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Autore: Greta_Unicorn    11/11/2012    2 recensioni
Lo incontrai un giorno,dopo la scuola,era un po' che non lo vedevo.Aveva la fama di essere un cattivo ragazzo,ma in spalla aveva una chitarra,quindi mi sarei fidata ciecamente di lui in ogni caso.
Kurt mio passò di fianco e io mi decisi finalmente a fermarlo,a parlargli.
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era di fronte a me e più si avvicinava, più sembrava strano.
Strano buono.
Indossava dei jeans stracciati, dei maglioni larghi e delle scarpe basse e consumate. Portava i capelli, di un biondo scuro, lunghi quasi fino alle spalle e una barba ispida .Aveva degli enormi occhi azzurri…di un azzurro diverso, mai visto, cristallino.
Mi passò di fianco un giorno ,ad Aberdeen ,dopo la scuola. Avevamo frequentato lo stesso Liceo ,lo avevo visto altre volte negli anni passati ma lui dopo poco si era ritirato. Quella volta sentii una strana sensazione, qualcosa in particolare di lui mi attraeva ,mi affascinava.
Tutti dicevano che fosse un cattivo ragazzo, sembrava fosse stato in carcere, ma io non mi sono mai fidata di quello che dicevano le voci in città, così decisi di fermarlo, di chiedergli qualcosa…Insomma, ogni tanto ci scambiavamo due parole o un saluto, ma non avevamo mai avuto una vera e propria conversazione.
E’ stato solo in quel momento che ho notato la chitarra che portava. Era la scusa perfetta :io avrei tanto voluto suonare, ma i miei genitori non erano d’accordo. Pensavano che la musica mi allontanasse da loro e dai loro ideali di perfezione aristocratica che già da tempo avevo imparato a non condividere.
Mentre ero assorta nei miei pensieri ,di come approcciare insomma, lui si è accorto che lo stavo fissando, così, con un sorriso mezzo imbarazzato ,mi ha saluto e mi ha chiesto se andasse tutto bene.
“Oh, ciao! Certo, va tutto bene, è solo che pensavo a…a quanto…a quanto sei fortunato a poter suonare la chitarra. Io sono un’appassionata, ma i miei sono contrari, quindi non ne possiedo una…mi piacerebbe così tanto!”
Effettivamente era una scusa davvero idiota, ma ormai era fatta.
“Bhè, perché non ci prendiamo un caffè e non facciamo due chiacchiere?”
Così siamo andati in un bar vicino casa sua e abbiamo cominciato a parlare. Abbiamo parlato di noi, della nostra vita, della società, della Musica ,del lavoro, della scuola ,dell’amore…siamo rimasti seduti uno di fronte all’altro per più di tre ore, senza stancarci nemmeno per un attimo di condividere le nostre idee.
Era davvero diverso dagli altri ragazzi qui ad Aberdeen. Era così giovane, ma aveva già capito l’andamento di tutto il nostro sistema.
“Mi piace infiltrarmi nell'ingranaggio di un sistema fingendo di farne parte e poi lentamente far marcire tutto l'impero da dentro. Per questo sto cercando un lavoro. E poi qualche guadagno mi farebbe comodo, finalmente potrei comprare la Fender che ho visto giù in paese. E’ grandiosa, Greta. La band avrebbe tutto un altro stampo se riuscissi a comprare quella dannata chitarra.” Gli brillavano gli occhi nel parlarne.
“Ah, quindi hai una band?!?” Quest’informazione mi pareva nuova, ma era meraviglioso.
“Sì, siamo agli inizi, per ora cerchiamo solo di migliorarci, così da far capire a tutti loro” fece un cenno circolare con la testa, come per indicare tutto ciò che ci circondava, “la vera potenza della Musica.”
Era grandioso. Non avevo mai incontrato qualcuno che la pensasse come me per praticamente a proposito di qualsiasi cosa. Mi piaceva.
Mi portò a casa sua, era evidente che anche lui la pensasse come me. Lì c’erano altri due ragazzi.
C’era una strana quiete, la poca luce entrava per sbaglio dalle tapparelle rotte delle finestre.
Uno abbastanza alto ,capelli tagliati a caschetto, con la frangia davanti agli occhi, era seduto su un vecchio divano con una fantasia ancora più antica. Non si è alzato, mi ha solo fatto cenno di avvicinarmi con l’indice. Gli sono andata vicino e mi ha detto “Ciao, mi piaci ,sei carina. Io sono Krist Novoselic. Birra? Erba?” Ma io non ho fatto in tempo a rispondere, perché l’altro mi ha preso per il braccio e mi ha girata verso di lui. Poi mi ha chiusa in un abbraccio. Portava i capelli scuri lunghi fino alle spalle. “Io sono Chad. Chad Channing .Piacere. Ma permetti una domanda? Che cosa ci fai qui?”
Ah, bella domanda quella. Bhò, che ci facevo lì?? A casa non ci dovevo tornare di certo: da quando mia madre era morta ,mio padre non faceva altro che portare nuove donne da noi e io gli davo contro. Come può un uomo essere sposato per anni e poi, quando la compagna di una vita viene a mancare dopo una lunga malattia, vivere come se non fosse mai successo nulla?!? Per lui se io non fossi esistita sarebbe stato meglio, avrebbe potuto davvero ricominciare tutto d’accapo. Ciò ,mi aveva portato a non aver paura di nulla, a vivere la vita così come mi si presentava…
Allora quando vedevo qualcosa che mi ispirava o che mi diceva qualcosa, io ero portata a seguirlo ,senza pensarci su troppo. Per questo mi trovavo lì. Quei ragazzi mi davano una calma familiare, già mi sentivo parte di loro. Era da tempo che non succedeva.
  
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