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Autore: Montana    16/11/2012    2 recensioni
Kalòs kaì agathòs. Letteralmente, “bello e buono”.
Una delle prime cose che insegnano al Liceo Classico è questa, la teoria del bello e buono che gli antichi Greci avevano tanto a cuore.
Il tutto è riconducibile nelle due parole greche καλὸς κἀγαθός, la kalokagathia. I miti greci ne sono pieni.
Nell’Iliade tutti danno ragione ad Achille perché è bello e buono, e picchiano Tersite perché è brutto, zoppo e storpio.
Nonostante tutto, anche al giorno d’oggi è rimasta nel nostro subconscio la convinzione che se una persona è bella esternamente dev’esserlo anche all’interno.
A questo Zoe non credeva affatto.
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Ritornando alla sua posizione vegetativa iniziale, Marco registrò il pensiero che doveva chiederle cos’avesse contro la kalokagathia.
Avevano quattordici anni, e quella fu solo la prima volta che le vite di Zoe e Marco si scontravano bruscamente.
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"Quando due forze così grandi si scontrano non possono non lasciare segni su ciò che le circonda, Léon."
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Marco, ragazzo normale, vita normale, amici normali, fino al Liceo.
Léon, padre francese, famiglia rovinata, riflessivo e protettivo.
Zoe, genitori francesi, un passato misterioso, un segreto che non ha mai detto a nessuno.
Destinati ad incontrarsi, destinati a cambiarsi le vite.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le loro vite con Zoe'
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La nostra vita con Zoe

15. Tranquilla, siam qui noi.

 

La cioccolata contiene la feniletilammina, una sostanza chimica che rilasciata nell’organismo stimola il buonumore. Per questo nelle commedie romantiche le protagoniste, col cuore spezzato e magari pure infradiciate da un taxi che è passato un una pozzanghera lasciandole sole al margine della strada, tornano a casa e si arenano sul divano (a guardare altre commedie romantiche) con uno di quei barattoli formato esercito di gelato al cioccolato. E poi ha un odore e un sapore troppo buoni per non rallegrarti almeno un po’.
Zoe, che si sentiva addirittura come la pozzanghera, lesse la scatola della cioccolata in polvere e decise di metterne due bustine nel pentolino, anche se la dose consigliata era una.
Quando si era svegliata Fed era già andata a lavorare, si era alzata stranamente affamata e appunto perché la madre era assente aveva deciso di farsi una cioccolata calda.
Stava giusto per mettere il pentolino sul fuoco quando suonarono al campanello. Posò il pentolino, prese in braccio Jack per tenerlo lontano dal latte e si avviò verso il citofono elaborando una scusa per giustificare a sua madre la cioccolata.
«Fed?»
«Non proprio...»
Se non aveva cominciato a soffrire anche di allucinazioni uditive, quella era la voce di Marco. Premette il tasto per aprire il cancello e corse alla porta.
«Zoe! Possiamo mettere dentro le bici?»
La ragazza ci rimase di sale quando vide fuori dal suo cancello, con le bici e le borse da scuola, Marco e Léon.
«E voi cosa ci fate qui a quest’ora?!» chiese, facendogli segno di entrare.
I due sollevarono due sacchetti bianchi «Colazione?»
Zoe continuava a non capire, così aspettò che appoggiassero le bici alla serra, li lasciò entrare poi chiese «Colazione in che senso?»
«Ieri ci hai detto che quando sei nervosa non mangi, ma sappiamo che se non mangi poi ti sent male quindi abbiamo deciso di prenderci cura della tua dieta. Solo che siamo troppo in sincrono e abbiamo avuto entrambi la stessa idea. quindi abbiamo portato due brioche ciascuno.»
Zoe scoppiò a ridere «Ma io vi amo soprattutto per questo! Quindi neanche voi avete fatto colazione? Vi va una cioccolata calda? Me la stavo preparando...»
I tre amici andarono in cucina e Zoe lasciò a Léon per riuscire a cucinare. Marco invece si tenne a debita distanza dai due felini (soprattutto dal più piccolo),.
«Hai paura dei gatti, Marco?» lo sfotté la ragazza.
«No. Solo se mi stanno vicini e hanno gli artigli.»
«Quindi hai paura dei gatti.»
«No!»
«Va bene. Hai paura.»
«Zitta e cucina, donna!»
Casualmente, Marco fu colpito in testa da un cucchiaio di legno.
Pochi minuti dopo i tre erano seduti al tavolo, con tre tazze di cioccolata e quattro brioche.
«Illustratemi i gusti.»
«Io ne ho prese due alla marmellata.» disse Marco.
«Io due alla crema.»
«Allora adesso ne mangio una alla marmellata, quella alla crema la mangio al’intervallo.»
Mangiarono, chiacchierando e dicendo idiozie come al solito.
«Sapete che la cioccolata aumenta il desiderio sessuale?» se ne uscì ad un certo punto Marco, raschiando col cucchiaio il fondo della tazza.
«Maniaco.» «Uh, sarà per questo che ho voglia di saltarti addosso?»
Zoe guardò allarmato Léon «Non di prima mattina, non dopo aver mangiato, e soprattutto non a casa mia! Guarda che lo dico a Giulia!»
«Ah, ma Giulia lo sa! Sa anche che amo solo lei, Marco lo uso e basta.»
La ragazza si alzò brandendo la tazza contro l’amico «Ninfomane! Siete una coppia di pervertiti! Basta, fate quello che volete, io e Jack andiamo di sopra!»
«Ma stava scherzando!» si precipitò ad aggiungere Marco.
«Lo spero! Ma di sopra devo andarci comunque, non vengo a scuola in pigiama.»
Quando fu sicuro che Zoe non fosse più a portata d’orecchio, Léon si girò verso l’amico dicendo «Scusa! Ti giuro, io non volevo! Scusa!»
Marco si alzò per mettere le tazze ne lavello «Scusa per cosa? Per aver candidamente ammesso che mi usi e basta? Lo sapevo già...»
«Ah. Quindi non sei incazzato perché ho rovinato il tuo piano per la mattinata?»  azzardò Léon.
Marco lo guardò malissimo «Sì che sono incazzato, idiota! Mi sono alzato mezz’ora prima, ho sfidato il freddo a stomaco vuoto, ho strappato a uno di quei maledetti pensionati una brioche alla marmellata perché so che le piacciono, sono arrivato qui e ho trovato te! E non te ne sei andato, no, hai deciso di rimanere a rompere il cazzo!» esclamò.
«Ormai avevo già le brioche...»
«Te le mangiavi con Giulia!»
«È ammalata...»
«Te le mangiavi da solo! E se due ti sembravano troppe, quella che non volevi potevi mettertela...»
«Ehi, calmo, ho afferrato il concetto! Scusami, non lo farò mai più!» disse Léon, alzando le mani in segno di resa.
Marco aprì l’acqua. Seguì qualche secondo di silenzio, poi Léon con tono scherzoso disse «Sei proprio cotto, eh!»
Marco arrossì violentemente «Non è vero!» esclamò, chiudendo l’acqua così di colpo da schizzarsi tutto.
Léon rise «Oh, sì invece, caro mio! Sei un pero!»
«Piantala! È solo che dopo stanotte, una colazione sarebbe stata la conclusione perfetta!» sbottò il moro cercando di asciugarsi.
Léon lo guardò esterrefatto «Cos’avete fatto stanotte, scusa?»
«Abbiamo... no, ma che cazzo vai a pensare?! Abbiamo solo parlato! Al telefono, oltretutto...»
«Ieri sera?»
«No, stanotte. Saranno state boh, le tre. Di solito spengo il telefono, ma quell’inglese deprimente che le piace tanto mi ha letteralmente steso.»
«Ti sei messo a leggere Dickens?! Torniamo al discorso di prima, caro il mio pero!»
«Non era quello il punto! Mi ha chiamato perché non riusciva a dormire e abbiamo parlato un po’. Ho cercato di distrarla, parlando delle cose che abbiamo fatto assieme noi quattro e credo di esserci riuscito. E non sono un pero.»
Léon lo guardò intenerito «Ma guarda, come sei diventato tenero! Che fine ha fatto quella specie di maniaco sempre pronto a dir cazzate?»
«Beh, le cazzate ci sono sempre, sono nel mio DNA. Ma la parte maniaca, anche se mi sembra esagerato chiamarla così, deve scomparire se voglio raggiungere il mio obiettivo, e... porca puttana.»
«Porca puttana cosa?» chiese la voce di Zoe alle spalle di Léon.
Il ragazzo, vista la strana faccia dell’amico, decise di girarsi prima di trovare una scusa plausibile «Porca puttana perché si è dimenticato il riassunto di inglese.» disse poi.
Zoe lo guardò un po’ stranita, ma Léon era sicuro che se le avesse detto la verità, e cioè che Marco era rimasto emotivamente scioccato dalle sue gambe lunghe e sottili che spuntavano nella loro lunghezza e sottigliezza dal vestito grigio che la ragazza indossava, ci sarebbe rimasta ancora peggio.
«Ma è per domani...»
«Sì ma... oggi pomeriggio devo studiare greco e non mi va di fare anche inglese. Comunque qui c’è l’ultima brioche, è tardi, andiamo?» blaterò Marco, cercando di mantenere un certo contegno.
Zoe li guardò ancora qualche secondo come se si stesse chiedendo se fossero i suoi amici o degli alieni, poi scrollò le spalle e andò verso la porta d’ingresso.
Léon tirò una gomitata a Marco, soffocando una risata «Contieniti, pero!»
«Io?! Lei! Non aveva detto niente più gonne?!»
«Infatti quello è un vestito...»
 
All’intervallo i fantastici quattro fecero un giro della scuola (nonostante la frequentassero già da tre anni c’erano così tante scale e così tanti corridoi che Zoe rischiava di perdersi due o tre volte all’anno), Zoe mangiando la brioche e gli altri tre rifiutando i pezzi di quella che lei offriva.
Fortunatamente per Zoe ad un certo punto incontrarono Lorenzo Scotto, con il quale la ragazza continuava ad essere in buoni rapporti, che ricevette in dono l’ultima parte di brioche.
«Zoe, devi mangiare!» la redarguì Adele.
La ragazza sbuffò «merde, ho mangiato una brioche gigantesca questa mattina, e ho bevuto anche la cioccolata! Se vado avanti così altro che anoressia, potrete mangiarmi al posto del tacchino a Natale!»
«Mi dispiace deluderti, ma sinceramente credo che nessuno di noi a Natale mangi... Zoe?» la chiamò Marco, vedendo che si era fermata davanti alla bacheca degli annunci e stava leggendo qualcosa con molto interesse.
Si avvicinarono anche loro «Uhm, ti interessa far parte di una band heavy metal, prendere ripetizioni di francese o acquistare un libro usato?» chiese Léon.
Zoe scosse la testa «No, odio l’heavy metal, e per quanto riguarda il francese non ti rispondo neanche. Mi interessa quello.» rispose, indicando un foglio tra i pochi firmati dalla vicepreside e quindi della scuola.
«Il corso per il patentino? Per il cinquantino? Ma si fa in prima!»
«Lo so, ma non l’ho fatto perché non lo trovavo utile, visto come progettavo fosse la mia vita. Però ho sempre amato la Vespa, non mi dispiacerebbe averne una.»
«Beh, che problema c’è? Vai in segreteria e ti iscrivi, c’è scritto lì!» esclamò Adele.
«Sì, ma un problema c’è! Leggi qui.»
«La prova tecnica? Perché è un problema?»
«Perché non ho idea di come si guidi! La teoria la so bene, la ripassavo con Léon quando ha dato l’esame lui, ma nessuno dei miei genitori ha mai avuto una moto, quindi non ho mai fatto pratica. Quindi mi bocceranno di sicuro!»
Il pessimismo naturale di Zoe andava peggiorando a vista d’occhio, pensarono i tre, bisognava fare qualcosa. E Marco sapeva cosa.
«Basta che trovi qualcuno che ti insegni.» disse infatti.
Zoe sospirò «E chi?»
Léon capì quello che Marco voleva fare, e per espiare la colpa di quella mattina disse «Beh, Marc ha la moto ormai da due anni e non ha mai preso una multa né ha mai fatto un incidente! Potrebbe darti lui una mano!»
Zoe spostò lo sguardo da Léon a Marco «Lo faresti? Sei sicuro?»
Marco sorrise «Certo che lo farei! Dovresti esserne onorata, sono il migliore insegnante in circolazione. Hai un casco?»
«Non credo...» «Beh, ne ho io uno di riserva. Vogliamo cominciare già oggi pomeriggio?»
«Oh, va bene... Aspetta, non dovevi studiare greco?»
Marco aveva stranamente la risposta pronta «Beh, tu non sei mica un miserrimo riassunto di inglese! Allora?»
«Ahahah, grazie, sono molto onorata. Comunque va bene, grazie! Adesso però ci conviene tornare in classe, prima che decidiate di propinarmi qualcos’altro da mangiare.»
Rientrati in classe furono accolti da grida di gioia e festeggiamenti.
«Ok, cosa diamine è successo?» chiese Adele, preoccupata.
Un loro compagno di classe, Paolo, andò loro incontro dicendo «La prof sta assente questa e tutta la prossima settimana! La settimana delle verifiche! Saltiamo tutte le verifiche!!!»
Prima che uno qualunque di loro quattro potesse anche solo elaborare l’informazione, Paolo si avventò contro Zoe e la prese in braccio, poi la fece girare ridendo dei suoi insulti.
Chi non rideva per nulla era Marco, al quale Léon dovette dare più di una gomitata prima che smettesse di fulminare il compagno con lo sguardo.
“Ah, ma oggi pomeriggio non ci saranno rompicoglioni, non mi resta che attendere...” pensò, per farsi forza.
 
Quel pomeriggio quando arrivò davanti a casa sua Marco trovò Zoe fuori dal cancello ad aspettarlo. Con sua somma gioia si era messa qualcosa di più consono ad un viaggio in moto, anche se vederla con i jeans era comunque strano.
Mise la moto sul cavalletto e passò un casco alla compagna.
«Mi sono resa conto che c’è un problema...» disse lei prendendolo.
Nei secondi precedenti al continuo della frase, Marco pensò a tutti i peggiori problemi possibili, compresa l’Apocalisse e un qualche disastro naturale. Quindi, quando Zoe si limitò a dire «Su un cinquantino in due non ci si può andare» dovette trattenersi dallo scoppiare in una risata liberatoria.
«Come sei ingenua, piccola Zoe! È una delle regole meno rispettate del codice stradale. Non ci faranno una multa per questo! Dai, sali.»
Titubante, Zoe accettò «Devo attaccarmi a questa specie di portapacchi qui dietro o a te?»
«Non voglio sapere cosa intendi con “questa specie di portapacchi”... comunque dove vuoi, basta che ti tieni. E anche forte, è meglio.»
«Forte? Perché?!»
Marco scese dal cavalletto e mise in moto sogghignando «Perché l’altra regola poco rispettata è il limite di velocità!»
Non erano neanche arrivato in fondo alla strada che Zoe gli si era già attaccata saldamente come un mollusco ad uno scoglio, gridandogli in un orecchio di rallentare e altre cose in francese che non capì ma immaginò fossero perlopiù insulti.
Quando arrivarono al parcheggio deserto del cinema dove avevano deciso di provare, e finalmente Marco spense il motore, Zoe scese dalla moto molto più bianca del solito e tremando.
«Non fare mai più una cosa simile.» balbettò «Se si chiamano limiti massimi di velocità, e non minimi, c’è un motivo!»
Marco ridacchiò «Credimi, dopo un po’ i 50 cominciano ad annoiarti, e quando finalmente ti fai togliere i blocchi dai freni ti senti in paradiso. Ora vuoi iniziare questa lezione oppure no?»
Le spiegò brevemente i comandi e le lasciò fare qualche giro del parcheggio. Quando, circa mezz’ora dopo, riuscì finalmente a fare tutto ad una velocità superiore ai 10 km/h (ma non più dei 20) senza incertezze e fermandosi agli stop, e tornò davanti all’amico, il pallore e il tremore erano scomparsi.
Marco la aiutò a mettere la moto sul cavalletto poi finse di aspettare prima di dare un giudizio.
«Allora? Come sono andata? Lo so, ho saltato quello stop là in fondo, ma insomma...» cominciò a straparlare lei togliendosi il casco, rossa in viso per l’agitazione e per l’aria fredda.
«Calma, calma! È solo la prima lezione, insomma, cose basilari... ma sei stata bravissima! Un altro po’ di lezioni e sarai...»
“E sarai pronta per il patentino” avrebbe voluto dire, ma fu letteralmente travolto dall’abbraccio spezza-costole di Zoe.
«Grazie, grazie, grazie, grazie!» cominciò a ripetergli, frammentando le parole con delle risatine nervose per l’ansia.
Il ragazzo rimase piacevolmente stupito da cotanta manifestazione di gratitudine «Beh, prego. Per te ci sono sempre, te l’ho detto.»
Zoe si ritrasse un po’ imbarazzata, forse rendendosi conto di aver esagerato, visti i precedenti.
«Sì, beh... sì, grazie. Torniamo? Fed si starà preoccupando... Giuro che stavolta stringo di meno!»

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Buonaseeera! Come va? Siete stati colpiti da un qualche disastro naturale/un serial killer vi ha rapiti?
No? Allora perché non recensite? -.-
Ringrazio il mio Madelino1601 per essere così aignante da averlo fatto comunque <3
Allora, direi che particolari appunti da fare in questo capitolo non ne ho! Il titolo è preso da "Gli anni" degli 883 (in onore della mia amica che assolutamente non può sopportarli), e anche il giro in moto dei nostri due adorabilissimi amici. Perché dai, non sono adorabili?! *-*
Le informazioni sul cioccolato le ho prese da Wikipedia e dalle mie scarsissime conoscenze in chimica, quindi non assicuro nulla.
Al prossimo capitolo, con una svolta! ;)

  
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