lunghi,
di un castano chiarissimo, incorniciavano il suo volto ancora giovane, e come
onde fluenti cadevano giù; un ruscello limpido nelle cui correnti Francia si
sarebbe abbandonato ogni istante della sua vita.
Guardandola,
sapeva per certo, senza ombra di dubbi, di essere la più fortunata delle
nazioni.
Perché
nessun’altra, anche in millenni di storia, aveva mai avuto qualcuno che tanto
l’amasse dal profondo del cuore, fino a votare la propria anima a lei.
“Sei
diventata una donna meravigliosa. Non storcere il naso davanti a tutto ciò:
meriti tutto questo.” –disse, sfiorandole una mano con lo sguardo, non potendo
di più dinanzi le indiscrete damigelle.
“Io
ti devo tutto.”
“No,
Francia: sarei morta da tempo se non fosse stato per te.” –disse, carezzandogli
il viso con l’abbassare gli occhi un po’ lucidi- “Quel giorno in cui venisti a
salvarmi mi hai permesso di arrivare a questo punto. Io devo tutto a te.”
“…
Beh, sarebbe stata una scortesia immane da parte mia non salvare la mia
salvatrice!”
“Ih
ih ih!”
Di
cosa parlava, si chiese?
<<
UH?! Che succede?! Perché tutto sta
diventando sfocato e distorto?! >>
Udì
dall’alto la voce di America: << Tranquillo,
amico, è tutto ok! Sta solo partendo un flashback! >>
<<
Ah, capisco, come in tv… Che flashback?
>>
<<
Tu e lei siete grandiosi, ma non ricordi
che il pubblico voleva anche un po’ d’azione? Diamogli quello che vuole!
>>
<<
Va bene, vediamo… >>
La banda di uomini armati
procedeva svelta per allontanarsi il più presto possibile da Compiègne. Al
centro della colonna, tenuta bene in vista dagli ultimi, la pulzella di Orléans
veniva costretta a procedere, malgrado la stanchezza per lo scontro appena
finito, trascinata per la corda che le stringeva i polsi; dietro di lei, alcuni
uomini del suo seguito, fattisi catturare insieme con lei.
Malgrado la donna malefica
che tanto aveva dato da penare loro e ai loro alleati fosse ora inoffensiva e
saldamente nelle loro mani, negli occhi dei suoi guardiani persisteva un certo
timore: era così giovane, eppure era stata capace da sola da rovesciare una
guerra che non sembrava più in discussione, e la calma e la concentrazione con
cui pregava procuravano ulteriori brividi di reverenza ai borgognoni che
sarebbero passati alla storia per aver catturato la più temibile delle donne di
quell’epoca.
“Cosa pensi che le faranno?”
“Il nostro signore probabilmente la venderà agli inglesi e se la sbrigheranno
loro.”
L’importante era la
ricompensa che sarebbe spettata loro, e il sollievo del togliersi
definitivamente da torno un simile fastidio: sembrava di dover proseguire con
una boccia di fragile vetro sulla testa, tanto era importante la loro cattura.
Tra i borgognoni c’erano solo
due cavalieri, uno dei quali procedeva alcuni metri più avanti, per tenere
sgombero il passaggio. A poca distanza da un ponte su di un fiumiciattolo,
questi si accorse di un albero caduto proprio davanti il sentiero. Le orme
ancora fresche intorno ad esso confermarono i suoi sospetti, facendogli
lanciare l’allarme: “Imboscata!”
L’istante dopo, un dardo di
balestra lo trapassò, abbattendolo dalla cavalcatura. Avvisati in tempo, i
borgognoni approntarono le armi, ma non erano certo preparati a veder sbucare
dalla macchia di cespugli alla loro destra un possente omaccione, dalla barba
ispida e gli occhi iniettati, che correva contro di loro gridando e brandendo
un enorme spadone a due mani.
“Evvai!
Ora si che si ragiona!” –alzò i pugni Australia, entusiasmandosi alla vista di
quel bestione che mulinando la pesante arma si faceva largo da solo tra i
nemici come niente, prima ancora che gli altri soldati francesi potessero
arrivare dalle sue spalle.
Altri ancora piombarono loro
addosso dalle dietro, dopo essersi lasciati superare qualche centinaio di metri
prima. Alla guida di questo secondo gruppo vi era un cavaliere senz’elmo, su di
un cavallo bardato d’azzurro.
Travolse due nemici, incrociò
le armi con un terzo, disarmandolo e abbattendolo; giunto al centro dello
scompaginato schieramento avversario, smontò per liberare la prigioniera dalle
corde ai polsi: “Stai bene, Jeanne?”
“Francia! Grazie a Dio…”
Una decina di borgognoni
riuscì a fuggire, altri invece si lasciarono prendere prigionieri. Tornata la
quiete al prezzo di un po’ di sangue, i francesi si girarono tutti verso di
loro, ebbri di gioia.
“Vive Jeanne d’Arc!” –gridò uno
di essi!
“Vive! Vive! Vive!” –risuonò
tra gli altri!
L’omaccione barbuto intanto
si era comodamente seduto sul corpo di un cadavere nemico e stava pulendosi lo
spadone con un panno.
“Ottimo lavoro, monsier La
Hire: un’azione impeccabile.” –si complimentò Francia.
“Vi ringrazio infinitamente,
monsier La Hire.” –chinò il capo Jean.
“Tsk! È merito di Francis: ha
fatto bene a sospettare di quel bastardo di Guglielmo di Flavy! Quando abbiamo
saputo che aveva fatto chiudere le porte della città prima che tu e le altre
truppe rientraste, non abbiamo avuto più dubbi e siamo riusciti ad intervenire
in tempo. Ringrazia lui quindi!”
(NDA:
Questo La Hire è un personaggio realmente esistito che combatté al fianco di
Giovanna >>> http://it.wikipedia.org/wiki/La_Hire )
Jeanne si lasciò quindi andare
ad un veloce abbraccio con il suo amato (tanto il rude guerriero non faceva
caso a simili “sconvenienze” tra uomo e donna non sposati).
<< Umpf, un flash-back
in cui faccio una gran figura da eroe! >>
Che finì quando tutto tornò a
sfocarsi, riportandolo nel “presente” della sua storia.
Francis
colorò il proprio sorriso di una nota più scura, quando si rammentò di come era
andata realmente: aveva tentato per ben due volte di salvarla mentre la
spostavano da una prigione all’altra, fallendo miseramente entrambe le volte…
“Cosa
c’è?” –chiese, troppo brava ad accorgersi di ogni singolo mutamento nel suo
animo.
“Pensavo
a cosa sarebbe successo se avessi fallito.”
“Qualunque
cosa sarebbe stata, il Signore mi avrebbe protetto, fino alla fine.”
“Si, hai ragione… Mi congedo, mia signora: lasciamo che le brave donne qui
presenti facciano il loro lavoro.”
Queste
dal canto loro parvero davvero entusiaste.
“Ti
vedrò alla cerimonia, vero?”
Sull’uscio le fece un occhiolino: “Non me la perderei per nulla al mondo.”
Giovanna
d’Arco, la salvatrice, si sposò nella cattedrale di Notre-Dame de Paris in un
bel mattino di sole, entrando nella famiglia reale come consorte del delfino,
Louis. Francia occupò un posto tra i primi banchi, da cui la vide contrarre il
sacro vincolo e poi sedersi accanto al giovanissimo marito ciascuno su un
proprio trono di legno, per lasciarsi ammirare ed acclamare dai grandi del
regno.
La
visionaria Jeanne, la maschiaccia Jeanne, era ora una donna a tutti gli effetti:
così terminava la leggenda della guerriera, così iniziava quella della principessa.
I genitori di lei, facenti parte del volgo, non erano presenti, ma lei non era
triste, dato che i suoi profondi occhi blu erano lì, a fissarla tanto fieri e a
lei bastava.
Dopo
la messa e la consacrazione, tornarono tutti a palazzo per il ricevimento.
Dinanzi i finestroni era stata imbastita una tavola che copriva tutta la
lunghezza della sala: al centro stava ovviamente il suo re, Carlo VII, con la
moglie accanto, e dall’altro lato l’erede con la novella sposa, e lui,
naturalmente, prese il posto all’altro suo fianco.
Bel
colpo quello di Carlo: con la figura di Jeanne sempre più importante e
ingombrante, tanto da offuscare lui e tutta la corte, aveva fatto in modo che
vi rientrasse dandola in sposa al figlio. Così il cielo stesso giustificava il
suo regno e quello della sua famiglia; e qualche anno di lei lontana dai campi
da battaglia e già avrebbe ripreso il posto e il peso che gli spettavano.
Francia
osservò curioso gli invitati deliziarsi di cervi, fagiani e tutte le
prelibatezze che loro soli meritavano in virtù del loro sangue… Godetevi tutto
ciò voi che potete: i vostri lontani discendenti pagheranno duramente il vostro
ingozzarvi alle spalle del popolo… Non gli andava però di fare riflessioni su
ciò che sarebbe avvenuto, in fondo era una festa, e di quelle che non vedeva da
un sacco di tempo.
Grandi
bracieri accesi, la complessa araldica sui drappi svolazzanti da ogni dove,
giocolieri e saltimbanchi che dilettavano gli illustri lì convenuti insieme con
i liutai e i suonatori di ghironda e di flauto: che tempi ricchi di fascino
(quanto di brutalità e ignoranza, ma vabbé…)!
Si
brindò, più e più volte, poi venne il momento di danzare, e cavalieri e dame
poterono esibirsi e corteggiarsi nell’ampio spazio dinanzi la tavolata. Oh, si,
quanto sarebbero pesate quelle danze spensierate tra qualche secolo…
Francis
si alzò: “Mio signore” –disse rivolto al ragazzino due posti più in là- “Volete
concedermi il grande onore di danzare con la vostra fresca consorte?”
Sapeva
che glielo avrebbero concesso: lui era un tipo importante, era il paese stesso!
Né Jeanne si mostrò ovviamente recalcitrante a lasciare il fianco dello sposo per
il bel biondo dall’incolto pizzetto.
I
balli di quell’epoca ad ogni modo non erano poi questo granché in confronto a
quelli moderni, tutt’al più ci si limitava a girarsi intorno lentamente,
sfiorandosi al massimo mano con mano; Spagna avrebbe detto non erano
minimamente calienti. Avevano comunque il loro modo di trasmettere passioni:
girare, come una luna intorno al proprio pianeta, tenendosi in contatto con gli
occhi, specchio dell’anima, raggiungendosi appena con le punte delle dita,
poteva essere deliziosamente poetico, e pure romantico.
“Sei
meravigliosa.”
Potevano
essere complimenti o qualunque altra parola, ma il suo tono di voce quando
sussurrava l’avrebbe sempre fatta arrossire, e sempre sarebbe comparso quell’appena
accennato sorriso sotto uno sguardo forte e deciso a farlo palpitare.
Per
questo non si era crucciato alla notizia del suo matrimonio. Per questo non era
stato geloso di lei nemmeno per un istante. Come avrebbe potuto? Qualcun altro
poteva sposarla, ma non avrebbe mai avuto il suo cuore. Mettere in dubbio
l’amore di Jeanne, sarebbe stato come mettere in dubbio che il sole sorge al
mattino.
Era
lui la più fortunata delle nazioni, e sempre lo sarebbe stato.
“Sono
sicuro che con te al mio fianco, il mio futuro sarà radioso.”
“Farò
di tutto perché sia così.” –giurò, volando con lui, più che ballando, sul vento
di quelle note d’amore.
“Non
vedo l’ora di vederti diventare la mia regina.”
Quel
desiderio risvegliò in lei l’umilità: “Non è detto che sarò mai regina.”
“Perché non dovresti?”
“Louis
è ancora molto giovane, ci vorrà tempo, e nemmeno il re è poi così anziano.”
“Allora
aspetterò quel momento per tutto il tempo che sarà necessario come fosse la più
alta delle benedizioni che mai mi toccheranno.”
Continuò,
come a un bambino che si eccita troppo: “Sperando che non sia troppo tale
tempo. In fondo, non ci sarò mica per sempre.”
“……”
Non ci sarò mica per sempre. Non ci sarò per sempre. Non per sempre.
Un
eco dentro di sé, che allontanò un poco la sua mano, giunta a quella di lei
fino a un secondo prima.
La
sua infinitamente radiosa Jeanne gli domandava intanto, con un ignaro sorriso,
cosa avesse.
Si
finse ancora allegro e le porse una mano: “Venite, vi riaccompagno dal vostro
sposo.”
Accettò
la sua mano e si lasciò condurre, da una guida azzoppata e contusa, con la mano
tremante, e un’ombra scura sul capo. Non appena si fu riseduto e lei fu tornata
a guardare gli invitati continuare a danzare in suo onore, Francia tirò fuori,
di nascosto sotto il tavolo, il telecomando che aveva celato dentro la corazza.
Viaggiò
col tasto avanti, fino a quando non comparve, laconica, la scritta che temeva.
<<
1482: Giovanna d’Arco, regina di Francia,
muore. >>
“……”
Premilo, si disse. Premi avanti.
Non
tentennare. Premilo. Devi.
Premilo.
E
così fu. Andò avanti negli anni, tanti anni, malgrado sapesse ciò che
l’aspettava.
Era
stato presente a quel fatale momento nel suo mondo, lo sarebbe stato di nuovo,
paura o non paura.
Ecco
dunque la vera risposta alla sua domanda. Aveva voluto rivederla, e chiedere
che ne sarebbe stato di loro, se avessero potuto avere un futuro, se lei non
fosse morta.
Ed
ecco il responso: sarebbe morta comunque. La fine, ineluttabile, del loro
legame di nazione e persona reale, in qualunque mondo si fosse sviluppata.
Con
la testa piena d’ovatta, e le budella torte come mai aveva sperimentato nella
sua lunga vita, Francia si ritrovò per corridoi e stanze buie, dove tante
candele di cera emanavano sinistre luci, fioche, rossicce, una macabra danza
che faceva parere tutto un cimitero. Seguì i pianti, fino alla sua stanza.
Arrivò
che il prete aveva appena terminato l’estrema unzione. Francia si fece avanti,
fino ai piedi del grande letto a baldacchino su cui giaceva.
Orrore!
Si
coprì la bocca per il raccapriccio.
Non
riusciva a riconoscerla.
L’orrore…
La sua giovanile bellezza, e la sua energia infinita, svanite; il suo volto era
pallido e solcato dalle grinze del tempo, le labbra secche, gli occhi
infossati, i suoi capelli ridotti a sottili e fragili fili grigi e bianchi, le
sue mani morbide erano ossute e sembravano rami secchi.
La
sua Jeanne, la sua amata pulzella, il suo fiore… era appassito.
Ecco
cosa il rogo gli aveva impedito di vedere, ed era una visione insopportabile,
che lo spezzava, squassava il suo spirito, gli faceva venire voglia di gridare.
Il
suo respiro affannoso risvegliò la moribonda, che anche con gli occhi velati
dalla vecchiaia, lo riconobbe subito.
“Francia…”
–lo chiamò, con la voce da coro di angeli fattasi crepitio.
Alzò
faticosamente la mano, verso di lui.
E
lì il terrore di Francia aumentò; lì si sarebbe vista la vera natura del suo
amore, il suo supremo banco di prova.
Quella
mano, grinzita e irriconoscibile, che non riusciva neppure a guardare,
desiderava una sua stretta. Se non ce l’avesse fatta, allora quello che aveva
sempre considerato il più grande amore della sua vita sarebbe divenuto una
spregevole e sopravvalutata illusione, legata solo all’involucro di quella
donna straordinaria che gli aveva dato tutto, non pura ed incantevole fiaba. La
paura era tanta, perché quella prova era la più dura di tutte, e fallirla
voleva dire la morte di ogni suo motivo di stima verso sé stesso, e di fede
nell’amore che ogni cosa può e ogni cosa abbellisce.
Ma
grazie a Dio, vinse.
Strinse
la sua mano, e mentre la sentiva scambiare con lui quel poco calore che le era
rimasto in corpo, Francia capì di non essersi sbagliato, e che la forza di ciò
che Jean rappresentava per lui era e sarebbe sempre stata tale da fargli
superare qualunque ostacolo. Persino vederla così ridotta, nello scempio della
vecchiaia.
“Vado
dal Signore. Se me lo concederà, continuerò per sempre ad amarti e a
proteggerti, ovunque sarò.”
“Io
so che sarà così.” -<< Santa
Giovanna d’Arco, patrona di Francia >>, terminò nella sua mente.
“Ti
auguro… ogni… bene…”
Chiuse
gli occhi alla sua salvatrice, e le baciò le fredde e dure labbra.
“Ti
amerò in eterno, Jeanne.”
“Sua
maestà è morta.” –annunciò il ciambellano, che diede ordine affinché le campane
di Parigi e del regno suonassero a lutto.
Francia
uscì dalla stanza. Che sarebbe stato ora?
La storia avrebbe seguito il suo stesso corso nei secoli futuri? O forse per
lui le cose sarebbero andate anche meglio grazie a quegli anni in cui era stato
sotto il suo divino comando? Poteva fare
un altro salto avanti, e vedere, ma dopotutto, non gli interessava.
Il
suo egoistico viaggio, dettato solo dal desiderio di riabbracciarla, gli aveva
fatto vedere cose che avrebbe voluto risparmiarsi, ma da cui usciva rafforzato,
e con un’importante lezione che spegneva per sempre i suoi rimpianti, e che,
tra l’altro, gli aveva messo su una gran voglia di perdonare quel maledetto
Inghilterra.
Si
scusò se la sua ucronia era stata così poco storica, ma il sipario si chiudeva
lì.
Non
appena uscì fuori dalla macchina, venne accolto dagli applausi dell’East-Asian
family (incluso India, lasciato per terra…) seduta in prima fila.
“Magnifico!”
–si soffiò il naso Filippine- “Una delle più belle storie d’amore di tutti i
tempi!”
Indonesia
era pure lei in lacrime: “Che storia stupenda! Non trovi anche tu, Australia?”
“Zzz… Zzz…” –non era molto recettivo al genere…
Dopo
che Francia ebbe finito di inchinarsi con fare teatrale, Inghilterra gli si
avvicinò, con la testa un po’ bassa.
Gli
poggiò una mano sulla spalla: “Ehm… Stai bene, amico?”
“Non preoccuparti per me, sto bene, grazie.”
“Mi
spiace che alla fine… sia dovuta finire comunque.”
“Oh, avrei dovuto saperlo da solo, sono stato cieco. Comunque apprezzo la tua
solidarietà, visto che so che mi capisci…”
“Eh?”
Francia
gli si avvicinò con la sua solita aria da furbetto-pervertito: “So bene che
anche tu e la tua Elisabetta I eravate, diciamo, un po’ più che amici, uh uh
uh!”
“SSSSSSH!” –si sbracciò Arthur arrossendo- “Abbassa la voce! Non devono mica
saperlo tutti!”
Francia
per tutta risposta rise ancora più forte: “Suvvia, non c’è nulla da vergognarsene,
e poi sai come si dice: << Chi è
senza peccato, scagli la prima pietra >>, ah ah ah! Dopotutto… C’è
qualcuno qui che può dire non aver mai avuto un “flirt” con un personaggio
storico?”
A
quel punto, sotto gli occhi dell’allibito Inghilterra, si verificò una
successione di sospiri e sguardi sognanti per aria!
“Ahhh…”
–fece Spagna- “Isabella di Castiglia…”
“Ahhh…”
–fece Russia- “Zarina Caterina II…”
“Ahhh…”
–fece America- “Amelia Earhart…”
“Ahhh…”
–fece Austria- “Sissi…”
“Ahhh…”
–fece Unghieria- “Sissi…” (cui seguì principio d’infarto per Austria!)
“Veee…
Maria Montessori…”
“……”
Romano
lo guardò con gli occhi da fuori.
“Cioè…
TU E… MA GUARDA QUESTO… ORA CAPISCO COME CI È FINITA SULLE BANCONOTE DA MILLE
LIRE!”
“Ve! Non è vero, ci è finita perché era una donna straordinaria!”
“Si,
e io sono uscito con Anna Magnani!”
“Ma fratellone, tu sei uscito con Anna Magna…”
Romano, tutto rosso, gli pinzò velocemente le labbra con due dita!
<<
Chiudi il becco, idiota! Già ho dovuto
farmi perdonare da Belgio per quella storia di Etiopia! >>
“Ahio…”
Chi
è senza peccato…
Wow,
certo che le nostre nazioni hanno proprio avuto un sacco di storie interessanti
con personaggi interessanti! Ci sarebbe da scriverci qualche fanfiction su
questi amori nazione-persona vera famosa XD Non chiedete a me però, che sono
già abbastanza oberato di questi tempi… XP
A quanto pare non ci sono riuscito: anche stavolta la fic è lunghissima!
Perdono… T__T
Almeno il commiato lo faccio corto dai! XD
Spero vi sia piaciuta, soprattutto a te, Ceci! ^__^
Alla
prossima!
PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!