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Autore: damonslaugh    20/11/2012    1 recensioni
Come la vita di una perfetta adolescente puo' cambiare, facendola diventare un'altra persona e farla chiudere in se stessa.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender
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Ricominciai una nuova vita. Studiai da privatista e Kyle mi diede una mano, me la cavavo abbastanza bene con quasi tutte le materie. Pian piano le quantità di sigarette diminuivano. Iniziai a fare amicizia nell’istituto e tutti si impegnavano nel farmi dimenticare i ricordi del passato. Sinceramente secondo me il loro sforzo era invano perché non bisogna vivere nella paura e nella negazione, anzi, bisogna ricordare per combattere le esperienze dolorose e solo quando avrai vinto con il tuo inconscio non sarai più in pericolo. Quando non ero impegnata nello studio o nelle mie terapie il mio tempo lo passavo con Kyle. La mattina mi portava fuori a fare colazione e quando rientravamo ci aspettava la nostra partita a scacchi quotidiana. Lui si prendeva cura di me, mi coccolava e mi stava accanto sempre. I rapporti tra noi cambiarono, i nostri destini si stavano man mano intrecciando l’uno all’altro senza che noi ce ne rendessimo conto. Non sono mai stata brava con le parole importanti, non so definire bene quello che provavamo l’un l’altro. Al mattino il primo pensiero era rivolto a lui e la consapevolezza di averlo stretto tra le braccia al mio risveglio mi rassicurava, sentivo che la cosa che mi teneva ancora in piedi era il fatto di averlo accanto, le mie braccia cercavano costantemente le sue e avevo un istinto possessivo con lui. Forse la parola giusta era amore. Sì, ero innamorata. Ci piaceva ogni tanto fare qualche partita a scacchi. Io non capivo mai realmente come si giocava, muovevo i pezzi a caso e perdevo sempre. Kyle invece amava impegnarsi in questo gioco, calcolava ogni singola mossa e arrivava con la logica a tutte le soluzioni. Ogni volta che facevamo una partita lui se ne usciva sempre con la solita frase ma non ne capivo mai il senso. Una mattina la giornata si svolse diversamente, mi svegliò Kyle dicendomi che i dottori pensavano che io potessi essere pronta per l’ultima e decisiva fase della terapia. Si sbagliavano. Uscì dall’istituto con Kyle che mi teneva per mano. Non ci fermammo a fare colazione questa volta ma andammo avanti per un bel pezzo di strada, eravamo mano nella mano finché non ci fermammo.
<< Questa è solo una parte di questo piccolo test, pronta? >> mi chiese Kyle
<< Credo di sì >> dissi perplessa << Tu mi starai accanto, vero?  >>
<< Sempre >> mi rassicurò
Mi lasciò per un secondo la mano e mi fece voltare, dall’ altra parte del marciapiede un branco di persone con uno zaino in spalla si dimenava intorno a un edificio. Una scuola, anzi, la mia scuola. Rimasi subito impietrita quando focalizzai il paesaggio davanti a me. Non mi piegai per terra dolorante né emisi nessun genere di suono. Rimasi immobile. Il mio cuore veniva flagellato, ma era sopportabile e decisi di non far preoccupare Kyle che nel frattempo era accorso da me come se stessi per svenire.
<< Rox, tutto bene? >>  mi chiese preoccupato, io non risposi e lui iniziò a scuotermi
<< Sì, sto bene >>  dissi tremolante
<< Sicura? Non devi dimostrare niente >> mi chiese preoccupato
<< Sto bene. Ora te lo dimostro >>  dissi abbastanza sicura.
Lo presi per mano e attraversammo la strada in direzione del cancello della mia vecchia scuola. Ci fermammo non appena raggiunto l’altro marciapiede, sentivo già i mormorii degli studenti. << Ma quella è Rox? >>  vociferavano << Ma non aveva cambiato paese?>> . Falsità, solo falsità. Presi l’altra mano di Kyle e gli sorrisi e non appena arrivò Jen, la mia vecchia amica, gli stampai un grosso bacio che stava a significare che avevo ricominciato una vita felice con la persona che più amavo al mondo. Quella persona aveva le dita intrecciate nelle mie e le labbra che premevano delicatamente sulle mie. 
<< Sono pronta per la prossima frase >>  sorrisi
<< Sì ti credo. Ma non c’era bisogno di fare così >> obbiettò lui
<< Ora è tutto più ufficiale no? >> chiesi retoricamente
Kyle mi strinse stretta nelle sue braccia come segno di approvazione, io affondai la testa nel suo petto e bisbigliai un ‘ Ti amo ‘ che venne soffocato dai forti respiri del ragazzo che mi stringeva. Kyle però aveva capito e anche lui mormorò un lieve ‘ Anche io, tanto ‘. Nessuno dei due era bravo con le parole importanti e soprattutto con quelle troppo smielate. Passammo davanti a quella folla di studenti sbigottita e passammo alla prossima parte del test. Oltrepassammo il ‘ Tabacchi ‘ e non ci fu una minima reazione, oltrepassammo anche la discoteca e la testa iniziò a girarmi, mi ressi saldamente a Kyle e non dissi niente. Ci fermammo davanti a una schiera di case, io non le riconobbi al primo impatto. Attraversammo il marciapiede e Kyle aprì la porta di una di esse. Un gatto dal volto triste mi saltò in grembo e io guardai Kyle perplessa e lo rimisi a terra, lui mi prese la mano e mi fece fare il giro della casa. Nella mia testa un punto interrogativo, avevo rimosso tutto. Salimmo di sopra ed entrammo in camera di mio fratello Sam, subito un colpo al cuore, tutto mi ritornò a mente. Era tutto perfettamente in ordine, come se lui l’avesse appena messa in ordine. Il mio cuore veniva stritolato in una gabbia di metallo. Spinsi Kyle di fuori e chiusi la porta correndo a grandi passi verso quello che un tempo era la mia camera. Era tutto come lo avevo lasciato. Mobili spaccati e graffiati, cuscini rotti, dentro quella stanza regnava il caos. Dalla finestra si scorgeva una piccola struttura marrone, presa dal dolore spaccai il vetro con un pugno violento e sgattaiolai fuori arrampicandomi sulla vecchia casa sull’albero. Iniziai ad urlare. Il mio cuore veniva maciullato, la mano con cui avevo tirato il pugno presentava una brutta ferita sanguinante, ero piegata in due dal dolore, le lacrime bruciavano sul mio viso diventato pallido e le mie corde vocali stavano volgendo al termine. Nella mia testa stava tamburellando senza sosta un tamburo, o meglio, una banda di tamburi e le fitte al cuore si facevano sempre più forti e continue. Kyle si imbucò dentro la finestra rotta arrampicandosi sul ramo di un albero e mi raggiunse. Non disse niente, aprì le braccia e strinse forte. Proprio come la prima volta, quando ci siamo conosciuti. Mi strinsi tra le sue braccia tentando di urlare, ma lui mi mise una mano davanti alla bocca e mi baciò lentamente. Il calore che le sue labbra trasferivano sulle mie mi fece calmare abbastanza da farmi smettere di urlare. Kyle lasciò man mano la presa e mi accarezzò la guancia, era rassicurante sapere che qualcuno ti stava vicino qualunque cosa diventassi, anche se diventavo un mostro.
<< Andiamocene di qui, ti prego >> lo supplicai piangendo
<< Sì, mi dispiace. Non eri pronta. Lo avrei dovuto prevedere >> mi disse
<< No, non è colpa tua. Ma.. >> feci una pausa, non sapevo come spiegare il dolore e la frustrazione che mi provocava stare in quella casa, in quella camera. Presi un respiro e continuai la frase << Meglio andarsene >> dissi tremando. Kyle mi lasciò la sua felpa grigia scolorita e prendendomi per mano mi aiutò ad arrampicarmi fino a rientrare dentro. Uscimmo di corsa dalla mia camera, scendemmo le scale e ci avviammo verso l’uscita. Kyle cercò di prendermi anche l’altra mano ma io la ritrassi indietro con un rumoroso ‘Ahi’. Lui mi prese il gomito portandomi avanti il braccio e osservò la mano. Era tutta viola, delle scaglie di vetro erano affondate nella pelle e il sangue si stava infettando. 
<< E questo? >>  mi chiese sbalordito Kyle
<<  La finestra.. Non ho pensato ad aprirla >>  gli spiegai
<< Mossa davvero intelligente >> mormorò  << Ti porto subito all’ ospedale >> continuò
<< Sto bene, davvero >>  Cercai di rassicurarlo. Ma non stavo bene, non stavo bene per niente. Stavamo per aprire il portone di casa quando sentimmo il rumore delle chiavi dentro la serratura. La porta si aprì. Entrò una figura, una donna. Era elegante, mi ci volle un po’ per focalizzare bene il volto, quando capì chi era preferivo non focalizzarlo affatto. Svenni di colpo. L’ultima cosa che focalizzai fu il volto di Kyle e dietro quello della donna, che avevo scoperto essere mia madre. Mi risvegliai con un forte mal di testa. Ero stesa sul divano del salotto di quella che un tempo era casa mia, Kyle mi faceva da cuscino pigiandomi una pezza bagnata sulla fronte. Mi alzai lentamente, la mia attenzione ricadde sulla mano che ancora bruciava, era ricoperta da una fasciatura che serviva per fermare il deflusso del sangue. Kyle mi aiutò ad alzarmi, mi accolse tra le sue braccia e mi raccontò l’accaduto. L’ultima parte del test consisteva nel parlare con i miei genitori, ma visto le conseguenze catastrofiche della ‘ prova ‘ precedente non si sarebbe dovuto fare niente. Il problema si è creato quando mia madre, o quello che ne è stato, ha staccato prima da lavoro e ha pensato furbamente di venirsene a casa. Ero svenuta sul pavimento battendo la testa, mi disse, e lui non è riuscito ad afferrarmi prima che io cadessi a terra. Mi faceva malissimo la testa e la mia mano sembrava andasse a fuoco, le fitte al cuore si facevano sempre più strazianti e insopportabili. Mormorai un ‘ Andiamo a casa, ti prego ‘, Kyle mi fece un cenno con la testa aiutando a rimettermi in piedi con attenzione. Pian piano arrivammo alla porta ma prima che potessimo aprirla una voce maschile mi chiamò. Il suono proveniva dalla cucina. Con la mano intatta afferrai saldamente la mano di Kyle e tornammo indietro verso la cucina. Ad aspettarci c’era un uomo seduto a tavolino, era impettito e serio, lo riconobbi, era ciò che ne restava di mio padre; alla sua estremità era seduta mia madre e anche lei aveva un aria impettita e rigida. Quella visione di paesaggio mi riportò indietro nel tempo e la cosa non mi fece piacere a quei tempi.
<< Scusatemi signori ma è meglio non mettere in pratica l’ultima parte del test >> commentò Kyle 
<< Gentile ragazzo, ci lasci conversare con nostra figlia prego >> disse mio padre schiarendosi lentamente la voce. Seguì un periodo di pausa. Mi faceva venire i brividi. Io non ero più sua figlia e non lo sarei stata mai più, ci poteva unire un legame di sangue ma non significava assolutamente niente dal punto di vista affettivo. L’altra cosa che mi fece venire i brividi fu il modo freddo con il quale si era rivolto a Kyle. Lo scrutai. Il cuore mi batteva forte e le mani mi tremavano. Feci un respiro lasciando la mano di Kyle. Il ragazzo mi guardò sbigottito quando presi il coraggio di aprire bocca.
<< Non sono tua figlia. Tu non sei più niente. Lo capisci? E non ti permetto di parlare così alla persona che amo. Non ne hai il diritto e mai lo avrai >> dissi. Lo avevo detto, ora era ufficiale, lo amavo. Mio padre tolse lo sguardo da me fissando mia madre con aria severa. Un altro lungo silenzio. Non ne potevo più. La mano mi faceva male e la rabbia stava prendendo il sopravvento. Mi girai tirando Kyle per una mano in direzione della porta e biascicai un ‘ Andiamo via ‘ ma mia madre si alzò tenendomi un gomito 
<< Non andare, prima facci parlare >> supplicò.
<< Non abbiamo niente da dirci. Io non ho niente da dirvi >> ribattei liberandomi dalla presa con uno strattone 
<< Noi.. >> iniziò mia madre, fece una pausa e continuò il discorso << Noi ti perdoniamo. Ti perdoniamo per aver causato la morte di nostro figlio e anche per quel brutto periodo che ci hai fatto passare >> disse.
<< Io cosa? Voi cosa? >> sbottai << Era mio fratello! Era.. >>stavo per rompere qualche altra finestra quando Kyle mi fermò. Iniziai ad urlare e lui mi strinse forte cercando di calmarmi.
<< Ma insomma, dove credi di essere? Devi controllarti bambina mia.. >> intervenne mio padre
<< Mi scusi signore, con tutto il rispetto, lei non ha il diritto di parlare così a Rox >>ribatté Kyle
<< E’ nostra figlia, ne abbiamo tutto il diritto >> continuò mio padre
<< Prima di tutto è una persona! Ed io non le permetto di parlare così >> sbottò Kyle
<< E chi saresti tu ragazzino? >> intervenne mia madre
<< Il suo fidanzato! >> urlò Kyle. Io stavo ancora ansimando e urlando, non riuscendo a spiccicare parola. Lui mi prese in braccio e mi portò fuori sbattendo la porta. Attraversammo la strada e mi poggiò delicatamente sul prato. Mi abbracciò forte. Io smisi di urlare ma ansimavo ancora mentre lui continuava a scusarsi. Cercavo di rassicurarlo ma la cosa non servì a molto. Cercavo di alzarmi ma Kyle non me lo permetteva, diceva che dovevo stare tranquilla e rilassarmi. Io non volevo. Stavo bene, o almeno sarei stata bene. Kyle si guardava intorno mentre io ero sdraiata sopra le sue gambe tentando di respirare e di tranquillizzarmi, all’improvviso qualcosa catturò l’attenzione di Kyle. Rimase con la bocca aperta per qualche secondo, mi iniziai a preoccupare. 
<< Tutto bene? >> dissi con fatica
<< Io si, tu piuttosto. La mano! >>indicò la mano poggiata sul mio petto che tremava. Io rimasi sbalordita, non mi ero accorta che tremava oppure che mi facesse cosi male. Kyle mi fece alzare di corsa e ci incamminammo verso l’ospedale con l’intenzione di far controllare la mano. Non avevamo idea di quanto quell’incontro potesse marchiare la mia vita. Camminammo fino all’ospedale stretti l’uno all’altro guardandoci negli occhi. Per poco non presi un palo dritto in testa. Entrammo in ospedale e aspettammo il nostro turno. La mano continuava a tremare e a bruciare ma cercavo di non farci troppo caso. L’infermiere ci chiamò e ci fece accomodare nella sala. La dottoressa era seduta su una sedia dall’altra parte della scrivania, ci accolse con un ‘ Prego, accomodatevi ‘ e iniziò a osservare la mia mano. Dovevano operarmi di urgenza per togliere le schegge di vetro che stavano infettando la mano e mi dovevano mettere dei punti interni. Prima dell’operazione però dovevo essere sottoposta ad una normale visita medica perché era un po’ che non ne facevo una. Tutto andò per il meglio fino al punto dell’ elettrocardiogramma dove risultava un battito non proprio irregolare, ma strano. C’era qualcosa che non andava. La dottoressa mi disse di tornare a fare delle analisi tra una settimana. Mi scortò in sala operatoria e mi fece l’anestesia parziale. Ero distesa sul lettino con tanti medici che mi giravano in torno. Il mio sguardo ricadde sulla mano dolorante. Lo squarcio lungo le nocche era più ampio e una dottoressa stava levando le schegge di vetro rimanenti che si erano infossate nel taglio mentre un altro medico cercava di ridurre l’infezione ed un altro cercava di ridurre il deflusso del sangue. Non mi impressionavo facilmente ma quella visione mi faceva abbastanza senso. La parte peggiore fu quando mi misero i punti. Quando finirono mi fecero alzare e mi fasciarono la mano. Sentivo un leggero formicolio, segno che l’anestetico stava svanendo. Kyle mi stava ansioso fuori dalla sala operatoria. Si assicurò che io stessi bene e mi fece mangiare qualcosa per far riacquistare colore alla mia pelle. Fuori era calata la sera. Passeggiammo al chiaro di luna fino ad arrivare all’istituto. Andammo in stanza e ci sdraiammo sul letto quando caddi addormentata tra le sue braccia. Quella notte non fu tranquilla, anzi sicuramente il contrario. Sognai il mio passato, poi il bacio con Kyle davanti la scuola, la scenata in camera, la discussione con i miei genitori, l’ospedale per poi tornare indietro nel tempo al mio primo bacio con Kyle. Fu una nottata parecchio piena di emozioni.
  
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