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Autore: eian    11/11/2012    3 recensioni
Un virus che colpisce i telepati, mortale per i vulcaniani, si sta diffondendo sul pianeta Cetacea e rischia di propagarsi per l'intero quadrante, con effetti devastanti. L'Enterprise del capitano Kirk deve indagare sulla possibile origine sintetica del virus e il suo legame con una sperduta località su Vulcano.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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9. Pausa

Nel laboratorio scientifico numero due Spock lavorava sui dati trasmessi da McCoy un’ora prima.
Erano passate tredici ore dalla rientrata emergenza “dove diavolo è finito il capitano”, come l’aveva definita in maniera poco ortodossa il dottore.
Mentre si arrovellavano alla ricerca si un sistema per scandagliare il pianeta con i sensori attraverso lo scudo di quarantena senza farsi notare era stato contattato dalla superficie.
- Signor Spock – lo aveva salutato la figura sorridente del capitano -  Ho saputo che mi ha cercato. Mi spiace, sono stato… trattenuto da alcuni conoscenti, volevano farmi assolutamente visitare le bellezze sottomarine del luogo. Ora mi son liberato. Ha avuto quei dati che le ho mandato? –
Il volto del vulcaniano era rimasto assolutamente impassibile, ma dentro di sé aveva provato un insopprimibile senso di sollievo.
- Capitano, lieto di rivederla. Abbiamo ricevuto i dati, ci stiamo lavorando. Spero che la sua escursione non sia stata troppo… stancante –
Kirk aveva ridacchiato.
- Diciamo che non è il mio modo preferito di rilassarmi, ma è andata bene, tutto sommato. La lascio al suo lavoro. Io rimarrò ancora qui per qualche ulteriore incontro – tradotto significava sicuramente altri guai; Spock aveva sospirato mentalmente – mi tenga aggiornato con i risultati di quei dati che le ho inviato, per favore. Kirk chiude –
A quel punto il primo ufficiale aveva lasciato il ponte al signor Scott ed era tornato alla sua attività di ricerca, a cui si dedicava ormai ininterrottamente da tredici punto sette ore.
Detestava ammetterlo ma concordava con le deduzioni del dottor McCoy, che nonostante i metodi a volte poco ortodossi era sicuramente un brillante ricercatore: il virus era di origine artificiale, e quindi si poteva supporre con ottime probabilità che avesse a che fare con l’aggressione al capitano e alla sua squadra.
Il ricordo di ciò che era successo sul ponte gli causò nuovamente una sensazione di imbarazzo.
Sapeva che il Legame mentale rendeva i Compagni molto sensibili alle reciproche emozioni ma non aveva mai sentito di svenimenti… per di più sul ponte di comando di un’ammiraglia della Flotta Astrale. D’altronde, non conosceva molti vulcaniani legati ad un umano… tranne i suoi genitori, ovviamente.
Si concesse un leggero divertimento all’idea di parlare di questa situazione con suo padre
Accantonò il pensiero, ma la preoccupazione per l’intensità emotiva portata dal Legame continuò a sfuggire al controllo.
- Dai dati direi che si tratta più di una specie di prione che un virus – lo riscosse il suo secondo, con la sua voce come bollicine in un acquario - La sua particolare catena proteica alpha e beta è ripiegata in maniera scorretta, il che induce altre proteine ad assumere la stessa conformazione anomala.  A loro volta queste proteine sono poi in grado di infettare quelle adiacenti -
- Il comportamento dei prioni è noto da tempo, tenente -
-  Solo che questo tipo di conformazione è del tutto sconosciuto in natura – rispose lei, alzando gli occhi dal microscopio molecolare.
Si guardarono per qualche istante, condividendo lo stesso timore.
- E’ di origine artificiale, signore – lo espresse a voce alta T’Mar – c’è qualcuno che ha volontariamente creato questo abominio –
- Purtroppo devo concordare con lei – rispose cupamente l’ufficiale scientifico – è un virus creato per contagiare e menomare le razze telepatiche. Anche uccidere, nel caso dei vulcaniani –
- La mia ipotesi è che Tepam sia stato ucciso dello shock neurologico: i vulcaniani, praticando il controllo delle emozioni da millenni, hanno perso la capacità di affrontarle in dose massiccia e questo può risultare fatale. I cetaciani, invece, sono esseri emotivi e profondamente empatici e per loro la perdita di controllo non è mortale, ma il virus può causare comunque gravi menomazioni –
Spock annuì, mentre la preoccupazione che si era insinuata in fondo alla sua mente riemergeva ancora una volta: perché il virus contagiava solo i telepati? I non telepati erano davvero al sicuro?
Una fitta di emicrania gli martellò il cervello, la mancanza di sonno cominciava a farsi sentire, probabilmente unita allo sgradevole incidente sul ponte.
Si fermò a metà del gesto di portarsi una mano alle tempie per massaggiarle, lasciando ricadere il braccio, ma il suo perspicace secondo se ne accorse comunque.
- Comandante, le andrebbe una pausa? Credo che potremmo averne bisogno –
Come d’abitudine Spock stava per rifiutare quando un’altra fitta, più forte della prima,  lo colse.
- Va bene – accettò quindi.
Si recarono in sala mensa, poco affollata a quell’ora del giorno.
- Posso farle provare una tisana di erbe? E’ gradevole. Ho inserito gli estremi nel replicatore qualche giorno fa –  propose il tenente.
Il vulcaniano annuì, cominciava a fidarsi di quella donna come del dottor McCoy .
Si sedettero ad un tavolino laterale e lei ordinò due tisane e dei biscotti alle mandorle.
Il profumo intenso delle erbe e dei fiori riportò in mente al vulcaniano una lontanissima memoria.
Una cucina scavata nella pietra, una teiera posata su un semplice letto di braci, miele di cactus del deserto.
Una tazza di terracotta piena di liquido profumato.
”Se non la lasci raffreddare ti scotterai. Trattieni i tuoi impulsi”.
Un saggio consiglio elargito con voce serena. Lui aveva provato a seguirlo, davvero, ma la prima volta si era scottato la lingua. Era stata anche l’ultima, però.
- Questa tisana mi ricorda mia nonna – affermò il vulcaniano, leggermente stupito.
- Anche a me l’ha insegnata mia nonna - T’Mar sorrise – vorrei che potesse essere qui, probabilmente saprebbe come aiutarci -
- E’ ancora viva, ne deduco –
- Sì, ha 172 anni. E’ una grande donna e un’esperta guaritrice. Mi ha aiutato molto - una leggera tristezza le attraversò il viso – Vedrà che l’infuso la aiuterà con l’emicrania –
Il primo ufficiale inarcò un sopracciglio.
- Come fa a dire che soffro di emicrania? – chiese incuriosito.
- Ha accennato il gesto di portarsi la mano alle tempie per due volte e francamente, dopo quello che le è successo sul ponte, sarei stupita se non ne soffrisse! –
Il secondo sopracciglio raggiunse anche il primo al centro della fronte del vulcaniano.
- Affascinante – replicò.
Lei ridacchiò, poi tornò seria.
- Come si sente, adesso che il capitano sta bene? – chiese.
- Io… molto meglio, grazie. Il suo intervento è stato efficace –
- I Compagni rimasti soli improvvisamente subiscono un forte trauma. La tendenza della consapevolezza è quella di ritrarsi in se stessa, rifiutando la realtà –
Lei aveva parlato con voce quieta, ma Spock avvertì comunque il dolore annidato in quelle parole.
- Deve essere stato difficile, per lei – disse gentilmente.
T’Mar bevve un lungo sorso prima di rispondere.
- E’ stato terribile. Lui era la mia metà, faceva parte di me, e all’improvviso… il vuoto. Seppi immediatamente che era morto, ma ritrovare il corpo dopo giorni… Ci ho messo tre anni, tre lunghi anni di silenzio, buio e meditazione per riacquistare l’equilibrio e continuare a vivere senza di lui –
Spock avvertì nuovamente quella sensazione di ansia che l’aveva turbato per tutto il giorno: l’idea di perdere Jim era semplicemente insopportabile, il senso di vuoto che l’aveva colto sul ponte era stato spaventoso.
Bevve un lungo sorso della tisana, che stava effettivamente avendo un ottimo effetto sulla sua emicrania.
- Non si lasci spaventare, la prego: il capitano è un umano dalle molte risorse, non lo perderà così facilmente – cercò di consolarlo lei, notandone il turbamento.
Il vulcaniano inarcò un sopracciglio.
- Credevo fosse una telepate a contatto, non a distanza – replicò, con un pizzico di ironia.
Lei sorrise.
- E’ esatto, ma non è necessario leggerle la mente per immaginare il corso dei suoi pensieri! Essere legati con un tipo vitale come il capitano deve essere un’ impresa titanica! –
- Non è sempre facile – concesse il vulcaniano – lui ha… una certa propensione ad infilarsi in situazioni difficili –
- L’eufemismo del giorno – lei rise, quella contagiosa risata come spuma del mare; si ritrovò quasi a sorridere a sua volta, ma si trattenne in tempo.
Ora che l’emicrania si stava affievolendo si scoprì affamato; allungò una mano a prendere un biscotto, annusandolo leggermente.
- Cannella? - chiese, mentre la cucina di sua nonna gli tornava prepotentemente in mente.
Lei annuì – Non si preoccupi, non contengono proteine animali –
Lui diede un cauto morso, apprezzando la consistenza croccante e il sapore delicatamente aromatico.
- Posso chiederle che cosa l’ha portata sull’Enterprise? – chiese, prendendo un altro biscotto.
- Ecco – il volto di lei aveva assunto una sfumatura azzurrina più intensa, ne fu certo – se glielo dico, promette di non rivelarlo a Leonard? –
Lui inarcò il sopracciglio, palesemente incuriosito.
- Riguarda il dottor McCoy? –
- No, in realtà no, ma son certa che non gradirebbe –
Il vulcaniano inarcò anche il secondo sopracciglio.
- Credo di poterglielo promettere –
- Lei –
Era un’impressione, o il volto della donna era ancora più azzurro?
Io? – chiese stupito – non capisco. Non ci conoscevamo prima del casuale incontro su Risa –
- Be’, certo lei non conosceva me, ma io ho seguito le sue imprese per molto tempo –
- Le mie… imprese? –
Lei si portò nervosamente una bianca ciocca di capelli ribelli dietro il delicato orecchio a punta.
- Ecco… la sua storia mi ha affascinato. Il primo vulcaniano per metà umano, imbarcato per una missione quinquennale su una nave di umani… Dopo il comandante T’Pol non era più successo. E quello che è riuscito a fare, la sua amicizia con il capitano... Ho sentito una specie di affinità, se mi perdona il termine -
Sì, era decisamente diventata più azzurra, notò Spock.
- Spero di non averla offesa – lei lo guardò con una leggera ansia negli occhi.
- Sarebbe illogico, tenente – rispose il vulcaniano – non provo emozioni a riguardo, ma se dovessi sentirne una, credo che il termine giusto per descrivere il relativo stato d’animo sarebbe “lusingato” –
 Lei sospirò mentalmente di sollievo.
– Di solito è il capitano Kirk a suscitare tale tipo di ammirazione, non io – continuò il primo ufficiale.
- Si sbaglia, comandante. Il capitano è un esemplare eccezionale della sua razza, ma lei… è proprio un caso unico. Sarebbe sorpreso da quanti giovani alieni hanno scelto la strada dell’Accademia per entrare nella Flotta e seguire il suo esempio –
Entrambe le sopracciglia del vulcaniano si sollevarono per la sorpresa.
- Tenente, se non la conoscessi direi che sta veramente cercando di lusingarmi –
Lei rise.
- Oh, no, signore. Sono troppo vecchia per queste cose! Ma non abbastanza da non saper riconoscere un buon esempio da seguire – concluse seriamente.
- In ogni caso, capisco la sua riluttanza a parlare della questione col dottor McCoy –
- Non glielo dirà, vero? Leonard è piuttosto… suscettibile a riguardo –
- Forse vuol dire “geloso”? Ammetto che la reazione del dottore sarebbe davvero… godibile, ma non lo farò “per amor di quieto vivere”, come dicono gli umani –
-  Non conoscevo questo detto –
- Credo che restando a fianco degli umani in generale e del dottor McCoy in particolare avrà modo di impararne più di quanti ne desideri. Ora, torniamo al lavoro? –
- Sì signore. Come va la sua emicrania?-
- E’ quasi sparita – si accorse lui con sorpresa.
- Mi fa piacere. La tisana di mia nonna ha funzionato nuovamente – sorrise lei,  alzandosi per seguire il suo superiore fuori dalla sala mensa.
 

  
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