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Autore: Gia August    05/06/2007    2 recensioni
Un litigio tra Bo e Luke dà il via ad una serie di eventi che entrambi rimpiangeranno. I capitoli sono scritti alternativamente secondo il punto di vista di Bo e di Luke.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bo Duke, Daisy Duke, Jesse Duke, Luke Duke
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Proprio ieri ho chiacchierato piacevolmente con Gia August e mi ha confessato di essere molto ansiosa: non vede l’ora di conoscere le vostre opinioni sugli ultimi capitoli.

Cominciamo da questo!

 

Capitolo tredici: trovato

 

Bo

 

Ripresi possesso delle mie facoltà ed iniziai a muovermi. Scivolai praticamente giù per la scarpata pur di arrivare prima da Luke. Mentre mi avvicinavo, continuavo a chiamarlo per nome ansiosamente, ma senza ricevere alcuna risposta. Mi fermai a qualche metro di distanza da lui. Aveva un brutto aspetto. Nonostante fosse ricoperto di fango, riuscii a vedere il pallore mortale della sua pelle. Sulla fronte aveva un taglio profondo ed il sangue che ne era uscito gli si era posato sul volto e sui capelli. Le sue labbra avevano un colorito bluastro. Tutto il suo viso era ricoperto di graffi e tagli.

Il mio cuore batteva in modo forsennato, le mie ginocchia erano divenute deboli. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime: “ti prego Dio, fa che non sia morto… ti prego.” Sussurrai disperatamente.

Mi avvicinai un po’ di più anche se avevo paura di quel che avrei potuto trovare. Non volevo una conferma ai miei timori. Quando gli fui di fianco, caddi in ginocchio. Un brivido di speranza mi pervase quando pensai di aver visto il suo torace alzarsi e abbassarsi, ma non ne ero sicuro. Mi asciugai le lacrime con la manica, tentando di mantenere il controllo delle mie emozioni, almeno avrei potuto fare quel che era necessario. Gli toccai il collo con attenzione per sentire se ci fosse battito. Era freddo. Le mie dita cercarono freneticamente l’angolo giusto finché non si arrestarono percependo una debole palpitazione. Non sono mai stato così sollevato in vita mia.

Grazie Dio.” Sussurrai.

Luke stava respirando, lievemente ma stava respirando. Non riuscivo a dire in quali altre parti del corpo fosse ferito a parte la testa, sapevo tuttavia che versava in gravi condizioni. Era troppo freddo. Dovevo portarlo via di lì in fretta. Aveva bisogno di essere trasportato in ospedale. Passai dolcemente una mano tra i suoi capelli, facendo attenzione a non fargli male. Lo supplicai: “andiamo Luke, svegliati. Per favore, non farmi questo… svegliati.”

Fece una piccola smorfia. Lentamente aprì gli occhi, ma non mi guardò. Gli tolsi una ciocca di capelli insanguinata dalla fronte. I suoi occhi finalmente incrociarono i miei. Sembrava incredulo.

“Ciao Luke.” Dissi sorridendo.

Le sue labbra si mossero a formare il mio nome, ma non ne uscì alcun suono. Continuai ad accarezzargli i capelli: “con calma cugino. Sono qui. Vedrai andrà tutto bene.”

“Bo.” Bisbigliò.

Al contrario di quel che era accaduto pochi istanti prima, stavolta riuscii a sentire la sua voce e ne fui rassicurato: “sono qui Luke… sono qui.”

“Sei venuto a prendermi.” Disse con voce incerta. “Non ero sicuro che ne avessi voglia.”

“Sono due giorni che ti cerco e adesso ti porterò via di qui. Devi andare in ospedale. Pensi di poterti alzare?” Chiesi speranzoso.

Scosse il capo: “ci ho provato, ma non ci riesco. Mi fa male tutto quando mi muovo.” Sussurrò.

“Che tu ci creda o no, sono felice di sentirtelo dire.”

I suoi occhi divennero lucidi: “sei ancora arrabbiato con me vero? Mi dispiace.”

Mi sarei preso a calci da solo per quel che avevo detto. Non avrei mai dovuto permettere che mi fraintendesse. Mi affrettai a spiegare: “non sono arrabbiato con te e non sei tu tra di noi quello che deve scusarsi. Non volevo causarti un’altra sofferenza. Volevo soltanto dire che sono felice che tu sia in grado di muoverti anche se ti fa male tutto. Eri immobile quando ti ho trovato e dopo una caduta del genere avevo paura che…”

Pensai fosse meglio non terminare la frase. Luke non aveva bisogno di sentirla. Stava prestando molta attenzione alle mie parole. Iniziò a tremare. Non mi piaceva affatto che fosse così freddo nonostante ci fossero una ventina di gradi. Mi tolsi il giacchetto maledicendolo perchè non era molto imbottito e lo usai per coprirlo.

Quando lo vidi chiudere di nuovo gli occhi, gli dissi: “stai con me Luke per favore. Sai dirmi dove senti dolore?”

“Ovunque.” Rispose ansimando. Riuscivo a vedere quanta fatica facesse a respirare.

“Puoi essere un po’ più specifico?” Dissi ancora accennando un sorriso.

“La testa… il petto… le costole… la spalla… la caviglia…”

“Ho capito. Ovunque.” Convenni. “Ascolta Luke, non puoi camminare neanche con il mio aiuto. Non posso tirarti fuori di qui da solo. Non conosco la reale natura delle tue ferite. Non voglio peggiorare la situazione cercando di portarti via. Devo andare a chiedere aiuto. Tornerò presto.”

Quando iniziai ad alzarmi, Luke mi afferrò per un braccio con una forza che non credevo avesse. Sussurrò disperatamente: “non mi lasciare di nuovo solo.”

“Devo andare a cercare aiuto Luke, non posso fare niente altrimenti. Non voglio lasciarti, ma non ce la farò mai a portarti via con le mie sole forze. Starò via soltanto per venti minuti, mezzora al massimo. Te lo prometto. Tornerò.”

Luke aumentò la morsa sul mio braccio: “non lasciarmi… ho paura…”

Mi terrificò sentire Luke ammettere di aver paura. Non lo aveva mai fatto. Di solito si mostrava sempre impavido. E’ sempre stato il più forte di noi, io e Daisy siamo sempre dipesi da lui. Per dire una cosa del genere, doveva stare veramente male. Sapevo che non avevo molto tempo. Dovevo essere io quello forte per una volta.

Dissi con rinnovata urgenza: “Luke devo andare a cercare zio Jesse e Daisy così potremmo portarti in ospedale. Sarò di ritorno presto.”

Mi si spezzò il cuore quando mi guardò come se non credesse ad una sola parola di quello che gli stavo dicendo. Mi lasciò il braccio e guardò lontano da me. Vidi i suoi occhi di nuovo lucidi e mi spaventai ancora di più. Non era da lui mostrarsi così vulnerabile. Il pensiero di doverlo lasciare mi stava uccidendo, ma non avevo scelta. Gli poggiai delicatamente una mano alla base del collo e dissi: “guardami Luke, per favore.”

Quando fece quel che gli avevo chiesto, continuai: “non vorrei lasciarti, ma devo andare. Vado a prendere zio Jesse.”

“Ho bisogno di lui.”

“Lo so cugino. Resisti un altro po’ e per favore, non andare da nessuna parte, mi hai capito?”

“Dove vuoi che vada?” bisbigliò.

Sapevo che non poteva muoversi, ma non era quello ciò che intendevo io. Avevo paura che avrebbe smesso di lottare. Lo avevo appena ritrovato e non potevo perderlo. Riluttante mi alzai in piedi.

“Resisti… tornerò presto… te lo prometto… rimani qui… non andare via…”

Guardai sopra di me e mi resi conto che non avevo alcuna speranza di tornare indietro da dove ero arrivato. Era un terreno troppo ripido e scivoloso da poter risalire. La mia unica strada era la sponda del torrente. Impulsivamente mi riabbassai ed afferrai la mano di Luke. Ci scambiammo un lungo e silenzioso sguardo dopodichè mi voltai ed andai via.

Corsi verso casa, vidi zio Jesse e Daisy arrivare dalla Little Creek Road. Erano a pochi passi dalla fattoria. Urlai loro in modo frenetico: “l’ho trovato, ho trovato Luke.”

Arrivai col fiatone di fronte a mio zio: “l’ho trovato zio Jesse… è ferito gravemente… dobbiamo aiutarlo… dobbiamo portarlo in ospedale.”

“Con calma Bo. Dov’è? Che gli è successo?” Mi chiese afferrandomi entrambe le braccia.

“Avevo ragione. Ha preso la scorciatoia lungo il ponte. Deve essere caduto perché l’ho trovato vicino al torrente.”

“Quanto è grave?” Chiese Daisy.

“E’ molto grave tesoro. Ha una brutta ferita sulla fronte ed ha difficoltà a respirare. Ha dolore al petto, alla spalla e alla caviglia. Non è messo bene. Ha freddo, non riesce a smettere di tremare. Non può alzarsi. Ho avuto paura che gli avrei causato altri danni se avessi provato a trasportarlo da solo. Andiamo a prenderlo.”

Mi voltai intenzionato a riprendere la mia corsa per tornare da Luke, ma zio Jesse mi fermò. “Aspetta un attimo Bo, abbiamo bisogno di prendere il pick-up. Riusciremo ad avvicinarci parecchio. Adesso andiamo in casa e portiamoci dietro tutto quello che potrebbe servirci.”

Per fortuna zio Jesse aveva preso il controllo. Pensava molto più razionalmente di me. Tutto quello che desideravo era tornare in fretta da Luke. Non volevo che rimanesse ancora da solo. Sapevo che aveva bisogno del mio supporto per resistere e andare avanti.

Ci precipitammo in casa. Zio Jesse ci diede gli ordini: “Daisy prendi il kit di primo soccorso, forse non ci faremo niente, ma tu prendilo lo stesso. Prendi la bottiglia di whisky che conservo per le emergenze e qualcosa da mangiare. Bo prendi cuscini e coperte. Assicurati che ce ne siano a sufficienza, Luke ci si deve sdraiare sopra e ci si deve scaldare. Io vado a mettere in moto. Sbrigatevi.”

Mettemmo a soqquadro la casa cercando quel che ci serviva. Daisy prese anche la coperta dal suo letto per essere sicura che Luke avrebbe avuto tutto il conforto di cui necessitava. In meno di cinque minuti eravamo con zio Jesse nel pick-up pronti a raggiungere Luke.

 

To be continued…

  
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