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Autore: radioactive    18/11/2012    7 recensioni
Aveva paura che lei potesse ucciderlo, aprirlo a metà e strappargli l’anima, bruciarla.
Si lasciò cadere indietro, la nuca affondò tra i cuscini. Chiuse gli occhi e cercò di pensare ai rari momenti belli della sua vita. Ricordò la madre, e le sue carezze, ricordò gli angeli che cantavano per farlo dormire quando era all’orfanotrofio, ricordò le sue compagne Rebellion, Ebony ed Ivory, le uniche che non lo avrebbero mai tradito. Ricordò del suo povero peluche con un’orribile toppa viola sulla testa e dei suoi occhi-bottoni.
Improvvisamente si rese conto di quanto la sua vita facesse schifo, di quanto in realtà lui fosse un essere subdolo, orribile. Stava sperando di morire, che un demone qualsiasi lo trafiggesse, ora. In questo momento.

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[Datherine (aiutaci a rendere il nome del pairing ufficiale!)]
>Se non vi piace DmC Devil May Cry è inutile che ve la prendete con me, io non faccio parte della capcom e insultarmi non cambierà le cose, se poi, deridere i fan a cui il nuovo gioco ha fatto piacere vi fa sentire più potenti e via dicendo, oddio, sono fatti vostri.
A Marika Repent e sony97. Semplicemente.
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dante, Kat
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Marika Repent e sony97, due povere anime che cercano di

sopportarmi anche su facebook. Le conosco pure a

malapena, ma se la meritano, sì.

 

 

 

Everybody lies.

-Tutti mentono.-

 

 

 

 

 

 

La luna brillava in alto, elegante e silenziosa.

Il petto di Dante si gonfiava e sgonfiava senza un ritmo preciso, ma frenetico. Le mani affondate nelle coperte e qualche goccia di sudore sparsa sulla fronte, sul collo e sul petto. Gli occhi sgranati e ancora stanchi vennero rapiti dal grande cerchio che, lentamente, veniva coperto da una nuvola. Piegò le gambe nude sotto le coperte scarlatte, guardando a terra nella speranza di ritrovare almeno un paio di mutande, trovò dei pantaloni di tutta, si mise quelli.

Che era successo? Bella domanda. Lo sapeva benissimo che cos’era successo.

Sbuffò passandosi una mano tra i capelli, quasi sconvolto. Si alzò andando verso il divanetto, dove aveva abbandonato la giacca, frugò nelle tasche ed estrasse le sigarette e l’accendino che sembrava non voler funzionare, dannazione!, imprecò con la sigaretta tra le labbra e quello finalmente andò. Una nuvola di fumo si levò in alto e l’aroma del tabacco colò giù per la gola del demone-angelo, facendogli dimenticare per tre secondi l’inconveniente di quella sera.

Ritornò sul letto, raccattando da un tavolino il posacenere pieno zeppo di cicche, si sedette a gambe incrociate e cercò il telecomando per accendere la televisione, ebbe l’impulso di spegnerla appena vide Barbas e con lui il logo della Notice Raptor Network, «Cavolo, ma ha sempre da parlare quell’uomo?» Imprecò scuotendo la sigaretta in modo da far cadere la cenere, «Terrorismo, città in pericolo… bla bla bla.» continuò lui a parlare sulla voce del giornalista, «Il peggiore di tutti è Dante!» imitò la sua voce, chinandosi un po’ all’indietro, «ma per favore.»

Cercava di convincere se stesso che per lui era tutto un gioco, un’enorme rappresentazione teatrale dove si moriva davvero, ma non contava niente quello che facevano. Lui si era trovato in quel ruolo per caso: il ruolo del terrorista bastardo misantropo che trova divertente distruggere le discoteche.

Sorrise divertito dall’idea della recita, iniziando a pensare al ruolo di tutti i personaggi che conosceva fin’ora.

Vergil era il protagonista tenebroso e troppo-forte-per-combattere, elegantissimo, bravissimo e bellissimo; quello un gradino in avanti a tutti, insomma. Mundus era il cattivo di turno, ovviamente, quello dalle frasi d’effetto con una particolare tendenza allo stalking. Lilith era.. bhè, la puttana innamorata dell’antagonista, vagamente isterica, rifatta e con un piccolo anticristo in pancia.

Messa così sembrava una cosa abbastanza ironica, «potrei girarci un film,» pensava, «farei milioni.»

Tralasciava apposta tutti i particolari, per esempio la sua presunta parentela stretta sia con Vergil che con Mundus… e poi Kat.

Aspirò un’altra boccata di fumo, guardando con la coda dell’occhio le figure riprese da una delle telecamere e mandate in onda al telegiornale.

Kat.

Quel nome gli risuonava nella testa e non voleva andarsene. Come quando studi qualcosa così bene che non te lo dimenticherai mai. Scuoteva i suoi neuroni, scendeva per la gola mescolandosi alla nicotina ed esplodeva nello stomaco in milioni e milioni di farfalle che andavano ovunque, provocandogli un fastidioso, enorme, brivido. Non sapeva esattamente com’era successo, perché dovesse reprimere qualunque cosa fosse ogni volta che stavano assieme e non per una qualche missione. Voleva crederci, voleva crederci davvero al fatto che fosse tutta una bugia, che in realtà era solo un’attrazione fisica – com’è sempre stato verso qualunque ragazza -, ma forse non era così, forse perché lei non era una puttana né nulla del genere. Forse perché avevano già fatto sesso… no, avevano già fatto l’amore.

Arrossì e si perse nei suoi pensieri, nel ricordo dei suoi gemiti e dei graffi alla schiena che gli facevano male al solo pensare, «quella è peggio di un demone», constatò ironicamente una volta. Fu la cenere sul braccio a fargli tornare alla realtà. Borbottò e spense la sigaretta già consumata.

Si era dimenticato del motivo per cui era già sveglio? Oh no, ci era ritornato, semplicemente.

«Mio padre adottivo era un demone, così ho ucciso il bastardo

Si era ricordato di quella volta in macchina, dei suoi occhi cattivi e del modo in cui lo guardava.

E aveva paura.

Aveva paura che lei potesse ucciderlo, aprirlo a metà e strappargli l’anima, bruciarla.

Si lasciò cadere indietro, la nuca affondò tra i cuscini. Chiuse gli occhi e cercò di pensare ai rari momenti belli della sua vita. Ricordò la madre, e le sue carezze, ricordò gli angeli che cantavano per farlo dormire quando era all’orfanotrofio, ricordò le sue compagne Rebellion, Ebony ed Ivory, le uniche che non lo avrebbero mai tradito. Ricordò del suo povero peluche con un’orribile toppa viola sulla testa e dei suoi occhi-bottoni.

Improvvisamente si rese conto di quanto la sua vita facesse schifo, di quanto in realtà lui fosse un essere subdolo, orribile. Stava sperando di morire, che un demone qualsiasi lo trafiggesse, ora. In questo momento.

Si girò su un fianco e spense la televisione, la luna era coperta da quella maledettissima nuvola. Dante si riaddormentò.

 

Il giorno dopo si vestì e, senza fare niente, uscì con il suo solito equipaggiamento.

Le strade di Limbo City, la mattina, erano deserte. Il sole riscaldava l’aria fredda con una lentezza assurda. I bar dovevano ancora aprire, alcuni stavano già disponendo i tavolini fuori in strada. Non c’erano macchine. L’unica presenza vagamente attiva erano le telecamere che lo fissavano, cercando di scavargli dentro, alla ricerca di un segreto che non c’è.

Dante aveva così poche cose a cui pensare che ripensò di nuovo a Kat. Con una mente lucida, cercando di tracciarle il profilo, quello del film.

Kat era l’aiutante del protagonista. La bella ragazza che sarebbe finita con il bel ragazzo (Vergil), indipendentemente di come questo la trattasse. La tipica donna completamente devota al futuro marito che avrebbe dato la vita per il lavoro. Ma era troppo perfetta. Troppo.

Si fermò, decidendo se andare a destra o a sinistra.

Scelse la sinistra, la via più illuminata.

Ora come ora sentiva il bisogno di stare tra la gente, di avere la certezza che il mondo non si sarebbe ribaltato, frantumato o avrebbe cercato di ucciderlo, non aveva bisogno dei demoni né dell’Ordine. Solo di un bar accogliente dove poter prendere un caffè in modo da sopravvivere fino a sera, così da poter ritornare a letto e dormire.

E lo trovò, un piccolo bar italiano sui toni del bordeaux. Entrò.

«Che coincidenza.» Borbottò, senza capire se era felice o meno di averla vista. Kat era lì, seduta in un tavolino all’angolo che beveva un cappuccino enorme e leggeva il giornale. Si avvicinò giusto perché faceva parte del suo carattere. «Sei scappata dall’Ordine?»

Kat alzò gli occhi, con la tazza ancora tra le mani e le labbra sulla ceramica. Bevve un sorso, rimise giù il cappuccino e si pulì la bocca con il fazzoletto. «Sei andato a dormire presto?» Richiuse il giornale, lo piegò e se lo mise sulle gambe.

«Avevo compagnia.» Disse lui, cercando di essere convincente. In effetti le occhiaie erano dalla sua parte, e l’atteggiamento disinvolto di sempre potevano far pensare che effettivamente era così. Si sedette davanti a lei, accavallando le gambe e appoggiando Rebellion al tavolino.

«Bugiardo.» La voce di Kat lo colse di sorpresa, la medium prese un biscotto dal piattino che accompagnava il caffè e ne diede un piccolo morso. «Hai fatto un sogno. Hai sognato me

Dante voleva ammazzarla. O ammazzarsi. Non era sicuro. «E come diavol―» Domanda inutile.

«Non farti domande, Dante. Davvero.» Sorrise lei, bloccandolo subito. Gli allungò il piattino con i pasticcini. «Mangia, avrai fame.»

E lui mangiò. Senza dire niente, neanche un grazie. E lei niente si aspettava: parole silenziose perse nel vento, in una fredda giornata.

 

Camminarono a lungo, stando nelle vie più larghe e luminose, i cappucci in testa per non farsi vedere dalle telecamere. Camminavano uno di fianco all’altro, come facevano poche volte. Non andavano all’Ordine, ma nemmeno al rimorchio. In periferia, le telecamere si facevano più rare, e allora Kat gli prese la mano.

La strinse con forza, intrecciando le dita e guardando in avanti, attenta a non inciampare sulle pietre della strada.

«Vieni da me, stasera.» Iniziò lei, riferendosi alla stanza dove dormiva, all’Ordine. «Non ci vieni da un po’.» Girò appena lo sguardo per incrociare i suoi occhi blu, che amava immensamente.

«Non puoi venire tu?» Dante si sentì ridicolo per la sua voce vagamente supplicante. «Non mi piace quel posto.» Borbottò, abbassando lo sguardo.

«Per favore..» Piagnucolava quasi come una bambina, l’altra, fermandosi e prendendogli la mano con entrambe le sue.

Dante sorrise sornione, gli piaceva da matti quando Kat lo pregava. «Solo se mi dai un bacio.»

Catherine arrossì e si guardò attorno alla ricerca di un vicolo, quando lo trovò si infilò in questo trascinandosi Dante, sicura che le telecamere non potessero raggiungerli gli si avvinghiò al collo e toccò appena le labbra con le sue. E subito Dante mise le mani sui suoi fianchi e se la strinse contro, sentendo il seno di lei schiacciarsi contro di lui ed il corpo di Kat sul suo. Sentì un brivido attraversarlo e questo lo spinse a cercare di schiuderle le labbra, rubandole un bacio vero, cercò anche di giocare con la sua lingua, ancora timida ed insicura. La lasciò stare, accontentandosi.

«Ci sarò.» Sorrise, senza toglierle le mani dai fianchi o staccarsela. L’altra sorrise e fece scivolare le mani sul suo petto e poi sotto le braccia, stringendoselo contro.

 

Quella notte fecero l’amore sotto le coperte di Kat. Lo fecero piano ed in silenzio per non farsi scoprire. Kat aveva lasciato nuovi graffi sulla schiena di Dante, e Dante nuovi lividi sul corpo di Kat.

Nonostante la stanchezza ed il piacere che ancora bruciava nelle vene, rimasero uno di fianco all’altro ad accarezzarsi i capelli, a guardarsi e dirsi niente. Cercavano le parole nel loro più intimo ego, sorridendo ogni volta che si trovava qualcosa di buffo sul viso dell’altro.

Ed era tutto maledettamente nuovo per entrambi, ma Dante si sentiva quasi fuori luogo, ma al contempo gli sembrava tutto familiare che non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Il continuare a guardare Kat, a perdersi in quegli occhi che gli ricordavano quella luna della sera prima, il vederla e sentirla che si considerava normale nonostante l’occhio dell’ajna e i mehndi, gli dava un senso di sicurezza, ma non qualcosa di fisico, qualcuno che si sarebbe sacrificato per lui, era come se gli garantisse una stabilità emotiva in un mondo dove tutti mentono.

«Mi uccideresti?» La domanda gli uscì secca, spontanea. Non ci pensò due volte prima di dirla, abbassò lo sguardo verso Kat che si era raggomitolata sul suo petto, sentiva il suo respiro sulla pelle e le sue mani sui pettorali, una vicina al cuore.

Sorrise, consapevole che non avrebbe mai avuto una risposta. Dormiva.

 

 

 

 

 

Everybody lies.

¬end.

 

 

 

 

 

 

-MILIONI DI CUORICINI INVADONO IL FANDOM E LEI CORRE IMPAZZITA VERSO LE STRADE DI BRESCIA MANCO AVESSE VISTO LA MADONNA.- ♡♡♡~

Sorvolando sulla fine pessima che ho voluto dare. Eheh.

NON TROVATE ANCHE VOI CHE SIANO SPLENDIDAMENTE ADORABILI? ECCO, PERCHE’ IO LI AMO ;A;

Sono uscita di casa alle 11 di stamattina e sono tornata alle 18, un’oretta fa mi sono messa a scrivere e mi sono sorpresa di aver prodotto così tanto. La pecca però è che, essendo una cosa fatta di getto, ho paura sia confusionaria, dal mio punto di vista non lo è in quanto, avendola scritta, so che cosa c’è scritto, ma non so se si capisce D8

L’avviso spoiler l’ho inserito perché non so quanti esattamente vedano i video di DmC: Devil May Cry, e questo conteneva un particolare su Kat (soprattutto) e Lilith (bambini demoniaci che vogliono squartare le madri dall’interno, mh…). Ma non penso che sapere queste due cose possa rovinare particolarmente la vita a qualcuno, dato che per questo reboot più si ha spoiler meglio è

Il titolo c’entra poco (niente?), ma ho scritto questa piccola perla (almeno per me ) ascoltando Everybody lies di Jason Walker, e sono troppo pigra per mettervi il collegamento, quindi mettetevi su youtube e copia-incollate il testo e l’autore, pigne. ~

 

Una cosa che mi piace particolarmente è la non trascurabile vena d’umanità di Dante che ho cercato di far notare in questa fan fiction, alcuni lo vedono solo come una macchina da guerra e non è vero, insomma, si prende una paura boia quando sparano a Kat (FEELINGS!) e s’incazza con il fratello che vuole abbandonare la suddetta. Sentito io non sto bene, dovete capirlo.

Ritornando alla storia, è una cosa stupidissima, lo so. Però volevo scrivere qualcosa del genere per condividere con voi le paure di Dante, ma anche i lati positivi di questa storia e della storia con Kat, soprattutto. Perché sì, PER CHI NON LO AVESSE CAPITO STAVANO ASSIEME e___e !

E poi c’è anche quell’accenno alla VergilxKat che m’intriga parecchio, ma non supererà mai la Datherine. NEVVVEEEERRRR-- ♡♡

In tutti i casi sono felice che sia la terza fan fiction pubblicata nel fandom, sul reboot, e che nessuno mi abbia ancora ucciso/fucilato/ucciso a fucilate. Siete stupendi e già vi amo, sì ;v;

Alla prossima, dears. ~

 

the worst toilet in Scotland ●

 

   
 
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