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Autore: Jessy87g    06/06/2007    1 recensioni


''La stirpe dei Ravenswood si estinguerà,
quando l'ultimo erede una morta in moglie chiederà''


Sciocchezze,superstizioni..ecco cosa era quella profezia per Sesshomaru.
Ma quella cantilena,che non smetteva di ripetersi nella sua mente, cominciava ad assumere sempre di più i tristi rintocchi di un requiem.

Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Scott.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Verranno a te sull’aure
I miei sospiri ardenti,
udrai nel mar che mormora
l’eco dei miei lamenti..”




“Mia signora, Ho urgentemente bisogno di vedervi. Vi aspetto questo pomeriggio alla Fontana della Sirena.
Vostro servo, per sempre, Sesshomaru di Ravenswood.”


Rin rilesse un ultima volta le poche parole di quella lettere che Kagome le aveva porto in silenzio. Anche se si era accorta, dall’espressione cupa che aveva impressa sul volto, che l’amica sapeva più di quanto non voleva dar a vedere; tuttavia non ebbe il coraggio di interrogarla. Una strana angoscia le faceva morire le parole in gola; quasi volesse proteggerla da una terribile verità.
Mentre le chiome degli alberi, ormai completamente ingiallite, iniziavano a opporsi ai timidi raggi del sole, che erano riusciti faticosamente a farsi spazio in mezzo alle cupe nubi cariche di pioggia; la fanciulla aumento il passo. Si portò inconsciamente una mano al cuore, come se volesse rallentare i battiti che si facevano sempre più veloci, mano a mano che si avvicinava al luogo dell’incontro.
Sentiva i propri passi diventare sempre più malfermi, come se le gambe rischiassero di cedere da un momento all’altro, una tremenda ansia le torturava lo stomaco e le mozzava il respiro.
Aveva paura.
Non avrebbe saputo dire con precisione di cosa; ma la sua immaginazione di donna innamorata creava, per sua angoscia, una gran quantità di terribili immagini nelle quali Sesshomaru le confessava di avere un relazione con un'altra donna o le diceva di non amarla più.
Per quanto la mente di Rin catalogasse come stupidi e bambineschi questi pensieri, in cuor suo sentiva che, qualunque cosa il suo amato avrebbe dovuto dirle con così tanta urgenza, l’avrebbe fatta soffrire, e non poco.

Scostata l’ultima fronda che intralciava il piccolo sentiero, si presentò ai suoi occhi l’elegante figura del signore di Ravenswood; il quale, con le mani incrociate dietro la schiena, volgeva distrattamente gli occhi verso un punto indeterminato innanzi a sé.
Rin notò con preoccupazione l’ombra scura che gli attraversava il bel volto imperturbabile. Lo splendore degli occhi ferini era a tratti velato da una profonda tristezza e le lunghe dita artigliate si contraevano nervosamente.
La ricca veste da viaggio che indossava, faceva da contraltare alla sua espressione funerea: il mantello color perla, fermato sulle spalle con una spilla dorata, ricadeva pesantemente sino a lambire gli alti stivali di pelle scura che gli fasciavano le gambe fino al ginocchio. La casacca, della stessa tonalità, aderiva perfettamente al suo corpo ed era fermata in vita da una grande cintura, alla quale era appesa da un parte la spada e dall’altra una pesante pistola.
“Mia signora” esclamò non appena la vide apparire tra i cespugli ancora bagnati dalla pioggia. Si affrettò ad andarle incontro e, prese le mani tra le sue, le baciò con dolcezza.
“Sesshomaru” mormorò la fanciulla, gettandogli disperatamente le braccia al collo come se qualcosa le dicesse che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
Allora il signore di Ravenswood fece scivolare lentamente le mani, sino ad accarezzarle le guance arrossate per la corsa e per il freddo e le posò dolcemente un bacio sulle labbra: una tacita rassicurazione della costanza del suo amore.
“Perché.. perché mi avete chiamato con tanta urgenza?” Mormorò Rin senza togliere le braccia dalle spalle dell’amante; mentre il respiro, infrangendosi contro il collo di lui, gli provocò una scarica elettrica che serpeggiò per tutta la schiena, rischiando per un attimo di fargli dimenticare la ragione per cui si trovava lì.
Il demone si sciolse tacitamente dall’abbraccio e, allontanatosi di pochi passi, volse lo sguardo verso l’acqua fresca che zampillava indifferente dalle fontana; come se stesse cercando le parole per formulale un discorso che era riluttante a cominciare.
La fanciulla osservava in silenzio le ampie spalle di lui, accarezzate dai lunghi, lucenti capelli argentei che il vento muoveva e intrecciava assieme ai lembi del mantello.
“Rin, voi mi amate?”
Queste parole risuonarono alle orecchie di lei, persa nelle contemplazione di quella imponente figura, lontane e vaghe: come se fossero state pronunciate in un sogno.
“Certo!” Rispose d’istinto, senza nemmeno dare il tempo ai suoi pensieri di riordinarsi “Vi ho mai dato modo di dubitarne?”
“No. Ma questo mi darà la forza per sopportare un grande sacrificio.”
“Quale sacrificio?” Balbettò la fanciulla, mentre il cuore le mancò un battito.
“Io parto Rin, per la Francia. Domani, al primo sorgere del sole.”
Miss Asthon rimase completamente paralizzata; un miscuglio di sentimenti tra la rabbia e il dolore vorticarono all’unisono dentro di lei. Portò istintivamente le mani tremanti alla bocca, soffocando un urlo che stava per uscirle dalle labbra. Un bagliore inquietante attraversò per un attimo i suoi occhi increduli; proprio di chi, non trovando più un saldo appiglio alla vita, vacilla pericolosamente sul labile confine della pazzia.
Sesshomaru, afferratala delicatamente per le spalle, tentò di richiamare la sua attenzione per poter terminare il discorso che l’improvvisa reazione di lei aveva interrotto.
“Rin…Rin ascoltatemi vi prego! Lo faccio per voi, solo per voi!”
La fanciulla si liberò con uno strattone dalla sua presa e lo guardò con uno sguardo terrorizzato, nel quale bruciava una scintilla d’odio che le illuminava il volto e infiammava ancora di più i sensi del demone.
“E come, di grazia?” Sibilò stringendo i pugni, finché le nocche non diventarono completamente bianche.
“Mio zio,”si affrettò a spiegare il demone “il potente marchese Athol mi ha chiesto di assisterlo in un’ importantissima missione diplomatica in Francia. Se tutto andrà secondo i miei piani avrò oro e prestigio a sufficienza per far risorgere il mio casato e dargli nuovo lustro.”
“Ah, capisco.” Ribattè Miss Asthon, la cui rabbia non si era affatto placata; anzi, sembrava che le ultima parole dell’amato l’avessero incendiata ancora di più invece che attenuarla “Così riuscirete a spodestare mio padre; è questo il vostro obiettivo, vero? Così vi vendicherete di tutti noi spogliandoci dei nostri beni e buttandoci in mezzo a una strada!” continuò con tono sempre più minaccioso, puntando l’indice accusatorio in direzione di Sesshomaru “E non sarete più costretto a corteggiare la povera figlia di un avvocato, senza un briciolo di sangue blu nelle vene; ma potrete avere ai vostri piedi tutte le fanciulle più nobili della Scozia!...ma che dico?...della Scozia, dell’Inghilterra, della Francia! Tanto per voi è uguale, non è vero?”
“Che stupida ragazzina che siete!” la interruppe, indignato, il signore di Ravenswood “Mi conoscete così poco, dunque, da dubitare della mia serietà?”
“Dunque negate?”
“Certo.”
“E’ il potere che vi interessa?”
“No.”
“Non mi abbandonerete per un’altra donna?”
“E’ più probabile che voi abbandonerete me per un altro uomo.”
“Non lo fate per il denaro?”
“Assolutamente.”
“Ma..allora..”
“Allora cosa?”
“Perché lo fate?”
“Per sposarvi, mia impertinente signora” Ribattè lapidario il demone, il cui sguardo si era fatto sempre più cupo ad ogni risposta “Per sposarvi.”
“S..sposarmi?” Balbettò Miss Asthon, completamente spiazzata da quella risposta.
“Esattamente.”Precisò Sesshomaru, con lo stesso tono di voce che avrebbe usato per spiegare una cosa elementare a un bambino testardo “Una volta ritornato ad essere veramente il signore di Ravenswood, nessuno oserà opporsi alla nostra unione…neanche la madre che temete così tanto.” E aggiunse, soppesando maggiormente le parole “Vi giuro sulla mia vita e sul mio onore che, una volta rimesso piede sul suolo scozzese, neanche un dio riuscirà a strapparvi a me.”
Rin si zittì, abbassando a terra gli occhi completamente velati dalle lacrime, che minacciavano di cadere da un momento all’altro. Sentì un bruciante rossore risalire sul suo viso sino a infiammarle le guance; mentre torceva nervosamente le mani, torturandosi la candida pelle con le unghie ben curate.
Vergogna, ecco cosa provava. Un’indicibile vergogna per aver dimostrato ancora una volta al suo amato di essere una bambina viziata e superficiale.
Il demone sorrise mentalmente: da una parte si sentiva appagato, vendicato per la poca fiducia che l’amata nutriva nei suoi confronti, e per questo era stata giustamente punita dalle sue parole taglienti; dall’altra, tuttavia, sentiva un fastidioso senso di colpa. In fondo quella scenata era stata dettata dalle gelosia, dalla disperazione; confermando nuovamente l’amore di lei nei suoi confronti.
E, a pensarci bene, si rese conto che, se i ruoli si fossero invertiti, sicuramente anche lui avrebbe avuto una reazione simile.
“Scusatemi.” Fu l’unica cosa che la fanciulla riuscì a dire, mentre una solitaria lacrima le rigò il viso. “Sono solo una stupida, non merito il vostro amore. Potrete mai perdonarmi?”
“Ad una sola condizione” Rispose il demone; il quale, sebbene in cuor suo non avesse mai provato veramente risentimento, tuttavia voleva godersi quell’ultima piccola vendetta nei confronti di lei, lasciandola per un attimo dubitare del suo perdono.
“Quale?” Chiese con apprensione la giovane, mentre il suo cuore accelerava di nuovo i battiti.
Sesshomaru non rispose subito. Alzò lentamente gli occhi verso il cielo, come se aspettasse di veder scritta lì la risposta. Poi, ispirata a pieni polmoni l’aria umida di quel primo pomeriggio autunnale, posò nuovamente gli occhi sull’amata, ma questa volta con un’espressione più dolce e parlò con una voce che un estraneo, ascoltato il dialogo precedente, avrebbe difficilmente riconosciuto come sua.
“Giuratemi qui ed ora eterno amore.”
Vedendo gli occhi dell’amata guadarlo con un’espressione a metà tra l’interrogativo e l’incredulo, continuò con maggior trasporto “Sposiamoci adesso! Non abbiamo bisogno di ministri che ci uniscano. Dio ci ascolta, Dio ci vede: chiesa e altare saranno i nostri cuori!”
“Mio signore..io..”riuscì a stento a dire la fanciulla, soffocando un grido di gioia.
“Mi basta solo un “si” Rin, non vi chiedo nient’altro.” La interruppe Sesshomaru prendendo delicatamente le mani della giovane nelle sue e increspando leggermente le labbra in ciò che la fanciulla non ebbe dubbi a classificare come un sorriso.
Il timido “si” venne soffocato immediatamente dalla bocca impaziente di lui che si impadronì di quelle dell’amata senza darle il tempo di terminare la frase.

Dopo un lungo istante il signore di Ravenswood interruppe quel piacevole contatto provocando una piccola smorfia di disapprovazione da parte della compagna; la quale lo guardò incuriosita mentre, messa una mano in tasca, ne cavò fuori una piccola moneta d’oro.
Prese le due estremità tra le dita, la spezzò facilmente, senza che la durezza del metallo facesse alcuna opposizione e porgendo uno dei due frammenti alla fanciulla pronunciò solennemente le parole di rito.
“Sono tuo sposo.”
“Ed io sono tua sposa.” Rispose Rin prendendolo tra le dita e nascondendolo nella sontuosa veste, vicino al cuore.*
Sesshomaru, dopo aver messo al sicuro la sua parte, prese la fanciulla tra le braccia e la strinse a sé, facendo attenzione a non farle male. Ispirò profondamente il suo odore, come se volesse imprimerlo bene in mente, per non dimenticarlo mai più.
Accostata la bocca all’orecchio di lei, dopo averle scansato dolcemente i folti capelli corvini con le proprie dita, articolò a fatica quelle parole che avrebbe sperato di non dover mai pronunciare in vita sua.
“Amore mio, è l’ora. Dobbiamo lasciarci.”
Rin strinse per un attimo con maggiore forza l’amato a sé, quasi volesse impedirgli di andarsene. Poi la ragione prevalse e scioltasi dall’abbraccio gli posò un ultimo bacio sulle labbra.
“Addio mio signore.” Sussurrò mentre le lacrime iniziavano a scendere copiose, rigandole le guance arrossate. “Promettete di scrivermi. Di darmi vostre notizie, ogni volta che i vostri impegni lo permetteranno.”
“Certo che e lo prometto!” la rassicurò il demone “E voi dovrete essere altrettanto celere a rispondermi.”
“Affare fatto, allora.” Scherzò la fanciulla, con un sorriso amaro che le gettava una cupo ombra sul volto “Sarà l’unica consolazione, in questi giorni terribili che mi aspettano.”
“E sarà anche la mia!” ribattè il giovane baciandole galantemente una mano con un elegante inchino, prima di afferrare le briglie del cavallo che scalpitava impaziente a pochi passi da loro.
Montato in sella, stava per lanciare l’animale al galoppo; ma si fermò, voltandosi un’ultima volta verso l’amata che stava già per imboccare il sentiero che l’avrebbe riportata al castello.
“Rin” La chiamò con tono grave.
“Ditemi.” Rispose la fanciulla, guardandolo con espressione interrogativa.
“Vi amo..non dimenticatelo.” Disse il demone; le cui parole sembravano più una preghiera che una richiesta. Dopodichè, spronato il destriero, sparì in un attimo tra gli immensi alberi della foresta; mentre il vento gli portava alle orecchie il flebile “anche io” di risposta della fanciulla, che si disperse nell’immensità di quel luogo senza tempo.


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*Nei tempi a cui risale questo avvenimento era comune credenza in Scozia che il violatore di un giuramento fatto con certe cerimonie soggiacesse in questa terra ad un’esemplare punizione celeste, quasi come l’atto di spergiuro. Perciò allora i giuramenti degli amanti, lontani da considerarsi come cosa di lieve peso, avevano per lo meno l’importanza di un contratto di nozze. – La più famosa di queste cerimonie era quella in cui i due amanti rompevano, e si spartivano, una moneta.


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Ed anche questo è finito. Cosa succedrà ai due amanti? Riusciranno a poter vivere felici insieme?
Grazie in particolare a lollyna per i suoi commenti.
Baci, Jessy
  
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