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Autore: Alkimia    16/11/2012    7 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo ottavo
Welcome back – part three


Forse in quel frangente anche Hulk riuscirebbe a farsi una sana risata – beh, magari l'Altro ride, Bruce non può saperlo, dato che dopo le trasformazioni non è in grado di ricordare molto. Ma la situazione è talmente critica che il dottor Banner riesce quasi a sentirsi a proprio agio, per essere uno con problemi di controllo della rabbia.
La parentesi romantica che si sta consumando davanti ai loro occhi spezza per qualche minuto la tensione, ma stanno tutti rischiando di soffocare nella propria bile rivoltata.
Brutta immagine, già.
Il ritorno di Loki non lascia sperare in niente di buono, e non è solo per le notizie catastrofiche che ha riferito, è il solo fatto che lui sia lì. Per due volte hanno avuto a che fare con il dio asgardiano, la prima volta è andata a finire con alieni in assetto da guerra che piovevano a frotte da un foro in mezzo al cielo, la seconda volta si sono ritrovati a combattere con gente posseduta da demoni potenzialmente letali. E la statistica parla chiaro: non c'è due senza tre.
Ok, non è propriamente statistica, ma essere sopravvissuto per caso a un esperimento con i raggi gamma ti rende inevitabilmente un pochino melodrammatico.
Sono tutti talmente agitati che Bruce non si stupirebbe se qualcuno decidesse di testare, seduta stante, qualche modo di eliminare fisicamente una divinità spocchiosa e portatrice di guai. Ma non servirebbe a niente.
Stark è arrabbiato per il solo fatto che Loki sia tornato. Loro sono arrabbiati perché hanno visto disegnarsi all'orizzonte l'ombra di una minaccia ancora senza nome e senza forma ma che già aleggia sulle loro teste con la pesantezza di una condanna. Thor è arrabbiato perché il fratello lo ha di nuovo trascinato nei casini. E Nadia è arrabbiata con se stessa.
Anche Loki è arrabbiato, ma questo è sintomatico della sua personalità.
A Bruce è tutto molto chiaro, del resto è un esperto del settore.  
E ora sta riflettendo che avrebbe dovuto tornarsene a Calcutta, o magari proporre allo S.H.I.E.L.D. di tentare di murarlo vivo in un pilastro di cemento armato. Avrebbe potuto scegliere un'infinità di strade che lo avrebbero portato in tanti luoghi parecchio lontani da quello in cui si trova ora, eppure non riesce a fare a meno di pensare che il suo posto è lì.
Non sa bene quale sia il suo ruolo, la sua versione XXL si è rivelata assai più utile di quanto lui riesca ad esserlo nella sua taglia ordinaria, ma loro sono una squadra e lo sono anche quando non indossano armature – o calzamaglie, o mantelli, o tute di latex.
Thor e la dottoressa Foster recuperano un grammo di lucidità, si staccano, si guardano attorno e lei diventa rossa quanto il mantello del suo innamorato.
«Temevo che vi sarebbero cresciute le branchie» borbotta Stark. Non era pensabile che gliela facesse passare liscia.  
La giovane astrofisica punta lo sguardo in terra, sistemandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. È molto carina, sarà senz'altro in gamba e, se non fosse troppo presa dall'aver ritrovato il suo bel dio smarrito tra le stelle, forse realizzerebbe che in tutto quel tempo le sue teorie sul worm-hole sono state esatte. Quel ponte interspaziale deve avere a che fare con quello che ha detto Loki, c'è qualcosa che è piovuto dal cielo e non dev'essere qualcosa per cui stendere un tappeto rosso e far suonare la banda.
La dottoressa Foster si costringe ad alzare gli occhi e a passare in rassegna le loro facce che adesso cercano di ostentare un'aria di diplomatica indifferenza.
«Ehi, ma voi siete...» farfuglia, come colta da un'illuminazione improvvisa.
«... un branco di idioti!» conclude una voce aspra, dal fondo del corridoio.
Nick Fury avanza come se volesse gettarsi di testa contro il muro. O come se volesse prendere tutti loro a testate. In effetti, non è che siano stati molto ortodossi con le normali procedure di sicurezza; adesso Barton e la Romanoff si beccheranno una bella lavata di capo e tutti loro dovranno sorbirsi una qualche filippica sulle norme di comportamento in caso di emergenza – poco importa se l'emergenza in questione sfugge a qualsiasi possibile caso normativo.
«E lei cosa ci fa qui? Perché è qui, chi ce l'ha portata?» borbotta il direttore dello S.H.I.E.L.D, lanciando un'occhiata torva all'astrofisica. «E tu, quando diamine sei arrivato? Perché non sono stato avvisato? Cosa stava facendo l'agente Romanoff mentre un dio alto due metri veniva a pascolare nel mio dipartimento?», aggiunge guardando Thor.
La Romanoff stava accompagnando Nadia a prendere Jane Foster. Meglio non specificarlo.
«Con tutto il rispetto, direttore» interviene Barton. «Ci sono questioni più urgenti».
«Lo so bene. Ho l'aria di uno che non lo sa? Quello che non so è che diamine è successo mentre io mi scapicollavo per venire qui»
«Non ti ingozzare di autorità, Nick, o non ti resterà appetito per il piatto forte» sbotta Stark. «Potresti cominciare a vomitare palle di pelo, tra un ordine e l'altro».
Nadia fa capolino oltre la porta della stanza. Sbianca quando l'unico occhio buono di Fury si posa su di lei, ma mantiene un'espressione misurata mentre aspetta la sua razione di sgridate, come un condannato a morte che aspetta rassegnato che il plotone d'esecuzione faccia fuoco.
«Oh, c'è anche lei. Siamo in modalità famiglia allargata, a quanto vedo» gracchia il direttore.
«Io la definirei più la fase del figliuol prodigo» osserva Stark, serafico.
Fury si passa una mano sul capo calvo. Lì dentro, il suo cervello da super spia sta certamente architettando qualcosa.
«Basta così. Dov'è il prigioniero?».
Chiamarlo prigioniero suona molto rassicurante, in effetti. Ma imprigionare davvero Loki è un'impresa che, a quanto pare, nessuno in tutto l'universo è mai riuscito a realizzare come si deve.
La Romanoff riferisce al suo superiore quanto hanno saputo fino a quel momento.
Nel trambusto generale c'è un particolare a cui nessuno ha ancora fatto caso e di cui, fino a quel momento non si è ancora fatta menzione: Loki ha detto che i loro misteriosi nemici hanno preso di mira la Terra per vendicarsi di Thor.
«Di me?» borbotta stupito il dio del tuono, interrompendo il rapporto di Natasha al direttore dello S.H.I.E.L.D. «Chi vorrebbe vendicarsi di me?»
«Non lo sai? Cominciamo bene!» sbotta Clint Barton.
«Stai dicendo che Loki è il solo a cui ispiri manie omicide?» incalza Stark. «Non l'avrei mai detto...».
Dunque, hanno nemici sconosciuti che vogliono attaccare il pianeta. Non si sa come, né dove né quando.
Fury cammina per qualche secondo avanti e indietro per un paio di metri di corridoio, poi afferra la ricetrasmittente e comincia ad elencare una serie di istruzioni in incomprensibile linguaggio S.H.I.E.L.D.
Livello 6, protocollo ricerca 360, attivazione procedura Z8.  
Se non hanno capitolo male, si tratta di un allarme, di un'indicazione su cosa cercare e come e su tutte le attività ausiliarie da svolgere in relazione. Una cosa che tradotta in termini umani dovrebbe stare per: ''Un bel casino. Cercate ovunque perché non sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Sputate sangue, ma portatemi qualcosa su cui poter lavorare''.
Però, il dubbio che Loki abbia mentito o che ci sia qualcosa di strano in questa faccenda non sembra sfiorare il direttore dello S.H.I.E.L.D, dopotutto Fury è sempre stato un tipo lungimirante. E il fatto che debbano dar credito alle parole di Loki la dice lunga su quanto la situazione sia tragica.
E, comunque, a proposito delle parole di Loki, c'è un'altra questione da affrontare.
Bruce fa un bel respiro e tenta di mettere assieme le parole. Se c'è un vantaggio dovuto all'essere l'involucro contenitivo di un gigante rabbioso è quello che nessuno alza mai la voce con te, hanno tutti paura che il gigante si svegli.
«Dobbiamo ancora decidere come regolarci per la questione di Nadia. Loki ha detto che può aiutarla» dice il dottore.
Fury fissa la ragazza per un secondo, ma lei non mostra alcuna emozione, poi il direttore si volta verso Thor,
«È vero? Può farlo?» gli domanda.
Una strana espressione brilla negli occhi del dio del tuono,
«È il solo che possa» dichiara, alla fine.
«Allora dovremo inventarci qualcosa» conclude Fury, senza troppo entusiasmo. «Potrebbero far comode le capacità di quel ninnolo che è incollato al suo braccio».
«No!». L'esclamazione arriva in contemporanea da diverse bocche. Ora cominciano anche a parlare in coro, wow, tra un po' finiranno a dormire nei letti a castello come i sette nani.
No. Lo hanno davvero detto tutti quanti assieme.
«Questa squadra è già troppo grande per il mio egocentrismo narcisistico» borbotta Stark.
«E la ragazza non è pronta, signore» gli fa eco la Romanoff.
«Nessuno di voi altri rincitrulliti era pronto» li rimbecca Fury. «E comunque, nessuno ha parlato di inserirla in squadre di salvataggio planetario, ma se quella pietra può essere un'utile arma potrebbe far comodo saperlo, lei non è d'accordo signorina Berton?»
Nadia si guarda attorno, smarrita, poi una strana consapevolezza fa capolino attraverso il suo sguardo e i suoi occhi si fissano proprio su di lui, su Bruce. E lui capisce al volo il perché.
Tutti hanno ammirato il coraggio della ragazza a Venezia, ma ai loro occhi è sempre stata la donzella in difficoltà e quando è arrivata a New York hanno continuato a vederla come la persona fragile da proteggere e da aiutare perché ha un serio problema. Eppure Bruce ora si rende conto di come lei debba sentirsi, di come la situazione della loro giovane amica non sia poi tanto diversa dalla sua: quando hai qualcosa di brutto dentro vuoi a tutti i costi provare a trasformarlo in qualcosa di utile, in qualcosa che abbia un senso perché smetta di essere una condanna e diventi un dono.
«Se posso dare una mano...» tenta di dire la ragazza.
«Piuttosto ti riporto a Venezia, a casa, a nuoto» sospira Steve.
«Non potete riportarmi a casa senza Loki, ormai è chiaro che senza il suo aiuto sono spacciata e non credo dormireste sogni tranquilli con lui oltreoceano, fuori dalla vostra portata» replica lei tranquilla. «Io posso...».
«Certo che puoi» interviene Bruce. Gli altri lo guardano stupiti, ma loro non possono capire, non fino in fondo.
«Che sta succedendo? Sono io quello che ha l'esclusiva sugli scherzi stupidi, voi altri non potete farne» replica Stark, assumendo quel suo tono petulante.
«Sto solo suggerendo di provare a capire bene tutti gli aspetti della questione relativa alla pietra, dato che l'unico che ha il manuale di istruzioni è il nostro sgradito ospite» dice Fury. «Non mi era  mai passato neppure per l'anticamera del cervello prima di adesso, ma la situazione potrebbe richiedere tutte le risorse di cui disponiamo».
Nadia sorride, soddisfatta. Sperano tutti che non si arrivi a situazioni in cui lei debba essere schierata in campo, neanche se l'energia della pietra si rivelasse l'arma più straordinaria del mondo, ma la ragazza sta finalmente cominciando a trovare un senso alla serie di sfortunati eventi che l'ha portata ad essere lì. È un attimo di trionfo che nessuno ha il diritto di rovinarle.  

*

Frastuono.
La parola le appare scritta davanti agli occhi, come un'etichetta gigante che penzola dal cielo. Non c'è altra definizione possibile per esprimere lo stato delle cose. Sono tutti, ognuno a modo loro, frastornati dagli eventi.
Nadia sa che è del tutto folle, ma riesce a trovare anche qualche motivo di essere contenta in mezzo a quel caos. Ed è questo che la fa sentire così scossa, il contrasto tra le sue piccole soddisfazioni personali e la drammaticità della situazione.
Accanto a lei, sul sedile di quel macchinone nero che la sta riportando a casa, c'è Jane Foster. Le luci della città si riflettono nei suoi occhioni spalancati sul mondo, probabilmente la scienziata vede costellazioni e galassie nei cerchi di luce dei lampioni e al momento, forse lei è quella più frastornata di tutti.
Nadia pensa che Jane non abbia davvero capito quello che è successo, in effetti ci sono molti particolari di cui non è a conoscenza e il suo stato mentale in quel frangente non le permette di fare deduzioni e colmare lacune. Dall'arrivo di Fury, la scienziata si è fatta da parte, appoggiandosi con le spalle contro il muro del corridoio ed è rimasta passiva spettatrice dello spettacolo delirante che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi – forse ha a malapena recepito la questione dovuta a potenziali attacchi alla Terra, giusto perché c'è di mezzo il povero Thor.
Adesso l'hanno caricata sulla macchina e spedita verso un alloggio in centro che si trova nella stessa zona della Stark Tower. Il piano doveva essere quello di rispedirla dove era prima, ma con una potenziale catastrofe globale a penzoloni sulle loro teste, magari Thor si sarebbe sentito più sereno a saperla a portata di mano – e Nadia è assolutamente convinta che quella sera il dio pioverà sul balcone dei nuovi alloggi di Jane, magari con un mazzo di rose preso su suggerimento di Steve o con un cannocchiale nuovo rimediatogli da Tony...
Nadia è contenta per lei, per loro due. Ci voleva una nota di romanticismo e allegria in quella cupa giornata.
La ragazza sospira, sentendo di colpo tutta la stanchezza accumulata pesarle sulle spalle e tutta la tensione che si allenta e la rende consapevole del groppo che ha nello stomaco, delle gambe indolenzite, dei lividi e i graffi sulle ginocchia che si è procurata nel bosco, quando Loki è svenuto sanguinante e lei gli è corsa accanto per poi chinarsi su di lui e accertarsi che fosse vivo.
Fino a quel momento, non aveva mai davvero sentito il cuore spezzarsi nel petto.
All'improvviso diventa consapevole dello sguardo posato su di lei. Si volta per scorgere Jane che osserva crucciata le macchie di sangue sui suoi vestiti. Gli occhi della dottoressa Foster fanno domande a cui la buona educazione e il senso di discrezione impone di non dar voce.
«Ho fatto sparare al tuo taxi, Jane. Puoi chiedermi quello che vuoi» dice la ragazza con un sorriso stanco.
«Non so da dove cominciare» ammette la scienziata.
Nadia annuisce,
«Beh, magari ti spiegherà tutto Thor, staser... ehm, quando avrete occasione di... insomma, quando avrete qualche momento tranquillo per parlare» risponde, inciampando nelle parole. Parlare, sì, come no!
«Ci sono molte cose tra quelle che la donna rossa ha detto a Fury che non ho capito. Al di là di tutto, mi chiedo come tu possa essere così tranquilla, cioè capisco che essere... come dire, la pupilla degli Avengers è una figata pazzesca e tecnicamente ti pone in una botte di ferro. Ma che mi dici del dover avere a che fare con quel Loki?».
Quel Loki, giusto. Quando Nadia ha lanciato un'ultima occhiata alla stanza in cui l'avevano messo, l'ha trovato che dormiva alla grossa e probabilmente si è perso l'arrivo di un Nick Fury particolarmente esagitato e lo schieramento di truppe in tenuta da guerriglia lungo il corridoio. E tutta la parte relativa alla sua futura collocazione e la discussione sul come fare perché lui possa istruire lei senza che a nessuno saltino i nervi. Dormiva proprio come un sasso, evidentemente si sente al sicuro e se è così tranquillo a stare nelle mani dello S.H.I.E.L.D, vuol dire che sul pianeta dei Chitauri se l'è vista più brutta di quanto tutti loro pensino. Oppure che ha un piano. Oppure entrambe le cose.
Rispondere alla domanda di Jane è difficile, perché la dottoressa Foster non sa niente, ne sa anche meno degli Avengers, è rimasta alle favole dove Loki è il mostro cattivo e nient'altro.
«A Loki si impara a sopravvivere. A un concentrato di energia magica che filtra nel tuo corpo attraverso un bracciale no» conclude semplicemente la ragazza. Sì, prima o poi dovrà spiegare per filo e per segno alla sua nuova amica tutta la faccenda di Venezia, se non lo fa Thor.
Un attimo dopo la macchina accosta davanti a una bella palazzina con i cancelli di ottone.
L'autista si volta porgendo a Jane una busta con dentro le chiavi di quello che sarà il suo appartamento per le prossime settimane.
«È l'ultimo piano, dottoressa Foster. Quello con la terrazza» dice l'uomo in completo scuro.
Una casa all'ultimo piano con terrazzo. Perfetto come base di atterraggio per un dio svolazzante.
Nadia ridacchia, salutando Jane.
Mentre l'auto riparte per condurla alla Stark Tower, la ragazza viene colta da un'illuminazione improvvisa.
L'appuntamento con Mike. Tra meno di due ore. Cazzo!...

«Oh santo cielo! Oh, Dio, Nadia...» la voce preoccupata di Pepper la investe come una folata di vento, appena la ragazza esce dall'ascensore.
La donna bionda è davanti alla porta dell'appartamento che le hanno dato, ad aspettarla con un'aria quasi materna. Le posa le mani sulle spalle quando lei le si avvicina.
«Tony mi ha chiamato, mi ha spiegato solo in parte cosa è successo e ha detto che resterà alla base S.H.I.E.L.D. ancora per un po'. Tu stai bene?».
Che domanda. Nel ricambiare lo sguardo degli occhi di Pepper, Nadia capisce di non avere alcuna risposta da darle. Sente un tale groviglio di emozioni dentro che non riesce a cavarne fuori nulla di definito, niente di davvero brutto, ma neppure niente che sia bello. Semplicemente la stanchezza le fa abbassare le difese e le parole che le arrivano alle labbra danno voce al pensiero che svetta come una linea diritta in mezzo a quel disordine di idee.
«Loki. È tornato» dice.
Pepper corruga leggermente la fronte, le sopracciglia arcuate come punti di domanda. Muove le labbra, esitando nel dire ciò che sta pensando.
«Lo so. Tony mi ha detto di cercare qualcuno che metta vetri infrangibili alle nostre finestre» conclude, alla fine.
Tony dovrebbe trovare il modo di farsi passare il trauma...
«No, senti Pepper, qui abbiamo un problema molto serio» dice la ragazza, entrando in casa. «Tra meno di due ore io devo vedere Mike».
Ha promesso che sarebbe andata a quell'appuntamento, ha promesso che si sarebbe presa cura di se stessa. Cascasse il mondo, lei quella sera uscirà con quel ragazzo, si divertirà, starà bene... e magari gli darà il bacio della buonanotte prima di salutarlo. Cascasse il mondo, già...
Pepper ora ha uno sguardo molto acuto, sembra aver preso tutta l'ansia di qualche minuto prima, sembra averla impacchettata e messa in un magazzino cerebrale molto ben organizzato. Invidiabile, ecco cosa vuol dire essere stata per anni la segretaria di Tony Stark!
«Fila sotto la doccia» ordina in tono pratico. «Io ti scelgo i vesti, arriverai più puntuale di un orologio!».
Nadia sorride, annuisce e sfreccia verso il bagno. Si toglie i vestiti, indugia solo un attimo a guardare le macchie di sangue sulla maglietta e tanto basta a farle montare una rabbia sorda e a farle accelerare il respiro. Chiude gli occhi, cerca di concentrarsi sul freddo fastidioso che le punge la pelle, cerca di pensare al tepore dell'acqua che laverà via tutto. Fa quello che fa Pepper: compatta, impacchetta e mette da parte.
Domani mattina ci sarà tempo per tutto quello a cui ancora non ha dato sfogo. Domani, non ora.

*

Le hanno fatto arrivare la sua roba, perfettamente imballata in scatoloni che un paio di solerti agenti le hanno depositato in salotto in due pile ordinate, dopo averle riferito una serie di istruzioni.
Non può lasciare la città. Non può avere contatti con nessuno senza informare lo S.H.I.E.L.D. È obbligata a mantenere il più totale riserbo su quello che ha visto succedere poco prima.
Cos'è che ha visto succedere, con esattezza?
Jane osserva l'appartamento elegante e impersonale nel quale l'hanno spedita. È assai meglio della camera della pensione dove è stata alloggiata in quelle ultime settimane, ma la sua situazione non sembra cambiata poi di molto. Non è che il suo starsene lì abbia molto senso, ma anche se prima sembravano piuttosto ansiosi di sbarazzarsi di lei, adesso che sanno che le sue ricerche possono avere un'utilità ben specifica non la lasceranno andare.
È sera e lei non ha cenato, ma non ha minimamente fame.
Quel silenzio carico di inquietudine le svuota la testa e la dottoressa Foster si lascia cadere sul divano di pelle, afferra il telecomando del televisore e si mette a fare un po' di zapping senza davvero concentrarsi sulle immagini che le scorrono davanti agli occhi, alla briciole di voce che dicono spezzoni di frasi senza senso nel passaggio da un canale all'altro.
E adesso? Cosa accadrà adesso?
Un tuono romba sopra i rumori della città. Jane solleva la testa di scatto, il telecomando le sfugge di mano mentre la tv si sintonizza su un talk-show.
Il cielo ha sempre qualche buona risposta da dare...
Jane si alza in piedi. Non è che non avesse pensato alla faccenda, è che le sue difese psicologiche devono averle fatto rifiutare l'idea che potesse venir fuori qualcosa di buono in una situazione tanto assurda. E invece qualcosa di buono c'è, è atterrato in piedi sul suo terrazzo, con nemmeno troppa grazia, a dirla tutta.
La donna apre la porta di vetro e guarda Thor, mantello svolazzante sulle spalle, martello in una mano, scatola colorata nell'altra.
Forse ora potranno parlare, e lui potrà spiegarle per bene tutta la questione e chi è la ragazza bionda e perché si conoscono... forse potranno parlare, forse no.
«Il cielo ha sempre qualche buona risposta da dare» dice, trattenendo una risatina.
«Come?»
«Lo diceva sempre mio padre, era un astrofisico anche lui... oh, Eric te l'avrà detto».
Lui segue Jane dentro casa e le porge la scatola. E per un attimo il dio sembra arrossire.
«Io... ehm... Rogers e Stark hanno provato a istruirmi sulle vostre usanze in certi frangenti, ma hanno finito per litigare. Alla fine ho seguito il suggerimento di Banner, però lui ha vissuto gli ultimi anni in un luogo sperduto quindi non so quanto sia attendibile il suo consiglio...» borbotta un po' impacciato.
Jane sgrana gli occhi, e comincia a scartare il pacchetto che Thor le ha dato,
«Stai dicendo che la squadra di supereroi più famosi del pianeta ha discusso di galateo a mio beneficio? Sono... onorata».
Una scatola di cioccolatini. Dov'è che è stato il dottor Banner negli ultimi anni?...
«Immagino che potrai farci l'abitudine, a loro, intendo. Sono molto... beh, molto» conclude Thor.
«Farci l'abitudine. Come ha fatto Nadia?». Non è che la ragazza sia il problema fondamentale al momento, non è neanche un problema in realtà, ma Jane vuole approfittare degli ultimi scampoli di lucidità che le sono rimasti prima di... prima di fare qualsiasi cosa...
«Il Guardiano vi ha viste insieme» dice Thor. «Non conosci la sua storia?»
«No, ma una che non si fa venire gli attacchi di panico all'idea di aver bisogno di tuo... ehm... fratello stuzzica di molto la mia curiosità».
Che diamine sta dicendo? Come le è venuto in mente di nominare quella disgustosa serpe con quel nome assurdo? Oh, Jane perché non spegni quel cervello, tanto è vuoto!
«Credo che Nadia voglia bene a Loki, ne sono certo anzi. E in una qualche strana misura, anche lui ha a cuore la sorte della ragazza».
Dunque Loki ha un cuore. Interessante. Non molto credibile, però.  
«E le dimostrazioni di affetto di Loki hanno tutte a che fare con piani machiavellici e robot sputafuoco programmati per uccidere e radere al suolo le città?» borbotta lei, per poi pentirsene un secondo dopo.
«È molto creativo, bisogna rendergliene atto» risponde Thor. Anche se sorride però il suo sguardo si incupisce.
Mangiati la lingua, dannazione, Jane!
«Scusa... è che io sono finita invischiata in questa cosa che non capisco e... avrei bisogno di capire. Però...»
«Però cosa?».
Jane deve resistere all'impulso di farsi aria con le mani. Sta avvampando, e cos'è che le aveva chiesto Thor? Si è persa un pezzo, non ricorda...
D'accordo. Basta parlare, basta pensare.
Basta, almeno fino a domani mattina.

*

Mike la sta aspettando sul marciapiede. Ha il naso all'insù, a guardare la Stark Tower salire verso il cielo.
Nadia si chiude il portone del palazzo alle spalle e sospira. Si era sentita molto sicura di sé, prima, approvando la sua immagine allo specchio, e adesso invece sente il disagio salire come una marea fino a sommergerla.
In effetti, da un po' di tempo non aveva un appuntamento. L'ultima volta che è successa una cosa vagamente simile a un'uscita con un ragazzo si è ritrovata sola in un cortile di Venezia ad aspettare che cominciasse un concerto jazz ed è finita a scappare da un branco di demoni di fumo che volevano passarla da parte a parte. È stata la sera in cui ha visto morire un uomo per la prima volta, in cui ha scoperto l'esistenza di cose che avrebbe preferito non sapere. È stata la sera in cui la sua vita è cambiata per sempre, e lei ha oltrepassato il punto di non ritorno in una manciata di minuti senza nemmeno essere vagamente consapevole di quanto le sarebbe costato.
Il bracciale è lì, sotto il polsino della camicetta blu che Pepper le ha fatto indossare. I rumori del traffico metropolitano di New York si mischiano al ricordo delle urla di terrore che aveva udito quella sera, poi un colpo di clacson spazza via quel venefico incanto e la costringe a diventare consapevole del sorriso che ora Mike le sta rivolgendo.
«Ciao» dice il ragazzo, facendo rigirare sulla punta dell'indice il cerchio del portachiavi della macchina.
Compattare, impacchettare e mettere da parte...
«Ciao. I vestiti da comune cittadino ti donano» risponde lei.
«Non mi dirai che pensavi che fossi solo uno stagista delle Stark Industries».
In effetti, non sa molto di Mike Glanville. Nel tempo che hanno passato assieme, è stata quasi sempre lei a parlare, forse perché tra loro due era quella che ne aveva più bisogno. Ne avrebbe bisogno anche adesso, avrebbe davvero bisogno di parlare con qualcuno di estraneo a quella faccenda, ma la situazione è delle meno adatte e non sarebbe giusto. E poi, se si facesse uscire anche solo una parola, Fury la chiuderebbe in un container a tenuta stagna e la spedirebbe al Polo Nord.  
Compattare, impacchettare e mettere da parte...
«A dire il vero, ormai sono propensa a credere che tu sia un santo. Devo chiederti scusa, Mike, non abbiamo mai parlato molto di te, sono stata un po' egocentrica in questi mesi...».
Lui scuote la testa e le fa cenno di seguirlo,
«Non dirlo nemmeno. Ho sempre pensato che fossi una persona che valeva la pena conoscere» risponde con misurata galanteria, poi fa un mezzo sorriso ironico. «Insomma, quando ti ho incontrata la prima volta, stavi aspettando fuori l'ufficio di Tony Stark con un pacchetto di kebab in mano!».
Nadia ride. Se c'è stato un momento, durante quell'assurda giornata, in cui ha pensato che quell'appuntamento fosse una pessima idea, adesso è pronta a rimangiarsi tutto. Ora capisce perché l'è venuto così naturale decidere di non rinunciare a quell'uscita, lei ha bisogno di ridere, ha bisogno di occhi come quelli di Mike.
Le luci dei lampioni gettano un riverbero argentato sull'asfalto ancora umido per la pioggia di qualche ora prima. Nadia guarda verso il groviglio di strade intasate dalle auto, nella direzione in cui sa che dovrebbe trovarsi l'appartamento di Jane. Spera proprio che lei e Thor siano insieme adesso, che il dio del tuono abbia la possibilità che ha anche lei di dimenticarsi di tutto, almeno per il tempo di una serata.
«Cos'hai in fronte?» chiede Mike.
Nadia si tasta con il dito il punto in cui si è fatta male con l'arco, dove ora è rimasta un'escoriazione che il trucco non riesce a nascondere del tutto, cerchiata da un livido un po' gonfio.
«Oh, un piccolo incidente domestico» risponde sbrigativa, prima di salire in auto. Si detesta per quella piccola bugia, per tutte le cose che non può dirgli.
Il ragazzo mette in moto e un attimo dopo scivolano nel flusso del traffico cittadino.
Compattare, impacchettare e mettere da parte...
E rimandare tutto a domani. Sì, può farcela.

Il quartiere di Broadway è una bolla di luce, di stelle incatenate tra i palazzi e insegne pubblicitarie di spettacoli grandi come una casa. Un dedalo di vetrine talmente lucide da essere invisibili, se non fosse per i riflessi sbiaditi dei passanti.
Tutto viene attirato come una calamita per andarsi a gettare nello spazio aperto di Times Square.
Nadia cammina accanto a Mike. In tutte quelle settimane passate lì, ha visto così poco della città che la ospita, e adesso i suoi pensieri sono sospesi tra lo stupore per il luogo estraneo che la invade con il suo caos di vita e la nostalgia per casa.
Gli occhioni gialli della locandina di Cats sembrano fissarla e lei sorride, senza sapere bene il perché.
«Il posto è questo» dice Mike, prendendola sottobraccio e pilotandola verso l'ingresso di un teatro, dietro ad una nutrita fila di turisti giapponesi che tengono tra le mani i loro biglietti per lo spettacolo.
D'accordo, forse non è tutto così lontano e diverso da casa sua.
Entrano e una maschera in un impeccabile completo nero li accompagna ai loro posti: le due poltrone centrali della seconda fila della platea.
«Wow, sono dei posti ottimi» dice Nadia ammirata, guardando ipnotizzata il teatro attorno a lei. «Sei stato magnifico!»
«Oh... ehm... sì, grazie...» farfuglia Mike, come colto alla sprovvista. «Sai, le prevendite su internet funzionano molto bene».
La ragazza fissa per qualche istante il suo accompagnatore.
«Mike, dimmi la verità: ma a te i musical piacciono almeno un po'?» gli chiede.
Lui sfodera un sorriso adorabile,
«Ho intenzione di scoprirlo».
«Sei troppo perfetto per essere vero...» sussurra Nadia, il commento le viene automatico, le esce direttamente dal cuore, ma si perde nel silenzio che cala a poco a poco in sala, via via che le luci si abbassano.
Il sipario si alza, comincia la prima scena con il battitore dell'asta e poi parte l'overture.
Nadia si ritrova a mimare con le labbra quella musica di cui ricorda alla perfezione ogni nota, ogni suono, ogni pausa e ogni crescendo. Così come conosce a menadito ogni parola delle canzoni. Ed è tutto perfetto, i costumi, le voci degli attori... tutto come deve essere, tutto come lei aveva sempre sognato e visto decine di volte in mille filmati su youtube.
E Christine che canta Think of me, e la scenda del camerino e la voce che tuona nel vuoto fino a quando la figura mascherata non prende forma oltre lo specchio.
Nadia trattiene il respiro quando la fanciulla appoggia la mano su quella del Fantasma e lascia che lui la trascini via, verso i sotterranei, nel buio della sua follia e nel profondo del suo amore tragico e incurabile.
La ragazza sente salire il magone. Non è solo perché sa che quella storia non avrà mai un lieto fine, ma è anche perché pensa che non è così che dovrebbe essere un amore. Perché pensa che l'amore è tale solo quando è fine a se stesso e non quando diventa un'ancora di salvezza, un lasciapassare per scappare dal buio.
C'è qualcosa che adesso preme sui suoi pensieri, nuvole cariche di pioggia che minacciano di scatenare una tempesta.
E Christine fa l'unica cosa che non avrebbe dovuto fare, strappa la maschera del Fantasma e lui grida per la delusione e per la paura che lei possa vederlo e diventare automaticamente incapace di amarlo a causa del suo aspetto. Lui la scaglia a terra, inveendo, poi si volta a guardarla...

«Stranger than you dreamt it
can you even dare to look, or bear to think of me
this loathesome gargoyle
who burns in hell,
but secretly yearns for heaven
secretly, secretly...
Oh Christine...
Fear can turn to love
you'll learn to see,
to find the man behind the monster...».

Si era promessa che avrebbe rimandato tutto a domani, e ci mette qualche secondo a diventare consapevole del fatto che sta piangendo a calde lacrime, che c'è qualcosa di profondamente sbagliato nel solo fatto che lei sia lì. Eppure, più le lacrime scendo a rigarle le guance, più Nadia sente il cuore alleggerirsi e le nuvole che le avevano assediato la mente dissiparsi, come per un colpo di vento.
Istintivamente, posa la mano su quella di Mike, che lui aveva lasciato mollemente appoggiata al bracciolo in un modo non proprio casuale. Sente le dita del ragazzo chiudersi con dolcezza attorno alle sue.
Il Fantasma, che era crollato a terra, si rialza e dice alla fanciulla che devono tornare indietro. Loro due spariscono, la scena cambia a segnare la fine della magia.
Non ci sono bei sogni per i mostri.









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Note:
Magie della scrittura e dei personaggi che sanno più cose di quante ne sappia la tizia che tiene in mano la penna: quando avevo cominciato a scrivere il capitolo, avevo scelto il POV di Bruce un po' a caso, giusto perché lui era quello che fino a questo momento aveva avuto meno spazio nella storia, il parallelismo tra lui e Nadia è venuto fuori da solo e confesso che ne vado molto fiera.

Sì, soprassediamo sulla scatola di cioccolatini che Thor porta a Jane su suggerimento di Bruce.

Ok, piccolo tributo alla grande ossess... ehm, al grande amore della mia vita, The Phantom of the Opera di Andrew Lloyd Webber (nel caso l'avatar che uso ovunque sul web non sia abbastanza dimostrativo di questa cosa). E se anche io non avessi un legame particolare con questa opera, non avrei potuto scegliere un musical diverso, perché, anche se le storie e i personaggi sono molto diversi, ci sono davvero dei versi delle canzoni che si prestano moltissimo al parallelismo con Loki.
Quella citata poi è anche quella che dà il titolo alla storia (anche se il significato del titolo è da intendersi in senso molto più ampio e non legato all'episodio della citazione in sé).

Quanto prima risponderò alle recensioni al precedente capitolo, promesso. Intanto colgo l'occasione per ringraziarvi, siete tantissimi a seguire questa storia e siete il miglior stimolo ad andare avanti che una scribacchina possa desiderare. *________*

A venerdì prossimo! ^^
   
 
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