3.
INDIFFERENZA CHE UCCIDE
“Il
peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio ma l'indifferenza: questa è
l'essenza dell'inumanità”
(George
Bernard Shaw)
Francia,
Quello era il gran giorno.
Sarebbero finalmente
arrivati i due misteriosi ospiti di cui tanto se ne era parlato tra le mura del
castello nelle ultime settimane, con bisbigli ciarlieri di serve maliziose o
semplicemente curiose ed ordini impartiti da mio padre perché tutto fosse
perfetto. Tante volte avevo provato a chiedere qualcosa di più a riguardo, ma
avevo ottenuto solamente risposte vaghe che non mi svelarono nulla più di
quello di cui ero già a conoscenza: due fratelli nobili conosciuti anni prima
in cerca di un luogo dove sostare nel loro viaggio in quella terra a loro
straniera. Una patina superficiale che certamente non ebbe la pretesa di
soddisfarmi i miei molteplici dubbi. Chi erano? Che aspetto avevano? Cosa ci
facevano in Francia?
Avevo tanto fantasticato
su di loro, immaginandoli prima in modo poi nell’altro, sbizzarrendomi a
modificare i loro aspetti, rendendoli ogni volta dissimili in maniera ridicola,
ma finalmente era arrivato il momento di conoscerli. Sorrisi, piena di
aspettative, quando un bussare leggero alla porta mi fece voltare.
-Avanti-
-Buongiorno Contessina,
avete riposato bene?-
Sophie, la mia balia dai
tempi in cui mossi i primi passi, entrò sorridente, tenendo tra le mani una
brocca con dell’acqua calda e teli puliti.
-Buongiorno Sophie,
benissimo come sempre. Dimmi, sono per caso già arrivati?- chiesi con una punta
d’ansia nella voce, temendo di essermi persa il loro arrivo. Eppure non avevo
sentito rumore di carri da che ero sveglia.
-Vi riferite ai nostri
ospiti? No, ma tra breve dovrebbero arrivare, vostro padre mi ha appunto
mandata a prepararvi, vuole che siate presente-
Sorrisi entusiasta,
scalciando le coperte e correndo verso di lei senza badare alla lunga camicia
da notte che mi intralciava il passo.
-Forza allora! Non voglio
tardare!- mi diressi spedita verso il bagno, sotto il suo sguardo divertito
–Muoviti Sophie!- le urlai, accorgendomi che era rimasta nella stessa
posizione.
-Arrivo, arrivo, ma
calmatevi per l’amor del cielo!- alzò gli occhi al cielo raggiungendomi, io non
le badai minimamente mentre mi sfilavo le vesti leggere.
L’avere ospiti, in quel
periodo, era cosa rara, una novità che spezzava la monotonia dei giorni e
rallegrava il clima pressoché sedentario che albergava a palazzo, era ovvio che
un’adrenalina profumata di gioiose speranze mi accarezzasse da capo a piedi.
Quando terminai di lavarmi
ed infilarmi la biancheria pulita, mi avvicinai al letto, appoggiandomi ad una
colonna del baldacchino e voltando la schiena alla balia, affinché potesse
stringere liberamente i lacci del corsetto. Trattenni il fiato, infastidita da
quella compressione asfissiane ma doverosa, mentre Sophie tirava ed annodava
velocemente e con movenze esperte, socchiudendo gli occhi ad ogni strattone
senza però proferire parola, erano ormai lontani i tempi in cui mi ero
lamentata di tutta quella tortura poco più che inutile.
Stretto anche l’ultimo
nodo con un sospiro pesante di soddisfazione si avvicinò all’ampio armadio,
aprendone le massicce ante in legno scuro intarsiato per rivelare i numerosi
abiti che facevano mostra di sé al suo interno. Ce ne erano di tutti i tipi e
colori, dai più eleganti, prettamente da ricevimenti ufficiali e balli, ai più
semplici, adatti solamente a giorni trascorsi in casa. Sophie ispezionò con
puntigliosa attenzione i vari vestiti, scartandone velocemente una buona metà,
poi ne afferrò uno verde con un’ampia gonna in raso, ma prima che potesse
tirarlo fuori cambiò idea adocchiandone un altro, blu scuro, in preziosa seta
drappeggiata ad arte e ricamata da un intricato disegno sul corpetto. Mi si
illuminarono gli occhi, era il mio preferito.
-Che ve ne pare?- sorrise
prendendolo tra le braccia e porgendomelo per cercare la mia approvazione.
-E’ perfetto Sophie!
Mettimelo, non voglio perdere altro tempo- non feci in tempo a finire di dire
quelle parole che il rumore dello scalpiccio degli zoccoli dei cavalli sul
ghiaino e delle ruote cigolanti di una carrozza arrivò in lontananza dalla
finestra aperta che dava sul cortile del palazzo.
-Oh no! Sono già
arrivati!- mi fiondai verso l’abito, infilandomelo con malagrazia e tirandolo
su con gesti bruschi e sbrigativi.
-Per l’amor di Dio Nina, datevi
una calmata o strapperete l’abito!- mi rimproverò la balia, sostituendo le mie
dita frenetiche con le sue, più esperte, che fecero scivolare la stoffa liscia
lungo il mio corpo per poi chiuderlo velocemente senza intoppi.
-Ecco fatto, fatemi dare
una spazzolata a questa chioma ora, su- mi fece accomodare davanti ad uno
specchio, afferrando la preziosa spazzola d’argento e affondandola tra le
onde dei miei capelli, mentre mi contorcevo
con ansia le mani in grembo attenta ad ogni più piccolo rumore proveniente
dall’esterno. Avevo sentito la carrozza arrestarsi, segno che erano ormai
davanti al portone, poi uno schiocco come di uno sportello aperto di scatto.
Fremetti, mordendomi il labbro inferiore
mentre i miei occhi cadevano sulla mia immagine riflessa. Non stava facendo
niente di particolare, nulla di sfarzoso o complicato, li stava semplicemente
districando per poi appuntarne due ciocche sulla nuca con un fermaglio
appartenuto a mia nonna, in argento, rivestito di pietre preziose.
Un bussare alla porta mi
fece scattare la testa, tanto che Sophie mi strattonò per sbaglio un ciuffo,
facendomi fare una smorfia.
-Avanti-
Un servo entrò, chinando
il capo in segno di rispetto.
-Contessina, vostro padre
desidera che lo raggiungiate nella sala dei ricevimenti-
-Riferiscigli che sarò
subito da lui- lo vidi annuire chinando nuovamente il capo prima di uscire
dalla stanza in silenzio.
-Ecco fatto, adesso siete
proprio un incanto- mi sorrise Sophie, fissandomi attraverso lo specchio –Non
so chi siano questi misteriosi ospiti, né come siano, ma certamente non
potranno che rimanere incantati davanti a questo bel volto-
Risi, voltandomi verso di
lei.
-Oh Sophie, tu sei sempre
stata troppo buona. Comunque ti ringrazio- mi alzai, rassettando le pieghe
dell’abito e portando le mani al corpetto –Ci vediamo dopo- la salutai,
avviandomi lungo il corridoi fuori dalla stanza.
Dovetti percorrere due
rampe di scale e svoltare almeno cinque volte per raggiungere la sala designata
all’incontro, ma quando vi entrai i miei piedi non poterono che bloccarsi,
riflesso incondizionato di ciò che i miei occhi videro.
Due giovani uomini se ne
stavano in piedi, voltati di profilo, a conversare amabilmente con mio padre,
mostrando in tal modo solamente una piccola parte dei loro volti indubbiamente
marcati e attraenti.
-Oh, Nina, eccoti
finalmente. Vieni, ti presento i nostri ospiti- mio padre allungò una mano in
mia direzione, invitandomi ad avvicinarmi. Sorrisi incamminandomi mentre i due
si voltarono a guardarmi, gli occhi scintillanti di pura curiosità. Quando fui
davanti ad entrambi mi inchinai, abbassando lo sguardo lievemente imbarazzata
da quelle attenzioni, per poi rialzare la testa e fissarli con titubanza negli
occhi.
Occhi così diversi.
Erano l’opposto, gli uni
azzurri, cristallini come il mare illuminato dal sole d’estate, quasi ironici
nella loro espressione gioviale, gli altri neri come la notte, profondi tanto
da sembrare irraggiungibili, misteriosi come misterioso era lo sguardo che
irradiavano.
Ne rimasi incantata.
-E’ un piacere fare la
vostra conoscenza-
-Il piacere è nostro,
Contessina- il ragazzo dagli occhi celesti si avvicinò, afferrandomi
delicatamente la mano per poi baciarla con un sorriso che a posteriori
definirei unicamente malizioso –Permettetemi di presentarmi, il mio nome è
Klaus. Lui invece è mio fratello, Elijah- il ragazzo in questione mosse un
passo, inclinando l’angolo delle labbra in un sorriso prima di posarle sul
dorso della mia mano, esattamente come aveva fatto il fratello pochi attimi
prima.
-E’ un onore- sussurrò
galante, ritraendosi e lasciandomi lì, inebetita, a fissare quegli occhi pece
che non accennavano a staccarsi dalla mia figura.
Non seppi se fu solamente
una fantasticheria sciocca, dovuta alla soggezione creata dal momento o da
quell’infatuazione nascente, scoccata come un fulmine a ciel sereno, ma quasi
lo sentii nella pelle, nelle cellule che vibranti mi scatenarono brividi lungo
tutta la schiena, il cambiamento radicale che da quel momento avrebbe portato
ad un lento, dolce declino della mia vita. A ben vedere, quello spirito di
autoconservazione praticamente inconsistente radicato in qualche anfratto della
mia mente forse aveva voluto avvertirmi del rischio di quella situazione di cui
avevo iniziato ad essere preda; e quelle scosse flebili probabilmente non erano
altro che segnali del pericolo che si era insinuato strisciando in casa mia,
entrando dalla porta d’ingresso con tutti gli onori possibili per giunta, ma io
le registrai come puro piacere, rimanendone assuefatta tanto da decretarle come
riflesso del tutto normale a quello sguardo ammaliatore che con insistenza mi
sospingeva a perdermi nelle sue profondità, a sprofondare nel suo abisso di
oscurità.
Fu in quell’esatto
istante, contro ogni logica possibile ed impersonando le più frivole
protagoniste di romanzetti rosa che oggi spopolano tra le pagine degli Harmony
e di altri libri di dubbia consistenza letteraria, che me ne innamorai.
Proprio così, me ne
innamorai lì, con la mano ancora a mezz’aria e il risuono delle sua voce
galante nelle orecchie, con gli occhi sgranati fissi nei suoi e la gola secca,
col cuore che senza una ragione valida batteva furioso e quel sorriso ebete che
mi spiegava le labbra.
Me ne innamorai ancor
prima di conoscerlo, ancor prima di capire chi era, cosa era, ancor prima di sapere la sua storia, quella vera, di
accettare le sue proposte di passeggiare per il giardino antistante il palazzo,
rendendomi conto di quanto la sua pazienza fosse sconfinata il giorno in cui mi
ascoltò senza proferir parola per ore, o di imparare ad apprezzare quella sua
tipica usanza tutta inglese di bere il tè sul tardo pomeriggio.
Me ne innamorai senza una
ragione, senza nemmeno rendermene conto, attribuendo al battito sordo e
frenetico del mio giovane cuore un significato puramente superficiale, legato
all’eccitazione di avere due ospiti tanto ammalianti per un tempo indefinito a
palazzo, e non ciò che invece voleva davvero essere, l’inizio di un amore
dannato, dannato come l’uomo di cui mi ero infatuata, dannato come l’esistenza
che con un tale sentimento mi ero immancabilmente costretta a vivere.
Mi ero innamorata del
diavolo, un diavolo che beveva il tè delle cinque e trasudava galanteria da
ogni gesto, e non me ne ero neanche accorta.
Mystic Falls, oggi
Sentii suoni in lontananza
provenire dall’interno, una voce femminile che bisticciava animatamente, rimbeccando
senza tregua le affilate battute di un ragazzo.
-Oh per l’amor del cielo Matt, basta! Cos’è tutta
questa diffidenza, sei peggio di…peggio di Bonnie Santo Dio, e te lo dico con
tutto l’affetto possibile, perché lei è una mia amica e tutto quanto, ma
piantala!-
-Caroline sei assurda. Ti sei forse dimenticata i
casini in cui siamo incappati praticamente secondo dopo secondo negli ultimi
tempi? Eppure hai la memoria di un vampiro ormai, certi dettagli dovrebbero
risultarti chiari mi pare-
-E lo sono, sono cristallini! Cosa credi, che mi
sia dimenticata che un pazzo ibrido originario sta cercando di usare la mia
migliore amica come banca del sangue? Pensi che mi sia dimenticata che il mio
ragazzo ora si trova chissà dove tra una montagna dal nome impronunciabile e
l’altra a combattere contro uno stupido asservimento che mi ha quasi uccisa?
Che ora non stia maledicendo in tutte le lingue che conosco ogni singolo passo
falso che ci ha portati sempre più vicini a questa…catastrofe? Sono
consapevole, dannatamente consapevole del casino in cui ci troviamo, e il mio
bellissimo fondoschiena è in pericolo quanto quello degli altri per colpa della
mammina originaria da premio nobel che sembra volerci estirpare come erbacce
secche, ma stare qui a lagnarmi su quanto potrebbe essere rischioso fare questo
e fare quello non mi sembra una buona idea Matt, abbiamo toccato il fondo, ci
siamo sprofondati praticamente e, beh, sai che ti dico? Ogni aiuto lo
accoglierò a braccia aperte, certamente non gli sputerò in faccia come sembri
intenzionato a fare tu-
Sentii distintamente uno
sbuffo seccato e quello che doveva essere un piede sbattuto con forza a terra,
gesto molto maturo, pensai con un sorriso, prima di udire dei passi affrettati
raggiungere l’ingresso. La porta si spalancò, palesando uno Stefan decisamente
a corto di pazienza, il che era tutto dire.
-Ciao Nina- sorrise
appena, invitandomi ad entrare con un gesto del braccio, ed io non mi feci
attendere, sfilandomi contemporaneamente il giacchetto dalle spalle.
-Buongiorno, disturbo?-
-Cosa? Oh no, anzi
scusali, siamo tutti un po’ nervosi ultimamente…- si grattò la nuca, sorridendo
imbarazzato.
-Tranquillo- gli
accarezzai una spalla sorridendo comprensiva, d’altronde potevo capire la loro
diffidenza in un momento simile, probabilmente io stessa avrei reagito a quel
modo vedendo una vampira comparire dal nulla in un momento critico come quello
che stavano vivendo; prima di gettare un’occhiata incuriosita verso il salotto
–Allora, mi presenti questi…compagni di squadra?- tentennai, non sapendo bene
come definirli, il che lo fece ridere.
-Certo, seguimi-
Mi fece
strada, anche se ormai avevo capito come orientarmi tra quelle mura trasudanti
antichità da ogni anfratto, e sbucammo nell’ampio salone dove ad aspettarci
vidi una ragazza bionda dal sorriso effervescente che se ne stava accoccolata
sul bracciolo del divano, accanto sedeva un ragazzo abbastanza imbronciato che
mi gettò una rapida occhiata prima di piantare lo sguardo sul tappeto con
insistenza, mentre in piedi dietro di loro ritrovai lo sguardo amichevole di
Elena. Non potei trattenere un brivido, non di fronte a quel viso così identico
al suo, tanto che potei risultare
quasi sgarbata nel rapido saluto che le rivolsi prima di voltare lo sguardo
altrove. D’altronde era più forte di me, più il passato ritornava nella mia vita
e più cercavo di fuggirgli. Solo dopo un
istante notali l’assenza dell’ironico rampollo di casa Salvatore e della strega
a cui avevamo affidato il libro.
-Tu devi essere Nina, sono
così felice di conoscerti, ho sempre adorato
Erano anni, o forse decenni,
che non mi si palesava davanti tanta vitalità e voglia di fare conoscenza. A
pensarci, forse ero sempre stata io a porre mura tra me ed il resto del mondo,
evitando di legarmi con la
consapevolezza che tutto sarebbe svanito, dissolto lungo i secoli. Non per
questo non avevo amici sparsi per il mondo, ma erano come me vampiri troppo
abituati alla sregolata vita che tale esistenza permetteva, troppo distaccati dalla
mentalità di “amicizia umana” per poter creare qualcosa di solido, qualcosa di
stabile e vissuto. Erano parentesi più o meno importanti della mia vita che
ricordavo con affetto, ma che rimanevano là, nel passato, e qualche volta
ricomparivano, si facevano sentire per un breve periodo, per poi scomparire di
nuovo nella nebbia della lontananza.
Quella
ragazza invece, quella vampira, sembrava così…umana. Forse era solamente
passato poco tempo dalla sua trasformazione, o forse era semplicemente lei che
riusciva in qualche modo a restare attecchita a quello spirito umano che col
tempo scompariva pian piano in ogni immortale. Provai un pizzico d’invidia nei
suoi confronti perché rividi in lei me stessa, la me di un tempo lontano,
quella che era realmente affogata tra le onde del mare nel 1824, lasciando il
posto all’essere che ero divenuta,
poi scossi la testa con amarezza, simili pensieri pensavo di averli accantonati
molti decenni prima.
-E’
un piacere conoscerti Caroline- le sorrisi, stringendole la mano –E sono
contenta ti piaccia
-Come
mai “anche”?-
Gettai
un’occhiata ironica a Stefan, che al mio fianco alzò gli occhi al cielo prima
di dirigersi verso Elena ed abbracciarla da dietro, posandole il mento sulla
spalla.
-E’
una storia lunga, ma ti basti sapere che Stefan non aveva un grande spirito di
orientamento all’epoca e che ci fu bisogno di un intervento immediato per
fargli conoscere ogni bellezza di Parigi- sorrisi riportando alla mente vecchi
ricordi di quando incontrai per la prima volta quel vampiro vegetariano dagli
occhi verdi.
-Ah
è cosi? Complimenti signor Salvatore, credo sia l’unico vampiro al mondo a non
sapersi orientare in una città come Parigi- Elena lo prese in giro, voltando la
testa per guardarlo in tralice con aria furbescamente derisoria.
-Io
credo che Nina abbia un po’ ingigantito la cosa, le avevo solamente chiesto
un’indicazione stradale, e lei si è gentilmente offerta di farmi da guida
vedendo che ero straniero- si difese lui, sbuffando divertito.
-Solamente?
Mi hai chiesto come potevi raggiungere Notre Dame, Stefan, mi sei sembrato un
caso decisamente disperato –
Caroline
ed Elena scoppiarono a ridere, il ragazzo che per tutto il tempo era rimasto ai
margini del nostro quadretto ilare sorrise a mezza bocca e Stefan si affettò a
chiudere il discorso.
-Bene,
che ne dite di darci un taglio con i vecchi ricordi e passare a qualcosa di più
serio?- al che io mi avvicinai, accomodandomi su di una poltrona di fronte al
divano, accavallando le gambe ed intrecciando le mani sopra al ginocchio, in
aspettativa.
Stefan
si chiarì la voce.
-Nina,
cosa sai degli Originari?-
Tutto.
-Poco
e niente, voci sparse durante i secoli, qualche leggenda e pochi documenti con
lievi accenni- mi strinsi nelle spalle cercando di risultare il più credibile
possibile, non volevo che scoprissero il mio passato, non in quel momento,
quando ancora dovevo far chiarezza io stessa sulla questione, né in quel
frangente, dove esso era a tutti gli effetti il nemico –So che sono i nostri
“Adamo ed Eva”, ma sinceramente la mia cultura in merito si ferma qua-
Stefan
annuì pensieroso, e per un attimo mi si strinse lo stomaco in una spiacevole
morsa, non mi piaceva mentire, per quanto ironico fosse visto che la mia
esistenza stessa doveva essere una costante bugia agli occhi degli altri, ma
odiavo ancora di più farlo con quelli che consideravo amici. Eppure non avevo
altra scelta, non ancora.
-D’accordo…allora
dobbiamo partire dall’inizio. Mille anni fa una strega di nome Esther,
Annuii
tesa, ero a conoscenza della storia di Elijah, ma certo non si era dilungato
nei dettagli della sua trasformazione, o nel piccolo segreto di Klaus e della
sua mezza licantropia, a quel tempo.
-Per
cui Klaus adesso è un ibrido a tutti gli effetti, giusto?-
-Già…con
tanto di scodinzolanti cagnolini mezzi vampiri appresso- ringhiò Caroline,
facendomi inarcare un sopracciglio. Stefan si premurò di spiegarmi.
-Non
si è limitato a spezzare la maledizione, ha anche iniziato a creare ibridi come
lui, vampirizzando dei licantropi e instaurando così un legame di asservimento. E…beh anche Tyler,
il suo ragazzo, è stato trasformato. Ora si trova sugli Appalachi, a cercare di
spezzare l’asservimento in qualche modo-
Prima
che potessi ribattere, palesando il mio stupore per questa assurdità egoistica
ed ingiusta, il ragazzo che fino a quell’istante non aveva aperto bocca scattò
come una molla.
-Ma
certo, adesso sveliamole anche questo! Come se non bastasse metterla a
conoscenza di ogni nostra intenzione- scosse la testa, sorridendo per nulla
divertito –Chi ce lo dice che non faccia il doppio gioco, eh? Sappiamo quanto
Klaus sia subdolo, ce lo ha dimostrato svariate volte mi sembra, e noi siamo
qui a svelare ad una perfetta estranea sbucata dal nulla praticamente ogni
cosa!-
Stefan
lo guardò compassionevole ma severo, prendendo in mano la situazione, mentre
Caroline sbuffò seccata.
-Matt,
è una mia amica non un’estranea, la conosco e so bene da che parte sta-
-Potrebbe
essere stata soggiogata- buttò lì allargando le braccia, quasi fosse una cosa
ovvia, sfidandoli a contraddirlo –O potrebbe mentirci e conoscere Klaus da
molto più tempo di te, che ne sai. Io non mi fido. Probabilmente il libro è
solo una scusa per farci perdere tempo, così intanto lei può fare i suoi comodi
sporchi per quel pazzo-
A
quel punto non potei trattenermi e scoppiai a ridere sotto lo sguardo
sbigottito di tutti.
-Scusatemi-
dissi, non appena mi fui ripresa –Ma è davvero ridicolo. I miei comodi sporchi?
Pensi che un tipo come Klaus perda tempo ad infiltrare una sottospecie di spia
nelle file nemiche?-
-Sembri
conoscerlo bene, mi pare- insinuò, assottigliando lo sguardo.
Oh, non hai idea di quanto tu abbia
ragione.
-D’accordo,
chiariamo questa situazione ambigua una volta per tutte. Se davvero lavorassi
per Klaus, a quest’ora ti ritroveresti con il collo spezzato senza neanche
essertene accorto, avrei già strappato il cuore sia a Stefan che a Caroline,
perché sono più vecchia di loro, e quindi più forte, e gli avrei portato Elena,
come deduco desideri da ciò che mi state dicendo. Quindi, pensi davvero che se
facessi il doppio gioco per Klaus, starei ancora qui a parlare?-
Stefan
sorrise, intuendo che le mie parole avevano sortito l’effetto desiderato, così
come Elena e Caroline, che, notai, mi guardò con una punta d’ammirazione.
Il
ragazzo che intuii chiamarsi Matt, borbottò qualcosa prima di rinunciare,
alzandosi con un sospiro.
-Va
bene, fate come volete, ma io me ne vado- e detto questo imboccò la porta e se
la sbatté alle spalle con violenza, lasciando che calasse un pesante silenzio
tra di noi.
-Scusalo,
è fatto così…è un cretino, ma non è cattivo. Gli passerà- sussurrò imbarazzata
Caroline, sedendosi al mio fianco.
-Lo
so, penso abbia solo molta paura. Ma chi non ne avrebbe? Anzi, è da lodare,
pochi altri avrebbero avuto il coraggio di parlarmi così, un qualsiasi altro
vampiro più orgoglioso e iracondo gli avrebbe staccato di netto la testa-
sorrisi.
Caroline
rise –Avrei in mente un soggetto simile…magari millenario e con un problemino
con la luna-
-Ma
quanta ilarità ragazzi, su fate ridere anche me, anzi…noi- quando mi voltai
verso Damon fui sicura di sbiancare, mentre il sorriso mi si gelava sulle
labbra esangui.
Appoggiato
allo stipite della porta, una mano nella tasca del completo nero dal taglio
costoso e l’altra placidamente abbandonata lungo il fianco, c’era Elijah.
Una
statua sarebbe stata meno immobile di me, ne ero sicura. Se fossi stata umana,
il cuore avrebbe cominciato a battermi furioso nel petto, il respiro sarebbe divenuto
un affanno discontinuo ed irregolare e la fronte si sarebbe imperlata di
goccioline gelate, ma ero un vampiro, per cui l’unico cambiamento fu quella mia
immobilità assoluta, l’irrigidimento di ogni muscolo del mio corpo, l’annebbiamento
totale della mente e quel peso sullo stomaco, molto simile ad un pungo, che mi
creava un senso di nausea sempre più pressante.
In
altre parole, terrore puro.
Deglutii
la poca saliva che avevo in bocca mentre lo fissavo come un drogato fissa la migliore
droga presente sul mercato.
I
capelli erano più corti, le vesti moderne, ma per il resto era sempre lui,
l’Elijah che avevo conosciuto quasi due secoli prima, quello di cui mi ero
perdutamente innamorata. Aveva lo stesso portamento sfrontato e sicuro di sé,
gli stessi illeggibili occhi scuri e la stessa espressione misteriosa che gli
avevo visto la prima volta che l’avevo incontrato. Solo il sorriso era sparito,
sostituito da una linea dura e severa, non trasudante nulla più che
indifferenza.
Quando
i suoi occhi si posarono su di me e la sua mascella ebbe un impercettibile
guizzo, fui sicura di morire. Mille emozioni si mescolarono dentro di me, mille
sentimenti, mille sfumature diverse: paura, amore, nostalgia, dolore, rabbia.
Non riuscivo a sintonizzarmi su qualcosa di stabile, ero una trottola impazzita
che ogni istante provava qualcosa di diverso e destabilizzante.
Quando
poi, con una noncuranza che fu pari ad una stilettata dritta al cuore, voltò il
capo verso gli altri, distogliendo come nulla fosse lo sguardo dal mio, per
poco non caddi dalla sedia.
Com’era
possibile? Come diavolo aveva potuto essere così…indifferente?
Sgranai
gli occhi, trattenendomi dal non boccheggiare per puro buon gusto, prima di
espirare lentamente un tremolante respiro, continuando a fissarlo scioccata .
-Che
diamine ci fa lui qua?- Caroline assottigliò lo sguardo insospettita, fissando
l’originario con circospezione mentre si faceva più vicina ad Elena, quasi a
volerla proteggere.
-Non
c’è bisogno che tu sia così guardinga, giovane Forbes, non ho intenzione di
torcere un solo capello ad Elena-
Sentire
quella voce, la sua voce, dopo
duecento anni fu un colpo al cuore, a quel povero muscolo morto che era ancora
in grado di sanguinare per lui.
-Non
sta mentendo Barbie, ritira gli artigli, il nostro pezzo da museo è venuto a
portarci liete notizie- scherzò Damon, per poi schiarirsi la voce ad una sua
occhiata per niente amichevole.
–Volevo dire che girando l’ho incontrato, e a quanto pare ha delle
novità da raccontarci- poi vagò con lo sguardo per la sala, fermandosi con un
ampio sorriso su di me –Ma non pensavo avremmo avuto ospiti. Che piacere rivederti
Nina, vieni a conoscere per la prima volta un Originario, su, sarà emozionante-
ironizzò, allungando un braccio nella mia direzione con fare plateale.
In
qualsiasi altra situazione avrei trovato la scenetta divertente, ma non quella
volta.
Deglutii
a vuoto, artigliando senza farmi notare la stoffa della poltrona, mentre Elijah
rimaneva impassibile nella sua posa elegante, in piedi a pochi passi da me. Mi
fissò, e nel suo sguardo vi lessi solamente il vuoto. Sembrava privo di emozioni, totalmente indifferente a tutto
ciò che lo circondava, totalmente indifferente a me. Odiai quel suo sguardo freddo, gelido, lo sguardo di un uomo
per cui nulla e nessuno ha valore, e per un attimo desiderai che mi sbattesse
al muro, che mi urlasse addosso la sua rabbia, quella che, ero certa, fosse
nascosta sotto quella scorza di noncuranza e passività, per un attimo
desiderai che mi artigliasse il petto e
mi strappasse il cuore, tutto purché reagisse. Ma rimase immobile, guardando me
o un punto imprecisato sopra la mia spalla, trasmettendomi null’altro che il
gelo.
Possibile
che questi due secoli fossero bastati per dimenticarsi di me? Per dimenticare
l’amore che provava, ed anche l’odio scaturito dal mio tradimento? Possibile
che avesse cancellato proprio tutto?
Alla
fine mi alzai, credendo di traballare sui tacchi, ma percorsi incolume la
distanza che ci separava fissando ostinatamente il pavimento in legno. Solo quando me lo trovai di fronte osai
alzare la testa, ritrovando quello sguardo illeggibile a perforarmi
intensamente.
Fui
davvero tentata di urlargli contro che diavolo avesse, se mi avesse
dimenticata, e con me avesse dimenticato anche l’amore e l’odio che ci avevano
legati, ma mi limitai ad alzare la mano tremante per farmela stringere, così da
non destare alcun sospetto negli altri.
-Nina-
dissi solamente, e già quell’unica parola mi costò uno sforzo immane che
prosciugò la scarsa riserva d’aria accumulata faticosamente nei polmoni da
quando era entrato nella stanza.
Poi
accadde l’inaspettato.
Invece
di stringerla la voltò e si chinò a sfiorarne il dorso con le labbra, in un
deja vù dolorosamente vivido che mi procurò un’acuta fitta alla bocca dello
stomaco.
Non può essere…
Quando
si rialzò, le labbra erano piegate in un sorriso in cui vi lessi solo macabra
ironia amara incapace di contagiare gli occhi, duri, severi, spietati.
La
tentazione di tirare via la mano con forza fu acuta, irresistibile. Ma rimasi
immobile, gelata in quella posizione, gli occhi appena sgranati e la mascella
contratta.
-E’
un onore- sussurrò apparentemente galante, ed io sprofondai in quelle tre
parole cariche di significati nascosti, affondai senza via d’uscita soffocata
dalla consapevolezza di ciò che realmente significavano.
Elijah
era lì, ad un passo da me, teneva gentilmente una mia mano nella sua e mi
guardava in un modo così devastante che
ebbi voglia di urlare, o di piangere.
Elijah
era lì, e mi odiava.
- - - Angolo dell’autrice - - -
Tadaaaaa! Eccomi qua, con…beh diciamo un po’ di giorni di ritardo (sempre meno della scorsa volta faccio
notare :P) a presentarvi questo tormentato capitolo. Tormentato perché avevo
mille idee per scrivere l’apparizione di Elijah, ma alla fine dovevo sceglierne
una ed eccola qua. Sinceramente non lo so, dato che l’ho scritto ieri sera, un
quarto d’ora prima di andare a dormire, quanto le mie facoltà mentali abbiano
reso l’idea di come mi immagino il mio bell’Originario, non so se vi soddisfa,
se vi aspettavate questo (ok beh, ammettetelo, proprio questo no eh? Nina vi
aveva fatto una testa così tra cuori strappati e teste mozzate, il baciamano
non lo pensavate proprio su XD) o se preferivate altro. Insomma, ho paura di come
potete vederlo voi.
Intanto partendo dall’inizio, il flash sul primo incontro spero
non vi abbia deluse, quel suo “cadergli ai piedi” l’ho ritenuto normale, era
umana, giovane, era un’altra epoca, e lui era intrigante, molto. Inoltre non so
se si è capito, ma non è che l’ha visto e ha detto “oddio mi sono innamorata”,
semplicemente ne è rimasta affascinata, e a distanza di anni sostiene che è da
quel momento che ha iniziato ad amarlo, perché erano fatti l’una per l’altra, e
anche senza conoscerlo già era completamente “cotta” di lui alla prima
occhiata.
Poi poi poi….ah si! Matt. Premetto che quel ragazzo non l’ho mai
particolarmente sopportato, ma pareri personali a parte, mi serviva un bastian
contrario che scaldasse un po’ l’atmosfera e permettesse di far uscire il
caratterino della nostra protagonista, quindi diciamo solo che la scelta non è
stata così ardua XD
E duclis in fundo…Elijah! Eccolo qua, in tutta la sua freddezza,
imponenza e classe. Ma sinceramente, credevate davvero che l’avrebbe appesa alla
parete non appena l’avesse vista? Certi scatti impulsivi ed iracondi lasciamoli
a Klaus, per il momento, stiamo parlando di Elijah, la compostezza fatta
persona, l’autocontrollo puro, non avrebbe mai
fatto una scenata davanti ai Salvatore&Co., o almeno così la penso io
:) Sinceramente non vorrei essere nei panni di Nina, perché col caratterino che
si ritrova una scenata l’avrebbe saputa affrontare (abbiamo visto con Klaus) ma
questo…brutta bestia l’indifferenza
totale ù.ù
Mmmm ok penso di aver detto tutto, ora passiamo ai
ringraziamenti, perché caspiterina mi
sono accorta che le recensioni aumentano! :D Credo di essere la persona più
felice di questa terra :D Quindi ringrazio tutte coloro che hanno continuato a
recensire, le nuove recensitrici, le lettrici silenziose che mi hanno aggiunta
tra seguite/preferite/ ricordate e tutte quelle che perdono un po’ di tempo nel
leggere i miei deliri.
Spero di vedere ancora tante recensioni, anche per sapere cosa
ne pensate, qualche vostra idea…accetto pure i pomodori eh:)
Un bacio, alla prossima
Deademia