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Autore: Harukichi    17/11/2012    6 recensioni
Nel 1566, a Londra, la peste, che dilagava in ogni dove, ha fatto chiudere tutti i teatri, ma un uomo, che senza di esso, si sente vuoto e perso, si ritrova, insieme a degli amici fidati, in una taverna nascosta dall’oscurità della notte, a raccontare la storia di come lui abbia scoperto cosa significa amore e il dolore che esso porta con sé come suo fedele scudiero.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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William, una volta ritiratosi nelle sue stanze, come un preda al panico, cerca affannosamente qualcosa nella cassettiera davanti al letto; ad un certo punto si immobilizza, pietrificato da ciò che sta guardando; le lacrime cominciano a segnare il suo viso, dalla cassettiera estrae un sacchetto, sembra un banalissimo sacchettino di seta ma guardandolo con occhio attento si scorge lo stemma della casata Hughes.
Ora tutto ritorna alla mente di William, gli era sembrato fino a quel momento che raccontare la sua storia a quella cerchia ristretta gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe liberato da lei, invece no, vedere quel sacchetto significava che era esistita e che tutto ciò che in quegli anni aveva cercato di nascondere a se stesso è vero.
Si lascia cadere sul letto e affonda il viso, ormai bagnato da lacrime che erano sempre rimaste dentro di lui, nel cuscino. Rimane lì per parecchio tempo, nella sua mente un turbinio di informazioni e ricordi girano vorticosamente senza riuscire a fermarli, non può, non vuole, non deve, deve riuscire a reagire, in tutti quegli anni aveva vissuto passivamente e si era ripromesso tante volte che non avrebbe più pensato a lei, ma mentiva, mentiva a se stesso sapendo di mentire.
All’imbrunire, arriva Ann, che con un colpetto alla porta, avvisa William che la cena si sarebbe servita a pochi minuti e che avrebbero avuto ospiti, William si risveglia da quella sorta di turbinio e si stupisce del fatto che ci sarebbero stati ospiti.
Prende la sua giacca migliore, quella di Elisabeth, e , dopo essersi guardato allo specchio per constatare di non avere nulla fuori posto, apre la porta e scende le scale.
Ann lo saluta con un sorrido dolce e gli riferisce che la signora sarebbe arrivata tra breve con gli ospiti, lui le domanda se conosceva chi sarebbe arrivato e lei, scusandosi, risponde che di non conoscerli, anche se la signora le aveva detto che erano persone importanti e che sia lei e William si sarebbero dovuti vestire in un modo più elegante possibile e sfoggiare la poca argenteria che avevano ancora in casa.
William continua a essere molto stupito per quelle richieste e dopo aver ringraziato la cara signora per la sua cortesia si appresta a  preparare il camino.
Sta sistemando i ciocchi di legno con l’attizzatoio e aumenta la fiamma con il mantice, quando sente delle voci in sala da pranzo e Diane che lo chiama con  uno strano tono affabile che non aveva mai avuto, se no quando gli aveva detto “sì” sull’altare davanti al pastore; lui poco dopo si affaccia alla porta della sala per dire che aveva preparato il camino ma le parole gli si bloccano in gola, sente il suo cuore fermarsi e una fitta lancinante lo trafigge,  si sente svenire, la vista si offusca e il suo colorito svanisce. Di fronte a lui Elisabeth, con uno sguardo sconvolto guarda il suo conoscente che si lascia cadere al suolo; di fretta Ann tenta di farlo rinvenire non capendo la ragione del suo malessere, Elisabeth spaventata dalla reazione di William accorre e va ad aiutare la signora Ann, in tutto questo Diane rimane impassibile e guarda il Generale Thompson nel tentativo di capire se aveva fatto una cattiva impressione o meno.
William si risveglia sul divanetto in salotto, è confuso, ricorda solo di aver visto Elisabeth ha crede sia un sogno, quando però senta le sua voce, così dolce e melodiosa, domandargli con tanta premura come si sentisse, non aveva dubbi era lei e si chiese cosa ci facesse a casa sua. Elisabeth ancora un po’ scossa per l’accaduto si avvicina a William, facendolo sussultare, erano anni che i due non si trovavano così vicini ma in un attimo si sentono, entrambi come se quegli anni fossero spariti. Lui la guarda negli occhi, i suoi bellissimi occhi verdi che lo hanno sempre fatto poetare; lei scorge il suo sguardo e timidamente lo guarda negli occhi, le si arrossano le gote e con voce ancor più melodiosa di prima sussurra: “Scusami Will, forse non era il caso che venissi” con voce quasi rotta dal pianto, si alza dal divanetto, dove lui era disteso; William si alza di scatto e con coraggio le prende la mano e la bacia, sente ancora quel calore che la contraddistingueva e sente quel suo profumo così intenso e dolce che per un momento lo portano indietro nel tempo.
Intanto nella sala accanto si stanno per servire i primi piatti e quando notano che Elisabeth e William stanno arrivando, un sorriso li accoglie. Lei si siede di fianco al marito e lui a capo tavola, come è giusto che sia. Dopo aver posto qualche domanda a William per sapere come stava e la cagione del suo malessere, alle quali risponde non comprendere neanche lui, Diane presenta gli ospiti a William dicendo: “William caro, questi sono il signor e la signora Thompson” e rivolgendosi al generale dice: “Generale Thompson, lei certo conoscerà mio marito William Shakespeare, è un grande drammaturgo e poeta, ne avrà sentito parlare di certo”,William si stupisce di sentire quelle soavi parole uscire dalla bocca di Diane, non ricorda quando era stata l’ultima volta che l’aveva sentita dire William caro, o forse non glielo aveva mai detto. Per tutta la cena, la conversazione, è un continuo botta e risposta tra il generale e Diane, mentre Elisabeth e William rimangono in silenzio e ogni tanto si lanciano sguardi furtivi.
La cena termina e gli ospiti vengono accompagnati all’uscio da William e Diane, Elisabeth ringrazia Diane per la cena meravigliosa e la ringrazia per l’ospitalità ricevuta e velocissima si inchina a William ringraziandolo e dicendo che era stato un onore sedere alla stessa tavola di un così illustre uomo; William, confuso all’idea che Elisabeth si fosse presentata come se non lo conoscesse, ringrazia il generale e Elisabeth dicendole che era lieto di aver fatto la sua conoscenza e che sicuramente ci sarebbero state altre cene.
Rientrati in casa, Diane si rivolge come suo solito a lui e gli comunica che sarebbe andata subito a dormire in quanto la serata era stata molto stancante. Lui risponde che sarebbe arrivato tra breve e si siede nella sua comoda poltrona davanti al camino, ripensa alla serata appena strascorsa e l’imponente orologio dietro di lui suona le ventuno in punto, William si risveglia dai suoi pensieri e si prepara per uscire, deve andare dal suo pubblico che lo aspetta ansioso di sentire la sua storia.
Furtivo si dirige verso la porta sul retro ma viene intercettato da Ann che con sguardo ammonitore gli impedisce il passaggio, lui cordialmente gli spiega che doveva andare e lei lo lascia passare.
Si dirige verso la solita taverna, in quello stretto vicolo oscuro che non prometteva nulla di buono e vede che c’è già il piccolo pubblico che si sta preparando e reclama la sua presenza.
Entra dal retro e pensa ad un’ entrata ad effetto per apparire sul palco e lasciarli stupiti.
Sa cosa fare e inizia:

“Quali lacrime di Sirene devo aver bevuto
stillate da alambicchi immondi come inferno,
 per dar paura alle speranze e speranze alle paure,
 sentendomi sconfitto in ogni mia vittoria!
Quali misere colpe può aver commesso il cuore,
quando si credeva al sommo d’ogni gioia!
Come vagavan fuori dalla orbite i miei occhi

nell’eccitazione di delirante febbre!
O vantaggio del male: ora solo riconosco
che sempre il bene è dal male reso migliore
e che l’amore infranto, ricostruito a nuovo,
cresca ancor più bello, più forte e ben più grande.
Così mortificato, ritorno all’amor mio,
e dal mal guadagno tre volte quel che ho perso.”

Illuminato da una fioca luce si mostra al pubblico dopo aver decantato queste parole e guarda i volti delle persone che rimangono allibite da quell’entrata così particolare e inaspettata.
“Signori, grazie di essere qui anche quest’ oggi, ne sono molto lieto, queste mie parole che or ora avete udito, sono parole che scrissi per lei, Elisabeth”. È la prima volta che nomina questo nome davanti al suo pubblico e si sente avvampare ripensando alla serata appena trascorsa con lei ma prosegue dicendo: “ Sì, dopo qualche settimana di nostra conoscenza, dovuta all’opera che mi aveva commissionato, incominciai, su sua richiesta, a chiamarla per nome; sapete era la prima volta che qualcuno, dopo avermi commissionato un’opera,  veniva a trovarmi quasi tutti i giorni per chiedere come procedeva il lavoro e con quanta insistenza, io le ho sempre risposto che non le avrei detto nulla fino a quando l’opera non fosse stata pronta e arrivata al termine. Ma lei continuava a tornare e, dopo qualche tempo, cominciammo a vederci anche senza quella banale scusa, avevamo capito che cosa provavamo l’uno per l’altra e io, a quel punto, cominciai non solo a scrivere la sua opera ma anche a scrivere queste parole che vi ho decantato poco fa, non ero io a volerlo, era il mio cuore che ricolmo di amore, amore vero, parlava apertamente e lasciava che la mia mano scrivesse questo. Io le leggevo le mie composizioni e lei ne rimaneva sempre colpita e desiderava poterle avere, ma sapete, ancora oggi anche se non possiedo più quei miei scritti, ricordo tutto ciò che le scrissi e perché rimase marchiato a fuoco nel mio cuore e nella mia mente.”
Il pubblico è catturato dalle sue parole, le donne hanno il volto mosso a compassione per quella povera anima che sta aprendo il suo cuore e gli uomini, anche se non vogliono mostrarlo apertamente, sono molto colpiti dalla capacità che un solo uomo ha di esprimere tanto amore in così poche parole come aveva fatto lui.






Note: ciao a tutti! scusate per il ritardo ma il mio capo ha deciso di non farmi dormire, mi ha dato un lavoro esagerato che mi ha dato che non mi ha lasciato neanche respirare, scusatemi davvero tanto!! Farò in modo che non capiti più.
Comunque ringrazio tutti quelli che mi seguono e che recensisco, ho seguito i consigli che mi sono stati lasciati per quanto riguarda la grandezza del carattere, spero che così vada bene.
Ho notato che io e la Storia abbiamo un rapporto molto strano infatti ,i più attenti di voi, si saranno accorti che non ho dato dei riferimanti storici veri, perchè nel 1566 Shakespeare ha solo 2 anni e, secondo la mia storia non è così, quindi mi scuso per questo enorme errore dato dalla mia ignoranza e spero che continuiate a leggere anche se non ho dato dei veri riferimenti storici.
Detto questo vi ringrazio ancora tutti per aver atteso che aggiornassi!!
Ciao
Harukichi <3



 

  
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