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Autore: Princess_Klebitz    19/11/2012    2 recensioni
“Fottiti, Alan Wilder!!”
“Precedimi, David Gahan! Ho aspettato per 6 mesi di mandarti a fanculo di persona!”
“E…?”
“Vaffanculo, David Gahan!”
-Una piccola raccolta di momenti dei DM, tra l'86 e il tragico (per molti) annuncio del 1995, passando per la sfiorata tragedia di Dave, la rinascita, risate, drammi, e partendo tutto da una sera del 2010, alla Royal Albert Hall. Per chi, come me, spera sempre, in ogni tour, in una sempre più improbabile reunion;Alan e Dave-centric
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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JUST HANG ON
SUFFER WELL
SOMETIMES IT’S HARD
IT’S HARD TO TELL
(Suffer Well; Depeche Mode)
 
Gli anni da quel miracolo chiamato ULTRA alla svolta di fine secolo non furono facili per nessuno; The Singles 86-98, la prosecuzione dell’81-85, con il solo inedito di ‘If only when I lose myself’ suonava ancora come un’ammissione di colpa, e persino fuoritempo per le atmosfere che ormai molti avevano acquisito dai loro ultimi lavori.
Se Ultra era arrivato in tempo per le sonorità elettroniche che stavano invadendo i ’90, il suo successore, EXCITER, nel 2001, arrivò fuori tempo massimo, e specialmente troppo inconsistente. 
Martin aveva, come al solito, gran belle idee, ma non era certo Mark Bell, in produzione, che non aveva mai lavorato con loro, a farle fruttare; mancavano gli arrangiamenti sperimentali che avevano caratterizzato la loro carriera, e del lavoro, tanto eterogeneo per mascherare la mancanza di idee, quanto senza spinta. 
Solo Dave aveva fiducia in quell’album, e stava maturando qualcosa, tra sé e sé. 
La fragile ballad Freelove aveva fatto in modo che ritrovasse tutta la sua voce, non quella di Condemnation, sebbene la difficoltà fosse simile, ma una nuova voce, sua. 
Era cambiato, non portava più la sua potenza in una ballad, dandole la spinta, ma la assecondava. 
La sua voce non sarebbe più stata quella di Sofad, ma la stava comunque migliorando, in vista di quello che era il suo sogno che stava per realizzarsi; ma intanto i DM affondavano nella lentezza esasperante di Exciter, che fece storcere il naso a molti fans, accantonata ormai l’idea del miracolo.
All’ennesima intervista, con qualche recensione negativa alle spalle, Martin e Dave si guardavano, pensando l’identica cosa, con umore pessimo.
“Quattro anni per un altro disco… e suona peggio di quando eravamo affondati.”, rimuginava Martin, che comunque difendeva la sua creatura a spada tratta, ben sapendo che, se ben pilotate, le sue canzoni sarebbero state ancora grandiose. 
Come Enjoy the Silence a suo tempo. 
“Quattro anni per un altro disco… e non ho ancora la mia voce”, sospirava mentalmente Dave, rigirandosi quelle parole nella testa. 
La sua voce…
Il live ‘ONE NIGHT IN PARIS’, l’ennesima ideaccia di Anton Corbijn che ancora una volta li aveva salvati, era il solito grande spettacolo, con l’aggiunta di Cristian e Peter e delle coriste, ma lui vedeva, anzi sentiva oltre: i pezzi nuovi suonavano fiacchi, e tiravano a fondo il resto.
Peggio
La SUA VOCE  tirava a fondo il resto; vedeva le occhiate di Martin, gigioneggiava con le coriste, all’occhio aveva ritrovato la grinta di Sofad, anzi, ancora più sex simbol. 
Ma la sua voce non reggeva; non aveva retto, le coriste erano un paracadute misero, e il suono live doveva ancora aggiustarsi.
Una pecca sul curriculum di Anton, ma li aveva salvati, con la sua impeccabile regia.
Era un dare per avere dagli anni ’80: Anton li aveva salvati per la loro immagine, era stata una manna dal cielo proprio nel momento giusto, nella svolta di Black Celebration.
Aveva dato una mano per la loro immagine quando stavano per esplodere, e loro l’avevano ripagato facendolo conoscere al mondo ancora di più, finchè si era affermato con quel maledetto video di Enjoy the Silence e praticamente con tutti i video di Sofad.
Era diventato maledettamente cool, ed era sopravvissuto ai ’90 ed alla tempesta grunge come e meglio di loro, ed ora erano legati a doppio filo.
Un po’ come era successo con gli U2; dalle gelosie iniziali di ragazzini diventati adulti troppo presto, e gli attestati di stima tra i denti di Achtung Baby e Violator, scambiati tra adulti in lotta per un diritto che sentivano loro, erano diventato quasi a scadenza fissa che si ritrovassero con la stesse uscite negli stessi tempi. 
Le loro strade dovevano ancora incrociarsi, ma Dave era certo che fosse solo questione di tempo. 
L’One Night in Paris era stata la loro ancora di salvezza, perché rodati o no, i Depeche Mode live erano un maledetto spettacolo. 
Ma Dave puntava ad altro. 
*
Dopo l’intervista a Parigi, Martin si appoggiò alla porta del camerino, guardando gli altri. 
“Che dite?”
“Il live è stata un’ottima mossa.”, si affrettò a dire, poco convinto, Fletch, che nelle interviste aveva iniziato ad ammettere di non essere quel gran pezzo musicale di storia nei DM, ma di occuparsi più del management. 
Dave, la prima volta che aveva sentito quelle parole, sicuramente concordate con Daniel Miller e con Martin, in piena intervista, aveva mascherato il suo cedimento di mascella solo per miracolo: e sempre per miracolo si era impedito di prenderlo a schiaffi, pensando ossessivamente una sola cosa:”DOVEVI DIRLO PRIMA, ANNI PRIMA!! GUARDA DOVE SIAMO!! DOVE DIRLO PRIMA!!”
Non aveva mai capito come mai i rapporti tra Fletchy ed Alan, anni prima ,erano così tesi; sì, qualche volta aveva parlato con il desaparecido, o ‘Quarto Uomo’,come gli si rivolgevano affettuosamente i fans nei forum, se non chiamarlo addirittura il Boss, ma questa uscita di Andy, come una maledetta ammissione, gli chiariva tutto. 
Quelle erano una di quelle cose che Alan avrebbe voluto sentire. 
Come avrebbe voluto sentire quello che neanche Martin stava ancora negando: mancava il suo supporto in produzione e negli arrangiamenti.
I suoi maledetti arrangiamenti, gli archi, la sua mano impalpabile ma tangibile nelle atmosfere sonore, specialmente in Sofad, dove aveva lavorato sia di scalpello che di martello pneumatico, a volte, erano in quei due album uscito di Recoil, uno persino un anno prima di loro!
LIQUID era un altro gioiello; non era per le masse, ma Alan non era mai stato per le masse, e tutti, anche loro, iniziavano a comprenderlo.
Specialmente loro.
Ma morti che l’avrebbero ammesso.
Anche se Martin aveva l’aria di volersi tagliare le vene, lui e Fletch non l’avrebbero mai ammesso.
Meglio fare dei mea culpa a distanza.
Dave sospirò, non dicendo niente, ma annotandosi tutto, come aveva imparato a fare.
Avrebbe dovuto tirare quel gruppo fuori dal fango, se l’era imposto; Martin ci provava disperatamente, ma gli mancava quel qualcosa, e se non l’avesse trovato…
*
2003
 
Non era stato facile imporre alla band un anno di stop, ma finalmente nel 2003, Dave coronò il suo sogno di un album di inediti.
PAPER MONSTER era un buon album, anche se non era stato recensito ovunque positivamente, ed era specialmente quello che serviva lui: un ritorno al rock, sia elettronico che urbano, con il suo amico Knox Chandler.
Un’iniezione di fiducia. 
Era dagli anni ’80 che provava a scrivere canzoni, ognuna delle quale bocciata da Martin; ora si era imposto che dei divieti di Martin se ne sarebbe fregato!
Il tour era sudato e sanguigno, ed era quello che lui voleva, da ben dieci anni.
Il primo singolo era stato un successo, e lui si era rinvigorito ben oltre lo sperato.
Aveva ritrovato la sua voce, e NON con i Depeche Mode. 
Ma era determinato a ritrovarla e portarli a riva, una volta per tutte.
Quando, mentre era in tour in Europa, gli arrivò una mazzata.
E di quelle pesanti.
*
L’album REMIX ’81-04 non poteva uscire nel momento più sbagliato, e Dave se ne rese conto immediatamente, non gli servì neppure sentirlo, ma sentirlo fu… peggio.
Perché sapeva che, da parte di Martin, era una mossa per prendere tempo, ma che la stampa li avrebbe dati per finiti, dopo la brutta prova di EXCITER, ed il suo tour solista, con tanto di video e pubblicazione live.
Perché avrebbe attirato curiosità, ovviamente, visto i nomi non erano del primo dj dance in voga, ma artisti elettronici affermati, trip hop e non, ma i remix e le celebrazioni si facevano DOPO MORTI, non in attività!
Perché avevano ANNUNCIATO l’anno di pausa, ed alla loro età sapevano tutti cos’era una pausa.
Perché, dopo pochi giorni aver avuto la notizia dal management della Mute, aveva ricevuto una visita che l’aveva ancora più abbattuto, e che ne sapeva più di lui, come al solito.
*
“Ehy, Dave…”
“Alan…”
I due amici si guardavano a distanza, l’ex tastierista sulla soglia del camerino dell’Olympia, dove Dave aveva registrato il suo live, il cantante seduto, ad asciugarsi i soliti litri di sudore che spendeva, con la sua famiglia. 
Jennifer, fiutata l’aria, chiese permesso e con una scusa se ne andò, salutando Alan con un sorriso smagliante.
“Piacere di conoscerti…Alan. Dave mi ha parlato molto di te.”
“Scommetto soprattutto in male.”, commentò in tono piatto il tastierista, stringendole la mano.
“Beh…”, era un po’ sconvolta la donna, finchè una risata di suo marito la raggiunse.
“E dai, Al, lasciala in pace!Jen, lascia stare, Alan è un patito dell’humor macabro.”
“Difatti…”, si avvicinò Alan, mentre Jen correva via, con le guance infuocate. 
“Non devo essere l’unico, visto quello che state combinando, voi tre disgraziati!”
Dave sentì puzza di trappola, ma scelse di tenersi ai bordi, alzandosi ed andando ad abbracciare il suo vecchio amico.
“Cristo, pensavo non saresti venuto mai più a vederci! Quanti inviti hai rifiutato?! Duecento?!”
“Venti.”,stette sul realista Alan, facendo spallucce. 
“Alan…”
“Parla.”
Dave stette un momento in silenzio, asciugandosi i capelli, sommariamente, poi scosse la testa.
“Niente.”
“Avanti, Dave, cazzo!”
“C’è una cosa che volevo dirti da un sacco di tempo, ma… “,e lo sguardo di Dave si puntò a terra, facendolo inquietare.
Altri rimpianti della nera eredità di SOFAD. 
Altre domande.
Altri rimorsi, sensi di colpa, pesi.
“Alan?”
“Senti, Dave, se…”
“Portare la giacca con i jeans ed una t shirt è… fuori moda. Da yuppie primi anni ’90.”, e lo sguardo di Dave si alzò, su un Alan allibito, che lo fissò severo per due minuti, prima di mettersi a ridere assieme a lui.
“Sei un COGLIONE!”
“Anche tu, oddio, su quel palco mi sembravi a volte Iggy Pop, a volte Dave, a volte una pessima imitazione di Bowie!”
“E tu? Ancora il tuo odio verso il palco?”
“Ti prego… Niente discorsi da Devotional!”, si lamentò Alan, congiungendo persino le mani.
“E va bene, e va bene… posso farti almeno i complimenti per i tuoi album? Sì, sì, li ho ascoltati, è inutile che tenti di farmi domande! Ma preferivo quando mi coprivi le spalle con la tastiera, ad essere sincero!”, lo liquidò con una mano Dave, bloccando le proteste sul nascere.
Alan stette un attimo pensoso, mentre Dave cercava una maglia decente pulita (‘Un punk. E’ rimasto un punk fatto e finito, anche se veste migliaia di sterline’), e poi esternò il suo giudizio.
“Anche il tuo album è bello. Sapevo che eri in grado di scrivere.”
“Già…”, concordò Dave, mettendosi una maglia bianca semplice. “Mi rompevi le scatole fin da Some Great Reward. Ricordo ancora la conversazione. –Almeno i testi, non te la sentiresti di cantare testi tuoi? Santiddio sei il cantante! Capisco non saper suonare, ma sai che potremo coprirti le spalle…- E sai cosa? Ricordo anche quando. Ti stavi mettendo la matita negli occhi. Allora ci tenevi a quelle cosucce.”, gli stoccò, perfido, Dave, sorpassandolo per cercare Dio solo sa cosa.
“Sei un bastardo!”
“E tu un bastardo talentuoso, Wilder!”
Si guardarono un attimo, ridendo sotto i baffi, poi Dave tornò serio.
“Hai sentito Exciter?”
“Avete nettamente sbagliato produttore. Ma Martin è grande, si risolleverà. Sembra solo… frastornato. Non ha avuto una buona guida.”
In due parole Alan, come al solito, aveva smontato, rimontato, analizzato e trovato la causa del loro fallimento, e trovato i punti buoni su cui lavorare.
“La sua buona guida eri tu, Alan. Eri l’unico a cui lasciava comporre altre canzoni o modificare le sue.”
Alan sospirò.
“E’ tardi, Dave.”
“Già…”
La breve, penosa, pausa, fu rotta da Dave, che non voleva assolutamente che il loro incontro diventasse triste, dopo tutti quegli anni.
“Intendo metterlo alle strette, col prossimo album, e partecipare al songwriting.”, disse, deciso, il cantante, provocando uno sguardo quasi irrisorio da parte di Alan.
“Dovrai farglielo mettere per iscritto, lo sai, vero?”
“Sia quel che sia…”.
Dave iniziava ad arrabbiarsi; non poteva prendersela con Alan, non dopo che anche lui, quando era stato chiamato in causa, gli aveva dato buca, ma vedendolo gli erano tornate in mente le bruciature di quegli anni. 
Exciter bruciava come acido; le rivelazioni di Fletch idem; l’album di Remix gli sembrava sempre più un’idea cretina!
“IO scriverò metà dell’album!,lo posso fare!”,gridò, quasi.
“Ehi, ehi, io non sono Martin!”,si stupì Alan, vedendo la sua reazione. 
Certo, lui non era stato in quel treno in corsa chiamato Depeche Mode, faticato per vederlo rinascere e poi vederlo appassirsi di nuovo.
“No, scusa…”,si abbattè sulla sedia Dave.
“Dovresti festeggiare al bell’album che hai composto, invece di arrabbiarti per le mosse sbagliate passate!”, gli ricordò serafico l’amico. 
“Sai Al? Se mischiassimo il tuo album con il mio ne uscirebbe un bell’album Depeche Mode!”, sorrise Dave.
Amaro.
Amarissimo.
Alan dovette sentire la sua rabbia, sotto, perché si sedette anche lui, vicino.
“Vuoi che mi metta la matita negli occhi, così ridi un po’? Per Dio, hai un umore del tutto nero, per uno che ha appena finito il suo primo tour solista acclamato!! Non hai Anton da vessare, che circola?”
“Guarda che Anton l’hai sempre vessato tu, con i tuoi rifiuti di metterti in posa! E dire che eri un bel vanesio, ma tu e lo stare fermi non eravate compatibili!”
“Beh, come vedi ho cambiato idea… sulla sedentarietà, intendo. Sul mettersi in posa deve ancora bestemmiare in dutch molto stretto!”
“Lo farai diventare matto…”, commentò Dave, finalmente con un sorriso.
“Ma mi dici perché quel remix?”,lo interruppe Alan, come se desse finalmente sfogo ai suoi pensieri che stava tenendo nascosto.
“Cosa? Quale?”, chiese Dave, disorientato, rialzando la testa.
“Lo sai… il singolo.”
“Che singolo?”
“Il singolo…dei remix?”, continuò esitante Alan, vedendo come Dave non ne sapeva niente, ed anzi, accendendosi di una luce pericolosa.
“UN SINGOLO?! E’ appena stato annunciato l’album, non c’è un singolo!”
“Mmm-mh, vero…”, si alzò Alan, sformandosi le tasche della giacca, e facendo alzare di scatto anche Dave, quasi inferocito.
“TU CE L’HAI, VERO?! FAMMELO SENTIRE!!”
“I-io?! Io non sono più un Depeche Mode, cosa vuoi che…”
“Non eri neanche degli U2, ma avevi i loro bootleg prima di loro, praticamente! Sei nella nostra stessa etichetta! Fammi-sentire-quel-singolo!”
“No.”
Alan si appoggiò allo stipite della porta. 
Non si stava divertendo, aveva macinato km da Londra per poter trovare Dave, vederlo finalmente debuttare da solo, sebbene non gradisse la sua musica, vedere coronati i suoi sogni, ricambiare le cortesie che gli aveva usato dopo la sua uscita, e invece stava tornando nel suo solito ruolo di gioventù.
Il resto del gruppo taceva, e lui doveva portargli le brutte notizie.
E Dave, come al solito, era incazzato.
Quello li aveva resi amici: erano sempre esclusi, ed avevano fatto sponda contro quell’esclusione, fino a scavare un varco negli altri due, e portando il loro contributo, avevano fatto veri e propri pezzi di storia.
Ma non voleva più interpretare quella parte.
“…silence.”
“Eh?”,si riscosse dai suoi pensieri.
Dave pareva costernato, e lo osservava senza curarsi di celarlo.
“E’…e’ Enjoy the Silence. O non te la saresti neanche presa.”
“Io…”
“E’ ENJOY THE SILENCE E VOGLIONO FARLA USCIRE COME SINGOLO!? Fammela sentire!”
Sospirando, Alan cavò di tasca un’usb key, come quando, ai vecchi tempi, cacciava, riluttante, un nastro.
Con la differenza che una volta era la sua morbosa pignoleria a rendere difficile staccarsene, ora era la consapevolezza che non sarebbe piaciuta a Dave.
E la colpa non era neanche sua.
“Tieni. E’ tutta tua. Io vado a recuperare mia moglie e la tua…”
“Ok, ok…”, Dave cercava già febbrilmente un pc, tra le mille cose che come al solito sparpagliava.
“Dave…”
“VENGO-DOPO!”
“Non arrabbiarti…è un ottimo mix.”, tentò di rabbonirlo Alan, prima di avviarsi, mentre in realtà pensava che tra tutti, proprio il mix di Mike Shinoda, NO.
NO.
Era un penoso tentativo di avvicinarsi alle tendenze alla moda, il crossover, e li dequalificava, in questo modo.
E Dave dovette avvertirlo perché si girò, con gli occhi infuocati.
“Non dire cazzate, e non farmi passare per fesso. Non ti avrebbe colpito se non fosse eccezionalmente figo…”
“Beh…”
“…o orribilmente brutto e di cattivo gusto. Perciò non tentare di farmi fesso, Alan. Non ho più vent’anni.”
L’ex tastierista sospirò, e si avviò.
Dopo dieci minuti, Dave lo raggiunse mentre, in compagnia della moglie e della figlia, raccontava a Jennifer ed a suo figlio Jack un annedoto spassoso di quando avevano campionato il suono della sua Porsche per l’inizio di Stripped, e, volendo assistere anche lui, l’aveva fatta accendere da Daniel Miller, che aveva dato troppo gas e aveva sparato una bordata di fumo di scappamento in faccia a loro due.
Dopo un quarto d’ora di finta allegria, le due donne si allontanarono, e Alan prese Dave sottobraccio, allontanandolo dai suoi musicisti.
“Stai bene? Tutto ok?”
Dave non rispose, sorridendo, falso come una sterlina giapponese.
“Cosa non dovrebbe andare?”
“Dave…”,e al suo nome, la maschera di allegria del cantante cadde.
Ma non del tutto.
“E’…ridicolo. E’ qualcosa che avrei potuto fare anche io. Cristo…”,e sospirò, riavviandosi i capelli.
“E’…cool.”, fece spallucce Alan. 
“Mi sentiranno, a Londra!”
“No.”, e Alan lo prese per le spalle, puntandoselo contro, veramente arrabbiato. 
Dave tendeva sempre a dimenticare quanto rapido fosse ad incazzarsi Alan, sotto l’apparente pigrizia, ma chissà perché trovava sempre il modo di ricordarlo. 
Come l’avercelo davanti in quel momento.
“Non ti farai sentire per il remix. Fatti sentire per il nuovo album. Pesta i piedi. Pretendi di esserci. Ma non fare come me.”,e Alan intensificò la stretta sulle spalle fino quasi a fargli male.
“Non-fare-come-me. Niente proclami secolari, niente porte sbattute. Ma imponiti. Fai ritrovare loro la rotta.”
Dave lo guardò stupito, come se non credesse alle loro orecchie.
“Me lo devi, Dave. Fai in modo che venga ad un vostro concerto e sia contento di sentire le vostre canzoni. Fai tornare i Depeche Mode in riga, cazzo!”
Dave si liberò della morsa, e ci pensò.
Poi si aprì in un sorriso.
Vero, non una maschera.
“Lo farò. E tu verrai a sentirci, allora?”
“Sto aspettando quel momento, Dave.”
“Allora prepara il culo su una poltrona da arena, Alan.”
   
 
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