Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Dragana    20/11/2012    6 recensioni
Raccolta -parecchio sconclusionata- di storie su Effie, Haymitch, e altre presenze varie ed eventuali.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DI MUFFIN, BOTTE E GATTI

Camelia era arrabbiata.
Non le piaceva giocare da sola; cioè, a volte le piaceva, ma non sempre. Avrebbe voluto deciderlo lei, ecco.
Invece, la prima elementare aveva cambiato tutto. Camelia detestava la prima elementare a Capitol City.
In realtà il problema non erano i suoi compagni di classe: loro ci giocavano con lei, anche se ogni tanto la chiamavano mangiacarbone o carboncino e a lei toccava chiamarli sporchi fighetti, il tutto cercando di non farsi sentire dalla maestra.
Il problema era quando andava a casa di suo padre, al Dodici.
A Camelia il Dodici piaceva più di Capitol City: poteva uscire fuori a giocare senza avere sempre dietro un adulto e c’era il prato, la zona intorno alle miniere, le rovine del vecchio villaggio e un sacco di altre cose divertenti, senza contare la panetteria di Peeta. Solo che i bambini che prima giocavano con lei adesso la evitavano: lei non andava in classe con loro, li vedeva poco perché sua mamma non voleva che perdesse troppi giorni di scuola, e loro la chiamavano sporca fighetta. Senza darle nemmeno il tempo di poterli chiamare mangiacarbone.
Quindi giocava da sola, o al massimo con i due gatti che aveva trovato in un cespuglio; all’inizio non si avvicinavano, ma poi si erano abituati a lei e soprattutto al fatto che gli portava sempre qualcosa da mangiare. Le sarebbe piaciuto farli vedere agli altri bambini, ma loro non la stavano mai a sentire.
Però, quando tornava a casa e il suo papà le sorrideva e le chiedeva “allora, principessa, ti sei divertita?”, lei rispondeva sempre di sì. Non voleva dire ai suoi genitori che gli altri bambini non volevano giocare con lei, piagnucolare era una cosa da femminucce e poi sua madre avrebbe fatto una gran solfa e avrebbe detto che i bambini del Dodici erano tutti dei selvaggi maleducati, e Camelia non voleva che lo dicesse.
Insomma, non c’era via d’uscita, rimuginava mentre tornava verso il villaggio, mordicchiando il suo muffin per merenda. Ogni volta che passava davanti alla panetteria si fermava a salutare Peeta, e ogni volta Peeta le regalava un muffin per fare merenda, facendole scegliere quello con la glassa che le piaceva di più. Peeta era meno bello del suo papà, anche se era più giovane, però rideva molto più spesso, e quel giorno il muffin aveva una glassa tutta rosa con un fiore che Peeta sosteneva fosse una camelia, ma secondo lei era una rosa. Però era bellissimo lo stesso, e anche buonissimo.
Girò la curva e si accorse che c’erano tre bambini che stavano facendo la stessa strada nella direzione opposta; li conosceva, erano Brake, Cress e Alex. Avevano la sua età e fino all’anno scorso giocavano assieme agli esploratori nelle rovine del villaggio vecchio, ma da quell’anno non l’avevano più voluta. Camelia pensò che se magari riusciva a dirgli dei gatti, domani sarebbero potuti andarli a vedere assieme.
Stava per dirglielo, quando Cress parlò.
-Guardate, c’è la sporca fighetta di Capitol!
-Camelia Abernathy, fighetta!-, gli fece eco Alex.
-Statemi a sentire, invece di fare i selvaggi maleducati. Ho scoperto due…
-Cosa stai mangiando? Un muffin? Perché non lo dai a noi?
-Sì, devi darcelo! Vieni qui e consegnacelo, e poi vattene via!
Questa poi. Non solo non volevano giocare con lei, non solo la prendevano in giro, ma volevano persino il suo muffin. Il suo, quello che sceglieva personalmente, quello che si sognava per giorni perché nella Capitale non li facevano, dei muffin così buoni. Camelia aggrottò le sopracciglia, puntò una mano sul fianco e diede ostentatamente un morso al muffin.
-Se volete il mio muffin, venite a prenderlo!
I tre si guardarono in faccia, spiazzati. Di solito le femmine obbedivano, o almeno si mettevano a piangere, non li sfidavano apertamente. Vedendoli incerti, Camelia sorrise e li fissò uno per uno con’espressione strafottente.
-Cosa c’è, mangiacarbone? Vi state cacando sotto?
Brake, Cress e Alex la guardarono sbalorditi. Un insulto e una parolaccia in una sola frase era davvero qualcosa che non potevano far passare liscia.
-Adesso oltre al muffin dovrai chiederci scusa, sporca fighetta!
-Ve l’ho già detto, e non fatemelo ripetere: se lo volete, dovete venire a prenderlo… oppure tornate a casa vostra, a mangiare del carbone!
Quello fu troppo. I tre si guardarono e in barba alla regola “le femmine non si toccano nemmeno con un fiore” corsero verso di lei con l’intenzione di prendersi quel muffin, con le buone o con le cattive.
Camelia era pronta.
Era abituata a fare la lotta con papà, e papà non le risparmiava colpi bassi di nessun tipo; perdeva sempre, perché Camelia detestava che la facesse vincere per finta, ma lui era papà e quelli erano tre mocciosi. Appena Brake, completamente scoperto, le arrivò sotto, Camelia gli allungò un destro in piena faccia che gli fece sanguinare il naso.

Katniss quel giorno non era andata a caccia; aveva fatto una lunga passeggiata nel bosco, era arrivata fino al lago, aveva fatto il bagno ed era persino riuscita a versare due lacrime su qualche ricordo. Aveva ancora i capelli umidi, forse Peeta l’avrebbe sgridata perché poi le veniva male al collo… sorrise al pensiero.
Camminava, serena come non si sentiva da un pezzo, sulla strada di casa, quando sentì degli schiamazzi dietro la curva. Appena svoltò, sgranò gli occhi per lo stupore: c’erano quattro bambini che facevano a botte e quella che ne stava dando più di tutti era Camelia Abernathy.
Appena si riprese, Katniss piombò come una furia in mezzo ai quattro, acchiappando Camelia che stava cercando di svignarsela. Brake, Cress e Alex ne approfittarono per svignarsela loro.
-Camelia! Ma si può sapere cosa stavate combinando? Eh?
La bambina era in uno stato pietoso: tutta sporca di terra e di sangue, la camicetta mezza strappata in un punto, un ginocchio sbucciato e le mani impiastricciate di quelli che sembravano i poveri resti di un muffin. La fissò (era quasi impressionante, Katniss l’aveva sempre ritenuta la copia sputata di Effie) con la stessa espressione di Haymitch quando lo svegliava dalle sbornie a secchiate d’acqua gelida.
-Gliele stavo dando di santa ragione, e tu mi hai interrotto!
Katniss si trovò spiazzata. Non sapeva bene come agire, Prim non aveva mai fatto a botte con nessuno… si accorse che stava automaticamente sistemando la camicetta di Camelia dentro la gonnellina rosa.
-Camelia, ma… ma non si fa, non va bene picchiarsi, non è così che si risolvono le cose… cos’è successo?
Lei incrociò le braccia. –Mi volevano prendere il muffin. Quello che mi ha dato Peeta.
-Cioè… hai fatto a botte per un muffin? Ma Peeta te ne da quanti ne vuoi, di muffin! E poi scusa, eri da sola contro tre bambini? Cosa pensavi di fare, da sola contro tre?
-Erano solo tre stupidi, Katniss, quindi avrei vinto io!
Kat rimase a bocca aperta. –Non dirò mai più che non hai preso nulla da tuo padre…-, borbottò. Poi si riscosse. –Adesso ti accompagno a casa, e non ti sgrido solo perché ci penserà abbondantemente tua madre… e quando tuo padre ti dirà che hai fatto bene, non ascoltarlo: le cose non si risolvono mai con la violenza, ci siamo capiti?
invece di rispondere, Camelia sbuffò. Katniss la fissò dritto negli occhi.
-Ci siamo capiti o no?
-Va bene-, cedette Camelia. Prima di riportarla a casa, Katniss passò dalla panetteria e le regalò un altro dolcetto.

Il giorno dopo, Camelia camminava scalciando sassi verso il posto dove c’erano i gatti. Come aveva previsto Katniss, suo padre si era fatto una gran risata e si era congratulato con lei, mentre sua madre aveva continuato a sgridarla tutta la sera e tutta la mattina dopo, alternando il suo grande, grande, grande disappunto tra lei e suo padre.
Ma siccome anche Peeta si era messo a ridere, e le aveva bisbigliato “ma le hai date o le hai prese?” mentre le incartava il muffin (glassa arancione con le palline colorate), Camelia era giunta alla conclusione che non aveva poi fatto niente di male, erano Katniss e sua madre che esageravano troppo.
Quindi, quando vide Brake, Cress e Alex che la aspettavano, Camelia pensò che sarebbe arrivata la seconda parte. Incrociò le braccia.
-Beh? Che volete?
I tre si guardarono in faccia. Poi Alex parlò.
-Che cos’è che hai scoperto?
Camelia rimase a bocca aperta. I tre scambiarono il suo stupore per mutismo.
-Sì, ieri dicevi che avevi scoperto qualcosa… cos’era?
-Ho scoperto due gatti, ma sono in un posto segreto. Se volete vederli vi ci devo portare io.
-Va bene. Sono maschi o femmine?
-Non lo so, non riesco a capirlo. Sono cuccioli.
I tre si guardarono. –Non lo capisci perché sei della capitale-, spiegò Cress, con il tono di chi ribadisce l’ovvio. –Però se ce li fai vedere te lo dico io, cosa sono.
Camelia sorrise. –Andiamo-, disse. Poi sembrò ripensarci. –Però prima passiamo da Peeta: sono certa che, se glielo chiediamo in modo educato, darà un muffin anche a voi!













Note: non so, ho un blocco dello scrittore pazzesco e mi escono solo queste robe qui. Diciamo che assecondo la voglia di scrivere, in qualunque forma essa si presenti!
Ad ogni modo, per chi voleva conoscere Camelia… eccola qui! Effie dice che se vi piacerà è merito della sua ottima educazione, altrimenti è colpa del pessimo, pessimo, pessimo esempio che le da Haymitch.
Ai tempi di questa storia immagino che siano passati circa una decina d’anni dalla fine dei libri; siccome Peeta vorrebbe tanto dei figli, ma da canon dovrà aspettare ancora cinque anni per averne di suoi, nel frattempo si coccola quelli degli amici.
Brake, Cress e Alex sono mie invenzioni. Da grandi saranno famosi tra le ragazze come “l’ABC del distretto Dodici”, per ora sono solo dei mocciosetti.
Suppongo che Camelia frequenti le elementari a Capitol perché Effie inorridirebbe all’idea di farle fare le scuole al Dodici in mezzo ai minatori.
Il ddddramma di Camelia lo rivivevo ogni volta che tornavo al mio paese dopo tre mesi in cui trascorrevo l’estate nel paese in cui aveva l’attività mio padre; non so cosa scatti nella mente dei bimbi, ma non vedere una persona per molto tempo pare cambi tutte le carte in tavola. Per fortuna non ho mai fatto a botte, tempo qualche giorno e si tornava alla normalità.
Ringrazio le mie sexy beta vannagio e OttoNoveTre per avermi incoraggiato a scrivere, sia pure queste scemenze, e per avermi suggerito rispettivamente i soprannomi offensivi dati ai bimbi del Dodici, e avermi prosiuttato qualche frase. Le ringrazio anche per essere due meravigliosi tesori! <3
Alla prossima, e un muffin di Peeta a tutti voi che siete arrivati fin qui!

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Dragana