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Autore: Calipso__    14/11/2012    1 recensioni
L'Oltretomba è irraggiungibile: gli dei non riescono ad accedervi e Ade sembra essere sparito nel nulla. Robby è una nuova mezzosangue, ma il suo ritrovamento non è stato casuale: due profezie la obbligano a partire per un'impresa alla ricerca della verità. Insieme a Nico, figlio di Ade e Paul, figlio di Apollo, Robby partirà per la volta di Los Angeles, ma durante questo viaggio qualcuno tenta di ostacolarli in tutti i modi possibili: sembra proprio che Ade sia prigioniero del suo stesso regno. Riusciranno i tre mezzosangue a intervenire prima che per Ade e per tutto l'Oltretomba sia troppo tardi?
Alla mia migliore amica Chiara,
che ha veramente consacrato
la sua vita per quello in cui crede.
E ai miei amici
che per me ci sono sempre,
pure in questo racconto.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Robby e gli dei dell'Olimpo'
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Ovunque saremo

 

 

 

 

 

 

 

 

14

Ovunque saremo

 

A

 

prii gli occhi all’improvviso. Avevo mal di testa, come mi succedeva sempre dopo un viaggio nell’ombra. Dove mi trovavo? Mi misi a sedere e notai che giacevo su un letto, le pareti della stanza in cui mi trovavo erano viola nella metà di sotto e verde acceso nella metà superiore: strano abbinamento, ma tutto sommato stava bene. Nella parte opposta della stanza, vidi un computer acceso e una figura piegata sulla scrivania: era Robby. Mi alzai ancora frastornato: quanto avevo dormito? Probabilmente parecchi giorni…

Mi avvicinai a Robby e sorrisi vedendo che sullo schermo continuavano ad apparire un’infinità di lettere, dato che si era addormentata con la testa appoggiata alla tastiera. Robby borbottò qualcosa nel sonno, e spostò la testa dalla tastiera alla scrivania. Curioso, presi il mouse e, dopo aver cancellato tutte quelle lettere senza senso, sbirciai quello che stava scrivendo prima di addormentarsi. Purtroppo non ci capii nulla: aveva scritto un mucchio di pagine in word, ma erano tutte in italiano. Non appena tolsi la mano dal mouse, quasi in uno scatto involontario, Robby alzò la mano e mi diede un potente schiaffone in faccia: improvvisamente si fece tutto nero intorno a me, riuscivo solamente a sentire il sapore del sangue in gola.

- Io… cosa… Oh, scusa, Nico! – esclamò Robby riprendendosi da sonno. - Ti giuro che non volevo…! Vieni che ti accompagno in bagno, così blocchiamo il sangue dal naso… -

- E’ incredibile sai? – le domandai con il naso tappato da dei fazzoletti di carta che Robby mi aveva dato. – Siamo sfuggiti ai mostri più terribili, e vengo steso da un tuo schiaffone… -

La sentii ridacchiare, ma non potei vederla visto che mi obbligava a tenere la testa piegata in avanti: così per lo meno non finivo per deglutire altro sangue.

- Ah, purtroppo non ho uno spazzolino per te, ma puoi usare il collutorio quando ti si è fermato l’afflusso di sangue… - di disse. – Da piccola soffrivo parecchio di epistassi, so che fa veramente schifo sentire il sapore del sangue caldo scorrere giù per la gola… -

Ok, non era né la situazione né l’argomento che avrei voluto affrontare con lei una volta ripresi i sensi a casa sua.

- Per quanto sono rimasto incosciente? – le domandai.

- Una settimana. – rispose asciugandomi con un fazzoletto pulito la faccia. – Ma non ti preoccupare… gli altri mi hanno insegnato a mandare un messaggio Iride prima di tornare, quindi ho già avvisato Chirone… -

Annuii e dopo essermi sciacquato la faccia, mi sciacquai la bocca con quel collutorio e finalmente il sapore forte della menta mandò via quello disgustoso del sangue.

- Che ore sono? – le chiesi.

- Sono le otto e un quarto di mattina. – mi rispose. – Mia mamma è appena andata a portare mia sorella a scuola… -

Tornammo in camera sua, e questa volta ne approfittai per dare meglio un’occhiata attorno e notai che i due letti che c’erano nella stanza erano disfatti.

- Ma… e tu dove hai dormito per tutto questo tempo? – feci preoccupato.

- Ho dormito nel letto con mia sorella… - rispose lei sedendosi sulla scrivania con uno sbadiglio. – Mi devi un enorme favore, sai? Detesto dormire compressa in un letto piccolo… -

- Scusami… - feci io abbassando la testa dispiaciuto.

- Ah, ma smettila, guarda che scherzavo! – disse lei con una risata.

- Cosa stavi scrivendo prima di addormentarti? – le chiesi avvicinandomi curioso allo schermo del computer.

Lei tossicchiò, e mi sembrò un po’ imbarazzata.

- Sai… mi piace scrivere, e ho pensato di scrivere una storia su tutto quello che mi è successo: degli dei, del Campo e di tutto il resto… - mi spiegò guardando altrove. – Pensavo pure di consegnarlo a un editore… in fin dei conti tentar non nuoce, e non credo che mai qualcuno potrebbe credere che tutto questo sia reale… -

Le sorrisi contento. – Sai, è stata una buona idea! Non avevo idea che ti piacesse scrivere… -

Lei alzò le spalle, imbarazzata dai miei complimenti. - Non c’è mai stata occasione di dirlo con quell’impresa… - disse, e all’improvviso sembrò illuminarsi,  mentre mi fissava.

- Che ne dici di scrivere tu la conclusione?! – mi propose entusiasta.

- Hem… io scrivere? – feci facendo un passo indietro. – Io non so scrivere… inoltre non so l’italiano… -

- E che problema c’è? Tu scrivi in inglese e io traduco! Ti prego, ti chiedo solo un paio di pagine!  Puoi scrivere quello che vuoi su quello che è successo, ti prego! – m’implorò lei.

Riuscì presto a farmi cedere: ormai stavo capendo che mettersi contro una sua decisione era praticamente inutile.

Quindi eccomi qua a scrivere la conclusione della storia di Robby da un computer preso in prestito da dei ragazzi della cabina Efesto (quei ragazzi sono dei geni, non mi sorprenderebbe se avessero una base nucleare sotto la loro cabina). Sì, sono tornato al Campo. No, non crediate che non abbia pensato di rimanere con lei in Italia. Ci ho pensato parecchie volte, lei si è resa disponibile a trovarmi un posto dove stare, ma non me la sono sentita: il mio posto per ora è ancora il Campo e, dopo tutto quello che è successo con Micah e Alexa, sentivo di dover tornare a dare una mano a tutti gli altri; ma questo solo perché, probabilmente, non ho più una famiglia. Sembrerò egoista, ma se Bianca non fosse diventata una Cacciatrice e se lei fosse ancora viva, avrei abbandonato tutto per stare vicino a lei, quindi capisco perché Robby abbia voluto ritornare in Italia: ha avuto una grande fortuna a trovarsi in una famiglia come quella che l’ha accolta, non è da tutti i mezzosangue.

- Ascolta… - disse improvvisamente Robby dopo avermi convinto a scrivere la conclusione della sua storia. – Io… non so cosa vuoi fare tu. Vorrei chiederti di restare, ma sono quasi certa che sceglierai di tornare al Campo, esatto? -

Annuii, nonostante la morsa al petto all’idea di dovermene andare.

- Io mi chiedevo… ormai è maggio e… ti andrebbe di rimanere qua per l’estate? Dopo torneresti al Campo senza problemi e ti prometto che il prima possibile ti raggiungerò. -

Ti raggiungerò, non vi raggiungerò. Era una piccola sottigliezza, ma mi faceva piacere. Inoltre un’estate in Italia con Robby… cavoli, ero tentato.

- Dai, intanto ci saranno già gli altri a cercare Micah e Alexa… potrai dare loro una mano quando torni… - cercava di convincermi Robby.

- Io però… non ho un posto dove stare, non ho soldi con me… - tentai di giustificarmi.

- Alt! Ho già una soluzione a tutto questo. – mi fermò subito lei. - Un’amica di famiglia, nonché mia vicina di casa,  ha posto per ospitarti in casa sua visto che suo figlio è partito per studiare negli Stati Uniti… le ho già chiesto e per lei va bene. Inoltre cosa credi? Dopo avermi portata al Campo e avermi riportato a casa sei come uno di famiglia… non siamo sommersi dai soldi, ma sfamare cinque bocche al posto di quattro non è un problema! –

Le sorrisi arrendendomi ancora una volta, e quando lesse la sconfitta sul mio volto, mi abbracciò felice. Ricambiai l’abbraccio nervoso, con il cuore in gola.

- Lo sapevo che ce l’avrei fatta a convincerti! – mi disse continuando ad abbracciarmi forte.

- E’ la seconda volta in pochi minuti, te ne rendi conto? – le feci notare. Ci trovammo faccia a faccia e mi sentivo il cuore scoppiarmi nel petto. La scorsa volta era successo tutto così velocemente… non me l’aspettavo. Questa volta ce l’aspettavamo entrambi. Le nostre labbra s’incontrarono e mi sentii improvvisamente e totalmente in un altro mondo. Si mise a sorridere trattenendo una risata quando portai la mano dietro al suo collo, facendole probabilmente solletico, ma non separò le sue labbra dalle mie. Improvvisamente sentimmo il rumore della porta che si apriva alla nostra sinistra: sua madre era tornata a casa ed era entrata in camera.

Mi allontanai da Robby imbarazzato, guardando per terra, senza avere il coraggio di alzare lo sguardo verso di lei. Le due si misero a parlare in italiano, ma la madre non sembrava arrabbiata o infastidita. Ad un certo punto la madre di Robby mi appoggiò una mano sulla spalla richiamando la mia attenzione, dopo di che uscì dalla stanza lasciandoci da soli.

- Hem… cosa vi siete dette? – domandai imbarazzato.

- Ha detto che… hem… - Robby sembrò improvvisamente imbarazzata tanto quanto me. – Di non fare nulla di strano quando siamo qua… -

Entrambi ci guardammo negli occhi, ma l’imbarazzo non durò per molto, perché entrambi scoppiammo a ridere: era come se avessimo fatto crollare qualsiasi muro e insicurezza.

Quella sera Robby mi presentò la donna che mi avrebbe ospitato in casa in quel periodo. Si chiamava Rachele e, anche se la sua conoscenza dell’inglese non era molto alta, riuscivamo a capirci senza troppi problemi. Era una donna molto gentile e premurosa, non appena entrai in casa sua per la prima volta mi accolse con un sorriso, premurandosi che non mi facessi problemi a chiederle qualsiasi cosa, anche se poi mi ero accordata con Robby che avrei sempre passato i pasti e il resto della giornata da lei. Rachele mi mostrò la stanza dove avrei dormito, e mi diede anche la possibilità di usare i vestiti di suo figlio visto che quell’estate non sarebbe tornato e non gli sarebbero serviti. Tutto sommato i vestiti del figlio di Rachele mi stavano anche bene, anche se erano parecchio lunghi, specialmente i pantaloni: suo figlio doveva essere veramente molto alto.

- Bene, allora iniziamo a compilare un programma! – esclamò Robby seduta alla scrivania con un block notes e una biro, poche sere dopo il mio risveglio in Italia.

- Che programma? – chiesi io avvicinandomi.

- Come che programma?! Il nostro programma per l’estate, no? – rispose lei allegra. – Vedrai l’Italia da turista, devi vedere quanto possibile! –

- Io, però… non ho soldi… - le ricordai. Beh, questa era la cosa negativa di passare quei pochi mesi in Italia: dover dipendere economicamente da Robby e dalla sua famiglia.

- Hey, non credere che ti porto a Roma… - mi rimproverò lei scherzosamente. – Però un paio di mete qui al nord Italia sono economicamente fattibili. – prese la biro e iniziò a scrivere in grande “Programmi Per L’Estate”.

- Prima di tutto una giornata a Milano: d’estate con il bel tempo non c’è niente di meglio che scendere al Duomo e farsi una passeggiata con un bel gelato fino al Castello Sforzesco. Poi ho sentito i miei amici, vogliono andare in campeggio in montagna, vedrai che bello… ah, e ti devo fare assolutamente far vedere il lago di Garda! Non è nulla in confronto al Michigan, ma devi assolutamente vederlo… poi… -

Andava avanti a parlare tutta emozionata a fare progetti, prendendo ogni secondo il calendario attaccato alla parete per controllare quando fissare ogni cosa da fare. Avrei voluto dirle che non m’importava dove andavamo e che, finché ero con lei, a me andava bene, ma non riuscivo proprio a distruggere il suo incredibile entusiasmo, così l’assecondavo chiedendole di tanto in tanto di prendere l’atlante per capire di che posti stava parlando.

La sera dopo era un sabato, e uscii per la prima volta con Robby e i suoi amici.

- Robby! – esclamò un gruppo di persone nel parcheggio quando la videro scendere dalla macchina, e fu praticamente circondata. Tutte quelle persone iniziarono a farle mille domande ma, non sapendo l’italiano, non sapevo cosa si dicessero, riuscivo solo a capire che erano preoccupati che fosse sparita all’improvviso dalla circolazione. Ad un certo punto Robby mi presentò, il suo sorriso s’inclinò e mi guardò con aria interrogativa.

- Che c’è? – le domandai.

- Hem… niente… - disse solo, e mi presentò ai suoi amici: Pietro, Stefano, Delia, Ilaria e Viola.

Andammo tutti in macchina con Robby, che poteva portare sette persone.

- Ma la macchina che avevi quando ci siamo incontrati che fine ha fatto? – le domandai sedendomi di fianco a lei.

- Era da buttare… - commentò con amarezza. Gli altri seduti dietro di noi probabilmente non avevano capito di cosa stavamo parlando, o forse erano troppo intenti a chiacchierare tra di loro per far caso a noi: meglio così, per lo meno avremmo entrambi evitato di mentire.

Una ragazza con i capelli neri e un piercing ad anello al naso, di cui mi ero già dimenticato il nome, mi guardò dallo specchietto alzando il sopracciglio e, con un’inglese forzato mi domandò: - Quindi, Nico… sei il ragazzo di Robby? –

Robby sbandò per la strada, ma riprese subito il controllo della vettura ed esclamò imbarazzata: - Viola! –

Lanciai uno sguardo a Robby e vidi che il suo si spostava continuamente dalla strada a me.

- Beh, non è così? – chiesi a Robby. Lei continuò a guardare la strada, ma le vidi comparire sul volto un sorrisetto allegro.

- Oooh, Robby! Hai trovato un ragazzo in America e nemmeno ce lo dici! – esclamò Pietro allegro.

Iniziarono a parlare in italiano con Robby e purtroppo non riuscii a seguire la conversazione.

- Mi dispiace…- disse ad un certo punto Robby rivolta a me. – Purtroppo Stefano e Ilaria non sanno l’inglese, e non credo che Delia se la senta di intraprendere una conversazione… -

- Non ti preoccupare… - la rassicurai.

- Beh, allora che ci racconti, Nico? – mi chiese Pietro. – Come vi siete conosciuti? –

Ecco la fatidica domanda che sia io che Robby ci aspettavamo di sentire.

Beh, sapete, io sono figlio di Ade, Robby è figlia di Zeus e insieme abbiamo partecipato ad una pericolosissima impresa, scongiurando il risveglio di Caos… insomma, niente di che…

No, non credo che reggerebbero una risposta simile senza darmi del malato mentale. Fortunatamente io e Robby avevamo ideato una versione perfetta per la sua scomparsa improvvisa: un lontano zio di Robby che abitava in America era in fin di vita e aveva deciso di lasciare l’eredità proprio a lei. In America avrebbe poi conosciuto me, figlio di un amico di questo zio immaginario.

- Quindi è andata così! – esclamò Viola. – Hey, Nico, in America hai qualche ragazzo da far conoscere a me? -

Tutti ridevano e scherzavano, e mi sembrò improvvisamente assurdo vivere una situazione così normale: a sedici anni non avevo mai avuto una famiglia vera e propria, e nemmeno la possibilità di vivere una normale adolescenza uscendo con gli amici per locali come invece faceva Robby…

Arrivammo in una specie di Irish Pub dall’atmosfera calda e accogliente.

- Sei sicura che posso entrare? – chiesi preoccupato a Robby.

- E perché non dovresti? – mi rispose lei.

- Beh, sai, non che sia esperto in queste cose… ma spesso in America in posti simili i minorenni non possono nemmeno entrare… - le feci notare. – E in caso te ne fossi scordata, io ho ancora 16 anni per la società… -

- Nah, qui in Italia non ci sono divieti simili… - mi disse lei.

Ci sedemmo al tavolo, ordinammo da bere e mi sentii all’improvviso gli occhi di tutti puntati addosso. Robby si rivolse a Ilaria ridendo, poi Pietro mi guardò e disse: - Le ha detto che questa è l’occasione giusta per imparare un po’ d’inglese…! –

- Sarebbe anche l’occasione giusta per te per imparare un po’ d’italiano, no? – mi rimproverò scherzosamente Robby.

- Io imparare l’italiano?! – feci ridendo.

- No, dai, proviamo un po’… - passarono l’intera serata tentando di insegnarmi delle semplici frasi in italiano e ridendo di fronte alla mia pronuncia, ma sapevo che non lo facevano per cattiveria.

- Adesso mi sento proprio come Paul quando mi prendeva in giro per il mio accento italiano… - mi bisbigliò Robby.

Piano, piano, nonostante fosse difficile, imparai parecchie frasi in italiano, quindi riuscii a cavarmela nelle conversazioni con la gente.

- Certo che impari in fretta! – mi disse una mattina Rachele, portando in tavola del the per la colazione che ormai facevo sempre in sua compagnia.

- Insomma… - commentai non molto convinto.

- Credimi, stai facendo degli enormi progressi! – continuò. Si mise a sedere dall’altra parte del tavolo e mi guardò con un sorriso. – Sai, mi fa piacere che Robby abbia pensato di farti stare qui. Non sembra, ma da quando mio figlio è partito devo ammettere che mi sento un po’ sola… - mi confidò lei.

- Quindi è partito per studiare? – le domandai. Lei annuì.

- Sì, frequenta l’università di New York. Sai, Robby mi ha detto che vivi lì… quando andrò a trovare Riccardo mi piacerebbe rivedere pure te, sei proprio un bravo ragazzo… - mi disse.

Rachele era così: faceva quel tipo di complimenti imbarazzanti che sembravano fatti con lo stampino ma che, nel suo caso, si capiva immediatamente che erano sinceri e fatti col cuore.

In effetti sapevo benissimo che prima o poi sarei ritornato al Campo Mezzosangue, ma io e Robby cercavamo in tutti i modi di non parlarne: ci limitavamo a passare del tempo insieme, dimenticandoci degli dei, dei mostri e del fatto che Micah e Alexa erano ancora in circolazione… Era la prima volta in sedici anni che mi divertivo così tanto in compagnia della gente e non delle mie carte di Mitomania. Era la prima volta in sedici anni che mi sentivo un normale adolescente e non come un mezzosangue problematico.

Quell’estate feci mille cose: andai più volte in piscina con Robby e i suoi amici e una volta andammo pure in campeggio in montagna, accendendo un fuoco per farci da mangiare…

Il bello era che poi, in tutta quell’estate, io e Robby riuscivamo a divertirci in gruppo e, nel contempo, a ritagliarci del tempo per noi due: un giorno andammo da soli a Milano, un altro andammo al lago…

Il tempo sembrò scorrere più velocemente del solito, e settembre arrivò in un battibaleno. Decidemmo tutti insieme di andare alle terme in occasione del compleanno di Pietro e di Robby: i due infatti compivano entrambi gli anni a pochi giorni di distanza. Fu una giornata stupenda: l’acqua delle piscine all’aperto era caldissima, la più calda superava i quaranta gradi, poi c’erano tutti quei getti d’acqua fredda a bordo piscina e l’idromassaggio nella grotta…

Era ormai sera e tutti si divertivano nuotando da una parte all’altra, scherzando e tentando di annegarsi a vicenda. Io però avevo perso Robby di vista. Dovetti nuotare parecchio per riuscire a trovarla: se ne stava nella grotta con l’idromassaggio insieme a solo un paio di altre persone che erano rimaste alle terme anche la sera.

- Hey! Perché te ne sei andata? – le chiesi camminando nell’acqua bassa della grotta e sedendomi vicino a lei. – Ti stai perdendo tutto il divertimento, lo sai? -

Lei alzò le spalle con uno sguardo triste perso nel vuoto.

- Che c’è? – le domandai dolcemente.

- E’ che… - fece lei, ma si bloccò ancora incrociando il mio sguardo. Guardò altrove e disse: - Stasera tu te ne torni al Campo… -

Non c’era bisogno di dire altro. Anch’io mi rattristavo all’idea di andarmene, ma sapevo che se questo era il suo mondo, il Campo era il mio.

- Ascolta, Robby… - le dissi. – Lo sapevamo entrambi che prima o poi sarei dovuto tornare… -

- Sì, lo so, e non ti sto nemmeno chiedendo di restare, non me l’hai chiesto nemmeno tu… - disse continuando a guardare da un’altra parte.

- Non è un fatto di restare o andare via, ok? – la interruppi. - E’ come con Chiara, no? La distanza non ci dividerà ovunque saremo… -

Presi il suo viso tra le mani e solo guardandola bene negli occhi potei notare che erano pieni di lacrime.

- Non devi rattristarti, d’accordo? Stai festeggiando il tuo compleanno, è una bella cosa, non renderlo un evento triste… inoltre non voglio tornare a casa vedendoti piangere, chiaro? – le dissi serio. Le accarezzai il viso, asciugandole le lacrime, le sussurrai: - Sei la cosa più importante che mi sia mai capitata, non voglio perderti e non permetterò a nulla di dividerci, nemmeno alla distanza… - e la baciai.

- Hey, ragazzi! – ci chiamò in quel momento Viola. – Avete letto i cartelli? Niente effusioni in piscina! Se vi scoprono gli addetti vi buttano subito fuori… e non vogliamo che lo facciano prima della torta, giusto? -

Robby mi guardò con le guance ancora rigate dalle lacrime, e scoppiò a ridere, nuotando verso tutti gli altri. Ecco, preferivo vederla con un sorriso, anche se lontana da me.

- Tanti auguri a voi! Tanti auguri a voi! Tanti auguri Pietro e Robby! Tanti auguri a voi! – esclamammo una volta usciti dalla piscina, seduti attorno ad una torta con le candeline accese e delle stelle luminose in mano.

- Esprimete un desiderio! – esclamò Delia a Robby e Pietro.

I due rimasero un attimo a riflettere dopo di che chiusero gli occhi e spensero le due candeline: una rosa con il numero due e una blu con il numero uno.

Applaudimmo tutti con un sorriso, e mi augurai di tutto cuore che il desiderio di Robby si potesse avverare. Ritornammo a casa sulla macchina di Pietro e Robby si addormentò sulla mia spalla proprio com’era successo sull’autobus di Apollo…

Arrivammo a casa di Robby, tutti ancora mezzo assonnati.

- Beh, siete stati veramente simpatici a tenermi compagnia sulla strada del ritorno! – esclamò Pietro arrivato al solito parcheggio. – Vi avevo chiesto che qualcuno rimanesse sveglio a farmi compagnia mentre guidavo! Non sapete quanti pizzicotti mi sono dato per non addormentarmi alla guida! -

- Scusami, ti prego! – fece Robby desolata. – Ti giuro che non volevo, è stato più forte di me… -

- Beh, quindi noi ci salutiamo qui, vero? – mi chiese Ilaria. – Robby ha detto che domani mattina hai l’aereo… -

Io annuii; la versione ufficiale era che sarei partito la mattina dopo dall’aeroporto di Milano, mentre in realtà avevo avvisato Chirone che sarei partito per il Campo quando in Italia era notte: non avevo certo bisogno di aerei per tornare in America.

Tutti mi salutarono con abbracci e pacche sulle spalle, e mi avviai a casa di Robby insieme a lei. Avevo già salutato Rachele e la famiglia di Robby quindi, una volta arrivati di fronte a casa sua, ci limitammo a fissarci negli occhi.

- Credo che sia ora… - disse lei rompendo il silenzio con un sospiro. – Mi raccomando, salutami tutti e ricordati di mandarmi un messaggio iride non appena ti riprendi, capito bell’addormentato nel campo? -

Ridacchiai a quella sua stupida battuta.

- Certamente! – le promisi. Dopo di che la baciai di nuovo prima di andarmene e risvegliarmi otto giorni dopo nell’infermeria del Campo.

Quindi eccomi qua al Campo Mezzosangue a concludere quello che sarà il racconto di Robby. Di Micah e Alexa nemmeno l’ombra, ma non mi arrendo: non mi darò pace fino a quando non li troverò e non li porterò sull’Olimpo così che vengano giudicati per quello che hanno tentato di fare. Riguardo Robby, beh, ci sentiamo spesso tramite messaggi iride, a causa sua sto prosciugando le casse di dracme del Campo, e non sempre riusciamo a parlare da soli visto che anche il resto del Campo vuole sempre stare in contatto con lei. Non vedo l’ora che ritorni qui al Campo: dice che questa volta vuole pagarsi un normale biglietto aereo e sta risparmiando per comprarselo. Secondo lei dovrebbe riuscire a tornare qui tra un paio di mesi. Non sia mai che magari quando ritorna succeda ancora qualcosa che le dia ispirazione per scrivere un seguito di questa storia!

Fulmini e saette, ecco lo spazio dell'autrice!

Oddio, non ci credo, ho veramente finito questa storia! Vorrei fare i ringraziamenti stile notte degli oscar, ma passo (che è meglio!)...
Questa è la prima storia lunga che sono riuscita a concludere. Non ho mai avuto mancanza di ispirazioni per continuare a scrivere, e questa è veramente una novità per me.
Cosa posso dire? Vi ringrazio per avermi seguita e recensita per tutto questo tempo, sia per i nuovi che per i vecchi recensori... *sta comunque facendo i ringraziamenti stile notte degli oscar... -.-'* ora ho un mesetto di tempo per fare delle ultime modifiche ai vari capitoli prima di stampare la storia e regalarla ai miei amici. *trattiene l'emozione*
Ok, torniamo a quest'ultimo capitolo, il quattordicesimo (tra l'altro il 14 è il mio numero preferito!).
I nomi dei miei amici li ho dovuti cambiare dalla realtà: non potevo certo dire che al Campo avevo degli amici di nome Paul, Vera, Simon etc... e in Italia avevo degli amici di nome Paolo, Veronica, Simone etc...! xD Però ho voluto trovare loro altri nomi che iniziassero con la stessa lettera, tanto per mantenere un collegamento.
Non mi sembra di avere mai detto dove vivo. Se volete potete tentare di indovinare regione e provincia, anche se credo che rovinerei la mia immagine da protagonista della storia, vista la ridicola cadenza che mi ritrovo! :P xD
E' stato complicato scrivere questo capitolo: niente mostri, niente dei... una noia! xD Per questo ve l'ho presentato come capitolo extra. Inoltre ho cambiato POV: spero di non avervi delusi nell'utilizzare il punto di vista di Nico, anche questa è stata una difficoltà per me! Inoltre scrivere scene troppo sdolcinate non è da me... ci ho provato, ma non so se ci sono riuscita (spero di sì).
Al più presto inizierò a scrivere il sequel, e spero che mi seguirete pure in quello, ci tengo molto, sappiatelo! Ah, se avete dei suggerimenti su nuovi mostri da far apparire nel sequel, sappiate che sono ben accetti: tra zio Rick e quelli che ho trovato io, mi sa che ormai non ce ne sono più di disponibili! xD
Spero che questa storia vi sia piaciuta!
Alla prossima,
Robby

  
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