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Autore: JhonSavor    07/11/2012    4 recensioni
Bielorussia è conosciuta da tutti come la sorella minore di Russia; Natalia è una donna cortese, elegante, difficile da avvicinare, ma ha dimostrato di essere anche una donna forte, abile, ingegnosa e autoritaria.
E molto abile con le lame.
Vi siete mai domandati come mai? La Storia ha sempre risvolti segreti e inaspettati, ma per vostra foruna avete incontrato chi conosce alcuni di questi misteri.
Vi ho incuriosito? Bene, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate di questa strana vicenda.
Ovviamente questa storia è collegata ad altre della mia serie di Hetalia e forse potrebbero esserci collegamenti. Grazie per l'attenzione e buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hetalia: Storie di Nazioni'
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Salve!

In questo periodo sono sotto con l’università e devo trovare un equilibrio per potermi permettere un po’ di tempo per proseguire nella scrittura delle mie storie (di Hetalia ma anche Naruto) e in teoria non avrei tempo…
Ma ogni tanto, per staccare, si possono tirar fuori anche alcune idee che ti vien voglia di scrivere, che ti imponi di scrivere (prima o poi)…
Ecco, questa è una di quelle.
 

Racconto di una vita perduta


 
Molti conoscono la Storia solo per alcuni fatti importanti.
È inutile negarlo è così.
E questo vale per la Storia in genere che per quella delle singole regioni o dei singoli popoli.
Parlando del mondo slavo qual è la cosa che riaffiora per prima alla mente?
La rivoluzione di Ottobre. Logico.
O ancora ancora, il dominio Zarista, ignorando però elementi fondamentali della storia stessa del nome «Czar»… sapevate per esempio che deriva dal latino Caesar? E che lo Zar, come lo chiamiamo noi occidentali, era considerato l’erede degli imperatori di Bisanzio e protettore della Chiesa Ortodossa?
I più fini potrebbero spingersi addirittura fino all’invasione subita dai russi, quando ancora non erano conosciuti come tali, dai cavalieri Teutonici o dai Tartari dell’Orda d’Oro.
La Storia è d’altronde molto vasta e complessa una ragnatela intricata di avvenimenti, e in fondo non è un peccato grave ignorarne degli aspetti.
Non è forse per questo che esistiamo noi scrivani? Per trascrivere in libri la Storia del mondo.
Esistono però alcuni tratti nascosti, dimenticati… perduti.
La loro memoria non è affidata agli storici, non si trova su documenti, ma solo nelle penne di quei pochi che hanno avuto modo di entrarne in contatto.
Fortunatamente per voi, il qui scrivente è a conoscenza di una di queste… vite perdute.
Avete il desiderio di rievocarla con me?
 
La nostra protagonista è una donna, una donna molto speciale, anche se in realtà l’intera sua famiglia è al centro di questo racconto.
Lei sarà come la Angelica ariostesca, il motore che ha dato il via ai fatti, lo strumento attraverso cui sono avvenuti alcuni eventi. Grandi eventi.
Lei è Natalia  Braginski.
La Rappresentante della Bielorussia.
O Russia Bianca per i più nostalgici.
 
Correva l’anno Domini 1240
 
Una squadra di cavalieri in armatura, coperti da pesanti mantelli, galoppava con ritmo sostenuto sul candido manto di neve che ricopriva la terra del Rus di Kiev.
Un giovane li guidava e sui loro vessilli batteva l’araldica della città di Novgorod.
Erano giorni e giorni che cavalcavano a marce forzate, con brevi soste, quelle necessarie per non far scoppiare il cuore ai cavalli o collassare i loro padroni.
Ma tutti loro sapevano che non potevano rallentare più di tanto.
Il loro signore non lo avrebbe permesso. Tale era l’ansia che lo divorava che lungo tutto il loro viaggio aveva dormito si e no poche ore.
D’altronde chi poteva dargli torto.
Chiunque avrebbe reagito allo stesso modo se avesse avuto notizia che le sue uniche sorelle rischiavano di essere vittima della carneficina tartara.
 
Se siete abbastanza informati saprete che la famiglia Braginski è composta da quattro elementi, nonostante i popoli d’origine slava siano più numerosi: Feliks, il maggiore, Katya, la secondogenita, Ivan, il minore, e l’ultimogenita, ovviamente, Natalia.
Tutti e quattro figli legittimi, tutti e quattro Nazioni. Solo che alcuni hanno manifestato prima il proprio retaggio e altri dopo.
Ma cosa c’entra questo con Natalia?
Abbiate pazienza. La sua storia è intrecciata inesorabilmente con quella dei suoi fratelli, in modo particolare con quella di Ivan.
 
Kiev era deserta, un silenzio di morte. L’Orda non era famosa per la sua indulgenza.
I miliziani di Novgorod avevano compiuto una prima ricerca e il rapporto non fu dei migliori: cadaveri macellati dalla furia del nemico erano già ritrovabili alle porte della città e nessuno aveva risposto ai primi richiami.
Ivan dispose che un terzo dei suoi si disperdesse nella campagna, che battessero un’area più ampia possibile, nell’eventualità che alcuni sopravvissuti si fossero salvati dandosi alla macchia e riparando presso qualche rifugio appartato.
Ivan guidò i restanti all’interno della città. Aveva già visitato la città di sua sorella e ne ricordava la pianta generale: suddivise ulteriormente i miliziani in squadre che si occupassero ognuno del proprio settore.
Doveva trovarle. Doveva trovarle vive. E anche se l’eventualità lo disgustava e gli aumentava l’ansia, le avrebbe trovate anche morte, per dare loro una giusta sepoltura.
Ma la sua vendetta sarebbe stata implacabile.
Scacciati quei pensieri, si mise alla ricerca insieme ad una squadra, con tale intensità e foga che il suo seguito faceva fatica a stargli al passo.
 
Che Ivan Braginski sia un personaggio strano, ambiguo non è mai stato un segreto per nessuno.
Il segreto è un altro.
Il perchè Ivan abbia raggiunto questa condizione… di instabilità.
Queste sarebbero informazioni riservate: nel corso della sua lunga vita Ivan ha dovuto far fronte a numerosi traumi che ne hanno minato, anche se non visibilmente, la psiche.
La prematura perdita dei genitori, l’allontanamento dal fratello maggiore sono stati i primi. Il fatto che Feliks si sia dovuto allontanare dal nucleo famigliare per adempiere ai suoi doveri di Rappresentante (non dimentichiamo che il regno di Polonia ha avuto uno sviluppo precoce) lo ferì nel profondo: Ivan si sentì tradito.
Ciò gli fece demonizzare la figura del fratello e aumentare sempre più l’attaccamento alle sue sorelle.
Ma a mio modesto parere queste furono solo dei semi. Qualcosa che ha fatto crescere Ivan precocemente e facendolo maturare.
Il motivo scatenante che diede inizio, subdolamente e negli anfratti più profondi della sua anima, al tutto, fu un altro.
 
Ivan si sentì particolarmente amareggiato.
Cadaveri. Cadaveri dei cittadini di Kiev, sparsi per tutta la città, in condizioni anche spaventose alle volte.
Case bruciate, diroccate, affiancavano in una strana e inquietante dicotomia edifici ancora sani e in piedi, come se fossero stati intoccati dalla onda tartara.
Non aveva trovato nessuno di vivo e questo invece di angosciarlo, gli fece venir da pensare.
Erano troppo pochi.
Se paragonato al numero complessivo degli abitanti della città e delle campagne circostanti, quei cadaveri non lo rispecchiavano.
Ivan si sedette un secondo, poggiando la testa sulla mano.
Aveva bisogno di pensare.
Potevano averli deportati ma gli pareva irreale. Forse erano ancora vivi… ma allora dove si trovavano?
In quel momento una staffetta lo raggiunse dicendogli che nei boschi avevano trovato un villaggio di profughi.
Profughi.
Ivan sentì il suo cuore perdere un battito.
Profughi.
Allora qualcuno era davvero sopravvissuto, allora qualcuno era rimasto.
Il Rappresentante del Principato di Novgorod diede rapidi e secchi ordini ai suoi uomini e ordinò alla staffetta di condurlo a quel villaggio.
 
Il bene più prezioso di Ivan Braginski, oltre alla sua terra, al suo popolo anche se questa, cari lettori, è una componente comune a tutte le Nazioni, sono le sue sorelle.
Loro. E basta.
Titoli, gloria, onori e potere, vengono offuscati alla loro presenza.
Katya e Natalia. Natalia e Katya.
 
Ivan smontò da cavallo e si fiondò all’interno di quel piccolo insediamento nascosto agli occhi degli invasori, senza aspettare i suoi soldati, senza legare nemmeno il suo destriero.
Non vi erano che poche persone all’esterno ma le casupole erano abbastanza per ospitare una media comunità. Molto probabile che essi fossero solo una parte dei sopravissuti
Si mise a gridare a gran voce chi egli fosse e perchè si trovasse li. Disse che non dovevano aver paura che li avrebbero aiutati.
Chiese solo che potessero dargli informazioni sulla Matrona di Kiev.                       
Sua sorella doveva essere lì. Pregò che fosse così.
I pochi uomini che lo stavano ascoltando erano per lo più anziani e avevano una strana espressione; Ivan iniziò a pensare che forse non si fidavano di lui.
Anche se gli parve di scorgere come un velo di tristezza nei loro occhi quando fece la sua richiesta.
Un uomo gli venne incontro, aveva un crocefisso al collo, un mantello pesante sulle spalle e un colbacco sulla testa.
Era un pope.
Il religioso disse che lo ringraziava per quello che stava facendo e che avrebbe pregato per lui. In risposta alla sua richiesta disse che lo avrebbe accompagnato dalla nobile Katya.
Ivan non stette più nella pelle e sollecitò il pope di portarlo da lei, non prima di avere ordinato ai suoi di darsi da fare ad aiutare gli abitanti del villaggio.
I due si incamminarono verso una casupola leggermente più grande delle altre e il religioso bussò alla porta.
Essa si aprì e dietro di essa fece la sua comparsa una vecchina; Ivan pensò che fosse una tutrice della sorella maggiore.
La vecchina disse che la nobile signora era uscita poco fa a controllare le trappole per la selvaggina con alcuni bambini del villaggio e non era ancora tornata.
Invitò il pope e Ivan ad entrare, ma questi preferì restare fuori ad aspettare
 
Cari lettori ora provate ad immaginare, se ci riuscite, di essere una persona come Ivan Braginski: tralasciamo certe componenti del suo carattere, consideriamo il suo affetto, il suo attaccamento a due donne che considera delle costanti della sua vita, per cui darebbe volentieri la vita, che ha giurato di proteggere, come a voler supplire una mancanza.
I suoi tesori più preziosi. Il sangue del suo sangue.
Ci siete riusciti, miei cari amici?
 
Ivan rimase ritto come un fuso in mezzo ai fiocchi di neve che nel frattempo avevano iniziato a cadere dal cielo. Erano le prime fioccate niente di serio.
Non sembrava neanche sentire la gelida aria fredda che il vento stava trasportando verso di lui.
Molti lo avrebbero preso per una statua monumentale, tanto era fermo, immobile, con le braccia incrociate al petto.
Alle richieste del pope e della vecchina di entrare o se volesse qualcosa, rispondeva sempre con una cortesia secca.
Non voleva essere disturbato, come se sua sorella potesse non trovare la strada di casa se lui avesse distolto lo sguardo
E infine la vide arrivare. Katyusha Braginski circondata da bambini, tenente in mano per le orecchie un paio di conigli selvatici.
Sorrideva loro, con quel suo sorriso sincero, dolce che incantava tutti come la sua risata nei momenti di gioia.
Katya era una donna che sapeva farsi voler bene.
Ivan non si mosse e alla fine Katya, non appena si accorse che i bambini si erano all’improvviso ammutoliti, lo vide.
Per un istante soltanto pensò che fosse un miraggio, ma si rese subito conto che non lo era affatto.
I conigli le scivolarono di mano.
Corse verso di lui e non appena lo raggiunse, lo abbracciò con forza; pianse in silenzio, con singhiozzi talmente bassi che erano impercettibili.
Non appena lo aveva visto, non era riuscita più a trattenere l’angoscia che in quei giorni l’avevano divorata, ma non lo avrebbe fatto capire ai bambini, loro non dovevano sobbarcarsi quel peso.
-Oh Ivan, sei tu, sei proprio tu!-
-Si sorella, sono qui, sono giunto appena ho potuto. Non abbiamo quasi mai riposato se non quel minimo sufficiente per poter raggiungere le tue terre-
Lei strinse ulteriormente l’abbraccio
-Non hai idea del mio sollievo a saperti viva-
-Ci hanno attaccati Ivan… ci hanno portato via tutto e i morti, i morti… è terribile-
-Sono stato in città prima di venire qui… ho visto ciò che è successo-
-Purtroppo non credo che tu abbia idea di cosa sia davvero successo, nessuno potrebbe. Ed è meglio così credimi… è già tanto che sia uno di noi ad avere gli incubi la notte-
A quel punto Ivan chiese –Senti sorella, dov’è Natalia? Voglio abbracciare anche lei-
 
Come reagireste se qualcuno vi dicesse l’ultima cosa che vorreste sentire?
 
Katya sciolse l’abbraccio e distolse lo sguardo.
Ivan sentì all’improvviso un brivido e non era di certo per il freddo che pungeva i loro volti. Diede uno sguardo ai bambini che erano rimasti indietro.
Tra loro non c’era.
-Sorella… dov’è Natalia?-
Il tono della sua voce gli uscì roca, contratta.
Terribile.
-Ivan…-
-Dov’è? Sorella dimmi dov’è-
-Lei… io non…-
-Dov’è?! Dimmi dov’è!-
Ivan ormai stava urlando. Il volto contratto dalla rabbia, gli occhi azzurri slavati e sgranati.
Era fuori di sé.
-Dov’è nostra sorella Katya!?-
-È scomparsa!-
Quella risposta fece spezzare qualcosa dentro di lui.
-Non l’ho più vista da prima dell’attacco finale! L’avevo affidata a dei servi fidati e poi, e poi… è sparita-
-No, no, non è possibile-
-L’ho cercata per giorni in tutti i posti in cui il mio popolo ha trovato rifugio ma nessuno l’ha vista. Non riesco neanche a sentire la sua presenza-
Ivan crollò al suolo, ginocchi nella neve.
Katya si chinò a sua volta e lo strinse forte, con tutta la forza di cui era capace.
-L’hanno presa. I Mongoli hanno preso Natalia-
L’urlo di Ivan echeggiò nell’aere, squarciando il silenzio della steppa, richiamando fuori dalle case gli spaventati profughi e mettendo in allarme i soldati di Novgorod.
Il dolore e la rabbia, il furore e la sofferenza di Ivan presero corpo in quel gridò disperato, che non sembrava aver mai fine.
 
In quel giorno dell’anno 1240, Natalia Braginski scomparve nel nulla dell’invasione tartara e la sua scomparsa fu un peso ulteriore sui cuori dei suoi cari, in aggiunta a quelli che già i terribili accadimenti che in quegli anni martoriavano la terra slava portarono con loro.
Quale fu il suo destino? Dovrete leggere queste pagine per scoprirlo.
 
 
 
 
 
Beh che ne pensate? Aveva in testa questa storia da un po’ e diciamo che ho colto l’occasione per pubblicarla.
Fatemi sapere e io proverò ad aggiornare presto!
E ora un piccolo contenuto extra:
 
 
 
Anni dopo, da qualche parte in Medio Oriente.
 
Un uomo di mezza età, con rughe ad affossargli le guance e la fronte, entrò nel bazar scrutando con occhi di ghiaccio lo spazio interno, pieno di vari articoli da mercato.
-Oh venerabile signore!-
Il proprietario del bazar, un uomo grassoccio, un siriano probabilmente, con delle lunghe basette arricciate si avvicinò al nuovo venuto, facendogli numerosi inchini.
-Avete pensato alla mia proposta? È di rara bellezza e sembra che venga dai paesi degli infedeli a nord del Mar Nero-
-Penso che accetterò, amico mio, mi hai convinto-
-Davvero? Non ve ne pentirete! E per quanto riguarda il prezzo-
-Me la darai gratuitamente-
Il mercante rimase interdetto e iniziò copiosamente a sudare.
-Cos…-
L’uomo lo spinse contro la parete, bloccandolo con il braccio sinistro. Dalla manica destra della veste comparve un coltello affilatissimo che l’uomo appoggiò contro il collo del poveretto.
-Conosco svariati modi per uccidere un uomo: ora tu mi darai ciò che voglio e anche qualcosa di più per il viaggio, ci siamo capiti?-
Il venditore annuì più volte senza dire una parola.
-Bene - lo lasciò andare - Fai come ti ho detto, e dimentica al più presto tutta questa storia-
 

  
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