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Autore: TheOnlyWay    13/11/2012    23 recensioni
«Allora, Olly. Conosci Harry?»
Harry.
William-Brian si chiamava Harry. Non era un nome così originale, ma gli si addiceva. Per lo meno avrebbe smesso di chiamarlo ragazzo misterioso.
«No, non ci conosciamo.» rispose, prima di porgere la mano ad Harry con un sorriso imbarazzato. Lui ricambiò, anche se contrariamente a lei sembrava perfettamente a suo agio.
«Be’, in realtà ci siamo già visti. Prendiamo lo stesso autobus.» sostenne Harry, divertito. Ecco, Olly lo sapeva che l’aveva beccata in pieno a fissarlo.
Che figura di merda, santo cielo. Ed ora? Mica poteva dirgli che lo sapeva perfettamente, visto che era dall’inizio dell’anno che lo squadrava dalla testa ai piedi.
«Davvero?» finse di non ricordarsene, tanto per salvare la poca dignità che le era rimasta.
Era certa di essere stata piuttosto convincente, almeno fino al momento in cui Ginger scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi con la pizza.
«Scusate, stavo pensando ad una cosa molto divertente.» disse, con le lacrime agli occhi.
Harry annuì, anche se dava l’impressione di non essersela bevuta affatto. Poi tornò a guardare Olly.
«Si, sulla Linea 21. Lo prendi al mio stesso orario, tutti i giorni.»
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Jas.

Perché ama Harry alla follia e
perché me la immagino quasi esattamente identica ad Olly.
 
Grazie.
 
 
 

 




 
«Olly.»
Niente. Per quanto Desirée si sforzasse di catturare l’attenzione della sua compagna di classe, questa sembrava completamente assorbita dalla contemplazione del ragazzo fermo a qualche metro di distanza.
Okay, doveva ammettere che faceva la sua porca figura ma, dopo una giornata in quella maledetta scuola, chiunque sarebbe sembrato bello. In quel periodo le stavano decisamente massacrando: tra verifiche, interrogazioni e spiegazioni al limite della comprensione umana, rifarsi gli occhi era proprio un gran sollievo.
In ogni caso, Desirée aveva bisogno che Olly le dicesse i compiti per l’indomani. E se lei continuava a fissare quel ragazzo, non avrebbe fatto in tempo a scriverli.
«Olly!»
Finalmente, Olly si riscosse e lanciò un’occhiataccia alla compagna. Proprio non la sopportava, quando cominciava ad usare quel tono stridulo. Che voleva? Non era nemmeno libera di fissare il ragazzo misterioso? Era l’unico elemento che rendesse vagamente piacevole l’interminabile viaggio in pullman.
Stretta tra persone che sembravano aver dimenticato il significato dell’igiene personale, compagne di classe particolarmente fastidiose (vedi Desirée) e frenate brusche, guardare quel ragazzo era l’unica cosa che la mettesse un po’ di buonumore.
Non sapeva niente di lui, se non quelle rare informazioni che era riuscita a ricavare dagli stralci delle sue conversazioni con gli amici.
Non sapeva come si chiamava, non sapeva che scuola faceva, né se era fidanzato.
Però aveva scoperto che era un patito di videogiochi – aveva ordinato PES 2013, gli sarebbe arrivato a giorni -, che aveva una sorella maggiore che si era appena fidanzata con un “coglione di dimensioni epiche” e che, come tutti i maschi del pianeta, sperava di potersi comprare una macchina come Dio comanda.
Non che lo spiasse, ma una volta era capitata proprio dietro di loro e aveva sentito tutto. Okay, aveva spento l’iPod solo per poter sentire com’era la sua voce, ma era successo solo quella volta. In genere si limitava a guardarlo da lontano, nella speranza che, prima o poi, si accorgesse di lei e le sorridesse, come gli aveva visto fare un sacco di volte.
Sorrideva spesso, il ragazzo misterioso. E quando lo faceva, sulle sue guance comparivano delle fossette davvero adorabili. Olly si era incantata più di una volta, a contemplarlo, rapita non solo da quel sorriso sghembo, ma anche dagli occhi.
Erano bellissimi, i suoi occhi. Due pozze cristalline, di cui lei ancora non era riuscita a cogliere l’esatto colore. Sembrava che cambiassero a seconda della luce. In quel momento – quando Desirée l’aveva interrotta dal suo attento esame - erano verdi, anche se Olly avrebbe giurato che il giorno prima fossero più tendenti al grigio.
Un’altra cosa che le piaceva di lui (come se gli occhi e il sorriso non fossero abbastanza) erano i capelli. Il ragazzo misterioso aveva dei ricci castani e scompigliati. In effetti, Olly era dell’idea che avrebbe almeno potuto tentare di sistemarli, ma lui sembrava preferirli disordinati. Non si capiva che direzione prendessero, ma comunque gli donavano.
E poi era alto – se ne era accorta, perché una volta lui non aveva trovato posto e si era piazzato in piedi poco lontano da lei – e aveva le spalle larghe, i fianchi stretti e un gran bel… be’, fisicamente era il suo tipo ideale.
«OLLY!»
Desirée urlò per la terza volta, catturando l’attenzione di buona parte dei presenti, compresa quella del ragazzo misterioso, che si voltò per un momento nella loro direzione, curioso.
Osservò attentamente prima Desirée, poi Olly, che arrossì imbarazzata, e infine tornò a parlare con il biondino al suo fianco.
Olly si voltò verso Desirée, inferocita. Se aveva qualche speranza di essere notata dal ragazzo misterioso, l’aveva appena persa in seguito alla figuraccia appena fatta.
Essere ripresa come una bambina di tre anni da una demente non era esattamente il suo piano ideale, perciò incrociò le braccia al petto, stizzita.
«Si può sapere cosa accidenti vuoi?» domandò, sforzandosi di trattenere la rabbia. «Io? Sono tre ore che ti chiamo, Olly!» si lagnò Desirée, ancora una volta a voce troppo alta.
E, di nuovo, mezzo autobus si voltò verso Olly, che alzò gli occhi al cielo. Gettò un’occhiata al ragazzo misterioso e, quando si accorse che la stava fissando con vago interesse, sussultò.
«Vedi? Non mi rispondi nemmeno!» protestò l’altra. Ormai, sembravano tutti particolarmente interessati al battibecco tra le due.
Olly era certa di aver sentito le due ragazze dietro di loro ridacchiare. Certo, ci mancava solo che partissero le scommesse, e poi la sua figura di merda sarebbe stata completa.
«Evidentemente non ti voglio rispondere, no?»
E al diavolo il tentativo di mantenere la calma.
«Ma io ho bisogno che tu mi dica i compiti! Come faccio altrimenti?» domandò Desirée, imbronciata. Olly inarcò un sopracciglio.
«Segui la lezione, anziché metterti lo smalto. E mollami, accidenti.» sibilò, infastidita. Premette il pulsante per prenotare la sua fermata – finalmente – e percorse il corto corridoio fino alle porte.
Quando si aprirono, scese come una furia, fuggendo letteralmente dalle lamentele di Desirée, che protestava ad alta voce incurante del fastidio degli altri presenti.
Guardò l’autobus allontanarsi, con sollievo. Osservò il volto delle persone dall’altra parte del vetro e individuò il ragazzo misterioso: guardava lei, e sorrideva divertito.
«Che figura di merda.» scuotendo la testa, si avviò verso casa.
 
~
 
Doveva studiare informatica.  E matematica. E non ne aveva nessuna voglia.
Così Olly decise di dedicarsi ad un’attività molto più interessante e, soprattutto, più produttiva: dormire.
Mollò lo zaino in un angolo della camera, sfilò le scarpe, accantonandole accanto allo zaino e si trascinò fino al letto. Meditò per qualche secondo se fosse il caso o meno di mettersi il pigiama, poi fece spallucce e si sdraiò.
Pensò ancora una volta al ragazzo misterioso e alla pessima impressione che sicuramente gli aveva fatto.
Sperava solo che non si fosse reso conto che la causa del suo totale e più sincero disinteresse nei confronti di Desirée fosse proprio lui, perché altrimenti avrebbe dovuto salutare per sempre la sua dignità e sperare che qualcuno inventasse una macchina del tempo che le avrebbe consentito di accoppare Desirée o, molto più semplicemente, di prendere un altro autobus.
Chissà come si chiamava. Di sicuro aveva un nome meraviglioso, pensò. Uno con quel sorriso non poteva chiamarsi certo Steven. Forse William – come il principe! – o Brian (come quello di Fast and Furious, lui si che era figo). O magari aveva un nome assurdo, tipo quello del suo vecchio compagno di classe; al momento non le veniva in mente, ma era qualcosa che forse cominciava con la C.
No, niente C. Decisamente doveva chiamarsi Brian.
Era sul punto di scivolare nel sonno, quando il suo telefono cominciò a suonare, insistente. Con gli occhi ancora chiusi, Olly allungò una mano e afferrò il telefono.  Sbirciò sul display, sorridendo alla vista del nome della sua migliore amica.
«Ciao, Gigì.»
«Non mi chiamare Gigì, Olly. Sembra il nome di una cazzo di Winx.» borbottò Ginger, dall’altro capo del telefono. Olly ridacchiò.
«A me piace.»
In realtà lo trovava ridicolo, ma voleva vendicarsi per essere stata svegliata proprio sul più bello. Si era praticamente imposta di sognare Brian (o William) e ci sarebbe riuscita di certo, se Ginger non l’avesse interrotta.
«Cazzate. Be’, che stavi facendo?» domandò Ginger, cambiando argomento.
«Cercavo di dormire. Ma qualcuno ha un tempismo di merda.» borbottò Olly, infilandosi quasi completamente sotto le coperte. Era novembre, e faceva un freddo cane. Avrebbe potuto accendere il riscaldamento, ma non aveva voglia raggiungere il contatore.
«Ora si spiega tutto. Comunque, volevo dirti che stasera siamo a cena da Liam. Ha detto che ha scoperto una pizza che è la fine del mondo.»
Olly era certa che Ginger avesse appena alzato gli occhi al cielo. Per lei le pizze erano tutte uguali, a patto che ci fosse una tonnellata di mozzarella. Olly invece la pensava come Liam: dovevano ancora trovare una pizza degna di tale nome. Quelle schifezze precotte che si mangiava Ginger facevano proprio schifo.
«Siamo?» domandò poi, confusa.
«Tu ed io, scema. Torna a dormire, passo a prenderti per le sette. E vestiti bene.» dopodiché, Ginger riattaccò.
Un po’ perplessa, Olly si rannicchiò sotto il piumone. Ormai il sonno le era passato, ma di certo non si sarebbe messa a studiare. Magari l’indomani sarebbe entrata un’ora dopo. Non sarebbe successo niente se avesse perso l’ora di educazione fisica, no? Correre di prima mattina era un vero trauma.
Si, decise, sarebbe entrata dopo e avrebbe avuto tutto il tempo di fare i compiti.
Chiuse gli occhi di nuovo, rilassata dal tepore delle lenzuola. Nel giro di qualche minuto si addormentò profondamente.
A svegliarla, per la seconda volta, fu il telefono.
«Che vuoi? Ci siamo sentite dieci minuti fa!» protestò, prima di sbadigliare.
«Che, ti sei rincoglionita, per caso? Muoviti a scendere, sto arrivando.» Ginger imprecò contro il semaforo che era diventato verde all’improvviso e riattaccò.
Stordita, Olly lanciò un’occhiata all’orologio e impallidì. Aveva dormito quasi tre ore, ed era in ritardo.
Saltò giù dal letto con un balzo, inciampò nel tappeto e rischiò di schiantarsi contro l’armadio. Sospirando di sollievo per essere sopravvissuta, scelse velocemente cosa indossare. Un paio di jeans, una maglietta bianca e un maglioncino blu. Raccattò gli Ugg dalla scarpiera, afferrò la sciarpa grigia e corse in bagno.  
Fece appena in tempo a passarsi un po’ di mascara sulle ciglia lunghe, prima che il suo telefono riprendesse a suonare.
«E che palle, sto arrivando!» sbraitò, anche se di certo Ginger non poteva sentirla.
Indossò velocemente il cappotto, afferrò la borsa, il telefono e le chiavi e si precipitò fuori di casa.
«Buonasera, Gigì.»
«Sei in ritardo e sei pure vestita alla cazzo.» fu il simpatico saluto della sua migliore amica. Olly sbuffò.
«Ho avuto un contrattempo.» si giustificò, guardando fuori dal finestrino per evitare di incrociare lo sguardo di Ginger.
«Scommetto che ti sei addormentata come un sasso.»
Olly boccheggiò, alla ricerca di una scusa decente, poi Ginger la interruppe.
«Lascia stare, chi se ne frega. Sei bellissima lo stesso.» le disse. Olly sorrise, poi ringraziò e si distese più comodamente sul sedile.
«Non avrai intenzione di dormire anche in macchina, vero?»
«Ma per chi mi hai preso?» protestò Olly, fintamente indignata. Si raddrizzò un po’ e aumentò il volume dello stereo. Se le avesse detto che un pisolino era esattamente ciò che aveva in mente, probabilmente Ginger l’avrebbe uccisa.
 
~
 
«Oggi ho fatto una figura di merda esagerata.» raccontò Olly, con un sospiro sconsolato.
Ginger ridacchiò, poi suonò di nuovo il campanello, sperando che il suo fidanzato si muovesse ad aprire: stavano congelando lì fuori.
Prese Olly sotto braccio, alla ricerca di un po’ di calore.
«Se non si sbriga lo ammazzo. Comunque, non so perché, ma non mi stupisce.»
«Cosa?»
«Minchia, ma sei sicura che non stai ancora dormendo?» rise Ginger, ormai praticamente incollata al citofono. Dove accidenti era Liam?
«Si, forse si. Hai presente il ragazzo del pullman?»
«Chi, quello figo?»
«Esattamente. Ecco, lui…»
In quel preciso istante la porta di casa venne aperta da qualcuno che non era di certo Liam.
«E con questo siamo a due figure di merda.»
Se solo non fosse sembrata una psicopatica, Olly avrebbe cominciato ad urlare. Perché davanti a lei, vestito con una camicia bianca e con un paio di jeans stretti, c’era William-Brian.
Le sorrise, mettendo in mostra quelle fossette adorabili e Olly arrossì.
«Ciao. Liam è andato a ritirare le pizze, arriva tra cinque minuti.» comunicò, facendosi da parte per farle entrare.
Ginger gli sorrise, poi lo salutò con un bacio sulla guancia. Olly si costrinse a non dare di matto e la seguì, slacciandosi il cappotto.
«Dai a me, ci penso io.» si offrì William-Brian, con un sorriso galante. Olly annuì, ringraziò e gli allungò il cappotto. Lo osservò allontanarsi verso il corridoio, poi si voltò verso Ginger con aria assassina.
«Tu lo sapevi?» ringhiò, puntandole contro il dito indice.
Ginger inclinò la testa da un lato.
«Io? Ma figurati!» disse, con un sorrisetto innocente che la diceva lunga. Olly incrociò le braccia al petto e si sedette accanto a lei sul divano.
«Che bastarda.» commentò, risentita.
Ginger conosceva William-Brian e non gliel’aveva detto! Oh, ma questa se la sarebbe legata al dito. E si sarebbe vendicata, prima o poi.
«Chi è bastarda?»
William-Brian tornò in salotto, con un sorriso sereno in volto. Presa in contropiede, Olly boccheggiò alla ricerca di una risposta abbastanza veritiera.
Per sua fortuna, Liam rientrò in quel preciso momento, reggendo tra le mani i cartoni di quattro pizze.
«Ciao, amore. Olly, come và?» domandò, rivolgendole un gran sorriso. Olly lo fulminò, perché di certo Ginger aveva raccontato anche a lui della sua poco dignitosa cotta per il ragazzo misterioso. E anche Liam lo conosceva! Traditori entrambi, su quello non aveva alcun dubbio.
«Bene, Liam. Attento, con quelle pizze, potresti bruciarti. O cadere e farti molto male.» salutò, gelida.
Liam rise, andò in cucina e disse a tutti loro di accomodarsi, che finalmente la cena era servita.
«Allora, Olly. Conosci Harry?»
Harry.
William-Brian si chiamava Harry. Non era un nome così originale, ma gli si addiceva. Per lo meno avrebbe smesso di chiamarlo ragazzo misterioso.
«No, non ci conosciamo.» rispose, prima di porgere la mano ad Harry con un sorriso imbarazzato. Lui ricambiò, anche se contrariamente a lei sembrava perfettamente a suo agio.
«Be’, in realtà ci siamo già visti. Prendiamo lo stesso autobus.» sostenne Harry, divertito. Ecco, Olly lo sapeva che l’aveva beccata in pieno a fissarlo.
Che figura di merda, santo cielo. Ed ora? Mica poteva dirgli che lo sapeva perfettamente, visto che era dall’inizio dell’anno che lo squadrava dalla testa ai piedi.
«Davvero?» finse di non ricordarsene, tanto per salvare la poca dignità che le era rimasta.
Era certa di essere stata piuttosto convincente, almeno fino al momento in cui Ginger scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi con la pizza.
«Scusate, stavo pensando ad una cosa molto divertente.» disse, con le lacrime agli occhi.
Harry annuì, anche se dava l’impressione di non essersela bevuta affatto. Poi tornò a guardare Olly.
«Si, sulla Linea 21. Lo prendi al mio stesso orario, tutti i giorni.»
Tutti i giorni. Significava che si era accorto di lei? Che l’aveva notata, tra quella moltitudine di persone? Oppure il suo era solo un modo carino di dirle che doveva smettere di tampinarlo?
«Oh, giusto. Mi dispiace che tu abbia assistito alla scena di oggi.» si scusò.
«È stato divertente. Sembrava che avresti ucciso la tua amica da un momento all’altro.» rise Harry.
Olly si prese qualche secondo per ascoltare la sua risata. Dio, quanto le piaceva.
Era possibile che si fosse presa una cotta per qualcuno che conosceva appena? Eppure, più lo guardava e più sentiva la sua voce, più le piaceva.
E poco importava se poteva sembrare assurdo, patetico o insensato. A lei piaceva Harry, fine della storia.
Certo, probabilmente lei non piaceva a lui. A chi voleva ingannare? Sicuramente aveva già una ragazza: era troppo bello per essere single. E lei non nutriva alcuna speranza in proposito.
Ma aveva un bel sorriso e si era accorto che prendevano lo stesso autobus, perciò tanto bastava.
 
~
 
Olly non vide Harry per tutta la settimana successiva. Nei sette giorni che seguirono, si convinse che lui aveva volutamente smesso di prendere la Linea 21 per non incontrarla più. Probabilmente quella sera aveva solo fatto finta di trovarla simpatica e quando le aveva detto che si sarebbero visti l’indomani, l’aveva fatto più per cortesia che per altro.
I primi due giorni, Olly aveva pensato che magari avesse perso l’autobus, o che avesse trovato un passaggio. Poi era trascorsa una settimana e lei si era rassegnata all’evidenza: Harry non voleva nemmeno parlarle.
Perciò quel lunedì salì sulla Linea 21 con la consapevolezza che non l’avrebbe visto. Era affiancata da Desirée, che ciarlava senza sosta della nuova borsa che aveva comprato e che era costata un sacco di soldi – «Più di settecento euro, Olly. Set-te-cen-to.» - e che avrebbe usato per andare in discoteca il sabato successivo.
Olly sperò che prima o poi qualcuno gliela rubasse, ma non lo disse.
Era troppo presa a cercare con lo sguardo un posto libero in cui accomodarsi e pensare, di nuovo, che non avrebbe più visto Harry.
Poi, mentre cercava di sorpassare un uomo che si era piazzato in mezzo al corridoio, una mano si serrò intorno al suo polso.
Olly si voltò verso il proprietario, pronta a dirgliene quattro, ma dovette bloccarsi.
«Ti ho tenuto il posto.»
Senza dire una parola, completamente dimentica di Desirée che continuava a parlare, si sedette accanto ad Harry. Con le guance rosse e lo sguardo basso, cominciò a torturarsi le mani, nervosa.
Con una naturalezza che non si sarebbe mai aspettata, Harry la prese per mano.
«Ho avuto la febbre, per tutta la settimana.» le disse.
Olly annuì, senza sapere bene cosa rispondere, ma si sentiva piuttosto sollevata.
«Oh…» mormorò, in difficoltà. Non poteva mica dirgli che pensava la stesse evitando!
«Ti ho pensato, sai?»
«Davvero?»
«Si, davvero. Perché quell’aria sorpresa?» domandò Harry, mezzo divertito e mezzo preoccupato. Olly arrossì e farfugliò qualcosa ad una velocità incredibile.
«Non ho capito neanche una parola, Olly.» la interruppe Harry. «Potresti ripetere?»
Olly scosse la testa, in segno di negazione. Non era mica pazza. Non si sarebbe ripetuta due volte, se poteva evitare.
«Devo scendere, tra un attimo.»
«Olly…» la riprese Harry, serio. «Ripeti.»
«Pensavo che non volessi più vedermi e che per questo avessi cambiato autobus. Dopotutto la Linea 21 non è l’unica che fa questa strada e poi comunque lo capirei se non ti piacessi e»
La raffica di parole di Olly venne interrotta dalle labbra di Harry, che si posarono sulle sue con delicatezza, quasi avesse paura di spaventarla o di farla scappare.
«Sai, Olly…» disse Harry, mentre Olly afferrava lo zaino e si alzava per scendere.
«È dall’inizio dell’anno che prendo la Linea 21 solo per vederti.»
Prima che Olly avesse il tempo di rispondere che anche lei aveva fatto la stessa identica cosa, le porte dell’autobus si richiusero e la Linea 21 riprese il suo tragitto.
Con un sorriso, Olly si domandò se Desirée stesse ancora parlando da sola.
 
 
 
~
 
 
 
C’è nessuno? Se siete arrivate fino a qui, complimenti, perché ‘sta cosuccia è davvero lunga.
Alloooora, che dire? Mi è venuta in mente stamattina, mentre parlavo con la Jas.
Non mi sentivo così ispirata da un po’, perciò ho deciso di scriverla perché magari poteva uscire una cosa abbastanza carina.
Ovviamente non è niente di che, ma a me sinceramente piace!
E a voi?
Fatemi sapere, per piacere. Per me è molto importante avere il vostro parere, davvero.
E niente, ho finito.
Grazie mille a Jas, per il banner e, ovviamente, per l’ispirazione!
 
P.s. Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay
   
 
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