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Autore: Tomoko_chan    12/11/2012    4 recensioni
Perchè il mondo cerca la felicità, perchè non c'è felicità senza dolore.
Il cammino della vita è arduo, ma insieme si raggiunge la felicità.
"Eri la mia forza, anche se non lo sapevi. E lo sei tuttora.
Sei tutto ciò per cui vivo, ora che ho più di venti anni.
Perché spero di vederti, un giorno, a venti anni, a trenta, a cinquanta o quando saremo vecchi e decrepiti.
Ma ti voglio rivedere.
E stavolta sarò io a stupirti, sarò io a portarti dei fiori.
Il più grande rimorso è averti lasciato indietro." Dal diario di Itachi.
Attenzione: continuo di Dopo la guerra, Vita a Konoha. La storia può essere letta così com'è, perchè è presente un riassunto a inizio storia.
A gran richiesta una nuova trama, con nuovi (o vecchi?) nemici.
I personaggi sono lievemente OOC, solo perchè sono cresciuti, evitiamo fraintendimenti.
Sono presenti inoltre altre due coppie, che però non sono presenti nella lista. E molti personaggi!
Enjoy it!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Shikamaru/Ino
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie dei Ninjia, Naruto negli anni.'
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Perdendo la rotta ho imparato a volare.
 
Il letto di Naruto era quello che lei in assoluto preferiva.
Non era molto grande, era di una piazza e mezza, ma era morbido e spesso, sempre caldo ma coperto da lenzuola leggere e fresche.
Hinata, quella mattina di novembre, aprì gli occhi svegliata dalla luce del sole già alto nel cielo che penetrava dalle finestre.
Spostò un braccio verso lo spazio nel letto: vuoto, Naruto non c’era.
Strinse forte il lenzuolo con le dita bianche, ripensando alla bellissima giornata che aveva passato con Naruto.
Lui l’aveva capita sotto la pioggia mentre cadeva veloce, l’aveva baciata con passione e l’aveva guardata a lungo.
Poi erano tornati a casa e avevano fatto il bagno insieme, sotto l’imbarazzo di entrambi, avevano acceso il fuoco e romanticamente avevano fatto l’amore, per poi spostarsi e rifarlo in quel letto adorato.
“Ti amerò fino alla fine dei tempi” le aveva detto e lei era arrossita, arrossiva sempre perché lui era l’unico in grado di farla sentire speciale e amata sempre più, anche dopo tutto il tempo passato insieme o in un angolo ad aspettare che lui si accorgesse di lei.
Dopo essersi persa per un istante nel ricordo di quella sera e di una vita, la mora, finalmente sveglia voltò la sguardo e…
-Aaaaah!- urlò spaventata mettendosi seduta sul letto e stringendosi contro il lenzuolo, per coprire le sue grazie.
La figura tenebrosa di Sasuke, seduto sulla poltrona con gli occhi semichiusi e un ghigno in viso, la spaventò.
-Ma che…
-Ehi sorellina, non fare così, non sono poi così spaventoso.
-Avevi uno sguardo… da… da…
-Porco?
-Esatto.- fece ingenua lei, annuendo.
-Ma guardala, ha parlato l’angioletto, quella che si sveglia nuda dopo aver passato una notte di fuoco con “Naruto-kun!”- disse canzonandola ed imitando la sua voce.
-Oh, Sas’kè!- arrossì vistosamente e gli lanciò un cuscino –Perché sei qui?
-Non posso venire a trovarti?
Hinata alzò un sopracciglio.
-Okok, Naruto mi ha chiesto di passare per vedere come stavi.
-A ecco- e sorrise al dolce pensiero di quel Naruto premuroso –Ma che ore sono?
-11 e 20.
-Oh.
Un lieve sospiro le fece gonfiare il petto muovendo le lenzuola e ricordandole le proprie nudità.
-E’ tardi, devo andare alla riunione del Clan e passare a trovare Naruto e… e fare la spesa e… cucinare…
-Ehi, ehi, non andare nel pallone!- sbuffò –Tranquilla…- e sbuffò di nuovo, seccato –oggi devo stare con te.
Ma gli sorrise e lei capì tutto ciò che non riusciva e non poteva dire, sorridendo anche lei.
-Emh, Sasuke-kun?
-Hmf?
-Devo vestirmi.
-A, eh.. si!- ed uscì dalla finestra con un balzo, imbarazzato –Ti aspetto fuori!
Hinata ne sorrise e, finalmente in piedi, indossò l’intimo, i pantaloni scuri, la canottiera lilla e la giacca a chimono blu scuro con lo stemma degli Uchiha.
Prese la sua spazzola e sistemò i lunghi capelli in una coda bassa e morbida.
Si guardò di sfuggita nello specchio e ricordò le dolci parole di Naruto, la sera prima, quando l’aveva spogliata e poi l’aveva messa davanti a quel suo stesso riflesso.
“Sei bellissima” le aveva detto, abbracciandola da dietro e accarezzandole il viso “Sei cresciuta molto in questi anni, eri bella quando eri piccola ma ora, ora che hai vent’anni, sei ancor più splendida. E guardati, ammirati e si fiera di te stessa, perché io sono fiero di appartenerti e che tu appartenga a me. Io ne sono meravigliato ogni giorno della mia vita. Ma sai perché sei così bella?” e sorrise, appoggiando la testa alla spalla di lei “Perché tutte le cose belle che hai dentro le esterni nel tuo splendore, anche in queste guancie rossissime” e le bacio dolcemente una guancia calda, e lei era avvampata per i suoi complimenti, per la sua vicinanza.
Anche in quel momento, mentre ripensava alle sue parole, arrossiva e si sfiorava le gote, sentendole in fiamme.
E ne sorrise.
Era strano come, in quei ultimi giorni, nonostante la perdita del padre, sorridesse, sorridesse di ogni piccola cosa non dandole più per scontate.
Indossò l’anello di fidanzamento che le aveva regalato Naruto e scese veloce le scale, per uscire da casa Uzumaki.
Sasuke stava appoggiato tranquillo al muro e quando la vide vi si scosto andandole vicino e porgendole una mano.
-Abbiamo abbastanza tempo per fare un giro?
-Si, Sas’kè-kun.- e prese entusiasta la mano di lui, che le fece fare un giro su se stessa per poi portarsi la mano nel braccio.
Camminavano insieme, a braccetto e sorridendo, verso i bei boschi di Konoha, che entrambi conoscevano a memoria poiché luoghi di allenamento e/o di riposo.
Si fermarono a parlare distesi lungo i prati del boschetto, ridendo e scherzando (per quanto Sasuke potesse sforzarsi) ed in un attimo tornarono bambini.
Cominciarono così a guardare le nuvole e a trovare persone o cose somiglianti: riconobbero una Tsunade piuttosto arrabbiata o una Sakura, dipende dalle interpretazioni, un topo che correva, una forma simile ad un pane ed infine, un uomo dallo sguardo severo.
-Mi… mi ricorda mio padre- disse in un sussurro, stringendo forte la mano di Sasuke.
-Sorellina, tutto bene?
-Andrà bene prossimamente- disse solennemente.
Il silenzio calò fra i due ed entrambi riuscirono a sentire il rumore forte della cascata distinguendolo da quello ritmato del ruscello in piena,  gli uccellini cantare e il vento muovere le foglie.
-Itachi manda a dire che gli dispiace per la sua assenza al funerale.
La corvina lasciò la presa dalla mano di Sasuke e se la portò al viso, bagnato dall’ennesime lacrime.
Lui se ne accorse e si tirò su a sedere, guardando interdetto e preoccupato la sorella.
-Hinata….
-Que-questo non lo do-dovevi dire- disse singhiozzando, il viso rosso e il dolore negli occhi.
-Ma lo sai che lui ci tiene a te…
-Ssi, m-ma dov’e-era quando a-avevo bi-bisogno di lui?- balbettò mentre piangeva, mentre lui l’aiutava a tirarsi su e le asciugava le lacrime.
-Io non… oh, Hinata!- e la strinse forte a se, non sapendo che altro fare –Non ne ho idea perché non è venuto, a me non dice nulla.
E lei continuava a singhiozzare.
-Riesci ad immaginare in che situazione mi stai mettendo?- e rise, imbarazzato –Fino a poco tempo fa io non sapevo nemmeno come sorridere!
Riuscì a farla ridere –Cioè, figurati se sono capace di gestire questa situazione.
E risero tutti e due a crepapelle –Non piangere più, fallo per ma salute mentale! Ma… Ma sei pazza? Ridi e piangi allo stesso tempo.
La prese per mano e la sollevò, mettendosela sulla schiena.
-Sisi, continua così… intanto stiamo facendo tardi!
E cominciò a correre con lei sulla schiena, che continuava a piangere e ogni tanto ridere, col viso rosso di emozioni.


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-Smettila Arashi…
-Eddai, sei così sexy dottoressa…
Nascosti fra le file degli scaffali della farmacia dell’ospedale, i due piccioncini si baciavano in un turbine di passione.
-Devo andare a lavorare, Arashi- disse non troppo convinta lei.
-Avevi detto che prendevi 10 min di pausa… lo sai quante cose possiamo fare in 10 minuti?
Detto questo le sbottonò velocemente la camicetta bianca, cominciando a giocare con i suoi seni.
-No… Arashi…
-Andiamo Sakura, preferisci andare a smembrare persone o stare un po’ qui con me?
La sollevò per i glutei e fece in modo che lei si avvinghiasse a lui.
-Oh, Arashi…
 
 
-Bene, a questo punto posso lasciarti solo.- disse Tsunade, alzandosi dal suo posto nell’ufficio dell’hokage.
-Si, a marcire fra le scartoffie!- Naruto era buttato sulla sua sediolina accanto alla scrivania.
-Te ne ho lasciate poche perché voglio che tu faccia una cosa.
-Se quella montagna è poco..- sbuffò il biondo.
-Naruto, zitto! Sono seria  e voglio che mi ascolti bene.- posò entrambe le mani sulla scrivania e lo guardò torva mentre si alzava e si metteva di fronte a lei. –Ormai la data per il passaggio di Hokage si fa vicina e voglio che tu cominci a pensare a quello che sarà il tuo team per missioni speciali. Inoltre ti servirà qualcuno che ti aiuti qui.
-Per quello c’è Sa…
-Sakura? Non sarà possibile, lei si occuperà a tempo pieno dell’ospedale e voglio, a proposito, che tu oggi gli comunichi della sua promozione a primario.
-Ah.- Naruto annuì serio. –Ah, nonna Tsunade! Quand’è che diventerò Hokage?
-Lo saprai a tempo debito. Ti mando a chiamare Sakura!
Seguita da Shizune, l’Hokage uscì dalla magione.
Naruto si sedette alla scrivania, per la prima volta solo, assaporò uno sprazzo del suo sogno, sentendosi arrivare addosso l’odore delle responsabilità che quel lavoro richiedeva.
Quel giorno Tsunade stava poco bene: l’età avanza e il lavoro non perdona, o forse era solo un violento post sbornia. Aveva quindi deciso di tornare a casa un paio d’ore prima e quelle ore, il biondo, se le godeva.
Mentre aspettava l’arrivo dell’Haruno, prese a compilare la pila di documenti, che dopo sarebbero passati per la mano dell’Hokage.
-Dattebayo!- la tentazione era molta, vedere scritto un documento firmato da lui sarebbe stato impagabile.
Aspetta un momento…
Naruto non possedeva ancora una firma! Ultimò l’ultimo documento e prese un altro foglio bianco, cominciando a scarabocchiarci sopra il suo nome.
Il suono lieve di qualcuno che bussava lo fece ridestare dal suo sogno di gloria.
-E’ permesso, Hokage?- una voce squillante avvertiva della presenza di una donna.
-Avanti.- il biondo si sforzò di apparire più serio che mai.
La porta si socchiuse ed una Haru piuttosto stupita apparve avvolta da vestitino arancio.
-E tu che ci fai qui tutto solo?
-Potrei farti la stessa domanda- rispose divertito alla cugina.
-Io sono qui per parlare con l’Hokage!- la rossa si avvicinò alla scrivania.
-E per oggi l’Hokage sono io.
-Ma se non eri in grado nemmeno di accorgerti che una ragazza splendida ti vuole da anni!
-Ma tu che ne sai???- rosso di imbarazzo, Naruto sbatte forte il pugno sulla scrivania, che sobbalzò.
-Eh eh- ghigno sadico –Mi hanno raccontato tante cose!
-Colpa di Emosuke ‘tebayò!
-Ehi!- e fu l’altra Uzumaki a battere sul tavolo.
Naruto assottigliò gl’occhi, indagatore –Ma tu non dovevi essere ad allenarti col Nara?
Lei voltò lo sguardo e sbuffò –Dovevo parlare con l’Hokage-sama.
-Avanti allora, sono qui!
-Non sei l’hokage, Naruto!
-Ma lo diventerò presto- s’imbronciò lui, poi, vedendo lo sguardo affranto della cugina, tornò serio –Haru, che c’è?
-Devo..devo parlare con Tsunade-sama..
-Cugina, faresti meglio a parlare con me.
-Io non posso…
-Haru avan…- e si interruppe vedendo le sue lacrime –Haru..- disse sussurrando.
Il biondo si alzò e, andando a mettersi davanti a lei, si poggiò alla scrivania e con una mano cercò di asciugarle una lacrima ma lei scostò quella mano.
-Non lo fare.
-Cosa?
-Aiutarmi. Non lo fare.
-Perché Haru?
La rossa alzò finalmente lo sguardo sul cugino.
-Perché Sasuke mi odierà.
 
 
-Siamo arrivati quindi.
-Grazie Sasuke.
I due erano arrivati d’innanzi alla grande villa Hyuuga, fresca di costruzione.
-Ti aspetto qui- disse appoggiandosi alla muro di confine.
-Oh, Sas’kè-kun, ci metterò un bel po’! Non devi stare qui ad annoiarti.
Hinata era sempre gentile e pacata, anche se in quel momento tremava.
Il moro si voltò e cominciò a camminare –Va bene, Hinata, a dopo- e poi, voltandosi lievemente –Non essere preoccupata, andrà tutto bene.
La ragazza sorrise –Grazie di tutto.
Aprì il portone per raggiungere il piccolo giardino che la separava da casa, lo superò e la porta si aprì davanti a lei. Hanabi vestiva una maglia lunga celeste e i leggins, il volto segnato da profonde occhiaie.
Appena la vide l’abbracciò stringendola forte a se, accarezzandole i capelli e il viso che fremeva ad ogni tocco.
Ancora non erano riuscite a superare la morte prematura del padre per una malattia che gli aveva fatto vomitare l’anima, ma lo dimostravano in modo completamente diverso.
Hanabi non dormiva, mangiava a malapena, parlava solo con la sorella.
Hinata piangeva e si costringeva a pensare al lato positivo, o si costringeva a non pensare.
Avevano passato intere giornate insieme a consolarsi e a mangiare gelato.
Non servì dire nulla e le due ragazze si presero per mano percorrendo la lunga villa, fino ad arrivare alla sala delle riunioni del Clan.
Prima di entrare, Hinata strinse forte la mano di Hanabi e inspirò forte.
Da quella riunione dipendeva il futuro suo e della sorella.
Hiashi, sul letto di morte, l’aveva nominata sua unica erede a capo Clan.
Ma cosa sarebbe successo se il Clan l’avrebbe rifiutata?
Hanabi la guardò comprensiva ed aprì la porta, sospingendola ad entrare.
La stanza era piena su due file di uomini e di pochissime donne.
Sarebbe stato ancora più dura diventare capo Clan, perché nella storia degli Hyuuga mai una donna aveva preso il posto più alto del Clan.
Si mise al posto di suo padre –quello in fondo ad entrambe le file, rivolto verso tutti come fosse a capotavola- e Hanabi nella fila di destra accanto a lei. Dall’altro lato, alla sua sinistra, stava Neji.
Le rivolse uno sguardo interrogativo, ma la ragazza non capì a cosa alludesse.
Un lontano cugino di Hinata, Kira Hyuuga, si schiarì la voce e la guardò con astio.
-Innanzitutto, Hinata, Hanabi, le nostre più sentite condoglianze.- poi, voltandosi verso tutti i presenti –Credo sia importante cominciare la riunione continuando a discutere della suddivisione nelle stanze
-No.
La voce seria e pacata della ragazza si scagliò fra tutte quelle che appena avevano cominciato a parlare.
-Come no?- Gli occhi chiari di Kira, quell’uomo anziano che nel suo odio le ricordava il padre, si scagliarono avvinghiarono a lei come volessero stritolarla.
-Non è di questo che dobbiamo parlare. Volevo piuttosto chiarire la situazione del capo Clan.
L’uomo flesse un sopracciglio –Insinui forse che spetta a te?
-Esattamente.
-Tuo padre ti ha cacciato di casa.
-Mi ha chiesto perdono sul letto di morte.
-Non ci sono testimoni.
-Con noi c’era, ovviamente, mia sorella.
-Non sei adatta per questo ruolo. Non hai completato i tuo apprendistato ed inoltre io, che sono il più anziano, sono la guida più giusta.
La corvina sorrise e piegò leggermente la testa di lato.
-Non sempre anzianità significa saggezza.
-Come ti permetti, ragazzina!- l’omaccione si alzò in piedi, minaccioso.
Hinata lo guardò severa –che strano sguardo, e quanto sforzo! Non le era mai capitato di farlo, ma il suo nuovo ruolo lo richiedeva e questo lo aveva imparato dal padre – e strinse al grembo le mani.
-Guarda dove sono seduta- disse pacata –e impara a portare rispetto.
L’uomo si rivolse al Clan –Volete che una donna così sfrontata e giovane ci porti alla distruzione?
-Hinata Hyuuga non è sfrontata.- “oh Ko, che brav’uomo che sei!” lo benedì mentalmente la ragazza. –L’ho vista crescere e posso affermare che è una donna incredibilmente gentile e dolce, intelligente, perspicace e forte.
-E’ la persona più forte del nostro Clan.- la voce dura di Neji si fece ben sentire –Ha imparato tutte le tecniche Hyuga, ne ha create di nuove ed è capace di padroneggiare terra e fuoco e ancor di più l’arte dell’eremita delle Pantere, un arte perduta ormai.
Hinata sgranò gli occhi sul cugino che mai, mai si era esposto così tanto per lei, lui che si allenava giorno e notte eccellendo in tutto per essere il pupillo del defunto padre.
Eppure aveva preso le sue difese.
-E’ comunque una ragazzina!- Kira alzò a voce, furente.
Hanabi, la piccola, scontrosa e prepotente Hanabi si alzò in piedi e guardò con aria di sfida tutti i presenti.
-Siete ben consapevoli che mia sorella ed io stessa ne abbiamo passate tante. Quindi, mi capirete bene quando dico che mia sorella ha tanta di quella saggezza da farvi impallidire. Lei mi ha cresciuto nonostante fosse nel periodo più brutto della sua vita. È riuscita ad insegnarmi i valori che mi servivano e ad essere contemporaneamente la brava persona che è ora. Il prossimo che si azzarda a dire…
-Basta, Hanabi.- la voce dolce di Hinata tornò alla ribalta, facendo addolcire la sorella che subito tornò a sederle accanto.
-Credo sia opportuno fare una votazione- disse di nuovo Kira, speranzoso.
-No.- e stavolta erano più persone a parlare, fra le più importanti –Non c’è discussione.
 
 
-Smettila di piangere, Haru. Non ti riconosco più.
Quando entrò, senza bussare, consapevole della presenza di Naruto, fu questa l’immagine che Sakura si ritrovò davanti: la rossa tra le braccia del ragazzo scossa fra fremiti in una valle di lacrime, e lui che dolcemente la confortava.
-Oh, scusate.- riuscì a dire, chiudendosi alle spalle la porta con noncuranza ed infilando le mani nelle tasche del camice –Ma Naruto mi ha fatto chiamare e… Oh, Haru! Che ti ha fatto?
Sapeva bene come fosse fatto Sasuke –o almeno credeva lei- e nonostante lui l’avesse velocemente dimenticata con quella ragazzina, le si spezzava il cuore a vederla così fragile. L’avrebbe fatta vedere lui all’Uchiha!
-Oh, Sakura!- Naruto si batté forte il palmo sulla fronte, sottolineando il tatto della rosa.
-Cosa?
-Niente, niente!- Haru si sforzò di sorridere e si mise seduta in disparte –Posso aspettare, fate pure.
Il biondo si sedette alla scrivania con un “Ah, quanto mi piace questo posto!” mentre la ragazza si avvicinava alla scrivania, curiosa.
Naruto la guardò indagatore.
-Sei stata con Arashi?
-Eh, si, perché?
-Si vede!- e fece gesto di controllarsi il collo, dove un succhiotto soprassedeva su tutto.
-Oh, porc…- e si strinse il colletto del camice intorno –Cosa volevi?
Il ragazzo prese un documento dal cassetto e cominciò a leggere, saltando alcune parti –Il villaggio di Konoha è lieto di informare la signorina Haruno Sakura, cittadina nata nel bla bla bla, questo lo salto si, che, da giorno 15 Novembre, otterrà una promozione da bla bla bla, diventando primario del reparto traumatologia ecc.- poi porse una copia del foglio alla ragazza –Qui ci sono tutti i dati specifici.
Lei non si muoveva, esterrefatta: solo 20 anni e già una carriera così importante. Dove sarebbe finita?
Naruto si alzò, con un gesto buffo mise il documento nella mano rigida della ragazza e la richiuse, gli fece i complimenti e poi la voltò, cominciando a spingerla dalla schiena per farla uscir fuori, chiudendole la porta alle spalle.
Si voltò, sospirò e prese a guardare la cugina, che stava ancora seduta con la stessa espressione.
Quanti problemi, ed ancora non era Hokage! Ma alla fin fine si divertiva…
Camminò fino ad arrivarle davanti e si piegò sulle ginocchia, prendendole le mani attirando la sua attenzione.
-Ascoltami bene, Haru. Io non ho idea di come lui possa reagire, sinceramente, io non lo vedo così grave. Non ti ama per questo. Ma glielo devi dire e parlarne con lui, anche se- rise – so quanto è difficile farlo parlare.
-E se… se non ne parlassi?
Naruto smise di ridere la guardò serio –Non puoi davvero pensare di non dirglielo.
-Va bene.- Haru si alzò, aprì la porta e si voltò prima di uscire – ma se non lo facessi?
-Allora glielo direi io- affermò serio lui, tornando a sedersi –E sai bene che sarebbe peggio.
Haru salutò ed uscì dalla stanza, lasciando Naruto immerso nel suo lavoro.
Prese un foglio bianco e cominciò ad imbrattarlo d’inchiostro: Tsunade gli aveva dato un altro incarico.
Dopo alcune ora in cui era stato ripetutamente interrotto da AMBU e team in cerca di missioni, questo era il risultato.
 
Genialità    Shikamaru Nara, IO eheheeh
Arte della medic  Pronto soccorso    Haruno Sakura, Hinata Hyuga
Abilità ninjia Particolari      Hinata, Sasuke, Shikamaru, Choji, Ino, Rock Lee, Kiba; Sai, Shino
Potenza attacchi corpo a corpo     Hinata (love), Rock Lee, Sakura (ahi!), IO
Potenza attacchi a lungo raggio    IO, Hinata, Sasuke, Ten Ten; Sai
Abilità nella difesa   IO? Sasuke; Neji Sai
 
Aveva scritto le cose che secondo lui erano più importanti ed aveva a questi abbinato dei nomi. Nella sua squadra speciale sarebbero entrate poche persone, lo stretto indispensabile per le missioni, ma i più eccelsi e chi più aveva bisogno.
Saltavano all’occhio i nomi della Hyuga, dell’Uchiha, dell’Haruno, di Lee e di Sai poiché i più ripetuti.
Sei persone per missioni speciali e d’alto rango a cui avrebbe partecipato l’Hokage.
Il numero giusto e non esagerato, e a parere suo le persone più importanti e più complete, senza nulla togliere agli altri.
Più guardava quella lista e più pensava che Hinata, Sasuke e Sakura avrebbero assolutamente dovuto seguirlo. Anche Shikamaru era importante per lui, era sempre stato un ottimo amico, il più importante nell’assenza di Sasuke. Erano quelli giusti, forti, utili, completi, i suoi migliori amici.
Gli altri alla fin fine, erano secondari.


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Prese le chiavi dalla tasca, ne infilò una nella serratura e girò.
Entrò e non appena si chiuse la porta alle spalle, senti la presenza di qualcuno.
Non si sentiva in pericolo, Sasuke Uchiha non si sente mai in pericolo, ma c’era qualcosa di strano in quella casa.
Sapeva che Itachi non c’era (era in una piccola missione segreta per testare quanto potessero avere fiducia in lui –Konoha bastarda-) ed inoltre sentiva un odore particolare, diverso.
 
Miele
 
Percorse il corridoio, entrò in cucina e non trovò nulla di strano o di diverso.
Poi, passando davanti al tavolino quadrato della cucina, la vide dalla finestra seduta nel vasto giardino giapponese sul retro. Percorse la distanza che li separava con grandi falcate, chissà perché, era attratto a lei come una calamita, come un girasole alla luce. L’amava.
Non si fece notare.
La guardò mentre se ne stava nell’aria fredda di novembre seduta sul gradino della piano in parchè che lo separava dal giardino con piccoli gradini.
Aveva gli occhi mielati persi chissà dove, la bocca carnosa serrata in un atto serio e armonioso, i capelli, quei splendidi capelli color rame che parevano incendiarsi in contrasto coi suoi, svolazzavano a malapena sotto il vento lieve e freddo.
Con passo felpato le arrivò inginocchiandosi da dietro, con un tocco leggero le scostò i capelli cominciando a baciarle il collo.
-Haru.
Sussurrò il suo nome e la vide vibrare, l’abbracciò pensando avesse freddo.
Lei non rispondeva, non ci riusciva, manteneva lo sguardo vacuo e quella smorfia di dolore in viso.
-Haru.
E stavolta non sussurrò ma parlò serio, capendo che c’era qualcosa che non quadrava.
Strinse le ciocche di capelli che abbracciandola toccava, per poi scostarsi dalla sua schiena per sederle accanto.
-Sasuke- sospirò, la voce le tremava –Ti devo dire una cosa.
Si voltò e si guardarono negli occhi –Ti ascolto.
Sospirò di nuovo, le mani le tremavano.
-Volevo parlarti di una decisione che ho preso.
Lui annuì lievemente.
-Sai bene che Arashi ha lottato molto per ottenere il permesso da mia madre per diventare dei ninjia. È una cosa che entrambi abbiamo voluto molto, per cui ci siamo allenati tanto tempo. Io, più che altro, mi sono sempre allenata duramente perché sapevo che un giorno avrei incontrato mio padre e volevo avere uno scontro con mio padre, ero preparata. Ma quando l’ho visto io non ho potuto fare niente, ricordi? Io non valgo niente come ninjia.
-Esiste l’allenamento.
-Ma… Sasuke…- non riuscì più a guardarlo negli occhi e si voltò nuovamente verso il giardino –A me non piace la vita da shinobi. L’ho capito solo adesso.
Anche Sasuke si voltò a guardare il cielo, irritato –Non puoi non fare nulla, Haru.
-Lo so, lo so, diventerei seccante, vuota e annoiata della vita. Sarei solo un peso per te.
-E allora, l’alternativa?
-Io.. io ci devo ancora pensare.
Sasuke cominciò a scuotere il capo in segno di negazione e a quel gesto, la rossa cominciò a piangere sommessamente e a tremare.
Interminabili istanti di silenzio passarono fra loro, ed intanto tramontava.
-E allora, allora vivi per me.
Lui interruppe quel silenzio con parole difficili da pronunciare, per uno come lui. Ma non aveva finito e si capiva, questo attirò l’attenzione di Haru, che si voltò a guardarlo con gli occhi lucidi e il volto bagnato da lacrime.
Lui alzò piano una mano per asciugargli il volto dalle lacrime, in una carezza che lei si godette per intero.
-Vivi di me, prenditi cura di me, della nostra casa, della nostra famiglia. Era un po’ che volevo dirtelo.. io ho bisogno di questo. Ho bisogno della pace che riesci a donarmi. Mi rilassi, mi calmi. E ti prometto che ci basteremo, saremo pane per l’altro. Saremo la casa in cui tornare dopo una giornata di burrasca. Vivi di me, Haru.
E solo il suo sguardo dolce le fece realizzare cosa lui gli stava chiedendo, sotto quelle parole pronunciate a fatica.
Strinse forte quella mano che la stava ancora accarezzando.
-Sarebbe stupendo.
E fu meglio di dirsi “vuoi sposarmi?” “si.”.
 
 
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

-Gabbiani, Vincenzo Cardarelli.
 
 
Lei gli sorrideva, amava finire le giornate in quel modo.
Avevano fatto l’amore e ora lui riposava stanco sul petto di lei, inspirando il profumo della sua pelle e il suo respiro caldo.
Un braccio era steso accanto al suo, le dita attorcigliate in un disegno armonioso.
-Presto otterremo il nostro riscatto, Hinata.- inspirò il suo profumo e la baciò lì, sull’attaccatura del seno –Abbiamo avuto un infanzia terribile ma presto otterremo il nostro riscatto, vivendo felici.
-Saprò dirti se ho avuto il mio riscatto solo quando morirò, Naruto. Dopo che avrò realizzato i miei sogni e avuto una bellissima famiglia con te, amore mio.
Fu lui a sorridere, raggiante –Io non ho nessun dubbio, vita mia.
 


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Non mi so spiegare la vostra assenza. Non noto più lo stesso entusiasmo, le stesse recensionsi di un tempo.
Mi chiedo in cosa io stia sbagliando, cosa non vi piaccia più.
Peccato che non ci sia più nessuno a recensire per dirmelo...
   
 
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