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Autore: shony    18/11/2012    0 recensioni
«Jann, ha idea di quanto sia lunga una settimana?»
L’uomo sospirò per l’ennesima volta, trattenendo la calma. Ma non ci sarebbe riuscito ancora per molto.
«Sette giorni, lo so»
«E lei vuole che io» la ragazza si indicò, con lo sguardo assottigliato verso il suo capo «faccia questa cosa per una settimana? Nemmeno fossero i Beatles!»
Lo sguardo dell’uomo si spalancò e guizzò dalla figura davanti a lui alla foto sotto i suoi occhi, sullo schermo del computer. Era ovvio che non potessero essere paragonati ai Beatles, ma il business prevedeva anche un po’ di guadagno in tutti i campi musicali. E quella ragazza non gli avrebbe fatto passare la voglia di perder tempo e guadagnare poco denaro.
«Turner, cavolo! Lavori per il Rolling Stone, vuoi per caso essere licenziata?»
A quelle parole Sophie trasalì e, finalmente, si convinse.
Avrebbe seguito un gruppo nel proprio sogno, certo, peccato che per lei fossero solo degli stupidi ragazzini.
Cinque ragazzini sorridenti e spigliati, neo superstar, non sarebbero mai stati come i Beatles, ma Sophie Turner li avrebbe elogiati tantissimo lo stesso, volente o nolente.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*
Prologue

They're not like the Beatles






«Ragioniamoci su» aveva proposto l’uomo dietro l’angusta scrivania di legno.
Erano presenti solo due persone in quella stanza alternativamente classica e elegante: un uomo sulla cinquantina, serio in volto, e una donna giovane che, spaventata e spazientita, stringeva tra le mani il proprio iPhone nuovo di zecca. Chissà che non lo stesse distruggendo con la stretta ferrea con cui lo teneva.
«Sì, ragioniamoci su» convenne lei, dall’altro lato del mobile.
Entrambi sapevano che quella era una discussione di poco conto – specie se paragonato alle altre miriadi di litigate che ebbero e che avrebbero avuto in futuro – riguardo la sfera lavorativa, ma la ragazza non voleva proprio saperne della proposta che il suo capo, Jann Wenner, le aveva appena accennato.
Sophie Turner era stufa di quella palese pagliacciata da parte del proprio datore di lavoro. La voleva prendere in giro? Bene, ma lo scherzo non poteva di certo durare tutto quel tempo che le aveva indicato in precedenza.
«Jann, ha idea di quanto sia lunga una settimana?»
L’uomo sospirò per l’ennesima volta, trattenendo la calma. Ma non ci sarebbe riuscito ancora per molto.
«Sette giorni, lo so»
«E lei vuole che io» si indicò con l’indice con lo sguardo assottigliato verso il suo capo «faccia questa cosa per una settimana?»
Wenner incrociò le dita e poggiò le mani davanti alle labbra, sospirando ancora. Il suo sguardo vitreo lasciava trasparire la poca calma rimastagli. Fece per dire qualcosa, ma la ragazza lo anticipò.
«Nemmeno fossero i Beatles!»
Lo sguardo dell’uomo si spalancò e guizzò dalla figura davanti a lui alla foto sotto i suoi occhi, sullo schermo del computer. Era ovvio che non potessero essere paragonati ai Beatles, ma il business prevedeva anche un po’ di guadagno in tutti i campi musicali. E quella ragazza non gli avrebbe fatto passare la voglia di perder tempo e guadagnare poco denaro.
«Turner, cavolo! Lavori per il Rolling Stone» si alzò in preda alla rabbia e le diede le spalle, fissando le miriadi di premi che il giornale aveva vinto e che avrebbe continuato a fare, se solo la ragazza glielo avesse permesso «vuoi per caso essere licenziata? Perché non mi farei scrupoli!»
A quelle parole Sophie trasalì.
Licenziare equivaleva a niente lavoro, niente lavoro quindi niente soldi, niente soldi ergo niente casa dei sogni. Tutto nel suo cervello ragionava in cifre o, addirittura, in lingotti d’oro.
La sua vita si basava sul guadagno e sulla stima degli altri, non poteva lasciare un posto così ambito.
«E poi» aggiunse Wenner, calmatosi un po’ «ti sto anche offrendo una rubrica tutta tua»
Rubrica tutta per sé. Rubrica tutta per sé. Rubrica tutta per sé.
Sophie, perché ci pensi ancora su?
«Vitto e alloggio gratis?»
L’uomo annuì. Si era accomodato di nuovo sulla comoda poltrona, girando lo schermo del computer dal lato della ragazza che, alla vista dell’immagine sul desktop, trasalì.
«Non sono i Beatles» sussurrò ancora, sperando che il suo capo non la sentisse.
Lui la sentì, ma fece finta di niente. La stava convincendo.
Sophie strinse ancora il cellulare tra le mani, sbloccandolo e bloccandolo convulsivamente, come se non potesse rompersi. All’ennesimo sfioramento dello schermo, quello si bloccò, mandando in panico la ragazza. Wenner aveva aspettato per un tempo infinito i pensieri della sua impiegata.
«Quando si parte?» chiese infine lei, con lo sguardo volto sul pavimento.
«Tra due giorni» rispose pronto lui, sfoderando uno di quei sorrisi vittoriosi che solo un ottimo leader sapeva mettere in mostra. Era soddisfatto: probabilmente uno dei suoi impiegati più talentuosi avrebbe lavorato per un articolo che avrebbe incrementato l’economia.
«Giusto il tempo di informarti sul gruppo, così sarà più facile seguirli» aveva continuato contento, porgendole la mano.
Sophie alzò lo sguardo verso quella mano grande e impaziente di essere stretta, fingendo un sorriso.
«Mi basterà leggere i giornaletti stupidi delle ragazzine per esserne informata» e se ne andò senza stringergli la mano o guardarlo negli occhi, non dopo aver sussurrato uno «Che schifo» che il suo capo captò prontamente.
Wenner, però, era felice: sapeva che Sophie Turner lo avrebbe aiutato, nonostante lo avesse trattato in quel modo. Lei era sempre pronta a cogliere le sfide in campo lavorativo per guadagnare di più, perciò perché non approfittarne?
Si accomodò meglio sulla poltrona nera guardando per l’ennesima volta lo schermo del computer.
Cinque ragazzini sorridenti e spigliati, neo superstar, non sarebbero mai stati come i Beatles, ma Sophie Turner li avrebbe elogiati tantissimo lo stesso, volente o nolente.

  
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