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Autore: Kisuke94    14/11/2012    2 recensioni
Ecco a voi un'altra storia originale, scritta dal sottoscritto. Alcuni argomenti trattati in essa sono un pochetto maturi, ma non mancheranno le risate, tranquilli. La storia vuole essere più reale possibile, nonostante sia fantasy, come, per esempio, in location, dialoghi e personaggi. Ora vi chiederete qual'è l'elemento fantasy, leggete e scopritelo ;)
Cosa succederebbe se a quattro ragazzi come tanti venissero dati dei poteri "Apocalittici"? Leggete e vedrete ;)
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII CAPITOLO

Era passata la mezzanotte e la terra cominciò a tremare. Da lontano luci blu e rosse coloravano i muri dei palazzi che davano sul parco, ove Aaron e Juro stavano combattendo. Era stata allertata la polizia; cosa potevano fare dei semplici agenti contro quel mostro. Juro era ancora in forma umana ma dalla sua schiena le ossa mutarono forma: le scapole iniziarono a creare bozzoli come bolle di acqua giunta a ebollizione; pian piano quelle stesse mutarono ancora tentando invano di bucare la pelle che le intrappolava. Quando il processo si stabilizzò, quest’ultime, con la punta un po’ affusolata costernavano l’intera schiena del giovane, due su ogni scapola, e una catena lungo tutta la schiena; protuberanze ossee che ricordavano un vampiro dei film di seconda categoria. Anche i gomiti furono sporgenti, con la stessa forma lunga e affusolata. Gli zigomi, così come la mascella, erano in risalto e gli occhi brillavano di un giallo innaturale mentre l’iride si strinse a poco più che una linea. Quell’essere non era per niente umano, e Aaron lo aveva capito a sue spese. Tremante di paura fece un passo indietro, udendo allo stesso momento le sirene della squadra inviata a controllare la zona per il “fastidio” causato dai due ragazzi. Aaron, con una nota sarcastica nella voce, fece un commento sulla reattività della polizia alle denunce; in verità pensava che non sarebbero venuti, immaginando cosa la gente possa aver detto loro. Appena vide che Juro si era come rilassato, pensò di poter tirare un sospiro di sollievo; non poteva certo andare peggio di così. Dalla sua bocca usciva un fumo gelido e soffocante. Aaron, in quei pochi istanti che era certo di avere, cercò di valutare la situazione, scappare se gli riusciva; restare, andando in contro a la morte; cercare di ragionare con l’avversario, scartando quest’ultima ipotesi, intuita come impossibile, non sapeva, in verità, nemmeno se lo capiva ancora. Ma la domanda più assillante che si poneva era: “Cos’è?”; cercava di ricordare le figure mitologiche che da sempre lo affascinavano, sperava di trovare tratti comuni, qualcosa che potesse indirizzarlo a una qualche categoria, seppur di improbabile esistenza. Eppure aveva di fronte qualcosa, poteva non crederci, razionalmente, ma come si fa a non credere a ciò che si vede?.

Lo sguardo di Juro volgeva ora da sinistra verso destra, ora in verso opposto. Sembrava smarrito, come se avesse perso di vista l’obiettivo. Intorno a lui volgeva solo distruzione e la cosa non lo meravigliava più di tanto. Non ricordava però l’ultima volta in cui aveva usato quella trasformazione, quasi dimenticava di averla tra le sue carte. Quando lo sguardo cadde su Aaron, Juro iniziò a ricordare e inarcò le labbra evidenziando la miriade di denti piccoli e aguzzi, ordinati e splendenti. In quel momento il cuore del giovane dai capelli biondi si fermò all’istante, una leggera brezza, glaciale, gli mosse la chioma dorata e ci mise un po’ a notare che Juro si trovava alle sue spalle, facendolo tremare per la consapevolezza di non aver notato il suo movimento né un qual si voglia suono a indicare lo spostamento; nemmeno l’aria si era permessa di fiatare. Mentre la mano di Juro, lentamente, si avvicinava sempre più alla gola del ragazzo, una decina di agenti si dispose a cerchio attorno ai due, intimando gli stessi di alzare le mani e inginocchiarsi a terra. Naturalmente nulla di ciò sarebbe stato fatto, e Aaron lo sapeva bene; non si stupì che Juro neanche calcolasse le loro voci. Entrambi accennarono un sorriso, seppur per motivi diversi: Aaron derideva la stupidità umana, il come in una situazione del genere se ne potessero uscire con simili richieste, trovava impossibile, razionalmente, anche solo pensare di proporre una cosa del genere vedendo il modo in cui verteva quel posto, per non parlare dell’essere a cui stavano parlando; Juro invece vedeva tutto come un divertimento senza sconti, non solo avrebbe potuto mangiare dopo tutto quel tempo, ma aveva a disposizione anche un succulento antipasto. Le foglie del viale, così come i detriti, iniziarono ad alzarsi in volo sotto la spinta degli elicotteri, della polizia e non, che volavano a pelo degli alberi. Il rumore era assordante. Da uno di questi si sporse un cameraman, intento a registrare quanto di straordinario stava accadendo. In quel momento di disordine generale Juro fece la sua mossa. Il movimento fu “letto” unicamente della video-camera, che registrava a ben 120fps. Al resto dei presenti sembrò che Juro non si fosse per niente mosso, ma la verità era tutt’altra; lasciò momentaneamente la presa, tagliando l’aria con la stessa mano con cui attentava alla vita di Aaron. Il fendente semi-circolare correva lungo tutta la disposizione dei poliziotti e li raggiunse in un attimo, squartandoli senza pietà. Muovendo poi la mano in verticale, con un altro movimento rigido, tagliò le pale dell’elicottero della polizia che, vedendo gli agenti feriti, aveva iniziato a sparare alla ceca, rischiando di colpire anche Aaron. L’elicottero perdendo stabilità cadde tra gli alberi elevando una colonna di fumo nero che ben presto lasciò il posto a fiamme alte e divampanti.

In quel frangente il ragazzo si lanciò verso Juro, sperando di coglierlo di sorpresa alle spalle, ma fu tutto inutile, quest’ultimo, vedendo il movimento, si voltò e colpì forte Aaron al collo, lasciandolo senza respiro per qualche secondo. Fortunatamente Juro aveva colpito più su del centro collo, evitando così la morte prematura del giovane. Questa mossa però fece capire che non aveva intenzione di ucciderlo, ma unicamente di renderlo inoffensivo. Saltò in aria, evitando di colpire il secondo elicottero che era salito di quota, approfittando del faro puntato su Aaron, si lanciò verso il ragazzo inginocchiato a terra caricando le quatto dita appuntite della mano destra. Uno schiantò seguì il colpo, andato a segno, alzando al contempo una coltre di polvere seguita da alcuni detriti. Appena questa si dileguò, con grande stupore, mise in luce ciò che né Aaron né il cameraman si aspettavano. Tra il giovane in ginocchio e Juro ancora a mezz’aria vi era un individuo alto, con un vestito nero e il cappuccio a nascondergli il volto, di cui s’intravedeva unicamente il labbro inferiore, che presentava una cicatrice sulla parte sinistra. L’uomo aveva fermato il colpo e stringeva ancora forte la mano di Juro, che non nascose la smorfia di dolore, mordendosi le labbra. Con un movimento veloce l’uomo lanciò l’essere contro un albero intimandolo di tornare al suo stato originale, se non voleva vedersela con lui.
Turbato e ferito Juro, come Aaron, si alzò tornando piano al suo stato originale, strofinandosi il polso, sul quale era cresciuto un livido.

-Che ci fai tu qui?- domandò subito, con un tono di disprezzo nella sua voce.

-Ritieniti fortunato giovane Van Hover. Se non fossi accorso in tuo aiuto, avresti raggiunto la tua famiglia!-

Disse questo, voltatosi verso Aaron, ignorando la domanda che Juro gli aveva posto. Con stupore il giovane si chiese chi mai fosse l’uomo davanti a sé, come questi facesse a sapere il suo cognome e il suo passato, non trovando però le parole per chiederglielo. Era un nemico, si domandò; certamente aveva una relazione con la persona che poco prima stava per ammazzarlo.

-C..ch..chi sei tu?- domandò con un filo di voce, che non nascondeva la paura che stava provando in quel momento.

-Non importa chi io sia. Sappi che mi sei debitore, presto verrò a riscuotere il debito.-

Rispose questi in un sorriso vuoto, privo di allegria, come il suo tono, pesante e duro. Il volto era ancora oscurato dal buio della notte e pure quando si girò verso Juro, rimase coperto mostrando unicamente un’iride nera contornata da un cerchio di fuoco, con le gote nere come la pece.

-Torniamo. Tra non molto sarà troppo tardi. Non fare questioni o ti ammazzo, cosa che avrei dovuto già fare visto il macello che hai combinato. La discrezione non sai minimamente cosa sia, giusto?-

Continuò l’uomo avvicinandosi lentamente a Juro, allungando allo stesso tempo la mano verso di lui. Juro non disse nulla, volse lo sguardo verso terra a mo’ di sottomissione e lasciò che l’individuo poggiasse la mano destra sul suo braccio e, insieme, sparirono lasciando una crepa nell’aria, a pochi centimetri da terra, abbandonando nello stupore Aaron e il cameraman. Pochi istanti dopo, un’esplosione attirò gli sguardi di entrambi, che volsero in direzione sud. Seppur a molti kilometri di lontananza Aaron sentì come se quell’esplosione fosse, in qualche modo, collegata a lui, decidendo così di andare a controllare. Fede cenno all’elicottero sopra di lui ad allungare una scaletta, sapendo che tanto si sarebbero diretti comunque verso l’origine dell’esplosione. Inarcando le sopracciglia per lo stupore della pronta risposta, raggiunse la cima dell’elicottero proprio quando per radio avevano annunciato a tutti gli elicotteri della polizia dell’esplosione di un ospedale nei pressi del distretto di Kōchi.

-Sbaglio o non è legale sorvegliare le frequenze delle forze dell’ordine?- domandò con tono ironico il ragazzo mentre si sedeva a fianco del cameraman.

-Ragazzo al giorno d’oggi le notizie fresche si fanno pagare, e in tempo di crisi bisogna aguzzare l’ingegno- rispose lo stesso con un sorriso stampato in volto.

-La ringrazio di avermi permesso di venire con lei!- aggiunse poi Aaron.

-L’ho fatto solo perché penso che possa interessarti, visto ciò che ti è appena capitato.- rispose serio, senza distogliere lo sguardo dal cielo. La colonna di fumo era alta e ben visibile, nonostante la distanza che li separava.
 


Nel frattempo un’auto curata e molto costosa percorreva le strade notturne di Osaka. All’interno vi era un uomo con i capelli lungi radunati da un codino rosso, che guidava tenendo in mano l’ultimo modello d’iPhone, visionando un’applicazione che gli aggiornava in tempo reale sulla posizione di un altro telefono, con cui condivideva l’account. Oltre alla luce del cellulare che illuminava il volto, la macchina prese il colore rossastro dei lampioni che circondavano le strade della Downtown. Si fermò a un semaforo, approfittandone per dare uno sguardo fuori dal finestrino, il tempo necessario per fargli riorganizzare i pensieri che affollavano la sua mente. Pensieri poco felici, tra l’altro. Giunto a un altro incrocio, svoltò a destra arrivando nel punto in cui l’applicazione segnalava la presenza dell’altro dispositivo mobile, scese dall’abitacolo giusto in tempo per vedere la porta di un locale su una via secondaria esser scardinata verso l’esterno, andandosi a piantare proprio sul muro di fronte.
 


Nel locale in cui si trovava Shin era scesa un’atmosfera carica di elettricità. Il giovane fremeva al sol pensiero che avrebbe potuto scaricare tutta l’emozione che provava sui due tizi che gli si erano presentati di fronte. La donna aveva rimesso gli occhiali che accentuavano il suo fascino occidentale, mentre l’uomo, piuttosto anonimo e muscoloso incuteva terrore a chiunque incrociasse il suo sguardo. Shin, lentamente, studiò i due avversari, non riuscendo, però, a trovare nessuna debolezza di ordine fisico in nessuno dei due.

-Quasi mi dispiace dover solo catturarti sai!-

Disse la donna, rompendo il silenzio che stava dominando il locale. Shin non commentò quell’affermazione, piuttosto si mise in posizione di attacco, cercando di recuperare tempo prima che si muovesse uno dei due. Sorpreso, Walter scostò Serena avvicinando il volto al pugno che Shin poco prima si era lanciato a dare; prima che il pugno sfiorasse il viso di Walter, però, con un movimento veloce questi lo spostò con la mano destra alzando allo stesso tempo la gamba destra, ruotando e colpendo in pieno volto Shin, che fu scaraventato contro i tavoli affiancati al muro. Tempo di rialzarsi, Shin ripartì all’attacco vedendo arrivare il calcio di Serena, schivandolo prontamente, ma venendo di nuovo colpito da Walter, questa volta allo stomaco. Shin perse sangue dalla bocca, a causa del forte colpo, ma rimase in piedi. Il barista nel frattempo seguiva i loro movimenti con la coda dell’occhio, mentre cercava di ripulire quanto poco prima Shin aveva imbrattato.

Irritato il ragazzo prese violentemente Serena per i capelli portandola con la schiena sul  suo braccio abbassando poi il tipo facendo sì che le ossa crepassero al contatto. La ragazza non fece in tempo a gridare che inarcò la schiena, sprezzante di dolore. Appena, però, Shin alzò lo sguardo, si trovò contro un pugno letteralmente in fiamme che lo colpì in pieno volto lanciandolo questa volta verso la porta del locale. Senza prestare soccorso Walter si lanciò ancora contro Shin tendendo un calcio che colpì al busto il ragazzo lanciandolo fuori dal locale, a seguito della porta di ferro massiccio.

Dal muro caddero innumerevoli detriti e il ragazzo rimase immobile schiacciato contro la porta che era ormai venuta meno al suo compito. Sorpreso, vide con occhi soffusi, Serena salire, lentamente, le scale che davano sul vicolo. I tacchi risuonavano sul quel miscuglio di ghiaia e acqua, misti a sporcizia varia; Dietro di lei, col sorriso in volto, Walter, che aveva in mano già il cellulare per informare i suoi capi che la cattura aveva dato esito positivo. La ragazza si avvicinò a Shin pressando col tacco sul suo ventre. Il ragazzo non emise alcun fiato, la fissava con occhi in fiamme e gote rosse cremisi, l’iride era diventata gialla, un giallo consumato. Si udì il suono di un ghigno sotto le labbra e poi, con forza sovraumana, Shin prese per la gamba Serena e la fece roteare fino a scaraventarla in faccia al muro, proprio alla sua destra. Walter partì all’attacco per colpire ancora una volta Shin, che evitò il colpo issandosi sopra in verticale sulla parete, mantenendosi sul bordo della porta di ferro. Il colpo s’infranse nella porta, sulla quale lascò un segno indelebile, che si piegò facendo perdere l’equilibrio al giovane che ne approfittò per colpire con una ginocchiata sulla schiena Walter. Voltandosì con rabbia, poi, Walter cercò di tirare un nuovo colpo infuocato a Shin, venendo però bloccato dall’uomo con il codino, che estinse le fiamme e costrinse il giovane in ginocchio.

-Maestro!- esclamò Shin, i cui occhi tornarono normali. In quel preciso istante sentì, tutti in una volta, i dolori dei numerosi colpi inferti dai suoi avversari, e non sapeva cosa massaggiarsi e, soprattutto, come massaggiarsi. Iniziarono, infatti, a evidenziarsi i primi lividi che, sapevano bene, non sarebbero guariti facilmente.

-TU!-

Disse Walter a denti stretti, trattenendo un certo dolore causato dalla stretta troppo ferrea dell’uomo. I due si conoscevano a quanto pare, e la loro conoscenza era molto sentita da entrambi, nell’aria si sentiva quasi odore di vecchia faida tra i due, ma non era chiaro il come e il quando dei loro rapporti.
Appena Serena si destò in piedi, l’uomo lasciò la presa e fece segno alla ragazza di aiutare Walter a rialzarsi. Questa non perse tempo ed eseguì l’ordine, facendo cenno all’uomo che lo scontro era terminato e doveva aiutare il ragazzo che aveva evidenti difficoltà a rimanere in piedi.

-Avete ottenuto ciò che cercavate. Avete abbastanza informazioni ormai, ma sappiate che non vi permetterò di avvicinarvi a lui una seconda volta!- Riferì l’uomo ai due, voltandosi verso Shin, che di quella situazione ci capiva sempre meno.

-Ed è meglio che vi prendiate un periodo di riposo. Sentirete i segni dello scontro manifestarsi tra qualche giorno-

Ammise poi con tono duro e poco rassicurante. Subito dopo, mentre Shin e il maestro si avviarono verso l’auto parcheggiata proprio all’entrata del vicolo, Walter e Serena ricevettero una telefonata, da un numero anonimo, che spaventò i due. Pensavano che i loro capi avessero già ricevuto la notizia del fallimento e, per questo, erano restii a rispondere. Walter tirò un lungo respiro e fece scorrere il dito sul display del cellulare ultra-sottile, Serena udì solamente una flebile voce poco chiara e distinta, ma non le ci volle molto per capire che qualcosa era andato storto nell’operazione di quella sera. Ciò fu testimoniato dall’espressione che dipinse il volto di Walter, poco prima che il cellulare gli cadesse da mano, crepandosi a contatto con l’asfalto. Walter, che era stato, con difficoltà, messo in piedi da Serena, cadde a terra in ginocchio, alzò lo sguardo al cielo, gli occhi vuoti e senza anima. Un grido di disperazione riecheggiò lungo tutto il viale, seguito dai tuoni poderosi che dominavano il cielo notturno del Giappone.
 
 

   
 
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