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Autore: lallinachan    19/11/2012    1 recensioni
Alex è una ragazza come tante e come nessuna. Sogna di trovare un lavoro nel magico mondo della musica e lotta per farcela. Cosa centra con i Bigbang? Ha una sorella minore Annie che stravede per loro e la trascinerà da concerto a evento con la speranza di poterci parlare.
-Perché sforzarsi tanto, a cosa serve?- Alex ricambiò lo sguardo confuso del ragazzo e sorrise.
-Forse a trovare un sollievo momentaneo al terrore del vivere!- un ghigno le si dipinse sul volto mentre constatava che tutto sommato, ogni tanto, sembrava persino una filosofa.
-Ah, sì.... come?!- l'aria confusa del ragazzo la fece ridere di gusto.
-Mi fa sentire felice, che altra ragione devo avere?- ecco perché si era affezionato, Alex faceva sempre di testa sua, nel bene e nel male.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T.O.P., Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve :D
Ho appena realizzato che tre personcine adorabili hanno inserito questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite... volevo quindi ringraziare Vipsmonster, lil_monkey e glo91 che mi hanno seriamente fatta commuovere :') Ringrazio tantissimo anche chi continua a leggermi in silenzio, grazie mille :D detto questo vi chiedo di nuovo di lasciarmi anche solo un salutino perché mi farebbe molto piacere e vi lascio al capitolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Signorina Warm, credevo di essere stato chiaro, se vuole tenere i capelli di questi colori li deve tenere raccolti!- Alex sospirò osservando il preside che le si era letteralmente buttato davanti mentre cercava di passare il cancello scolastico inosservata.
-Tanto in classe li sciolgo...- il preside divenne rosso di rabbia davanti a tanta strafottenza.
-Lo so benissimo! In consiglio d'istituto si discute molto sul suo comportamento!- Alex annuì osservandolo in silenzio, in attesa del permesso per entrare.
-Signorina, si leghi i capelli!- le prime gocce di pioggia colpirono le sue gambe nude per colpa della divisa ai limiti del film per minori facendola sbuffare seccata mentre osservava le altre ragazze entrare e mettersi al riparo.
-Non ho un elastico- il preside osservò l'elastico azzurro che spiccava sul suo polso e glielo indicò con fare seccato, chiedendosi quando mai aveva accettato l'iscrizione di quella ragazza.
-Si leghi i capelli o sarò costretto a chiamare i suoi genitori!- Alex sbuffò giocherellando con l'elastico e cercò di elaborare una scusa plausibile per il cerotto che nascondeva il nuovo tatuaggio esattamente dietro l'orecchio o per non legarsi i capelli.
-Non posso... è una questione di religione, capisce? Ho giurato di non legarmi mai più i capelli fino alla morte per... per... passare l'anno!- il preside sbuffò seccato e le afferrò il polso per poi trascinarla verso il suo ufficio mentre Alex si dava dell'idiota pera aver elaborato una scusa così tanto stupida.
-Sono stufo delle sue storielle! Mi aspetti qui, io chiamo i suoi genitori!- Alex annuì sedendosi con fare disinvolto sulle sedie del corridoio antecedente alla presidenza ed attese con calma che il preside entrasse.
Appena lo vide richiudersi la porta alle spalle scattò in piedi sistemandosi la tracolla sulla spalla e corse fuori dalla scuola, evitando per un soffio la presa di sua sorella. Appena fuori fischiò facendo arrivare il cane che la stava pedinando da un mese e prese a correre all'impazzata verso la scuola di suo fratello, per il semplice motivo che era il posto più vicino a lei dove poteva entrare per ripararsi dalla pioggia. Appena dentro però vide suo fratello venir trascinato fuori dall'aula dal preside che farfugliava parole sconnesse sulla cattiva educazione del bambino.
-Salve, cosa succede?- il bambino sorrise grato e le saltò in braccio, sfilandosi dalla presa del preside con un solo movimento veloce, lo stesso che aveva visto fare più volte ad Alex quando sfuggiva alla presa delle sue sorelle o di sua madre.
-Succede che questa piccola peste ha detto alla professoressa di matematica delle parole decisamente non appropriate!- Alex sospirò mordendosi la lingua per aver parlato della sua prof di matematica davanti al fratellino.
-Immagino che abbia detto qualcosa sulla mancanza di compagni della professoressa e sulla sua isteria...- il preside annuì sorpreso ed indicò il bambino.
-Non è la prima volta che si comporta in modo inappropriato!- Alex annuì afferrando il portafogli dalla tracolla e osservò il preside con aria assorta.
-Sa, la mia famiglia stava giusto pensando di fare una donazione a favore della scuola, lei quanto crede che sia necessario?- il preside annuì cambiando di colpo espressione e le fece cenno di passare con un sorriso smagliante.
-Avevamo giusto bisogno di nuove attrezzature per la palestra...- Alex annuì afferrando il libretto degli assegni che suo padre le aveva lasciato per occasioni simili, già firmato e solo da compilare.
-Capisco... immagino che questa cifra basti anche per ottenere un goccio di clemenza per il mio fratellino- il preside annuì osservando ammirato la cifra che Alex aveva scritto sul post-it.
-Oh, non ce ne sarebbe stato bisogno ma di certo saremo molto grati alla sua famiglia per una simile donazione- Alex annuì finendo di compilare l'assegno e porgendolo al preside.
-Con questo immagino che anche le voci sull'espulsione di mio fratello cesseranno, non è vero?- il preside annuì sorridente.
-Oh, non si preoccupi, mi premurerò personalmente di far sparire queste voci! Vuole portarlo a casa, oggi sembra un po' stanco, non vogliamo mica che il piccolo si stressi troppo!- il bambino fece per fare la linguaccia ma la lieve pressione che sentì sulla gamba lo fece desistere.
-Penso di sì... grazie mille per il suo tempo, arrivederci- il preside annuì sorridendo di nuovo mentre osservava la ragazza uscire dalla stanza.
Appena fuori mise giù Samuel e gli fece cenno di prendere le sue cose, chiedendosi perché diavolo quel bambino la venerasse così tanto. Appena lo vide tornare indietro, lo zainetto in spalla e il sorrisone stampato sul volto, la noia per l'essere l'esempio di quella piccola pulce non fu così potente e gli passò la sua giacca sulla testa per proteggerlo dalla pioggia.
-Dove andiamo?- Alex fece spallucce uscendo sotto la pioggia battente ed osservando il cane che scodinzolava come uno scemo.
-Andiamo a casa a cambiarci e poi ci pensiamo, ok?- il bambino sorrise da sotto la giacca e si lasciò portare fin dentro la sua stanza dove si ritrovò a terra, ancora avvolto dalla giacca che l'aveva protetto dalla pioggia battente.
-Cambiati, poi vediamo dove andare- il bambino annuì osservando la sorella uscire dalla stanza ed afferrò la maglietta e la felpa più grande che aveva per poi indossarle insieme ad un paio di jeans.
Alex nella sua stanza sospirò cercando di non tremare per il freddo che i vestiti zuppi le stavano causando. Quando finalmente si mise addosso i soliti vestiti larghi e comodi cominciò a riprendere un po' di calore e notò la piccola testa corvina che la osservava da dietro la porta.
-Cosa c'è, Sammy?- il bambino sorrise entrando in camera con un cappellino calcato in testa.
-Ci sono i pantaloni come i tuoi anche per me?- Alex fece spallucce confusa.
-Non so... allora, dove vuoi andare?- i dentini perfetti si mostrarono in un sorriso raggiante mentre guidava la sorella fuori dal palazzo e verso la destinazione da lui scelta.
Dopo dieci minuti sotto la pioggia battente, protetti dalle grosse giacche a vento, Alex sbuffò seccata e si fermò di colpo, afferrando il fratellino per una spalla.
-Allora? Dove stiamo andando?- Sammy sorrise di nuovo facendo addolcire lo sguardo della sorella.
-Al parco davanti al tuo lavoro!- Alex annuì prendendolo per mano e guidandolo attraverso le viuzze strette e deserte, lungo la scorciatoia che aveva imparato i primi giorni di lavoro per non arrivare in ritardo a casa.
-Eccoci qua, ora cosa vuoi fare?- Sammy sorrise cominciando ad improvvisare passi in mezzo alla pioggia, ignorando i clienti che lo osservavano dalla vetrina del bar con aria sorpresa.
-Sei venuto fin qui per ballare?- lui annuì con un sorrisone e riprese a ballare, osservato dalla sorella.
-Vuoi che ti insegni?- Sammy annuì di nuovo ed osservò sua sorella mentre gli mostrava con calma dei passi, beandosi delle attenzioni che riusciva ad ottenere almeno da lei.
-Allie, io diventerò mai bravo come te?- Alex fece spallucce e continuò a mostrargli i passi mentre macchinava una risposta.
-Non so, sta a te decidere quanto puoi diventare bravo! Secondo me dovresti puntare più sul rap, sei bravino quando rappi con i miei amici!- il bambino scosse la testa continuando a copiare la sorella.
-No, io voglio essere come te! Anche tu sei brava rappare ma ti piace di più ballare quindi io voglio ballare!- Alex annuì, osservando suo fratello che di colpo sembrava essere distratto da qualcosa.
-Che succede?- Samuel fece per rispondere ma il gigante dai capelli turchesi che si era fermato mentre usciva dal bar gli fece cenno di fare silenzio.
-Nulla- Alex sorrise continuando a spiegargli i passi con calma, ignara degli occhi che le si erano incollati alla schiena dopo aver riconosciuto i ciuffi blu che spuntavano dal cappuccio.
-Allie, tu hai un amico con i capelli turchesi?- per tutta risposta si voltò di scatto, puntando lo sguardo in quello nascosto dalle lenti scure del ragazzo che li stava osservando.
-Diciamo che lo conosco... vieni, Sammy!- il bambino annuì afferrando la mano della sorella e si lasciò guidare verso quello che a lui sembrava un gigante dall'aria misteriosa.
-Cosa vuoi?- il ragazzo fece spallucce preso alla sprovvista.
-Nulla, balli bene- Alex sbuffò seccata.
-Non abbastanza a quanto pare...- il ragazzo annuì, preso alla sprovvista per la seconda volta di seguito, cosa abbastanza rara visto e considerato che era abituato ad avere a che fare con i giornalisti addestrati a fare domande fatte per prenderlo alla sprovvista.
-Non sempre si viene apprezzati fin da subito...- Alex fece spallucce e sobbalzò sentendo il naso gelato del cane premerle contro il palmo della mano.
-Ma che... ah!- ci mise qualche secondo a realizzare che era il suo “animale domestico”.
-Bello...- il cane scodinzolò leccando la mano di quella che aveva scelto come padrona.
-Se lo vuoi prendilo!- un mugugnare seccato attirò l'attenzione dei due ragazzi che si trovarono ad osservare il bambino avvinghiato al cane.
-NO! Lui è il mio amico!- Alex sbuffò annoiata.
-Come non detto... comunque la mamma non ti ha insegnato che è inquietante fissare le persone?- una risata roca si liberò nell'aria.
-No, mi spiace... non mi aspettavo di incontrarti... non dovresti essere a scuola?- Alex annuì.
-Hai detto bene, dovrei! Ma come vedi sono per strada e non a scuola... e tu? Non dovresti essere a far svenire qualche ragazzina o roba simile?- Seung Hyun sorrise divertito.
-No, ho appena finito un'intervista e ho un'oretta libera prima di dover andare a provare una nuova coreografia...- l'espressione quasi sofferente del ragazzo si intravedeva persino attraverso i vari strati di travestimento.
-Non ti piace ballare?- la voce di Alex era scettica, come se fosse impossibile che qualcuno odiasse davvero ballare o potesse trovarlo anche solo noioso.
-Non è che perché canto devo amare ballare... e poi non tutti nascono con i piedi giusti, io ho due piedi sinistri- Sammy lasciò andare il cane e si avvicinò alle gambe del gigante, osservando i piedi con fare attento.
-Allie, ma lui non ha due scarpe sinistre!- Alex annuì accarezzando la testa del fratellino.
-È un modo di dire!- il bimbo sorrise divertito.
-Ah! Allie, me la compri la cioccolata?- la ragazza scosse la testa prendendo il bimbo in braccio.
-No, a casa te la preparo... comunque dovresti almeno provare a ballare con un po' più di entusiasmo, no? Adesso vado, ciao- la ragazza fece per avviarsi sotto la pioggia battente ma una mano le prese il polso delicatamente.
-Sta diluviando... finirà per ammalarsi... vuoi un passaggio?- Alex guardò il suo fratellino per qualche istante, indecisa e poi scosse la testa.
-No grazie, ce la caviamo da soli... Sammy, saluta!- il bimbo agitò la manina ed afferrò la mano della sorella per poi prendere a camminare con calma, ignorando i goccioloni che gli stavano entrando nel collo senza tregua.
-Allie, oggi il papà viene?- Alex annuì facendo un paio di conti a mente.
-Sì, è passato un mese dall'ultima volta che è venuto... dici che ci dobbiamo far belli?- il bambino ghignò divertito e si sporse verso l'alto per aprire da solo il portone del palazzo.
-Bravissimo! Andiamo a farci questa cioccolata calda-
La giornata passò leggera, abbastanza da sorprendere i due fratelli quando videro la loro madre rientrare con lo stesso sguardo che probabilmente i peggiori serial killer avevano sfoggiato prima di uccidere le loro vittime senza la minima remora.
-Stiamo scherzando spero...- con una spinta leggera Samuel venne indirizzato in camera dove si chiuse a chiave, lasciando la sorella maggiore da sola alle prese con la madre in modalità omicidio.
-Spiegami- non sapeva nemmeno cosa dire, di colpo il tatuaggio dietro l'orecchio bruciava come un dannato.
-Non ho nulla da dire, non mi andava di legarmi i capelli...- con un movimento veloce sua madre le tirò su i capelli e vide il cerotto candido, posto a proteggere il tatuaggio ancora fresco.
-Un altro?- si limitò ad annuire con calma per poi togliere il cerotto e mostrare il logo della loro crew.
-Non c'è nemmeno Aya, che senso ha ormai questa cosa? Pensa a passare l'anno, così potrai andare all'università e potrei incontrare persone per bene!- con un sonoro sbuffo fece una giravolta su se stessa per sfuggire alla presa di sua madre ed andò a rispondere al telefono che aveva preso a squillare insistentemente, interrompendo momentaneamente la sua esecuzione.
-Alex, ho dato il tuo numero di cellulare a una persona importante, va bene?- la voce di Aya appariva eccitata come poche e prese Alex alla sprovvista, obbligandola a prendere un respiro profondo per non farsi prendere a sua volta dalla felicità che non sapeva perché la stava raggiungendo.
-Uhm... ok... spero per te che non mi facciano scherzi telefonici...- Aya annuì dall'altro lato della cornetta e buttò giù senza neanche salutare, lasciando Alex sempre più stranita.
-Chi era?- la voce di sua madre le fece scorrere un brivido di fastidio lungo la schiena.
-Aya... dove sono Annie e Ellie?- sua madre si guardò intorno con aria confusa e prese in mano il cellulare, dimenticandosi del litigio che fino a pochi istanti prima stava prendendo piede.
-Siamo qui, smettila di chiamare... Annie voleva dei vestiti nuovi e l'ho accompagnata...- sua madre annuì e tutte di colpo si ritrovarono a guardare l'orologio con aria nervosa per poi scrutare i vestiti di Alex con fare seccato, facendole notare la differenza tra i suoi pantaloni a cavallo basso e i vestitini eleganti che avevano addosso le sue sorelle e il tailleur di sua madre.
-Cambiati, papà sta arrivando e sai che ti vuole vedere con dei vestiti da signorina!- Ellie sospirò davanti all'occhiata scettica di Alex e la trascinò in camera sua, aprendo l'armadio.
-Vediamo se ti stanno i miei vestiti- -Non mi stanno, io ho più muscoli di te quindi ho anche più spalle...- -Ti farai stare le mie camicette o i miei vestiti! Adesso muoviti ad indossare questo vestitino se non vuoi che perda la pazienza! Mettiti queste ballerine- -Ma mi staranno piccole!- -Non dire cavolate, abbiamo la stessa taglia!- -Elise, sono più alta di te di almeno dieci centimetri, ti assicuro che tra un 38 e un 42 c'è una certa differenza- -Non importa, ora ti dovrai adattare- Alex sbuffò afferrando il vestito e se ne andò in camera sua con fare seccato.
Appena in camera buttò il vestito sul letto e prese ad osservarlo nella vana speranza di riuscire a dargli fuoco con la forza dello sguardo. La parte superiore sembrava una canottiera rosa scuro e la gonna invece era un tripudio di insulse macchie colorate non meglio identificate, stampate su una gonna bianca che le sarebbe arrivata appena a metà coscia, decisamente troppo corta per i suoi standard, cosa che la fece deprimere almeno quanto la cintura color jeans con tanto di fiocco che era stata posta in vita. Il bussare insistente di sua sorella maggiore la convinse però ad indossare il vestito ed infilarsi le uniche ballerine che aveva nell'armadio, un anonimo paio nero senza nessun fronzolo che si era trovata nell'armadio solo perché le aveva usate una volta in Spagna, niente di più e niente di meno.
-Ecco! Non vedi come stai bene? Dovresti vestirti così più spesso...- uno sbuffo le uscì dalle labbra automaticamente mentre andava a sedersi in sala.
-Alexia, sorridi!- -Non sono capace...- Annie scosse la testa con aria rassegnata e scattò in piedi appena suonò il campanello, facendo entrare suo padre che le rivolse un sorriso affettuoso.
-Ciao piccolina! Ti ricordi che mi avevi chiesto un regalo speciale? Beh, guarda chi ha i biglietti per il prossimo concerto dei suoi cantanti preferiti?- la ragazzina saltò al collo del padre con un sorrisone e si lasciò portare in giro in braccio.
-Elise, non saluti il tuo papà?- era tutto così surreale, solo con le sue sorelle si comportava così, forse perché ci aveva passato pochissimo tempo e voleva sfruttarlo il più possibile.
-Papà, mi sei mancato!- il padre sorrise abbracciando anche la figlia maggiore, ignaro del fatto di essere osservato da Alex e Samuel.
-Voi due, avete causato di nuovo problemi- eccola la voce fredda che Alex aveva imparato ad imitare, quella che le veniva rivolta ogni singola volta che parlava con suo padre.
-Ciao anche a te, papà...- in tutta risposta suo padre annuì per poi voltarsi e dare un bacio a fior di labbra a sua madre.
-Ti ho preso dei pendenti in diamante... spero ti piacciano... Elise! Mi dimenticavo! Tra poco potrebbe arrivarti una macchina ma magari è solo una mia idea- la ragazza sorrise abbracciando di nuovo il padre che si scostò per poi mettersi a sedere a tavola in attesa della cena.
Se c'era una cosa che non si poteva dire di suo padre era che faceva brutti regali. Con tutti i soldi che spendeva in regali avrebbe potuto aprire l'ennesima filiale della sua enorme azienda di cui Alex non capiva ancora la reale funzione. L'unica cosa che aveva capito in tredici anni di convivenza era che suo padre amava la sua azienda e continuava ad inglobarne altre, ampliando il mercato.
-Tesoro, hai fatto le valige di Samuel come ti avevo chiesto?- la donna annuì mentre osservava l'espressione di Alex cambiare radicalmente: aveva sentito la stessa identica frase quando era stata portata via lei, circa alla stessa età.
-Porterai via Sammy come hai fatto con me?- il padre si limitò ad annuire mentre continuava a chiacchierare amabilmente con le altre figlie.
-Come puoi farlo? Scusate, io non ho fame- Alex fece per alzarsi ma suo padre la afferrò per un polso con uno scatto veloce, facendole quasi male.
-Tu non vai da nessuna parte. Adesso siediti e cena con la tua famiglia.- con un gesto secco Alex si rimise a sedere sotto gli sguardi stupefatti delle sue sorelle, del tutto estranee a tutta quella docilità la sorella di mezzo stava dimostrando con il padre.
-Domani sera ho una cena di gala e pretendo che ci siate tutte, sarà in maschera in onore della serata di halloween- Alex scosse la testa.
-Non posso, ho un altro impegno...- suo padre annuì sorridendo a sua moglie mentre serviva la cena, fatta di piatti tipici italiani come piaceva a lui: diceva che gli ricordava la vacanza in cui si erano conosciuti.
-Perfetto, un problema in meno a cui pensare...- l'ennesimo sbuffo della serata sfuggì dalle labbra di Alex e fu accompagnato dai pugni di suo padre che sbattevano sul tavolo.
-Alexia, vai a farti un giro, non ho intenzione di avere a tavola una persona che si comporta come te- non rispose nemmeno, si limitò a mettersi in piedi ed uscire con addosso solo quello stupido vestitino nonostante ormai la neve non fosse così lontana.
Con un sospiro prese a camminare per le strade allagate di Seoul, chiedendosi perché diavolo tutto dovesse andare per forza di cose a puttane. Non che chiedesse la famigliola felice, però quanto meno voleva non rischiare la vita ogni singola volta che suo padre la veniva a trovare a casa. Non lo odiava, quando era piccola ci era quasi andata d'accordo, però non gli perdonava di averla letteralmente strappata alla sua terra natia per portarla in giro per tutto il mondo per ben tredici anni della sua vita, abbastanza tempo da distruggere ogni minima possibilità di avere una vita normale. La cosa più normale che aveva nella sua vita erano le estati che passava con i suoi nonni, sempre e comunque da sola dato che quando lei era in Italia la sua famiglia andava in Spagna e viceversa. Quantomeno ora erano obbligati a portarla in vacanza con loro. Probabilmente erano anche i continui viaggi che le avevano deformato un po' il carattere, Alex sapeva benissimo di avere un bel po' di difficoltà a fare amicizia e l'unica scusa decente che trovava era che, molto semplicemente, non ne aveva mai avuto il tempo. Quando le andava bene rimaneva nello stesso stato per un mese, giusto il tempo di conoscere un paio di nomi e litigare con qualche prof, giusto il tempo di prendersi qualche leggera cotta che aveva imparato a gestire a quattordici anni. Era tremendamente difficile per lei immaginare di poter avere un'amicizia stabile, figurarsi una relazione. L'unico motivo per cui non era totalmente inesperta in materia era il suo amore per le serate in discoteca durante le quali qualche compagno di classe del momento si faceva sempre avanti. Alex sospirò continuando a ragionare sulla sua vita mentre camminava attraverso le gelide strade di Seoul, in attesa di un'illuminazione divina su dove andare a stare o chissà cosa. Ora che ci pensava tutto sommato una relazione stabile l'aveva avuta ed era durata un anno intero, peccato solo per il fatto che di quell'anno dieci mesi fosse stata lontana dal suo ragazzo e di conseguenza aveva compresso tutto quello che poteva vivere in un anno in due mesi scarsi, bruciando così una tappa dietro l'altra. Non se ne pentiva, quella relazione compressa le era fruttata un bel po' di amici sparsi per il mondo, ottenuti grazie all'idea che tanto, peggio della sua prima volta, non potesse esserci nulla. Già perché non c'era niente di peggio che farlo la prima volta con una persona che non vedevi da dieci mesi, almeno dal suo giovane punto di vista. I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dalla voce di Eminem che si esibiva in “I'm not afraid” per farle da suoneria. Chi diavolo poteva chiamarla alle otto di sera con un numero privato?
-Pronto, con chi parlo?- la voce dall'altro lato del telefono era tremendamente seria.
-Parlo con Alexia Warm? La ragazza che ha partecipato alle audizioni per la YG ed è stata esclusa per un punto?- le sopracciglia di Alex si inarcarono in una smorfia sorpresa mentre si appoggiava ad una parete per ripararsi dalla pioggia che stava cominciando a cadere.
-Sì, sono io... con chi parlo?- l'uomo dall'altra parte del telefono batté le mani soddisfatto.
-La chiamo dalla TS entertainment. Volevamo convocarla a colloquio; uno dei nostri CEO era presente alle audizioni e l'ha notata: è un mese che cerchiamo un modo di contattarla, fortunatamente abbiamo ottenuto il suo contatto dalla sua amica, spero non le dispiaccia- troppe cose in un colpo solo.
Alex non era abituata a sentirsi dare del lei e questo normalmente sarebbe bastato a farla confondere ma una notizia simile le aveva letteralmente dato alla testa, lasciandola senza fiato, in silenzio. Fortunatamente l'uomo era paziente ed attese con calma che il respiro di Alex tornasse normale.
-Ehm... un colloquio... per un lavoro?- l'uomo sorrise divertito.
-Certamente! Quando è libera?- Alex si mordicchiò un'unghia con fare nervoso.
-Quando vuole, sarei capace di venire anche ora...- la risata roca dell'uomo raggiunse le orecchie di Alex facendole realmente temere che quello fosse solo un magnifico sogno.
-Allora, domani è sabato, può venire da noi alle dieci?- Alex annuì lentamente per poi ricordarsi che l'uomo dall'altro lato del telefono non poteva vederlo.
-Certo... mi può dire l'indirizzo?- l'uomo le dettò l'indirizzo e le disse di vestirsi comoda perché l'avrebbero fatta ballare.
-Non è uno scherzo, vero?- l'uomo ridacchiò divertito.
-Assolutamente no, saremmo molto felici di prenderla con noi- un sorriso apparve per poco più di un istante sulle labbra di Alex.
-Grazie mille per l'opportunità, ci sarò!- l'uomo la salutò cordialmente, cosa che nessuno aveva mai fatto, e riattaccò lasciandola sola con i suoi pensieri e un barbone che la fissava con un sorrisetto ebete.
-Cosa ti guardi?!- il barbone ghignò avvicinandosi traballante, sintomo di una bevuta di troppo.
-Ti sta bene questo vestito! Staresti meglio senza!- uno sbuffo le uscì dalle labbra e lanciò uno sguardo gelido al barbone che rimase un secondo interdetto mentre Alex lo studiava.
Il cappotto vecchio e logoro copriva un maglione infeltrito e dei pantaloni sporchi e grandi, abbinati a delle scarpe ormai consunte. La barba incolta e i denti gialli non erano di certo più invitanti, almeno quanto la puzza di sudore misto a alcol e altri odori nauseabondi. Quando il barbone si sporse in avanti per afferrarle il polso Alex reagì d'istinto, torcendo il polso all'uomo con tutta la forza che aveva per poi farlo cadere a terra, ringraziando i corsi di autodifesa che aveva seguito in alcune scuole e la forza che i suoi muscoli insieme all'adrenalina le fornivano. Quando realizzò di essere riuscita a buttare l'uomo a terra tirò fuori il cellulare e chiamò un'ambulanza per poi appoggiarsi alla parete di nuovo, in attesa dei soccorsi che fortunatamente arrivarono in fretta.
-Cosa è successo signorina?- Alex indicò il barbone.
-Mi stava aggredendo ed ho reagito d'istinto, non vorrei avergli fatto male sul serio... io sto bene- l'uomo scosse la testa caricando il barbone sull'ambulanza per poi controllare Alex alla svelta.
-Sa vero che la sua temperatura è bassissima? Vuole una coperta, qualcosa?- Alex scosse la testa rivolgendo uno sguardo tranquillo al paramedico.
-Non è nulla, ora torno a casa...- detto questo si avviò, fregandosene delle offerte dei medici su come aiutarla.
Non ne aveva bisogno, non dopo la telefonata più bella della sua vita, non dopo aver scoperto che il mondo era fantastico. Nemmeno la quasi aggressione del barbone sarebbe riuscita a rompere la sua bolla di felicità, nemmeno la faccia arrabbiata di suo padre che la osservava mentre passava attraverso i corridoi di casa sua gocciolando ovunque, nulla di nulla avrebbe rotto l'incantesimo. Nemmeno l'imminente partenza di suo fratello, forse.
  
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