Matto
è Bello di
GilesWatcher
“Credi
che la pazzia sia necessariamente
sinonimo di instabilità?”
Alice
alzò lo sguardo con fare inquietante.
Già
dal suo primo incontro con
quell’imbarazzante intruglio vivente di colori sgargianti,
aveva capito che il Cappellaio
aveva ben poco di normale. Non a caso lo definivano gentilmente
“matto”. Era
riuscita a sopportare tutte le domande assolutamente prive di logica
alla quale
era stata sottoposta e da ore cercava solamente di sbuffare
anziché gridare
come un’ossessa in preda all’esaurimento. Ma a
tutto c’è un limite, basta con
lo sciocco tartassamento. Infatti, per quanto si sforzasse, non sapeva
affatto
come rispondere al mittente. D’altronde doveva solamente
accompagnarla dalla
Regina Bianca e nient’altro, non regalarle ore di poco
piacevoli conversazioni.
Più
passava tempo in compagnia di quel curioso
essere, più si chiedeva come fosse possibile partorire certi
quesiti.
Ad
un tratto si fermarono, o meglio, lui si
fermò e la ragazza fece altrettanto. Era la prima volta che
si trovava in quel
mondo e non conosceva ancora bene le sue insidie ed i suoi pericoli.
Muoveva
freneticamente la testa cercando di capire se il problema fosse
qualcosa vicino
a loro. In realtà, era tutto uno scherzo. Una messa in scena
ideata dal Matto,
tanto per farla spaventare. Furono pochi i minuti che passarono prima
che il
pazzo sbottasse in una grassa risata e leggesse la rabbia negli occhi
della
fanciulla.
“Perché
vuoi farmi morire? Devo arrivare dalla
Regina Bianca prima che la Regina Rossa s’impossessi del tuo
mondo! Non
dobbiamo fermarci inutilmente!”
Parlava
come una guerriera.
“Morire?
La morte è una cosa strana quanto
divertente, ma purtroppo non mi è concessa”.
Rispondeva
come un burlone.
Alice
sbuffò nuovamente e, completamente distrutta,
si accasciò con le spalle al tronco di un albero. Si sentiva
profondamente
esaurita e scocciata. Tante belle emozioni da provare tutte insieme.
Alla fine,
quel mondo non si stava rivelando tanto diverso dal reale:
c’era sempre
qualcuno che la obbligava a fare cose poco piacevoli e persone che si
prendevano gioco di lei.
L’albero
al quale era poggiata improvvisamente
sorrise, sentendo il calore della ragazza sulle vecchie raschiature di
legno.
Allargò le braccia e la rinchiuse in un affettuoso
abbraccio. La natura le
voleva bene.
Ovviamente
balzò, spaventata, ed i rami si
ritrassero tornado alla loro naturale posizione.
“Qui
tutto è decisamente strano” commentò
sottovoce, con poca convinzione.
“Anche
tu sei strana”. Nulla poteva sfuggire al
Cappellaio Matto.
“Beh,
grazie tante”.
“Prego.
Effettivamente ti ho fatto davvero un
bel complimento”.
Lei
lo guardò disgustata. E lui non capiva il
perché, ma sentiva il bisogno di spiegarle.
“Sai
Alice, dovresti sapere una cosa. In questo
mondo, e anche nel tuo, essere strani significa essere
normali.”
Eccolo
che ricomincia,
pensò, ciononostante continuava ad ascoltare.
“Forse
dalle tue parti non accettano questo
contorto quanto giusto ragionamento, ma qui si. Guarda quanti colori
indosso,
non li trovi belli? Ed osserva quanto è profondo il blu del
Brucaliffo, non
credi che sia ipnotico? O ancora com’è sgargiante
lo Stregatto, com’è vivace il
Bianconiglio… Tu potrai chiamarli difetti, invece io li
considero pregi. Loro
sono fatti così e non hanno paura di mostrarsi come sono.
Tutto ciò ci rende
pazzi? Si, cioè normali, esclusi da ogni stupida…
ehm... com’è che si dice? Ah,
si: convenzione”.
Scandì
particolarmente bene l’ultima parola, poi
proseguì.
“E
tu sei esattamente come noi, cara.”
Alice
lo guardò titubante. A suo avviso non
indossava alcun colore sgargiante, non dimostrava nessuna
capacità particolare
e fino a poco tempo prima viveva una vita perfettamente normale e
stracolma di
regole. Perciò, cosa c’entrava con tutti quei
“matti”?
“Perché?”
si limitò a chiedere.
“Finisci
la domanda”.
“Perché
come voi! Io non appartengo alla tua
gente, perché insinui che io sia come te?”
Il
Cappellaio finì in una fragorosa risata,
inclinò la testa e tornò nuovamente a guardarla,
con i suoi grandi occhi, belli
quanto inquietanti.
“Hai
visto tutto questo e non ti sei spaventata,
ti sei fatta poche domande e adesso sei qui a seguire un
“pazzo”. Hai accettato
la pazzia esattamente come lo abbiamo fatto noi. Sei pronta a
combattere il
Ciciarampa, giusto? Beh, non credo che nel tuo mondo esistano i
Ciciarampa,
perché sono terribili! E ancora, hai un pallore cadaverico
… anche il bianco è
un colore!”.
Si
fermò per un attimo, ma riprese subito dopo.
Anche il suo modo di parlare era strano.
“Inoltre,
se non sbaglio, sei arrivata qua
perché scappavi. Da cosa, poi? Un matrimonio che non ti
appartiene, giusto?
Qualcosa che tu non vuoi nonostante le regole te lo impongano. Ma a te
non
piacciono le regole, ragazzina. Tu le infrangi, le prendi e le segreghi
in un
ripostiglio ingoiando la chiave. E tutti ti considerano stupida, o
meglio
“strana”, solo perché non sei conforme
alla tua società. Esattamente come tu
fai con noi …”.
Cominciava
a piovere ed in questi casi la
foresta diventava insidiosa.
“Adesso
sei ancora convinta di essere diversa da
noi?”.
Alice
lo scrutò con lo sguardo, poi gli sorrise.
“Facciamo
presto, devo salvare il nostro
mondo”.