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Autore: Winry977    15/11/2012    2 recensioni
Incontri inevitabili, quelli scritti dal destino. Io la prima volta che ascoltai Fallen Angel ne rimasi rapita. E cosa ne potevo sapere che il mio primo concerto della mia band preferita mi avrebbe stravolto la vita? Posso solo concludere... che era destino.
Genere: Generale, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non mi faccio vedere da nessuno da tre giorni. Ho chiamato il capo e ho esplicitamente dichiarato che sto male e che non posso andare al lavoro. Ovviamente lui ha sottolineato il fatto che dovrò recuperare le ore lavorative restando anche di pomeriggio in libreria per due giorni filati, e io solo a quel pensiero ho cominciato a farmi dei possibili film mentali su cosa potrebbe succedere tornando a casa. “Magari è soddisfatto del suo operato e non mi verrà più a perseguitare.” cerco di rassicurarmi, mentre mi rigiro nel letto.

Persino Kay si è accorsa che c'è qualcosa che non va e mi tormenta in continuazione chiedendomi cos'ho e cosa non ho, mentre io me ne sto rifugiata sotto le coperte del mio amato letto per nascondere le varie ferite. Non mi faccio neanche vedere in casa e quando devo mangiare cammino con addosso una coperta, neanche avessi una broncopolmonite. La mia è una pura esagerazione, ma il timore è grande e io ho paura che Kaylah si faccia strane idee vedendo i miei tagli, come temevo se le facesse anche Jake quando li ha visti. In ogni caso, da quando li ha visti, è venuto a farmi spesso visita negli orari in cui Kay non era presente e cercava di tranquillizzarmi e di spronarmi a tornare al lavoro, ma io avevo sempre negato impaurita.

 

Oggi ho finalmente deciso di tornare al lavoro, e dovrò stare in libreria tutto il giorno. E' terribile il disagio che provo anche quando vado solo al bar per la pausa pranzo. Sto a disagio in un qualsiasi posto che non sia casa mia o la libreria.

E' sera, ed è arrivato il fatidico momento di tornarmene a casa. Cammino per le strade a passo svelto, e nel silenzio dei vicoli che percorro, non mi sembra di essere seguita. Forse si è ritenuto soddisfatto quell'unica volta, e ha deciso di non seguirmi più. Rallento un po' il passo quando mi accorgo che mancano solo tre isolati alla mia palazzina e mi rilasso un po'. Ed è proprio in quel momento che, da dietro un angolo spunta una mano che mi afferra e mi porta in una zona completamente buia. La stessa mano mi tappa la bocca e mi fa appoggiare al torace dell'aggressore. Sento il suo respiro trapassarmi i capelli e sfiorarmi il collo, finché non sento qualcosa pressare contro la mia spalla destra e scendere, tagliente, fino a metà braccio. La stessa sensazione si manifesta sulla coscia destra in senso orizzontale e io mi rendo conto che se non mi muovo questo qui mi farà un'altra dozzina di taglia. Mi dimeno, e riesco a liberarmi dalla sua stretta, indietreggio e mi metto sotto il palo della luce che illumina il mio sangue sui miei arti. Rimango lì, a osservare il buio, ansimante di paura ma in attesa che lui entri sotto il fascio di luce che mi avvolge. Dopo poco lo fa e io riesco a scorgerne le forme ma non la faccia. E' magro e poco più alto di me, incappucciato e con una sciarpa che lo copre fino al naso. Non vedo nulla del suo viso, ma intuisco che c'è qualcosa di familiare in lui solo tramite il movimento di una sua mano, che va a posizionarsi all'interno della sua tasca dei pantaloni larghi. Ho già visto quel gesto, quasi meccanico, ma non so dove e chi lo eseguisse. Lui fa un passo avanti, ma poi, quasi come se ci ripensasse, si gira e se ne va, portando anche l'altra mano in tasca.

Io rimango lì, con la schiena appoggiata al lampione, lo sguardo atterrito, un batticuore della Madonna e la mano che stringe il braccio ferito, nell'inutile speranza di fermare la fuoriuscita di sangue. Il mio respiro trema, e io mi decido a muovermi verso casa.

Mentre salgo le scale, guardo fisso il pavimento mentre gli occhi mi si inondano, e non mi accorgo che, mentre attraverso un pianerottolo che conduce ad un'altra scalinata, vado a sbattere contro qualcuno. Mi scuso con un tono di voce che somiglia ad un mugolio di un cane bastonato e proseguo per la mia strada, accorgendomi che la mia gamba sta sanguinando più di prima a causa dello sforzo fatto per salire le scale. Non mi rendo conto però che la persona contro cui ho sbattuto mi sta seguendo e chiama il mio nome cercando di fermarmi.

Credo che sia qualcuno della band, o forse sono tutti loro che mi stanno seguendo su per le scale, fatto sta che ad un certo punto una mano calda si posa sulla mia spalla destra, ferita per di più, trasmettendomi un dolce calore che però me la fa bruciare come non mai, e mi ferma.

-Aspetta!- dice la voce di Ashley ansimante. Emetto un gemito di dolore e lui scosta la mano.

-Ma tu... sanguini!- “Sbaglio o ho già sentito una frase simile a questa?” penso amareggiata, mentre il mare che mi si è formato negli occhi si tramuta in oceano.

Non so ancora come non sono morta dissanguata, ma riprendo a salire le scale, mentre i ragazzi riprendono a perseguitarmi su per le scale, e quando finalmente giungo sull'uscio di casa mia, loro mi fermano e mi inducono in casa di Marc, che temporaneamente è assente. Io non ho ancora spifferato una parola, e non so neanche perché non mi sono opposta e perché non sono entrata nel mio appartamento. Boh, sarà che sono distrutta.

Intanto mi ritrovo seduta al tavolo di Marc, con lo sguardo fisso per terra e con i ragazzi che cercano disinfettanti e robe del genere.

-Diamine, non trovo nulla! Certo che se Marc si tagliasse con un coltello da cucina morirebbe dissanguato!- esclama CC in vena di ironia.

Io finalmente mormoro le prime parole dopo tutto l'accaduto. -A casa mia ci sono disinfettanti e tutto il resto. Vado lì.- e mi alzo, dirigendomi verso la porta.

-... Ok, ma noi veniamo con te!- ribatte Jake, seguendomi.

Giunti a casa mia, mi dirigo in bagno, mi cambio di vestiti, anche quelli ormai insanguinati, e indosso una canottiera dalle spalline sottili e dei pantaloni in stile militare molto larghi.

Lascio respirare i tagli precedenti, che per tutto il tempo in cui sono rimasta a casa ho tenuto in cattività sotto strati e strati di coperte e vestiti. Ormai quel sangue si è solidificato, ma non quello delle nuove “ingiurie” che si manifestano da mano di un'ora a questa parte sulla mia pelle.

Uscita dal bagno, nel quale mi ero rinchiusa, trovo i ragazzi seduti al mio tavolo, con Jake che sta spiegando l'accaduto della volta precedente. Lo guardo contrariata, ma ormai è troppo tardi, e mi aspetto già una tempesta di domande.

E invece no. Ashley si alza, mi viene incontro e mi abbraccia. Niente di più. Sa in che situazione mi trovo, o capisce il mio stato d'animo (sotto shock per di più); non lo capisco. Fatto sta che finalmente i miei occhi acquosi lasciano cadere l'acqua racchiusa in essi.

  
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