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Autore: Tinkerbell92    19/11/2012    6 recensioni
DA REVISIONARE (CONTENUTI E FORMA)
Prima fanfiction su Percy Jackson, raccontata, come nei libri, in prima persona.
La storia di una semidea particolare, figlia di una dea impensabile, a partire dal suo arrivo al Campo Mezzosangue. Leila, la ragazza, affronterà varie situazioni, anche sentimentali, accompagnata da una custode molto particolare, venendo, però, continuamente ostacolata dalla madre, che vuole a tutti i costi decidere del suo futuro.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno della Luna'
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 Restai in silenzio, a fissare, come una babbea, Morgan ed il simbolo viola sopra la sua testa.
Una figlia di Ecate! Come avevo fatto a non pensarci prima?
E dire che le varie magie ed il fatto che nessuna casa al Campo potesse ospitarla avrebbero dovuto farmi riflettere!
Lamia fece un passo indietro per lo stupore, con un velo di disapprovazione sul volto.
Di sicuro non si aspettava che una figlia della sua dea arrivasse a guastarle la festa proprio in quel momento…
Morgan avanzò imperiosa, fermandosi poco avanti a noi. I suoi occhi verdi saettavano minacciosi.
- Lamia – disse in tono deciso – Hai approfittato delle tue capacità per sedurre uomini innocenti e assassinarli. Mia madre non approverà affatto il tuo comportamento. Se vuoi essere graziata, cessa immediatamente queste atrocità e tornatene da dove sei venuta!
L’Incantatrice sibilò sdegnosa, ma non si scompose: - Ebbene, figlia di Ecate. Per il rispetto e la riconoscenza che nutro nei confronti di tua madre, non alzerò un dito su di te.
Ma la tua autorità nei miei confronti non è forte quanto credi.
Se non erro, non è stata costruita alcuna casa in onore della mia dea al Campo Mezzosangue, dunque, sebbene lei ti abbia riconosciuta innanzi a me, non significa che io debba stare ai tuoi ordini e risparmiare questi insulsi semidèi.
Inoltre – soggiunse con un ghigno – la Foschia impedirà ad Ecate di vedere quanto sto facendo e, come si suol dire, “occhio non vede, cuore non duole”. I tuoi amici sono spacciati, Morgan Fay, fattene una ragione e tornatene a casa.
Morgan strinse le labbra furiosa, ma, mentre apriva la bocca per pronunciare un incantesimo, Lamia si voltò di scatto e scappò oltre il muro di nebbia.
- Di immortales!- gridò Annabeth scocciata – Sta scappando!
- E… non potremmo lasciarla fare?- propose timidamente Grover, dando un’occhiata nervosa agli scheletri sparsi sulla spiaggia.
La figlia di Atena sbuffò e, stringendo in mano il pugnale di Bronzo Celeste, sfrecciò in direzione del mostro, facendo scricchiolare alcune ossa sotto i suoi piedi.
- Annabeth!- la chiamò Luke, con un’espressione preoccupata sul volto.
- Dobbiamo seguirla, potrebbe essere in pericolo – commentò Morgan, visibilmente risentita per non aver ottenuto l’obbedienza di Lamia.
Maggie emise un leggero ringhio e storse il naso: - Riesco a sentire l’odore del mostro anche a miglia di distanza. Seguitemi, nulla può ingannare il mio fiuto.
Ci tuffammo dentro al muro di nebbia, cercando di non calpestare i cadaveri scheletrici distesi sulla sabbia.
La nebbia era così fitta che non si vedeva un palmo da naso.
Ci fermammo nei pressi di un boschetto, cosa che riuscii ad intuire grazie alla forza che avvertivo ogni volta che mi avventuravo in una selva.
Qualcosa di viscido mi sfiorò una spalla e, istintivamente, mi aggrappai al braccio di Maggie.
Non riuscivo a vedere quasi nulla, solo delle sagome scure attorno a me.
Improvvisamente, però, la nebbia cominciò a diradarsi un poco, forse per via della mia presenza in un ambiente selvatico.
Non allentai comunque la presa sul braccio di Maggie, che mi sembrava insolitamente muscoloso.
Probabilmente, per via della sua natura di licantropo.
- Oh, così va meglio – commentò Connor, sospirando di sollievo – Almeno riesco a vedere la faccia da idiota di mio fratello…
- Beh, io avrò la faccia da idiota, tu, in compenso, sei un idiota- rispose sarcastico Travis.
- Fate silenzio! – li ammonì Maggie, che, con mia grande sorpresa, si trovava davanti a me, invece che di fianco.
Dopo un attimo di stupore, realizzai con una stretta allo stomaco quello che era successo.
Luke mi sorrise, probabilmente compiaciuto di trovarsi a braccetto con me, e posò la mano su una delle mie, quella appoggiata al suo bicipite gonfio.
- Va tutto bene – mi sussurrò, facendomi arrossire fino alle orecchie.
- Io… ecco io non… - balbettai, cercando una giustificazione, ma Maggie, dopo aver fiutato qualcosa, ricominciò a correre, interrompendo la nostra amorevole conversazione.
- Hey! Maggie, aspettami! – gridò Grover, trotterellando dietro di lei, cercando di non incastrare gli zoccoli nelle radici che spuntavano da terra.
Luke aggrottò la fronte e si rivolse a noi con aria seria: - So che forse non sarete d’accordo, ma penso sia meglio dividersi di nuovo, almeno avremo più possibilità di trovare Annabeth…
Travis e Connor annuirono, dirigendosi in fretta ad Ovest del bosco, mentre Morgan, dopo averci guardati con una strana espressione, si voltò e corse verso Sud.
Luke fece per allontanarsi, ma lo fermai, afferrandolo per un braccio: - Luke, ma sei scemo? Hai visto che bel risultato abbiamo ottenuto dividendoci, prima… ti ha dato di volta il cervello?
Lui sospirò: - Leila, voi non correte rischi, va bene? La Profezia dice che sarà colui che guida ad avere un destino avverso, quindi l’unico che rischia sono io. Non voglio mettervi in pericolo…
- Ma è proprio questo il punto!- gridai, cercando di trattenere le lacrime – Io non… io non voglio che ti accada qualcosa di male…
Luke mi sorrise dolcemente, accarezzandomi la guancia, e mi posò un rapido bacio sulle labbra.
Appoggiò poi la fronte sulla mia, sussurrando con un tono quasi impercettibile: - Ti amo troppo, amore mio. Non sopporterei mai di perderti. Mai. Tornerai a casa salva, te lo prometto.
Mi baciò la fronte e, prima che potessi fare qualcosa, lui mi sorrise, ed iniziò a correre velocemente, lasciandomi dentro la sensazione che quello sarebbe stato un addio.
- Luke… - mormorai, con le lacrime che iniziavano a correre lungo le mie guance.
Volevo correre, volevo seguirlo e impedirgli di compiere pazzie, ma le gambe si rifiutavano di muoversi, ed i miei sensi, sebbene li sforzassi al massimo, non accennavano ad attivarsi minimamente.
Iniziai a cadere vittima dello sconforto.
Non riuscivo a spiegarmi il perché, ma mi sentivo più o meno come il cavallo di “La storia infinita”, quello che annegava nella Palude della Tristezza, o come diavolo si chiama.
Qualunque cosa avessi fatto, la Profezia era chiara: Luke non sarebbe tornato con noi.
Mi accasciai contro il tronco di un albero, iniziando a singhiozzare disperatamente, quando una voce alla mie spalle mi fece voltare di scatto.
- Piantata in asso di nuovo?
Guardai sorpresa la mia interlocutrice, che mi fissava sorridendo, seduta su una roccia.
- Sei tu… - mormorai, cercando di asciugarmi le lacrime – Che cosa ci fai qui?
La sedicenne che avevo incontrato al porto si alzò in piedi, facendomi, improvvisamente, ricordare qualcosa. O qualcuno.
Non vestiva più con un completino da tennis, ma con un abito viola in stile greco, che la copriva fino al ginocchio. I suoi capelli castano ramati erano acconciati secondo la moda dell’Età Classica, ed i suoi piedi erano avvolti dai lacci di sandali color argento, decisamente poco moderni.
I suoi occhi a mandorla mi fissarono benevolmente, con un accenno di malizia.
- Ora hai capito chi sono?
Annuii, leggermente sconvolta dalla rivelazione: - Sei la ragazza che ho visto in sogno… quando mia madre ed Ermes discussero riguardo me e Luke. Sei la compagna di Ermes, giusto?
Lei sorrise, accarezzandosi il pancione: - Esattamente. Io sono Daeira, dea dei Misteri Eleusini.
Probabilmente non hai mai sentito parlare di me, non sono molto famosa al di fuori dell’Olimpo. Sai, io sono nata umana, da genitori mortali, quindi sono un po’ come l’Ultima Arrivata.
- Eri un’umana? – esclamai, piuttosto sorpresa.
Daeira non trattenne una risatina: - Non è una cosa tanto strana, sai? Altre divinità, anche più famose di me, nacquero mortali. A volte, gli dèi concedono a delle persone speciali il dono dell’immortalità.
- E tu cos’hai fatto, per essere ritenuta “speciale”?- domandai con curiosità.
Lei mi sorrise di nuovo: - Non è tempo di discutere di questo, adesso. So che hai un problema ben più grande, in questo momento. Un’ancella di Ecate è sfuggita al controllo della sua padrona e sta seminando morte in quest’isola. E’ una bestia insidiosa, abbiamo già avuto modo di affrontarla, in passato… se n’è stata buona anche fin troppo tempo…
Abbassò lo sguardo con aria pensierosa. Sembrava assorta in qualche pensiero doloroso.
Alzai un sopracciglio con aria interrogativa: - E… tu sai dirmi come batterla?
Daeira mi guardò con fare enigmatico: - In realtà, Lamia è un mostro molto particolare, perché, a differenza delle altre creature della mitologia, lei possiede un’anima.
- Un’anima? – esclamai, quasi con un grido.
La dea annuì: - Marcia e corrotta, ma ne ha comunque una. Come me, Lamia è nata umana. Il suo aspetto deriva dalle sue azioni mostruose ed i suoi poteri dalla dea della Magia.
A parte questo, Lamia è una donna normale. Ed è mortale.
Devi fare attenzione, perciò: non puoi ucciderla con il Bronzo Celeste.
- Quindi bastano le armi dei mortali… - mormorai assorta
- Mortali sì, ma appartenenti al mondo dell’Antichità – mi corresse lei – E’ pur sempre protetta dalla Magia.  
– E dove posso trovarle queste armi?
Daeira socchiuse gli occhi con aria furba: - Ti dirò un segreto: sotto queste rovine, si cela qualcosa di incredibilmente potente e misterioso. Qualcosa che può essere visto come un collegamento tra il Mondo Antico ed il Mondo Moderno. Non posso dirti che cos’è, le Leggi dell’Olimpo me lo impediscono. Però posso darti un indizio: se tornerai alla spiaggia, di sicuro noterai che alcuni degli scheletri delle vittime di Lamia indossano vesti piuttosto… insolite… almeno, per il vostro tempo.
Restai piuttosto sconcertata da questa rivelazione: - Quindi, grazie a questa incognita “potente e misteriosa”, Lamia si è portata dietro anche i corpi di persone uccise molti anni fa?
Daeira alzò le spalle: - E’ sempre stata legata ai propri ricordi… per questo le piace avere vittime provenienti da epoche diverse nella propria tana… sono una specie di “trofeo di guerra”, per lei.
- Trofeo di guerra, eh…- mormorai, pensando al cartellino che aveva attaccato Luke al mio reggiseno rubato – Quindi dovrei andare a perquisire i suoi “trofei” e trovare un’arma decente? Mi sembra una cosa un tantino macabra.
- E’ vero, ma è necessario che tu lo faccia- rispose la dea con tono convincente – E ti conviene sbrigarti, i tuoi amici potrebbero già essere in pericolo.
- Giusto- concordai, sistemandomi l’armatura e facendo un passo verso la spiaggia.
Ma poi, mi venne un dubbio.
Mi voltai verso la dea e la fissai con aria sospettosa: - Perché mi stai aiutando?
Daeira sorrise, dando un’alzata di spalle: - A me piace aiutare i giovani in difficoltà. E al mio Ermes sta particolarmente a cuore suo figlio Luke. In questa missione, lui è quello che rischia più di tutti.
Senza contare che – aggiunse, con un’occhiata maliziosa – io e te abbiamo molto in comune, Leila.
Mi è bastato guardarti negli occhi, quando sognasti la discussione tra tua madre ed Ermes, per capirlo…
Restai piuttosto sorpresa dalla rivelazione: - Allora la mia sensazione era vera… tu riuscivi a vedermi…
- Naturalmente – rispose lei – Anche se sono una dea minore, ho molte qualità davvero utili. Sono contenta di aver potuto osservarti da vicino, altrimenti non avrei mai avuto modo di aiutarti.
- Perché io e te abbiamo molto in comune? Non vedo che cosa…
Daeira sorrise e indicò il Pegno della Luna, che portavo appeso al collo, con un cenno della testa: - Non sei l’unica ad avere una madre che vuole decidere del tuo futuro. La mia, ad esempio, voleva a tutti i costi impedirmi di stare con Ermes, perché aveva deciso di darmi in sposa a qualcuno scelto da lei. Non ti dico quanto c’è voluto per realizzare il mio sogno.
So che, in realtà, tu non vuoi diventare Cacciatrice, Leila. Ma, ti assicuro, tutto si sistemerà.
- Non vedo come… - mormorai, con un accenno di tristezza.
- Vedrai- mi rispose Daeira, reprimendo, all’improvviso, un gemito.
La fissai allarmata: - Tutto bene?
- Sì – ansimò lei, premendo una mano sul basso ventre – Credo… credo di dover andare, adesso… qualcuno qui vuole nascere in fretta… e sarà molto importante in futuro, te l’assicuro…
- Importante? Vuoi dire che il bambino che porti in grembo sarà utile per la nostra missione?
- Non solo per la vostra – gemette – Ma per tutte quelle che verranno… per tutte le missioni, guerre e vicende che avverranno in futuro…  adesso devo proprio andare… b-buona fortuna, Leila…-
Distolsi lo sguardo, sapendo che si sarebbe “smaterializzata” assumendo la sua vera forma.
Un fortissimo fascio di luce illuminò il bosco circostante, per poi farmi sprofondare nel sottile strato di nebbia che circondava ormai l’intera isola.
Restai un attimo interdetta, sia per la conversazione appena avvenuta, sia per il fatto di avere quasi assistito al parto di una dea.
Mi scrollai pensieri inquietanti di dosso e, dopo aver stretto bene la balestra al braccio, mi avviai di corsa verso la spiaggia, cercando di non pensare a quello che stavo per fare.
Raggiunsi il punto in cui la nebbia era più fitta e, guardando verso il basso, cominciai a camminare con attenzione, cercando qualcosa che ricordasse delle ossa umane accatastate.
Non mi ci volle molto prima di sentire scricchiolare qualcosa di molto inquietante sotto il piede e, reprimendo un gemito, mi inginocchiati, controllando lo stato in cui si trovava il cadavere.
Indossava dei bermuda da turista, il che mi fece desistere dall’indagare ulteriormente su di lui.
Avanzai carponi, cercando di non toccare cose strane e trattenendo i conati di vomito, quando, finalmente, mi imbattei in un secondo cadavere, che mi sembrava meno fresco del primo.
Dai vestiti a brandelli che lo ricoprivano, capii che doveva essere un soldato della Seconda Guerra Mondiale, un sergente, per la precisione.
Nella mano ossuta, stringeva una pistola, che presi, facendo sgretolare le dita biancastre dello scheletro. Diedi una controllatina all’arma, notando con disappunto che era scarica, ma, mentre mi accingevo a proseguire, tastai qualcosa di metallo, dalla forma familiare.
Lo presi e vidi che era un mitra, un bellissimo mitra che conservava dentro di sé ancora qualche colpo.
Avanzai, usando la canna del mitra per tastare le cose strane che trovavo per terra, e, finalmente, individuai uno scheletro quasi del tutto scomparso, che indossava un’inconfondibile armatura appartenente al periodo classico.
Lo esaminai con attenzione, cercando di non vomitare, e trovai una spada arrugginita conficcata a pochi centimetri da lui.
La tirai fuori dal terreno senza troppi sforzi, notando però, con sommo disgusto, che l’elsa era insolitamente sudicia e umidiccia.
Presi un fazzoletto dallo zaino e lo avvolsi attorno all’elsa, quindi, mi sciacquai le mani nell’acqua dell’oceano. Okay, non era forse il massimo, ma era infinitamente meglio di avere le dita insudiciate dal luridume dei cadaveri.
Mi alzai, felice di potermi allontanare dagli scheletri, quando un urlo mi fece venire i brividi lungo tutta la schiena.
Senza pensarci, iniziai a correre, pregando che i miei amici fossero ancora tutti interi. 
  
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