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Autore: virgily    15/11/2012    3 recensioni
"Ed era strano quello che lui provava dentro. Un peso, enorme, eppure leggero allo stesso tempo. Come se tutto cominciasse a perdere di significato, come se la sua vita precedente fosse stata soltanto una fase vissuta in un mondo completamente assestante dalla realtà. Ma era più vicino alla verità di quanto pensasse: ora che era sbendato, vedeva tutto sotto una nuova luce. E forse era proprio lei la sua luce. Perché? Semplice: lei lo aveva salvato.
-Come vi chiamate?- domandò focalizzando la sua attenzione su quelle sinuose labbra che si mossero piano
-Claudia- un sussurro. Le labbra di Undertaker si mossero in un sorriso sereno, genuino... Puro. ”
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Undertaker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 13 July 1866. Ore 14:30


Regnava un silenzio quasi assente, e questo inquietava l’animo della nobildonna. Sua figlia non osava neanche guardarla in faccia. E come poteva biasimarla? Dopotutto aveva architettato la sua “morte” per allontanarla da quella losca figura di cui mai si era fidata. Ma non si pentiva di quello che aveva fatto. Ora era sicura che sua figlia fosse finalmente libera da quella malsana fissazione per il becchino, ora aveva la possibilità di vivere felice, con un uomo che, a suo parare, la meritasse davvero.
-Dovremmo cominciare i preparativi per la partenza…- cominciò vaga dopo essersi schiarita la gola, avviandosi con passo lento e sostenuto verso il guardaroba della ragazza, osservandolo attentamente per verificare quali fossero gli abiti migliori che potesse portarsi in valigia. Ma in verità la vedova P. usava ciò solamente come pretesto di distrarsi nell’attesa di una sua risposta. Ma Claudia preferì rimanere in silenzio. Sua madre mandò giù l’amara saliva continuando a parlare, e non avrebbe smesso fin quando non avrebbe sentito la sua voce dirle qualcosa
-Ho mandato la cameriera a ritirare il tuo abito dal sarto. Stasera James chiederà la tua mano davanti a tutti i nostri invitati. Devi essere perfetta…-
Silenzio, e i suoi occhi erano ancora intenti a fissare il vuoto al di là della finestra.
-Le suore hanno finito di ricamare il tuo corredo nuziale… ti va di vederlo? È stato realizzato con estrema cura…- deposto all’angolo della sala, un baule di legno era stato consegnato poco prima della sua “visita” dal becchino. La signora si era avvicinata ad esso con l’intento di aprirlo e mostrarle i lenzuoli di lino, le coperte ricamate, le sottane di seta e altra biancheria confezionata apposta per lei. Magari sarebbe riuscita ad attirare la sua attenzione. Ma non successe proprio nulla. Spazientita, con i denti stretti e lo sguardo accigliato allora la donna domandò con furia:
-Claudia! Ti ordino di rivolgermi la parola! Il tuo atteggiamento è riprovevole per una signorina del tuo livello!- le sue guance erano diventate paonazze, e quasi le mancava il fiato dopo aver sputato fuori tutta l’aria dai suoi polmoni. E come d’incanto, ecco che il volto della giovane si voltò appena, guardandola con indifferenza, senza lasciar trapelare alcuna emozione dai suoi lineamenti dolci e candidi
-Siete felice, madre?- lo aveva sussurrato piano, come se anche la sua voce si fosse consumata. Eppure, per quanto il silenzio fosse gravoso su di loro, la nobildonna aveva udito chiaramente la sua domanda, restandone totalmente basita, stordita
-Perché mi domandi questo?- chiese la donna, ancora incredula
-Rispondete, siete felice?-
-… Sì- ci mise un po’ per aprire bocca, ma alla fine aveva mosso le labbra, dando voce alla sua gola, impettendosi come una civettuola aristocratica quale era
-E adesso rispondi tu alla mia domanda Claudia, perché me lo hai chiesto?- scrutandola in viso, la nobile si rese conto, terrorizzata, che l’inespressività di sua figlia era tetra, malsana, inquietante
-Perché volevo vedere con i miei occhi la vostra espressione contenta dopo avermi “uccisa”- questa sua ultima frase fu come una pugnalata in pieno petto per la povera vedova. Era stata meschina e crudele, e la sua lingua pareva affilata e spietata. E la rabbia crebbe nel suo animo assieme al vistoso rossore che tornò a colorarle il viso, mentre con occhi feroci la folgorò
-Spero per te signorina che quella tua boccaccia si chiuda entro stasera. Perché se manderai in fumo il fidanzamento con James Cabot, io ti rovino. Sei avvertita Claudia- e con ampie falcate si dileguò, chiudendosi la porta alle spalle. Avendola sbattuta, il rimbombo risuonò per l’intero ambiente, facendo sobbalzare la fanciulla dal suo poggio. Come se non bastasse, lo scricchiolio della chiave all’interno della serratura giunse immediatamente al suo orecchio. Segregata nella sua camera da letto, tutto quello che rimaneva alla povera donna era piangere. Scoppiò lentamente la sua crisi. Dal percorso sottile di una gemma a singhiozzi strozzati, giungendo ben presto vere e proprie grida di disperazione. Sollevandosi, corse sino al suo letto, stendendosi su di esso, affondando il viso nel bianco guanciale. Com’era freddo quel giaciglio senza qualcuno con cui condividerlo. Se si concentrava, anche un solo istante le bastava per immaginare le sue mani carezzarle la pelle. Quelle mani pallide e inquietanti che sapevano come accendere il fuoco nelle sue vene, che sapevano come coccolarla dolcemente. Su quello stesso letto, lei gli aveva medicato le ferite, lei lo aveva conosciuto… E si era infatuata follemente di lui:

“Rimasero in silenzio, ma non era pesante, non era angoscioso. Era come se senza parlare riuscissero comunque a rimanere in armonia l’uno con l’altra. Claudia non aveva bisogno di sentirlo parlare, le bastava sentire il suo sguardo puntato contro di se per farla palpitare. Era strano, del tutto nuovo per lei. Con maestria e precisione, la giovane gli stava togliendo i punti di sutura dopo essersi accertata che le sue ferite si fossero ben rimarginate. Erano svariati giorni che Undertaker era rimasto in quella casa. Il padre di Claudia era un medico prestigioso, e non si fidava a farlo curare da altri mani che non fossero quelle di sua figlia, infermiera presso l’ospedale, fino a completa guarigione. Immobile, seduto sul letto della fanciulla, lo shinigami attendeva con pazienza che finisse di liberarlo da quei punti fastidiosi. Senza parlare, la guardava di sottecchi, osservando la sua espressione serena e concentrata allo stesso tempo. Sfilò con delicatezza gli ultimi punti che gli segnavano lo splendido collo, e sollevando l’angolo destro delle labbra la ragazza affermò:
-Ecco fatto!- sorrise riponendo le forbicine e i fili anneriti su di un piccolo vassoio di ferro
-Grazie mille, Claudia- un brivido freddo le percosse la schiena, e arsero in un battito di ciglia le sue guance. Le piaceva il suono prodotto da suo nome, se pronunciato da lui. Senza che neanche se ne rendesse conto, la giovane sentì i polpastrelli gelidi e vellutati dell’uomo carezzarle le gote, alleviando quel bruciore impetuoso. Sollevando di scatto gli occhi, incrociò lo sguardo con quello misterioso di lui, rimanendone imprudentemente assuefatta
-Siete arrossita di colpo. Non vi sentite bene?- aprì la bocca per potergli rispondere, ma non seppe dargli fiato. Sentendosi ridicola, si diede uno scossone alla testa, riacquistando sicurezza
-N-No, no sto bene non ti preoccupare…- abbassò violentemente lo sguardo, cercando di ignorare la risatina beffarda che fuoriuscì dalle sue labbra. Così, tentando di distrarsi, si ricordò di un piccolo oggetto che aveva conservato al momento del ritrovamento di quel curioso e bizzarro ragazzo. Così lo inchiodò con lo sguardo, prendendolo alla sprovvista. Come se la situazione si fosse ribaltata, adesso era proprio lo shinigami a sentirsi in imbarazzo
-Ho una cosa per voi, Undertaker…- sollevandosi dal suo poggio, la giovane si diresse verso il suo scrittoio, cominciando a spulciare all’interno dei piccoli cassettini di legno lucido. Dopo cinque minuti buoni di ricerca, finalmente ne estrasse fuori un piccolo fagotto avvolto in un fazzoletto di lino lilla. Tornò al suo letto, e sedendosi al fianco dell’uomo, gli porse quell’involto tra le sue mani. Undertaker slegò silenziosamente il fiocco che lo teneva ben sigillato. Notò che sull’angolo del fazzoletto vi erano ricamate le inziali della fanciulla. E gli occhi del giovane si spalancarono di colpo quando si ritrovò davanti gli occhi il simbolo della sua vita passata, quella a cui aveva rinunciato: la montatura in argento, le lenti spezzate. I suoi occhiali.
-Purtroppo erano già rotti quando li ho trovati vicino al vostro corpo. Ma se lo desiderate posso farli aggiustare…- propose la bruna con un delicato sorriso roseo. Lo shinigami però, continuò il suo attacco di mutismo, osservando quell’oggetto che teneva tra le mani con disprezzo
-Undertaker?- lo chiamò piano, dolcemente. Con uno scatto impulsivo, il giovane prese e spezzò tra le sue mani quell’occhiale che lei aveva conservato con tanta cura
-Non voglio più vederli…- furono le uniche parole che sentì pronunciare dalla bocca dell’uomo. Rimasta interdetta e sconfortata, la bruna abbassò lo sguardo, auto confortandosi mentre si sfiorava quasi agitatamente le mani. Era cattivo il tono con cui aveva parlato, quasi l’aveva spaventata. Notando il dispiacere e l’amarezza calatasi come una spessa veletta sul viso della fanciulla, Undertaker sentì mancarsi un battito
-Claudia…- spontaneamente, la sua mano cadaverica tornò su quel viso, carezzandole la dolce rotondità delle guance, la curva elegante del mento, sollevandole lo sguardo, portando il volto della giovane al suo. Vittima di quelle iridi inumane, l’infermiera sussultò appena
-Non essere triste. Questi occhiali, questi maledetti occhiali, un tempo mi facevano vedere il mondo in una maniera orribile che non posso descriverti…- tentò di rassicurarla, penetrandola con quello sguardo languido che le stava letteralmente facendo perdere il senno
-Perché?-
-Non voglio turbarti con una storia che non saresti in grado di comprendere…-
-E se io volessi ascoltarla, la tua storia?- aveva abbassato di qualche tonalità la sua voce, che da docile e melodiosa ora e bassa, curiosa e quasi sensuale. Gli occhi color nocciola della giovane erano luminosi, brillavano di una forza d’animo molto potente. Uno sbuffo riempì la bocca dello shinigami, che accorciando notevolmente le distanze tra i loro visi, sussurrò:
-Accontentati, per ora, di sapere che senza quegli occhiali sto scoprendo un mondo magnifico…-
-D-Davvero?- sentiva il suo sgusciare tra le sue labbra, mentre lentamente cominciava a tremare come una foglia
-Sì. Sei tu, Claudia- il dio della morte non era certo che quello che stava facendo fosse la cosa più giusta. Forse aveva agito d’istinto, e forse era proprio per questo che sentiva il senso del pericolo iniettarsi nelle sue vene sotto forma d’adrenalina quando annullando quei millimetri di distanza tra i loro corpi, unì le sue labbra a quelle di lei, e immediatamente le loro labbra si sciolsero in un bacio caldo, sentito. Claudia pensò seriamente che il suo cuore si fosse fermato, o peggio ancora fosse scoppiato nella sua cassa toracica. Il suo primo bacio, rubato. Si sentì leggera come una piuma, staccatasi dalle ali di un angelo. Cullata, protetta. Non sapeva nulla di quell’uomo, ma le erano bastati due occhi magnetici e un bacio per farle perdere la ragione
-CLAUDIA?!?!-forse erano entrati in una realtà parallela, totalmente simile all’originale ma con la differenza che in quel momento esistevano solo loro. Perché i due non si erano minimamente resi conto della porta che si era aperta all’improvviso, e fu il grido sconvolto di sua madre e riportarli alla realtà. Da qui, ebbe inizio l’incubo”

Il respiro pesante, le lacrime oramai asciutte. Claudia, distesa sul suo letto, osservava un punto indefinito di quella camera che oramai era diventata la sua prigione. Poi, un lampo di genio attraversò la sua mente, mentre il suo sguardo si posava su quel baule ricolmo di biancheria.

***
Londra, 13 July 1866. Ore 17:00
La vedova P aveva predisposto il tutto alla perfezione. Maritare la sua unica figlia con un giovane aristocratico certamente sarebbe risultato assai vantaggioso. Sir James Cabot era un giovane dall’aria affabile. Un esteta, peccatore di superbia, che subito si era infatuato del viso dolce della giovane figlia della vedova. In puntuale orario, il giovane si era presentato in tutta la sua nobile prestanza, e immediatamente la donna pensò che al fianco di sua figlia i due sarebbero stati un’invidiabile coppia. Tuttavia James non ignorava che la bella Claudia fosse infatuata di un altro uomo, il becchino, ma sua madre gli aveva assicurato che quell’essere non sarebbe stato più un problema per la loro unione. Ma ancora non ne era del tutto convito. Infatti, il ragazzo aveva tentato in tutti i modi di fare breccia nel suo cuore, ma lei con una dolce e disarmante indifferenza, lei lo rifiutava con gentilezza e cortesia. James odiava essere rifiutato, e proprio per questo la desiderava sempre più
-Spero che vostra figlia si mostri più accessibile questa sera. Non ho intenzione di essere umiliato difronte agli altri invitati- affermò severo e rude, osservando con occhi glaciali la donna, che deglutendo rispose
-Potete stare tranquillo sir. Mia figlia non ha più alcun dubbio…- rispose con un sorriso agitato mentre gli faceva strada verso le stanze della giovane. Giunsero innanzi alla grande porta di legno massello, e bussando una prima volta, la donna chiamò a gran voce il nome di sua figlia. Ma non rispose nessuno. E quel silenzio cominciò seriamente a preoccuparla. Bussò una seconda volta, cercando di ignorare l’occhiataccia del suo nobile ospite
-Claudia? Claudia?!- con le mani tremanti afferrò la chiave, e aprì di fretta e furia l’ingresso, e ambedue rimasero sconvolti alla scena che gli si propose davanti gli occhi: la finestra spalancata lasciava entrare una forte folata di vento che faceva danzare i tendaggi scuri, e quegli stessi lenzuoli che la vedova aveva ordinato per il pregiato corredo, erano stati intrecciati in una “corda” dalla quale Claudia P vi si era calata, scappando via. Ringhiando, paonazzo per la rabbia, il giovane fece retro front, camminando con ampie falcate verso l’uscio alla villa. Ad inseguirlo, la vedova lo implorava di fermarsi
-Ma dove pensate di andare adesso?!- gli domandò riuscendo ad afferrarlo per un braccio
-Semplice, a riprendere vostra figlia. Che lo voglia o no, noi ci sposeremo. Non farò la figura dell’imbecille per un’insulsa mocciosa!- e scostandola scortesemente, James uscì dalla villa. 

*Angolino di Virgy*
Apro il mio angolino dicendo che sono molto contenta del fatto che il primo capitolo vi sia piaciuto! :3
Qui vi ho presentato un flash back proposto dal punto di vista di Claudia, e poichè è un personaggio che non mi appartiene, per rispetto ho preferito mantenere il suo cognome in anonimato con il semplice ed enigmatico P. Inventarmi un cognome a caso sarebbe stato a dir poco irrispettoso nei confronti di Yana Toboso. 
Spero vivamente che anche il secondo capitolo vi piaccia e vi incuriosisca! ;)
Un bacio
-V-
  
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