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Autore: Melanto    01/06/2007    2 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

- Capitolo 7 -

La pioggia cadeva con un regime torrenziale, picchiando sui loro corpi in fuga.
A fatica si destreggiavano tra la gente che urlava, piangeva e scappava proprio come loro.
Assordante, il cupo rumore della montagna che veniva giù.
Gambe che correvano in cerca di un riparo.
Pochi attimi per trovarlo.
“Eccoli!” gridò Ricardo “Gli altri sono lassù!”.
Le braccia di Hisui, Rita e Toshi si dimenavano convulsamente nella speranza di essere avvistati.
“Grazie a Dio sono salvi!” continuò l’ispanico “Presto! A breve ci raggiungerà!”.
Cambio di direzione improvviso.
Zig-zag frenetico tra madri e figli stretti al loro petto, tra uomini e animali tutti uguali in quel preciso momento. Tutti terrorizzati. Tutti disperati.
E poi arrampicarsi rapidamente; attaccarsi ad impossibili pezzi di muro sporgenti con tutta la forza che l’adrenalina riusciva a pompare.
Si volse a guardare accanto a sé, ed Aiko era lì. Sospirò, maledicendosi ad ogni singolo passo per non aver insistito quando avrebbe dovuto farlo. Ma ormai il tetto era vicino, poteva lasciarsi a pensare: - Cristo, ce l’abbiamo fatta! -.
Ricardo venne tirato su da Toshi, poiché Hisui era ferito ad un braccio. Rita gli prestò immediato soccorso: sanguinava dalla fronte.
Lui riuscì ad issarsi da solo, volgendosi subito per aiutare sua moglie. La vide arrancare, mentre parte del muro le franava sotto le suole.
“Forza tesoro! Un piccolo sforzo! Ci sei quasi!” e si sporse, tendendo la mano.
L’acqua continuava a cadere su di loro con strafottenza, mentre il ticchettare veniva lentamente sommerso da un altro rumore. Ciò da cui loro e tutti, in quel villaggio alle pendici del Ruiz, stavano scappando.
Aiko riuscì ad afferrare la sua mano con uno sforzo sovrumano, ma l’appiglio cedette di schianto, facendola rimanere appesa, con i piedi ciondolanti nel vuoto.
“Tesoro non mollare!” le gridò, allungando anche l’altro braccio. Invano, sua moglie cercava una sporgenza su cui fare perno.
Ed arrivò.
Un fiume di fango reso come cemento dall’acqua piovana. La lava fredda, adagiata sui fianchi della montagna, era il collante.
Vie di fuga? Nessuna.
Aiko si sentì strattonare con feroce violenza dalla corrente di melma che le arrivava al petto. Ed era così forte, che anche Yuzo rischiò di perdere l’equilibrio e finire in quel marasma di detriti.
Mantenere la presa divenne impossibile.
“Yuzo!”.
“Non mollare Aiko! Per l’amor del cielo, non mollare!”.
“Non ce la faccio più!”.
“Non lasciare la mia mano!”.
Acqua, che rendeva scivoloso il contatto, che tirava giù la montagna, che picchiava sulla sua testa, che, maledetta, gli annebbiava la vista… che separò, per sempre, le loro mani.
La vide trascinare via dalla corrente infame. La sentì chiamare.
“Yuzo!”.
“Aiko! Aiko!” ma la sua mano era ormai vuota, e lei lontana… 


Il Prof si tirò a sedere di scatto, mormorando il suo nome con lo sguardo atterrito ed il respiro pesante. Lentamente cercò di orientarsi, guardandosi intorno con espressione confusa e riconoscendo il salotto della sua casa a Nankatsu.
Tirò un profondo sospiro, passandosi una mano sugli occhi. “Di nuovo... cazzo.” biascicò con indolenza, regolarizzando il battito accelerato e stendendosi nuovamente, cercando di riprendersi da quel risveglio terribilmente brusco.
Con eccessiva lentezza, mise mano al cellulare che aveva nella tasca per vedere se avesse ricevuto chiamate e controllare l’orario. Quanto poteva aver dormito? Otto, dieci ore...?
Il display restituì i numeri: 13:37.
“Cazzo, appena cinque ore?” mormorò sbuffando ed osservando se ci fossero chiamate perse o messaggi. Niente. Rita doveva aver sparso la voce che fosse andato a dormire, in modo che nessuno gli rompesse l’anima. Quella donna era come una mamma chioccia, merito della sua natura italiana, sicuramente. Sorrise, poggiando il cellulare sul tavolino lì accanto e passandosi nuovamente una mano sugli occhi per qualche istante. Li sentiva ancora un po’ pesanti, ma di continuare a dormire non se ne parlava proprio, tanto non sarebbe più riuscito a prendere sonno, ormai. Rimase per alcuni, lunghissimi secondi a fissare le fedi e a sfiorarle delicatamente con il pollice.
Le sue mani non erano riuscite a trattenerla.
Lui non era stato abbastanza forte per trattenerla.
Lui non aveva sufficientemente insistito quando avrebbe dovuto farlo, quando il suo istinto gli diceva che avrebbero dovuto andarsene via perché... perché...
“Basta così.”.
E con uno sforzo sovrumano si impose di smettere di rivangare le memorie sepolte e farsi del male.

“Yuzo, non è stata colpa tua...”
“Il vostro maledetto lavoro si è portato via mia figlia!”
“Hai fatto tutto quello che potevi...”
“Perché hai permesso che le succedesse questo?!”
“Aiko conosceva i rischi del suo mestiere.”
“Yuzo, non è stata colpa tua...”


Frasi e parole, di affetto e odio, rimbombarono nelle sue orecchie a ricordargli i giorni del ritorno dal Ruiz con una prepotenza tale che avrebbe voluto prendere a pugni il suo cervello affinché smettesse di torturarlo così.
Con decisione, si alzò dal divano intenzionato a farsi una santa doccia, dopodiché si sarebbe preso un santo caffè e avrebbe fumato la sua prima, santa sigaretta post-risveglio. Di mangiare non se ne parlava minimamente. Aveva lo stomaco chiuso come il condotto vulcanico del Vesuvio, al massimo avrebbe spiluccato la prima cosa iper-calorica che avrebbe trovato nel distributore dell’FVO, giusto per rifornire il suo organismo di una qualche misera forma di energia o avrebbe finito col crollare ancor prima di mettere piede in ufficio. Infine, nuovamente alla sua scrivania, avrebbe prima chiamato l’ERI, per carpire materiale ed informazioni, e poi avrebbe chiamato Rita, per vedere se ci fossero novità rilevanti.
Perfetto.
Lavorare.
Ecco quello che doveva fare per tenere le colpe fuori dalla sua attenzione. Sbattere la testa su di un monitor ed una fottuta tastiera.
Sì.
Perfetto.
Lavorare.
Per smettere di ripetersi come Aiko fosse morta per colpa sua.

Yoshiko seguiva la lezione su Michelangelo Buonarroti con la testa persa completamente in altri pensieri. Il viso poggiato in una mano e l’altra che rigirava la matita tra le dita. Il blocco di appunti aperto su una pagina semivuota sulla quale erano state scarabocchiate solo un paio di note, e per il resto era perfettamente candida.
La prima cosa che aveva fatto, appena era entrata in aula ed aveva adocchiato Saya che si sbracciava per farsi individuare, era stato raggiungerla, posare i libri sul banchetto accanto al suo, sedersi, accavallare le gambe e guardarla con l’espressione da Psycho.
“Scema.” aveva detto in tono calmo e fermo “Mi hai piantato lì da sola e te la sei data a gambe.”.
L’amica aveva sghignazzato “Sono stata geniale, vero?! Allora, lo hai ‘salutato’?!”.
Gli occhi di Yoko si erano ridotti a fessurine sottili come crune di aghi, e che stavano per lanciare raggi gamma alla Mazinga. “Scema.” aveva ripetuto e si era tolta il cappotto, cominciando a tirare fuori i quaderni per la lezione. “E grazie per la battuta su come sono io appena sveglia!” aveva aggiunto, ma Saya l’aveva ignorata, dicendo “Allora? Che gli hai detto? Gli hai dato un appuntamento?”.
“Un appunta-cosa?!” aveva fatto eco, inarcando un sopracciglio “Ma sei matta?! Quale appuntamento d’Egitto!” ed era arrossita fino all’inverosimile, sotto lo sguardo deluso dell’amica.
“Ma… non ti ha detto nulla?”.
“Beh…” e si era messa a giocherellare con una ciocca di capelli “…mi ha ricordato che posso chiamarlo quando voglio…”.
Saya si era illuminata, dandole una sonora pacca sulla spalla “Ottimo. Fallo.”.
“Seee… come no… tra un paio di secoli magari!”.
“Yoko, tesoro mio, svegliati per l’amor del cielo! Se ti interessa così tanto, e si vede lontano un miglio, allora prendi il cellulare e componi il numerino, ok?” ed aveva roteato gli occhi al cielo rassegnata, ottenendo un mugugno incomprensibile come risposta.
“Senti…” aveva domandato allora Yoshiko “…come ti sembra?”.
Saya aveva poggiato il viso in una mano, con espressione pensierosa “Beh, carino è carino, e non ha l’aria dello scienziato pazzo.” facendo sorridere l’amica “Però… ha lo sguardo un po’ triste o è solo la mia impressione?”.
No. Non lo era. Lo aveva notato anche lei ed era proprio ciò a cui stava pensando in quel momento, mentre il professore parlava de La Pietà ed il David.
Anche se sorrideva o faceva qualche battuta, Yuzo rimaneva come avvolto da un alone melanconico. E, la prima volta che lo aveva notato, era stato quando, la sera della festa, aveva scoperto che fosse divorziato. La separazione dalla moglie doveva essere una ferita ancora aperta, però... cavolo erano passati quattro anni! Ne doveva essere davvero innamorato perso per essere ancora in quella condizione nostalgica. Ed il fatto che indossasse, nonostante tutto, sia la fede sua che quella della ex-moglie ne era una prova lampante. Insomma: vieni piantato e ti porti dietro la fede?! O sei masochista... o non riesci ad accettare il distacco perché sai che non potresti fare a meno di lei.
Sospirò, osservando l’esterno visibile da una delle grandi finestre, che costeggiavano la parete dell’aula. Aveva preso a piovere già da un po’, con gocce sottili e mormoranti. Quella pioggerellina fastidiosa che riusciva ad insinuarsi dappertutto. Nemmeno la vetta candida del Fuji era visibile in lontananza.
Chissà che tipo era lei. Di sicuro una persona speciale, se il Prof non era ancora riuscito a dimenticarla in tutto quel tempo; bella, intelligente... e per quale motivo lo aveva piantato? Lui non è che fosse stato molto chiaro a riguardo...

“No. E’ solo... andata via.”

...chissà, forse era a causa del suo lavoro. Yuzo era sempre in viaggio, da quello che le aveva detto. Magari lei si era stancata di non averlo mai vicino. Eppure... il Prof le sembrava una persona così attenta e premurosa, che non ce lo vedeva proprio a mollare la moglie a casa per mesi, anni addirittura, e dedicarsi solo alle sue ricerche ed i suoi vulcani.
E lei perché era così curiosa di sapere come diamine fosse la sua ex?! Non stava per caso cominciando a sentirsi in competizione con lei, vero?!
Oh Santo Cielo, era ridicolo!
Non poteva farsi già queste pare per una persona che conosceva... mh, da quanto? Un giorno e mezzo! Si batté una mano sulla fronte, rimproverandosi “Che scema!”.
“Signorina Yamaoka...” esordì il professore, osservandola con perplessità, mentre lei si rendeva conto di aver parlato a voce un po’ troppo alta “...essendo il Mosè una figura maschile, Michelangelo avrebbe dovuto esclamare al massimo un ‘Che scemo!’ quando colpì la statua con il martello. Se poi lei è a conoscenza di particolari a noi ignoti sulle tendenze sessuali dell’artista italiano, beh... ci illumini!” tra le risate generali dell’intera classe, compresa Saya che si stava letteralmente piegando in due sul banco e cui lei lanciò l’ennesima occhiata omicida della giornata, prima di farsi piccola come una gocciolina di pioggia, arrossendo all’ennesima potenza. Rise anche il professore, mentre riprendeva il discorso “No, la frase esatta che Michelangelo disse, guardando la sua immensa opera, fu ‘Perché non parli?’...”.
“Ed io perché non imparo a stare zitta?!” mormorò Yoshiko, in un sospiro rassegnato.

 L’FVO era in piena attività quando varcò la soglia del terzo piano, dirigendosi al suo ufficio.
Tsk! L’avevo detto io.” sbottò Ricardo, incrociando le braccia al petto ed attirandosi la sua attenzione. Yuzo lo vide rivolgergli un sorrisetto risaputo.
“Altro che andare a dormire.” continuò, rilassandosi contro lo schienale della sedia “Al riparo dallo sguardo omicida di Rita, hai trasferito tutti i dati da qualche parte per poterli studiare a casa con calma. Su, forza! Tira fuori la pennetta USB, ormai ti ho scoperto!”.
Il Prof rise, inarcando un sopracciglio “Spiacente di deluderti, Rick, ma a dormire ci sono andato sul serio.”.
L’altro adocchiò l’orologio, con perplessità “Ma sono passate solo cinque ore!”.
Lui si strinse nelle spalle. “Più di questo non sono riuscito a fare.” fece per allontanarsi, sospirando “Il richiamo del lavoro è troppo forte…”.
“Sono ricominciati, vero?”.
E quelle parole lo fermarono di colpo, senza tuttavia farlo voltare. Le labbra presero una curvatura amara.
“Ciclicamente ritornano a farsi sentire. Ci sono abituato ormai.” e riprese a camminare senza dare il tempo all’altro di controbattere, anche perché, la sua risposta, Yuzo la conosceva già. Era la stessa che gli ripeteva ogni volta che i tragici eventi del Ruiz si riproponevano a lui durante il sonno: “Da solo non ce la fai. Fatti aiutare, ma da uno bravo.”.
E lui ‘uno bravo’ lo conosceva anche, ma Yayoi aveva già fatto inconsapevolmente il suo dovere durante il gala. No, non aveva bisogno di nessun aiuto. L’unica cosa che doveva fare era lavorare, poi, così com’erano cominciati, gli incubi sarebbero andati nuovamente via, lasciandogli un po’ di respiro prima di ritornare.
Entrò nel suo ufficio, sedendosi dietro la scrivania ed accendendo il computer. Mentre la macchina caricava le impostazioni si stiracchiò, sbadigliando.
Massì, cinque ore di sonno erano più che sufficienti per riprendere lucidità.
Ora non doveva fare altro che chiamare l’ERI.
Rapidamente agguantò la cornetta, componendo il numero dell’Istituto. Squillò libero per un paio di volte prima che una voce di uomo rispondesse in tono brusco. “Sakaguchi. E che sia una cosa importante, sono molto impegnato.”.
Il Prof abbozzò un sorriso “Certo, come no. A giudicare dall’ora, immagino che sarai impegnato ad addentare un panino.”.
Seguì un lungo momento di silenzio.
“Diosanto! Yuzo, sei tu?! Ma da dove mi stai chiamando?! Il prefisso è quello della Prefettura di Shizuoka!”.
“Infatti sono all’FVO.” confermò il Prof al suo ex-compagno di Università.
Shiro Sakaguchi era stata la prima persona che aveva conosciuto a Tokyo, quando era andato a vedere i risultati del test di ammissione. Shiro li aveva tentati per la seconda volta, ed era molto più rilassato di lui che era rimasto, rigido come una statua, a scrutare i tabelloni. Aveva studiato come un dannato per affrontare quei test in cui c’era tutto il suo futuro e quando Shiro aveva visto che entrambi li avevano superati gli aveva battuto una mano sulla spalla. “Ragazzo, era destino che venissi bocciato l’anno scorso, per essere ammesso con te! Questa sarà una grande avventura!”
E così era stata: entrambi avevano trovato moglie in quella galeotta Università, da buon vecchio polpettone romantico.
“Allora sei tornato! Sapevo che ti stavi arrostendo le chiappe su qualche vulcano guatemalteco.” aggiunse l’uomo, sghignazzando.
“Sono rientrato da qualche giorno, ma ho già pane per i miei denti.”.
Yuzo lo sentì sospirare in tono rassegnato. “Ah! Lascia perdere il lavoro per cinque minuti, maledizione, e dimmi come stai: va bene? Va male? Sei tutto intero? Per la miseria! Io temevo di non sentirti più!” borbottò a raffica “Ed anche Sunomi! Dio solo sa quante cavolo di volte abbiamo provato a chiamarti!”. Yuzo rise sonoramente, facendolo sbuffare “E non prenderla così alla leggera. Eravamo preoccupati, eh!”.
“Io sto bene. Ma come lo devo dire a tutti?! In turco?!” rise ancora, cercando di mascherare quelli che erano i suoi veri sentimenti, ma Shiro sbuffò di nuovo, scuotendo il capo, anche se Yuzo non poteva vederlo.
“Bah, ho capito. Meglio parlare di lavoro.” disse con un sospiro, divenendo serio “Allora, che succede?”.
Al Prof dispiacque non essere sincero con lui, ma l’ultima cosa che voleva in quel momento era mettersi a parlare di sé, di Aiko e di quanto continuasse a stare male. Aveva cose più importanti di cui occuparsi, ed avevano la priorità.
“Beh, questo dovresti dirmelo tu.” esclamò “Che puoi dirmi dei terremoti che stanno interessando Shizuoka?”.
Shiro sospirò “Hai avvertito la scossa di ieri, eh?”.
“Già, ma mi hanno riferito che è solo l’ultima della serie. Devo cominciare a preoccuparmi oppure sto diventando paranoico?”.
“Guarda, non lo so nemmeno io, però è meglio stare allerta.”.
Yuzo inarcò un sopracciglio “Avete già un’ipotesi? E non ne avete fatto parola con quelli del VRC?!”.
“No, le alte sfere lo sanno, ma Sunomi ha detto che preferiscono avere certezze sulla nostra teoria, prima di cominciare a spargere la voce anche ai vari FVO disseminati nella Prefettura.” spiegò con calma “Non ritengono ci siano pericoli imminenti, quindi preferiscono agire a carte coperte.”.
E Yuzo non era per niente d’accordo con quella linea di pensiero: almeno gli osservatori dovevano saperlo, avrebbero potuto essere un valido sostegno per i ricercatori dell’ERI. Si passò una mano sul mento, con espressione cupa “Quale sarebbe la vostra teoria?”.
“Sappi che ci stiamo ancora lavorando ed è solo un’ipotesi…”.
“Spara.”.
“Un effetto secondario.”.
“Un effetto secondario?” fece eco con perplessità “Di cosa?”.
“Di un terremoto avvenuto poco più di due anni fa.”.
Yuzo sgranò gli occhi “Di quale terremoto stai parlando?”.
“Sumatra, 26 Dicembre 2004.”.


 

…E poi Bla bla bla…

A questo giro siete stati miracolati: nessuna nota esplicativa, ma al prossimo capitolo ne ritroverete il doppio!XD
E così, cominciano a venire a galla un po’ di cose, ma su quella più importante – ovvero il probabile ‘motore’ dell’incremento della sismicità giapponese – mi soffermerò nel prossimo capitolo. Credo meriti un discorso particolare.

Vorrei che perdonaste, sin da ora, il ritardo rispetto ai primi aggiornamenti.
Il fatto è che, quando ho cominciato a pubblicare, avevo completato già quattro capitoli, e gli altri li scrivevo nel mentre. Ora che quelli già terminati sono finiti, li sto scrivendo di volta in volta. Tenete conto che, per tre giorni alla settimana, sono nella mia casa universitaria, dove non ho un computer, quindi… faccio tutto a mano!XD Carta e penna, a me!
Poi, una volta tornata a casa, passo a pc, invio prima al Diofà (*_* lettore number one!) e poi alla mia Bet(t)uzza!*.*
Quindi, ci vuole un po’ di tempo in più!^___^Y
Ma spero che apprezziate lo stesso il lavoro!ç___ç


Angolino del ‘Grazie, lettori, grazie!’ XD:

- Hikarisan: Hihihi! Il tempo per loro ci sarà!XD e ne approfitto per rassicurare anche Luxyna: assisterete allo ‘Scontro tra Titani’! XD chissà che qualcosa non venga fuori già nel prossimo capitolo… *wink*
Grazie mille per seguire con entusiasmo questa storia!^_^Y


- Cloud: *_* oibò! Un’altra conterranea! Che bello!*_* E così eri in Giappone! *-* invidia cosmica!XD mi spiace che tu sia stata perseguitata dal terremoto, non credo sia stato molto… divertente! (Oddio, io avrei fatto i salti di gioia!XD Ma è solo mero interesse scientifico il mio eh!!!). E sono contentissima che apprezzi Rita! XD mi fa piacere che abbia ritrovato riscontri favorevoli!^_^Y.
Ma parliamo del King of Tabacco!XD Da buona ex-fumatrice/caffeinomane quale ero, dovevo rendere omaggio all’industria più odiata del mondo ed al tesoro di Napoli!*__* (donne: l’espresso Napoletano è na’ delizia!*ç*). Io e la cicca avevamo lo stesso rapporto che ha Yuzo: sembravo una turca!XD Soprattutto quando ero sotto stress, nervosa, incazzata! Ed è ovvio che, se fumi, ti prendi il caffè: la sigaretta, dopo il caffè, è SACROSANTA!XD. Posso confermare che Yuzo è da Marlboro Rosse (se si deve fare del male, lo deve fare per bene!XD), Rick è più da canne che sigarette!XD Però, sì, un genere come le Lucky Strike vanno benissimo!
Grazie ancora per i complimenti! *______*Y


Infine, un ringraziamento generale ai miei lettori-non-recensori (ma se recensiste, non vi mangerei!XD rotfl!).
Vi rimando al prossimo capitolo, sperando di continuare a creare qualcosa di buono. ^__^/

   
 
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