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Autore: JhonSavor    18/11/2012    4 recensioni
Bielorussia è conosciuta da tutti come la sorella minore di Russia; Natalia è una donna cortese, elegante, difficile da avvicinare, ma ha dimostrato di essere anche una donna forte, abile, ingegnosa e autoritaria.
E molto abile con le lame.
Vi siete mai domandati come mai? La Storia ha sempre risvolti segreti e inaspettati, ma per vostra foruna avete incontrato chi conosce alcuni di questi misteri.
Vi ho incuriosito? Bene, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate di questa strana vicenda.
Ovviamente questa storia è collegata ad altre della mia serie di Hetalia e forse potrebbero esserci collegamenti. Grazie per l'attenzione e buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hetalia: Storie di Nazioni'
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Bene se volevate sentirvelo dire, si, questa storia è per lo più romanzata, ma con le sue brave attinenze storiche XD
Il finale dello scorso cap. è stato al quanto inquietante: Natalia in gioventù sembra essere stata rapita da mercanti di schiavi tartari, e venduta chissà a chi e chissà dove.
O meglio per la seconda parte potrebbe esserci un indizio se avete letto anche il bonus…
Bon cedo la paro… pardon!... la scrittura al nostro misterioso narratore. Buona lettura
 

 
Signori miei, bentornati.
Prima di introdurvi nei meandri della mia narrazione vorrei porre alla vostra persona una semplice domanda: avete mai avuto l’occasione di leggere il Milione di Marco Polo?
Nella speranza che voi sappiate di cosa io stia parlando, vi dico che è un testo molto interessante.
Fantasioso ma molto interessante.
Perchè quel celebre esploratore italiano racconta qualcosa che ha a che fare con la storia della nostra Natalia.
Amici lettori, avete mai sentito parlare del Veglio?
 
 
Città di Aleppo anno Domini 1257
 
Abdel era giunto in quella città da poco tempo ma già stava iniziando a non sopportarla.
Era chiassosa, piena di gente proveniente da ogni dove e di mercanti il cui gracchiare assordante gli rendeva addirittura difficile pensare.
Inoltre camminare per strada lo stava snervando. Troppa lentezza, troppa ressa.
Se solo avesse voluto, avrebbe scalato le pareti di quegli edifici in pietra bianca, il cui particolare colore ne aveva causato il titolo di Città Grigia, e si sarebbe messo a correre per i tetti, con rapide falcate e con piena libertà di movimento.
Ma non c’era la sicurezza che nessuno lo notasse. Anzi non vi era proprio.
E la riservatezza era tutto se voleva passare inosservato agli occhi delle guardie cittadine.
Non era sicuro di quello che voleva fare.
La Fortezza era caduta. La stirpe dell’imam dispersa. I suoi confratelli allo sbando o in ogni caso datisi alla macchia nell’attesa che le acque si calmassero.
Lui, di origine persiana, si era diretto verso l’Egitto nella speranza di poter prendere contatto con i confratelli ismailiti della regione.
Ma come si è detto non sapeva neanche lui che fare.
 
 
Potete leggere tranquillamente il sommario quarantesimo del Milione per sapere chi sia costui.
Il Veglio della Montagna.
Hassan i’ Alaidin, conosciuto ai più come il capo spirituale della spietata Setta degli Assassini, o Nazariti.
Un uomo estremamente pericoloso, signore assoluto della fortezza di Alamut, per mezzo secolo governò e intrise paura nel mondo dei maomettani.
I suoi uomini, gli hashashin, mangiatori di hashish*, erano temuti per i loro spettacolari e impavidi modi di compiere omicidi politici su commissione. Si racconta di come si lasciassero tranquillamente massacrare, nel caso venissero presi dopo aver compiuto la loro missione, soddisfatti di aver compiuto ciò che dovevano.
Tra le loro vittime più celebri risulta esserci anche il nostro Conte di Tripoli e anche il Saladino sembra che sia stato preso di mira dalla setta.
Nel 1256 i mongoli nella loro avanzata in Persia presero la fortezza di Alamut dei discendenti del Veglio.
Avete inteso dove voglio arrivare?
 
 
Il viaggio era lungo e insidioso. Si sarebbe dovuto aggregare a qualche carovana.
Di soldi ne aveva e al massimo se non fossero bastati avrebbe fatto da guardia armata in cambio del passaggio.
Doveva trovare un mercante, e fortunatamente Aleppo era il posto giusto…
 
-Dammi una manciata di datteri e che siano buoni-
-Certamente, vuole dell’altro nobile cliente?-
-Vorrei delle informazioni-
-Mi dica che vuole sapere?-
Abdel era particolarmente goloso di datteri. Erano una sua debolezza. 
Da bambino ne aveva assaggiato uno, ultimo della mensa dei suoi padroni e ne era rimasto estasiato.
Ora a quarant’anni, ma con un fisico di un trentenne, poteva gustare ancora la gioia di cibarsene esattamente come se fosse la prima volta.
Attirato dal loro aroma si era così imbattuto in quel banchetto di frutta. Era un ottimo punto di partenza per la sua ricerca.
-Mi sai dire se c’è un qualche convoglio che va verso Sud? Vorrei aggregarmi a loro-
-Uhm, mi faccia pensare… ho sentito che il vecchio Hassan parte tra qualche giorno, ma forse è meglio che non vada da lui…-
-E perchè?- gli domandò incuriosito
L’uomo si guardò intorno circospetto, poi fece cenno ad Abdel di avvicinarsi.
-È un trafficone, e un po’ tocco se me lo concedete…-
Abdel si fece pensieroso –In che senso un po’… tocco?-
-Beh insomma…- incominciò tentennante -è uno che si fa notare, ha mogli di varie razze, fa commercio un po’ con tutti… pensi che si tira sempre dietro una schiava infedele che ha dell’incredibile-
-Che c’è di strano nell’avere una schiava europea?-
-Niente. È solo che questa ha un non so che di particolare… mi spiego?-
-Per niente-  gli rispose asciutto
-È, è… come dire strana. È molto giovane, probabilmente sotto i vent’anni… e ha la pelle bianchissima, i capelli lunghi di un biondo argenteo, e il suo sguardo… per il Profeta! Ha uno sguardo vitreo e freddo. Inoltre non penso che parli neanche la nostra lingua-
Abdel si lanciò il bocca un dattero –Per Allah, che donna straordinariamente bella deve essere! Mi hai incuriosito, penso proprio che andrò da questo Hassan, mal che mi vada potrò sempre affermare di aver visto quella donna-
Abdel fece per allontanarsi quando il mercante lo richiamò –Ah, c’è un’altra cosa!-
Il persiano si voltò, pronto all’ascolto.
-Non saprei forse è una diceria… ma quando qualcuno gli si avvicina si percepisce come una strana sensazione, come quando si ha un presentimento…-
-Un presentimento dici?
-Si, signore. Non saprei spiegarmi meglio di così-
Abdel salutò distratto l’uomo e si avviò meditabondo
“Un presentimento…”
 
Gli Assassini erano divisi in due distaccamenti uno in Persia presso la fortezza del Veglio e l’altro in Egitto.
Ognuno si amministrava come preferiva ma vi erano due punti della loro politica che li accumunavano: gli incarichi e la lotto contro i loro confratelli sunniti.
Ovviamente lo politica nei confronti degli infedeli era la medesima di qualsiasi altra fazione musulmana, ma molto più degli altri preferivano aspettare: è probabile che pensassero che fosse meglio farsi pagare per un lavoro che avrebbero fatto comunque.
È probabile che la politica si mise di mezzo e anche le risorse e le lotte intestine all’interno della setta e del mondo maomettano.
I mongoli, che tanti problemi diedero anche a noi altri (io lo ben so) fecero certamente la loro parte.
Non divaghiamo: fatto sta che Abdel di Persia si diresse verso l’Egitto all’indomani del crollo di Alamut…
 
Abdel entrò nel bazar scostando con una mano la tenda e vide un indaffaratissimo via vai di garzoni e servi che seguivano le indicazioni, anche se parevano più degli ordini berciati da qualche militare, provenienti da una stanza sul retro del bancone, presumibilmente il magazzino delle scorte.
-Datemi una mossa razza di lavativi tiratardi! La partenza sarà tra pochissimi giorni e dev’essere tutto perfettamente in O-R-D-I-N-E! Mi sono spiegato?!-
-Si nobile Hassan- risposero quelli in coro
Abdel notò che il venditore di frutta si era dimenticato di dirgli che questo Hassan era anche uno dal carattere intrattabile e rude.
Dal tendaggio che divideva i due ambienti si fece avanti un uomo corpulento, ma da intendere come grasso e non come massiccio. Abdel lo definì come un uomo più largo che lungo e gli strappo un senso si disgusto, ma anche una certa ilarità, il fatto che ondeggiasse di qua e di là sulle grosse gambe, facendosi aria con uno spolverino e grattandosi le lunghe basette.
-Selim, che combini razza di cretino! Prima devi occuparti di caricare le sete e poi pensi alla frutta! Uday come vanno i conti?-
-Sto finendo l’inventario delle spezie giusto adesso ed è tutto a posto, nobile Hassan-
-Perfetto, perfetto! Ho avuto il terrore che ci avessero rifilato una partita incompleta come l’ultima vol…-
Hassan si fermò. I suoi occhi erano caduti sul nuovo venuto.
Abdel sentì farsi improvvisamente silenzio.
Il pingue mercante non parlava più e tutti quanti si erano fermati e li fissavano, come inebetiti. Evidentemente erano talmente abituati a sentirlo strepitare e ad avercelo sul collo che non gli pareva possibile che tenesse la bocca tappata per più di un secondo, usato di solito per riprendere fiato.
Sentendo che nel suo bazar si era caduti nell’inedia dal lavoro, Hassan gracchiò un –Tornate al lavoro, scansafatiche!- e tutti ripresero l’andazzo quotidiano.
Rimise gli occhi su Abdel ma non si mosse, squadrandolo piuttosto con i suoi occhi piccoli e traendone le relative conclusioni: era un tipo alto slanciato, robusto ma non troppo giovane nonostante il fisico, già si intravedevano delle rughe sul volto, vestito alla persiana, una scimitarra alla vita e un arco a tracolla, sbarbato e con i capelli castani tendenti al rossiccio.
Si capiva che era un tipo che le rogne se non gli venivano incontro se le andava a cercare. Poteva essere un militare, o comunque un guerriero.
Insomma una brutta razza. Gli stava antipatico.
E in più osava sgranocchiare impunemente dei datteri davanti a lui!
Però non poteva far finta di non vederlo e ignorarlo bellamente: insomma era piantato come un palo in mezzo al suo bazar, era un po’ difficile non prenderlo in considerazione.
Decise di esordire con il tono più neutro possibile
-Desidera?-
-Siete Hassan il mercante, mi sbaglio?-
-Si, sono Hassan, figlio di Karim, della città di Aleppo. Lei invece?-
-Abdel- gli rispose sicuro
-E?-
-E basta. Solo Abdel. Anche se alcuni mi chiamano il Silenzioso-
-Umpf, e cosa desidera signor Silenzioso?- gli domandò sbuffando.
-So che siete diretti verso Sud, dove andate di preciso? In Egitto?-
-Nossignore non stavolta! Sono diretto in luoghi molto antecedenti il confine con le terre del Nilo-
-Ma comunque verso Sud-
-Certamente. Mi può dire cosa vuole?-
Hassan si stava innervosendo e aveva voglia di tagliar corto. Ma Abdel voleva ancora girarci intorno.
-È un viaggio molto lungo e periglioso, pieno di pericoli… gente armata con cattive intenzioni magari…-
Una luce brillò negli occhi del mercante –Dove volete arrivare signor Abdel?-
Il persiano incrociò le braccia al petto –Voglio venire con voi. Ho molta premura di andare a Sud e penso che vi faccia comodo una guardia armata-
Hassan lo guardò storto –Ho già le mie guardie. Guardie che pago profumatamente e che mantengo anche quando non sono in servizio. Non ho bisogno di uno sconosciuto comparso dal nulla che…-
-Non mi interessa la paga, basta anche solo vitto e alloggio-
Hassan tentennò -Q-questo non cambia il fatto che…-
-Allora prendetemi come passeggero. Pagherò per occupare un posto nella tua carovana, Hassan. In cambio mi farai raggiungere il Sud-
-Ottimo!- il volto del siriano si distese, solcato ora da un radioso sorriso -Accordo raggiunto. Ma non voglio approfittare troppo di lei. Pagherete metà del viaggio con un servizio di guardia e l’altra con in denaro… diciamo cinquanta piastre?-
Abdel pensò che quell’uomo fosse in realtà un tagliagole del deserto.
Cinquanta piastre erano davvero troppe per un passaggio che normalmente sarebbe stato pagato in lavoro.
Ma sarebbe stato al gioco. Il denaro non era sicuramente una risorsa che gli mancava.
-D’accordo… vedremo se il viaggio varrà le cinquanta piastre pattuite… intanto- gli lanciò un sacchetto che Hassan fu lesto ad afferrare –qui ce ne sono venticinque. Le altre le avrai una volta raggiunta la destinazione-
Hassan soppesò il sacchetto per poi dirgli –Siamo intesi, partiremo tra quattro giorni… vedi di farti trovare qui puntuale altrimenti partiremo senza di te-
Già il tono era cambiato: era passato ad un più diretto tu ora che l’affare era concluso.
-Ora puoi anche andare se non hai nient’altro da precisare-
Hassan si disse che quel tipo era un uomo strano, strano anche per uno che paga. Lo avrebbe fatto tallonare dalle sue guardie nei giorni a venire. Lo avrebbe tenuto d’occhio e se avesse notato qualcosa di poco chiaro avrebbe mandato a monte tutto.
-Un’ultima cosa-
Il grasso mercante si voltò verso di lui, in attesa.
-So che hai con te una schiava infedele, che ti porti sempre appresso… vorrei poterla vedere-
Hassan lo guardò stupito –E perchè mai?-
Abdel mise mano sull’elsa della sua lama -Perchè delle voci mi hanno detto che è estremamente bella e volevo constatare di persona-
Hassan fece spallucce e fece cenno all’uomo chiamato Uday di andare dentro al magazzino.
-Non è un segreto per nessuno. Ma hai ragione, devi vedere per poter capire davvero ciò che dicono queste voci su di lei. Considera che metà le ho messe in giro io!-
Una risatina estremamente gutturale fuoriuscì dalla bocca del mercante.
Il persiano capì che Hassan si credeva un uomo molto furbo. Peccato, si disse, che i furbi non vedano mai un palmo dal proprio naso, perchè troppo impegnati a guardare in lontananza.
-Vieni avanti. C’è qualcuno che vuole fare la tua conoscenza-
Abdel diventò come di sale.
Sulla soglia dello stanzone apparve una ragazza come mai ne aveva viste. Non era la prima volta che si imbatteva in qualcuno del popolo al di là del mare, ma ne rimase ugualmente colpito.
Le sue fattezze rispecchiavano perfettamente la descrizione che quel venditore gli aveva dato. Ora doveva verificare che cosa intendesse dire riguardo quella sensazione.
-Avvicinati, Kósmima-
Abdel lo guardò stupito –Allora è greca?-
-No, quel nome gliel’ho dato io. Lei è per me come una pietra preziosa, un oggetto di gran valore. Per questo gli ho dato quel nome*-
Dovette riconoscere che era azzeccato per una donna della sua bellezza.
Kósmima se ne stava in silenzio, occhi bassi e mani giunte, come ad aspettare qualche ordine.
Istintivamente Abdel le girò intorno per osservarla meglio: non poteva essere solo quel fascino esotico quasi stordente, il motivo per cui le veniva attribuita  quella “capacità”.
-Ne deduco che non sai da dove venga-
-No infatti. L’ho comprata da un mercante armeno che a sua volta mi disse che in origine sembra sia appartenuta ad un mercante di schiavi mongolo; questo potrebbe far pensare che venga dai popoli lungo il Danubio… ma non è una domanda che mi tiene sveglio la notte, te lo posso assicurare-
Abdel si rimise di fronte alla ragazza e la fissò nuovamente a braccia incrociate. No, per quanto di bell’aspetto non sembrava avere niente di particolare.
Certo poteva essere una buona schiava: ubbidiente, poco loquace, gradevole all’occhio… per quel grassone strabordante di Hassan di sicuro era stato un buon affare al pari di riuscire a vendere un intero carico di mercanzie al mercato. Era paragonabile a un bell’oggetto da tenere su un mobile.
Ma allora perchè? Perchè quelle voci? Che fossero davvero delle panzane messe in circolo da Hassan stesso?
Il persiano la  scrutò di nuovo e vide ancora i suoi occhi bassi. Stava iniziando a darle su nervi quella situazione.
Con un gesto repentino afferrò il mento della schiava e ne alzò il viso.
-E-ehi!- cercò di intervenire il mercante
Abdel non si curò di lui e la guardò dritto negli occhi, quegli occhi verdi, freddi e vacui, con la maggior severità possibile.
Avanti mostrami il tuo segreto. Dimmi perchè questi uomini ti ritengono tanto speciale.
Kósmima sembrava completamente inerte, inespressiva.
Fu un lampo. Abdel sentì come il tempo rallentare, la realtà farsi fumosa.
Non c’era più il bazar, Hassan, i servitori. Rimanevano solo lui e lei. O meglio lui e il profondo abisso che sembrava aprirsi attraverso quelle iridi smeraldine.
Si sentì perdere in essi, e percepì come un groppo alla gola, urla e un freddo gelido.
Un freddo che non aveva mai sentito prima.
Ed ebbe come una visione: una landa bianca, un cielo grigio, uomini armati di lance che avanzavano lentamente.
Abdel sentiva completamente stranito e perso, attanagliato da quella visione che aveva del sovrannaturale.
Sentì un richiamo, poi un risucchio trascinante.
-Ehi che ti prende?-
Abdel si ritrovò nel bazar di Hassan, con l’uomo che lo scuoteva con la mano.
-Ti sei imbambolato per caso?-
Abdel aveva ancora la mano che teneva il mento di Kósmima, il cui sguardo era ora velato di una strana malinconia.
-Che è successo?- domando Abdel
Era disorientato come se avesse avuto un colpo di sonno improvviso e si fosse risvegliato altrettanto velocemente.
-Come che è successo? Hai afferrato Kósmima per il mento ti sei messo a fissarla! Ti ha ricordato qualcosa?-
Abdel si mise una mano sugli occhi, cercando di concentrarsi; ebbe un senso di vertigine e di nausea ma non riusciva a ricordare niente. Era come se avesse dimenticato qualcosa che aveva visto, eppure rimettendo insieme i pezzi di ciò che era accaduto negli ultimi minuti, aveva fissato Kósmima per non più di un paio di secondi.
Un brivido gli percorse la schiena. Non riusciva a capire che cosa stesse succedendo.
Hassan gli diede una pacca sulle spalle che lo riscosse.
-Se non ti dispiace Abdel, ora sarei molto impegnato quindi ti chiedo di lasciarci lavorare… Kósmima vai pure-
La ragazza fece un inchino e se ne andò. Abdel pensò che fosse davvero il caso di levare le tende.
-Vado vado non preoccuparti Hassan. Sarò qui tra quattro giorni-
Abdel si voltò verso la porta e si immise nella strada trafficata con decisione, come se stesse fuggendo da qualcosa… o da qualcuno.
Il sole lo accecò ma il tepore dei suoi raggi sul volto gli riscaldò le membra, scacciando una strano gelo che gli aveva abbrancato le ossa.
Doveva pensare. Doveva trovare un luogo appartato e pensare.
Quella ragazza nascondeva qualcosa. Ed era ormai deciso a scoprire cosa, a costo di farne la sua ossessione.
 
 
 
Non appena il persiano uscì, Hassan chiamò Uday
-Di alle guardie di pedinare quell’uomo giorno e notte, di non perderlo mai di vista neppure per un istante! Non sono troppo sicuro dell’affare che ho appena terminato e devo cautelarmi il più possibile-
 
 
 
* Kósmima, dal greco, significa “Gemma”.
 
 
Beh? È un po’ statico come capitolo ne convengo ma l’introduzione di Abdel era necessaria e c’è ancora molto da scoprire su questo personaggio e dell’intreccio che salderà il suo destino con quello di Natalia (ora Kósmima).
Un destino che stenterete a crederlo.
 
(Stavolta risponderò alle vostre recensioni! Scusatemi ma sono stato un po’ impegnato XD)
 
Ciao!

  
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