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Autore: MightyZuzAnna    17/11/2012    2 recensioni
Una figura misteriosa correva nel cuore della notte lungo le antiche mura della città rincorsa da un paio di guardie. La figura era avvolta in un lungo mantello nero, il cappuccio gli copriva gran parte del volto. Lo sconosciuto si fermò davanti al muro, si girò e si vide circondato da altre guardie, gli puntarono una forte luce ed egli abituato al buio della notte, si coprì per metà il volto col braccio, qualcosa da sotto l’arto e il cappuccio sbrilluccicò. Involontariamente scostò un po’ il tessuto rivelando in parte una maschera nera e bianca a forma di farfalla. Le decorazioni nere e argentee brillavano come piccoli diamanti. Lo sconosciuto ghignò nonostante non avesse vie di fuga, eppure la notte del 14 luglio 1766, la figura conosciuta come il ladro più ricercato del secolo detto anche ‘Butterfly’ scomparve lasciando al suo posto, come ricordo della sua esistenza, la maschera a farfalla. A più di tre secoli di distanza, la leggenda del ladro ‘Butterfly’ ritornò più viva che mai.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap.7 "La partenza di Felix - Dal diario di Elizabeth pt. 1"

«Felix…» mormorò sconvolta. I suoi occhi, di un azzurro che ormai tormentava inconsciamente le notti e i giorni di Sora, e le sue parole non potevano che confermarle quell’ipotesi nata all’improvviso.
«L’hai capito, finalmente» disse ironico, ma con un sorriso così dolce che la fece inevitabilmente arrossire.
A disagio, Butterfly iniziò a borbottare: «Come credevi che io pot…» fu interrotta dalle labbra morbide e umide di Blue Bird che si posarono delicatamente sulle sue.
«Parli troppo» sussurrò il ragazzo con un sorriso malizioso, e tornò a baciarla. Lei non si mosse, sentendo il cuore battere impazzito, come se volesse uscire fuori, e credette che persino lui potesse sentirlo; inconsapevolmente ricambiò.
Quando Felix si separò nuovamente, per Sora sembrò troppo presto e protestò debolmente, ma capì che il ragazzo aveva sentito un rumore sospetto; le passò la maschera e le intimò di indossarla alla svelta.
«Dobbiamo andarcene da qui» disse risoluto lui. «Sai dove sbocca questa strada?»
«No»
«Va bene, lo scopriremo. Vai avanti prima tu, io ti copro le spalle»
La stradina, man mano che i due avanzavano, si faceva sempre più stretta costringendoli a strisciare contro i muri; Butterfly iniziava ad agitarsi, non credeva di essere claustrofobica.
Blue Bird, di tanto in tanto, guardava indietro per assicurarsi che nessuno li seguisse; fu così che rivoltandosi perse di vista la ragazza. Spalancò gli occhi sorpreso e si affrettò a uscire; una volta libero da quello spazio angusto, gli si presentò tortura peggiore: Butterfly tenuta ferma dal braccio di un agente sotto il collo e una pistola puntata alla sua tempia.
«Lasciala andare subito!» tuonò il ladro, mantenendo al contempo una certa calma apparente; dentro si sentiva irrequieto e soprattutto molto, molto spaventato.
«Tu seguimi senza fare storie e alla tua amica forse non sarà fatto nulla» ghignò il poliziotto, iniziando a pregustarsi le lodi e la ricompensa dell’ispettore.
Butterfly si mosse, incapace di rimanere ferma senza tentare di crearsi una via di fuga, ma l’uomo strinse di più la presa facendola gemere di dolore e quasi soffocare.
«Sta ferma, ragazzina» sbottò l’agente, puntando tutta la sua concentrazione su di lei. E questo gli fu fatale.
Blue Bird, in un attimo, gli fu addosso e con un calcio ben piazzato fece volare via la pistola dalla mano del poliziotto; la ladra quindi si liberò facilmente e corse dall’altra parte della strada per non essere riacciuffata. L’agente afferrò il taser che teneva alla cintura.
«Vai via, Butterfly» digrignò Blue Bird, tenendo la concentrazione alta.
«Non ti lascio da solo!» sbottò lei, mettendosi in posizione, pronta a scattare.
Una scintilla partì dall’arma dell’uomo con un forte schiocco, attirando l’attenzione dei due, che stavano per mettersi a discutere dei motivi per cui Butterfly sarebbe dovuta scappare.
Con un solo sguardo d’intesa, i due ladri scattarono all’unisono; uno scartò lateralmente mentre l’altra attaccò frontalmente. L’agente si distrasse e fu subito atterrato da un calcio del ragazzo; poi, per non avere problemi in seguito, fu fatto svenire con un altro calcio al volto.
«Questo gli farà un bel po’ male da sveglio» mormorò Blue Bird, osservando con sguardo vacuo l’uomo.
«E’ meglio andare prima che si riprenda»
Il ladro annuì e l’afferrò per mano trascinandola a qualche isolato di distanza. Una volta messa abbastanza distanza tra loro e possibili inseguitori, Felix spinse contro il muro la ragazza, sbattendo la mano chiusa a pugno sui mattoni, e guardandola duramente.
«Non hai letto il diario, vero?» ruggì sottovoce.
Sora trasalì spaventata, spalancando gli occhioni grigi sorpresa: non si era mai rivolto a lei in quel modo. Molto lentamente annuì e con ansia crescente aspettò impaziente la reazione di lui.
«Ti avevo detto di farlo!»
«Io… Io non ne ho avuto il tempo» provò a giustificarsi Butterfly, con un grosso nodo alla gola.
Gli occhi azzurri dardeggiarono furiosi. «Perché sei venuta? Rischiavi di morire, maledizione!» disse il ragazzo, e d’un tratto sembrò perdere tutte le energie che in quegli attimi aveva dimostrato di avere; si passò stancamente una mano tra i capelli. Non si era nemmeno accorto di aver perso il cappello da poliziotto, e si allontanò dal corpo della ragazza.
«Felix…» sussurrò Sora, allungando una mano per accarezzare la guancia ispida dell’amico; con grande sollievo, lui non si ritrasse. «Mi dispiace averti fatto preoccupare»
«Non ci sarò sempre a proteggerti, questa notte parto» mormorò afferrando la mano della ragazza e baciando lievemente il palmo.
Sora arrossì un po’, ma non si fece distrarre da quelle attenzioni così piacevoli. «Dove vai? Perché devi partire? Tornerai?»
«Non posso dirtelo»
«Perché?» chiese sofferente. Felix chiuse gli occhi in un’espressione dolorosa e Butterfly si sentì morire: non aveva mai visto l’amico in quel modo. Si morse le labbra, trattenendo a stento le lacrime che minacciavano di uscire.
«Tornerò» promise lui, avvicinando i loro volti. Le diede un piccolo bacio e una lacrima solcò la guancia della ragazza, che serrò le labbra per non far sfuggire un singhiozzo. «La prossima settimana ci rivedremo»
«Dove?» chiese con le lacrime che ormai le inondavano il viso reso rosso nello sforzo di trattenerle.
«Non piangere, ti prego» le circondò il volto con le mani e con i pollici cercò di asciugare quelle stille salate. «Ci rivedremo alla festa di Williams»
«Williams?! Come fai a conoscerlo?!» disse Butterfly sconvolta, spalancando gli occhi e smettendo per un attimo di piangere.
«Non posso dirtelo»
Sora si scostò bruscamente e lo guardò malamente. «Smettila di dirmi che non puoi!»
«Avrai le spiegazioni, ma tutto a tempo debito»
«Io le esigo adesso!»
«Sora! Cerca di metterti nei miei panni! Non posso dirti nulla, per il momento!» sbottò malamente, rifilandole un’occhiataccia; occhiataccia che fu ricambiata pienamente con l’aggiunta di un piede pestato.
Dopo un po’ Blue Bird sospirò, passandosi per l’ennesima volta una mano tra i capelli, e mormorò a sguardo basso: «Torniamocene a casa»
S’incamminò senza aspettare risposta; Sora s’innervosì un po’ a questo suo comportamento, ma con un sorriso malinconico si disse che quello era il suo carattere, e lo seguì.
Lo affiancò quasi subito e con il cuore che le batteva impazzito nel petto, afferrò la sua mano; lui non la ritrasse, anzi ricambiò la stretta, facendo nascere un piccolo sorriso alla ragazza, che, contrariamente a quanto sembrasse, non si era affatto dimenticata che erano ancora in pericolo.
Solo quando furono nelle vicinanze della loro casa si sentirono abbastanza sicuri da dividersi per arrampicarsi ognuno nella propria camera.
Sora si spogliò degli abiti da ladra e indossò le prime cose che le capitarono sotto mano, un pantaloncino nero corto e una maglietta a mezze maniche larga che le lasciava una spalla scoperta, e uscì silenziosamente dalla stanza, per finire davanti alla camera da letto di Felix.
Prese un profondo respiro e, con il cuore a mille e le guance rosse, bussò lievemente, aspettando una risposta vocale da parte del ragazzo, che però venne ad aprirle per poi ritornare al centro della stanza mal illuminata dalla luce di una bajour posta sul comodino. Seduto a gambe incrociate, controllò un’ultima volta il borsone da viaggio che aveva preparato. La ragazza richiuse la porta alle spalle e, con una morsa dolorosa al cuore, osservò il ragazzo occupato a preparare i bagagli. Provò l'irrefrenabile impulso di abbracciarlo e così fece.
Lo abbracciò da dietro, facendolo sussultare per la sorpresa, e cercando di trattenere i singhiozzi lo pregò ancora una volta di non partire; Felix posò una mano calda sul braccio che gli circondava il collo e sospirò, voltandosi leggermente verso di lei.
«Non posso rimanere, Sora»
«Perché? Perché oggi?» chiese con le lacrime che ormai scorrevano libere sul suo volto. Perché proprio nel giorno in cui si era resa conto che lo amava?
«Non piangere. Ci rivedremo presto, è una promessa»
«Ma io non voglio che tu te ne vada, non dopo quello che ho capito oggi»
Ormai anche il volto di Felix era una maschera di dolore e dolcezza allo stesso tempo.
Perché l’amore doveva essere così maledettamente doloroso? Stavano esagerando a reagire in quel modo, sapendo che si sarebbero rivisti dopo una settimana? No, non stavano esagerando, entrambi ormai erano diventati dipendenti l’uno dall’altra.
Con foga il ragazzo si fiondò sulle labbra morbide di Sora, baciandola appassionatamente e spingendola delicatamente sul pavimento. Le lingue si sfiorarono, accarezzarono esitanti i palati, si cercarono e si rincorsero per molto tempo, finché non si dovettero separare per mancanza di fiato. Felix, però, prese a baciarle il collo, facendola rabbrividire e sussultare quando le fece un succhiotto proprio sopra la clavicola, che si intravedeva dalla spalla scoperta, e sulla gola; il ragazzo sorrise maliziosamente, facendola arrossire, e riprese a baciarla, questa volta con più dolcezza.
«In tutti gli anni che ci conosciamo non ti ho mai visto arrossire così tanto» le sussurrò, sfiorandole con le labbra l’orecchio e facendola diventare ancora più rossa per l’imbarazzo.
Sora provò a balbettare qualcosa, ma si ritrovò con la bocca nuovamente occupata. La mano di lui corse a carezzarle in fianco, fino a scivolare con assoluta naturalezza sotto la maglietta color panna della ragazza, che sussultò nuovamente e guardò spaventata Felix, non si sentiva decisamente pronta per un passo del genere; il moro dovette capirlo perché sorrise e si fermò, lanciando un’occhiata all’orologio da polso che indossava.
Si mise seduto, trascinandosi anche Sora, e la tenne stretta a sé ancora un po’, prima di sospirare tra i suoi capelli rossi.
«Devo andare»
«No» gemette lei, aggrappandosi alla maglietta di Felix.
«Devo andare» ripeté, senza però voler accennare a muoversi; le accarezzò dolcemente la testa e si separò da quell’abbraccio. «Ci vediamo»
Le diede un piccolo bacio sulla fronte che la fece scoppiare nuovamente a piangere e, avendo lanciato il borsone giù dalla finestra, si calò da essa.

Sora, con molta riluttanza, lasciò la camera del moro dopo molte ore, quando il mattino stava ormai albeggiando, per rinchiudersi nella propria, decisa a non uscire prima di mezzogiorno; nessuno l’avrebbe disturbata poiché era domenica.
Riuscì ad addormentarsi verso le otto e mezza del mattino, con un peso sul cuore; la stanchezza era tanta che cadde in un sonno profondo, senza né sogni né incubi.

Si svegliò dopo le due e mezza del pomeriggio. Scese in cucina, intontita, e come prima cosa andò a prendere dal frigo una lattina di coca cola; poi notò il post it appeso allo sportello da parte di Emy, che le comunicava che era uscita insieme a Mike e Kristen.
Sola. Era sola. Ed era doloroso.
Con passo trascinato salì le scale, attraversando il piccolo corridoio e passando di fronte alla porta chiusa della camera di Felix. Rivolse un'occhiata ostentata a questa e proseguì sorseggiando la sua bevanda come in trance.
«Devo leggere il diario» si disse, osservando il piccolo quaderno rilegato in pelle posto su una pila di libri sulla scrivania. Non ne aveva voglia, ma si costrinse: in fondo aveva fatto una promessa a Felix.
Si sedette e, con accuratezza, aprì il diario che scricchiolò leggermente; la grafia raffinata e minuta, le pagine ingiallite e quell’odore di antiquato risvegliò qualcosa dentro di lei: un’antica passione per i libri. Iniziò a leggere, con un po’ di fatica per l’inchiostro poco leggibile:
 

Diario privato di Elizabeth Thompson.
Il mio compito è quello di trascrivere le storie dei personaggi importanti dell'organizzazione. Scelsi Elisewin.

Elisewin era una bambina quando venne iniziata all’organizzazione, aveva appena dieci anni. La Sorella la scelse personalmente, rendendola sua allieva, un onore per tutti quelli qui dentro.
In una notte d’inverno del 1758, Elisewin fu svegliata e trascinata, dopo che le cameriere l’avevano preparata con cura, nella Sala d’Inverno, adibita alle cerimonie. Lei era l’unica bambina nel gruppetto di dieci ragazzini.
Il Padre eseguì il rito in un silenzio religioso da parte nostra. I bambini ripeterono le regole dell’organizzazione Sunset, giurando fedeltà e porgendo la mano all’uomo imponente al centro della sala, che, con un pezzo di ferro, li marchiò. Loro sussultarono presi di sprovvista; qualcuno gemette, qualcun altro aveva il viso rosso nello sforzo di trattenere le lacrime. Elisewin teneva fieramente la testa alzata, sfidando con gli occhi zaffiro il Padre e mordicchiandosi il labbro inferiore pur di non far uscire un suono; qualcun altro la imitò: un bambino poco più basso di lei, con il volto spigoloso e piuttosto magrolino.
Mi chiesi come potessero credere che un bambino mingherlino come lui potesse sopravvivere ai duri allenamenti dell’organizzazione.
Tra i due bambini vi fu uno scambio di sguardi: si sfidarono a non abbassare mai lo sguardo, dando così inizio a una serie di scontri continui.
Questa è la storia di Elisewin, la storia di mia sorella.

 

Sora dovette interrompersi: il tempo aveva rovinato alcuni fogli e si ritrovò a doverne saltare. Borbottò un paio di insulti e sfogliò il diario, si fermò solamente quando riuscì a decifrare una pagina.
Sospirò. Era parecchio confusa, cosa c’entrava tutto questo con lei? Scosse la testa e riprese a leggere.
In quelle vicende venivano narrati i primi addestramenti di Elisewin e della sua amicizia/rivalità con Axel, il bambino mingherlino di quella fredda sera di gennaio. E così si continuava, dovendo saltare alcuni paragrafi, fino a quando la bambina non diventa una donna di diciassette anni.

«SORA!» urlò Kristen, irrompendo nella camera della ragazza e facendola inevitabilmente sussultare spaventata.
«Che diamine ti prende, Ten?! Mi hai fatto prendere un accidente!» sbottò Sora inviperita.
«La prossima volta rispondi quando ti chiamiamo!» la rimbrottò, per poi notare il quaderno stretto al petto della rossa. «Che stavi leggendo?»
«Niente di che. E’ solo un libro che Felix mi ha prestato»
«A proposito di Felix! Sai che cosa ha fatto quel disgraziato? Se ne è andato in piena notte senza lasciare nemmeno un biglietto! Ha chiamato stamattina dicendo che doveva tornare a casa o qualcosa del genere e ha chiuso subito!»
«Davvero? Non ha detto nient’altro? Per esempio dov’era?» chiese Sora speranzosa, stringendosi ulteriormente il diario al seno.
Kristen scosse la testa e si sedette sulla scrivania, scrutando con occhi attenti il volto intristito della liceale. «Ti sei innamorata di lui?»
«Cosa?!» strillò Sora rossa in volto, presa alla sprovvista; dopo un attimo di silenzio annuì.
«Glielo hai detto?»
«No»
«Glielo dirai?»
La ragazza rimase in silenzio, non sapendo come rispondere. Si chiese quando avrebbe potuto dirgli che lo amava; il suo volto si fece ancora più afflitto.
Kristen si alzò e si avviò verso la porta, voltandosi a guardare la rossa immersa nei suoi pensieri.
«Sora» la chiamò; lei si voltò con lo sguardo perso. «Ha detto che ti avrebbe chiamata»
«Grazie, Ten» ringraziò Sora, con un sorriso sincero.
«Su con la vita, tornado! Tra poco si mangia!»
La bionda le regalò un ultimo sorriso e chiuse la porta alle sue spalle.



L'Angolo della Sadica:
Salve gente *ghigno malefico*
Sono tornata, contenti?! Bene, bene! Cosa vediamo qui? Felix e Sora a sbaciucchiarsi, che teneriiii *tono mellifluo* e poi accidenti, lui è dovuto partire chissà per quale motivo! E quando la nostra protagonista preferita gli chiede spiegazioni lui risponde di mettersi nei suoi panni, piuttosto intelligente e confuso il ragazzo... non le ha detto niente e pretende che lei si metta nei suoi panni, bah!
Chi saranno questi Elizabeth, Elisewin e Axel? Cosa avranno a che fare con Sora e il suo essere ladra?
Lo scopriremo insieme quando avrò scritto il capitolo! (di cui per il momento non ho nemmeno uno straccio di idea... bella fregatura...)

Vorrei ringraziare come al solito
Guitarist_Inside per esserci sempre, per recensire e per farmi da correttrice di bozze ;)
Poi vorrei ringraziare tutte le persone che hanno fatto 132 visite al primo capitolo e a quei 16 che sono arrivati al sesto capitolo! Anche il vostro sostegno è importante! Fatevi sentire di tanto in tanto! Come ho già detto, non mordo mica! (mordere, forse potrei essere velenosa XD)
E ora vi lascio ;)
La vostra Sssssadica preferita (mi auto proclamo vostra Ssssadica preferita U.U)

  
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