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Autore: Shichan    08/06/2007    3 recensioni
"So far from me, like the moon I could see in this sky full of clouds.." lo cantavo sotto quella pioggia che amo e odio, che ti trasforma, che mi cambia.

Melodie di un passato che ho composto in silenzio, accompagnamento di musiche che nel silenzio si confondono, mani che battono sotto un cielo sereno, passi e passi, senza mai avvicinarsi.

Tengo segreti questi miei sentimenti, perché non voglio ferirti, perché non voglio ferirmi, in questa farsa senza un pubblico, in questa elusione di cui mi illudo.

Leggete attentamente le 6 righe prima della storia vera e propria, aiuta a capire meglio ^__^ Se poi vorrete farmi sapere, arigatou minna! ^O^
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia sono miei solo in parte. Karin Hamilton, Selene McDougal, Micheal Spock e gli altri studenti nominati sono una mia creazione.

Clifton Lafayette è proprietà di Yoko, la mia best friend, e questa fanfiction è ispirata ad un gdr online di Harry Potter, chiamato Mondo Hogwarts.

Il personaggio di Sally McFinch è proprietà di un’altra player, Momoka Takahashi (qui su EFP)

I personaggi, anche solo nominati, che riguardano il passato di Clifton Lafayette, Karin Hamilton o Sally McFinch, sono proprietà dei propri player ed il loro utilizzo da parte mia è fine solo alla coerenza del passato dei tre citati.

Non mi resta che dirvi, Enjoy yourself! ^O^

 

Elusion

Secret Memories

È chiusa in uno scrigno la paura di bambina, che nascondevo ad undici anni in un sorriso che rivolgevo sempre e solo a te.

La chiave l’ho perduta, nascosta nel cuore che si è serrato, nascondendo un’anima che non riesce a crescere, pensieri che non vogliono mutare.

E volgo lo sguardo verso te, in una ricerca senza fine, che trova sempre chi desidera e chi non può avere, in questo misto di tristezza e felicità di quando mi sei vicino.

"So far from me, like the moon I could see in this sky full of clouds.." lo cantavo sotto quella pioggia che amo e odio, che ti trasforma, che mi cambia.

Melodie di un passato che ho composto in silenzio, accompagnamento di musiche che nel silenzio si confondono, mani che battono sotto un cielo sereno, passi e passi, senza mai avvicinarsi.

Tengo segreti questi miei sentimenti, perché non voglio ferirti, perché non voglio ferirmi, in questa farsa senza un pubblico, in questa elusione di cui mi illudo.

 

L’aula si presentava piuttosto buia e umida, facilitata dalla sua collocazione nei sotterranei della scuola. Era sempre stato così, dall’edificazione da parte dei quattro fondatori: indubbiamente, Salazar Serpeverde aveva il gusto dell’orrido. Di questo lui, Clifton Lafayette, prima studente Corvonero ed ora docente di Pozioni, era sempre stato fermamente convinto.

Tanto quanto smentiva la storiella che Grifondoro e Serpeverde erano sempre stati nemici giurati mentre fra le altre casate, anche Serpeverde stessa, che anche sputando veleno su tutto e tutti, manteneva comunque rapporti civili. Questa era un’immensa balla e nient’altro! Anche prendendo in esame solo il suo primo anno ad Hogwarts, ricordava più scontri fra Serpeverde e Corvonero, che fra tutte le altre combinazioni possibili messe insieme.

E proprio in quel momento, non solo si trovava a far lezione con Serpeverde e Corvonero insieme, ma la situazione fra le due casate era praticamente identica a quella di quando lui era un primino.

E questa, non era affatto una buona cosa: specie perché pioveva e perché, se c’era una cosa che in lui non era mai cambiata, era il mutare repentino d’umore, dovuto alla sua meteoropatia.

E diciamocelo, una folla di mocciosi dodicenni e schiamazzanti non aiutava affatto il docente. Tuttavia, contrariamente a qualsiasi previsione, la lezione fino a quel momento si era rivelata tranquilla…

-Spock, mi hai stancato, va all’inferno, moccioso viziato!-

-Prova a ripeterlo, mezzosangue, e vedi come ti concio, senza i Grifotonti a proteggerti!-

…diceva? Tranquilla? E quando mai… di certo, non se avevi Micheal Spock, undicenne Serpeverde, nella tua classe.

Clifton sospirò pesantemente: certo, anche Selene McDougal, Corvonero del primo anno, non era di molto più tenera. Non che ci si potesse aspettare un docile agnellino, dalla figlia di Sally McFinch.

Amici ai tempi della scuola ed anche ora, ricordava le litigate che facevano e le "dolci parole" che lei gli rivolgeva.

Micheal Spock, invece, sembrava un incrocio, peraltro piuttosto inquietante, fra Livon Vanerie, che era suo compagno Corvonero piuttosto incline all’impulsività e all’impicciarsi in risse dove non c’entrava nulla, e Nihe Spoon, all’epoca Serpeverde, che oltre ad essere in perenne litigio con lui e Vanerie era sempre stato pronto ad usare la bacchetta.

In altre parole, quei due erano un incubo.

-Spock, McDougal, tacete e sedetevi.- disse, il tono mantenuto paziente. E, sebbene Selene gli desse ascolto, perché era il suo Capocasa, Micheal lo odiava a morte. Di conseguenza, se proprio doveva ascoltarlo perché, essendo lui un docente, poteva toglierli punti, il Serpeverde cercava in tutti i modi di fare il contrario. –Io non sto zitto per niente, invece! Se la prenda con la mezzosangue per una volta!- replicò il giovane, capelli castani, occhi nocciola. Clifton alzò appena il sopracciglio: -Spock, non potrebbe parlare senza insultare gli altri?- il ragazzino parlava con lo sguardo, decisamente altezzoso.

-E lei potrebbe essere obiettivo?!- saltò su dalla sedia. Clifton batté una mano sulla cattedra, il tono sempre basso, ma gelido: -Signor Spock, non le stavo chiedendo un favore, le stavo imponendo qualcosa!- calcò le ultime parole, in un sibilo udibilissimo.

-Non prendo ordini da un mezzosangue!- esclamò, ammutolendo il resto della classe. Il tono profondo del docente stavolta si alzò anche di volume, lo sguardo freddo: -Bene. In tal caso, ora finirà la lezione senza fiatare. In caso contrario, meno cinque punti ogni volta che la riprenderò. In secondo luogo, alla fine della lezione ti recherai dalla tua Capocasa, la professoressa Hamilton e le comunicherai che Serpeverde, da adesso, ha cinquanta punti in meno. E se le chiede perché, signor Spock, eviti il vittimismo da quattro soldi che, a giudicare dalle risposte che dispensa fra compagni e docenti non è tipico della sua persona, e ammetta quello che ha sbagliato.- disse, tagliente. Stava per riprendere la lezione, ma si voltò un’ultima volta verso Micheal: -Ah già, Spock. Le conviene parlarci davvero, con la professoressa Hamilton. Perché se scopro che non l’ha fatto, e stia certo che so come scoprirlo, ne pagherà personalmente le conseguenze.- concluse, dandogli le spalle.

***

-Su, Mike, non prendertela.- disse una compagna di casa, Mary Sue, anche lei undicenne e che, di conseguenza, aveva assistito alla ramanzina e sottrazione di punti da parte del professore di Pozioni.

Bello.

Gentile.

Paziente.

Le piaceva, ma quel giorno era un’altra persona.

Sospirò appena, notandolo al tavolo dei docenti, insieme a tutti gli altri e prendendo posto alla propria tavolata, verso l’inizio, dove quello ove sedevano i docenti era ben visibile. I lunghi capelli corvini erano legati in una coda morbida, gli occhi smeraldini apparivano ora gentili e cortesi verso i suoi colleghi.

La veste da docente, che richiamava la loro, sebbene avesse qualche "errore" mirato, gli aderiva elegantemente al corpo, tonico e flessuoso, benché era risaputo egli fosse più un giovane di pensiero che d’azione. Sorrise appena, nel vedere la Capocasa prendere posto dopo il docente di Incantesimi, che si ritrovava perciò fra i due. Ammirava quella donna.

I lunghi capelli d’ebano non coprivano mai il volto dalla pelle diafana, gli occhi azzurri erano sì, sempre neutri e raramente seguivano il resto del viso nei cambiamenti d’espressione che si concedeva, ma davvero belli. Sempre decisi, quasi lei avesse la certezza che ogni movimento, ogni parola, erano sempre giusti e dalla parte della ragione. La vedeva sempre indossare un abito dalle tinte scure, l’unico indumento che era identico al loro, era il mantello. Rivelava una calma innaturale, quella donna.

Perfetti, all’apparenza: eppure, era risaputo che i due docenti si mal sopportavano. E si notava dai gesti, dalle occhiate che si lanciavano, dalle parole sarcastiche, benché educate, che si rivolgevano a vicenda. –Che strano, oggi la Hamilton e Lafayette ancora non si scannano!- commentò un compagno di Casa, distogliendola in parte dai suoi pensieri. Sentì Micheal sbuffare al suo fianco:

-Quanto vorrei che la Hamilton lo affatturasse, tsk!- replicò il castano, il compagno sogghignò:

-Proponiglielo, credo che ormai si trattenga solo perché come insegnante non riuscirebbe a dare il buon esempio.- disse, malevolo. Mary Sue sospirò spazientita: -Certo, invece se glielo proponi tu Mike, cambierà molto.- replicò, sarcastica: -La Hamilton non odia a tal punto il professor Lafayette! Ne sono sicura!- aggiunse, scatenando l’ilarità dei compagni. Mike la osservò fra il divertito e lo strafottente: -Tu dici così perché a te Lafayette piace, Mary Sue. Ma li hai mai guardati bene? Se potessero si lancerebbero maledizioni a vicenda!- replicò.

Spostò lo sguardo sui due docenti, lei voltata a parlare con il docente di Trasfigurazione, lui con quello di Cura delle Creature Magiche. Le dispiaceva, perché stimava entrambi.

Si volse verso Mike: -Vedrai le maledizioni che Hamilton lancerà a te quando scoprirai quello che hai fatto.- commentò, acida, iniziando finalmente a mangiare: -Tanto la lezione dopo pranzo è la sua, no?- aggiunse, per poi non aprire bocca tutto il resto del pranzo.

***

Erano le tre e mezza del pomeriggio, grazie al cielo non troppo afoso, quando le classi del primo anno Serpeverde e Tassorosso si avviarono verso la Serra ove si sarebbe svolta la lezione. Entrarono in massa, prendendo posto, eccetto Micheal e Mary Sue: -Forza, vai a dirglielo. Se sei fortunato, non ti uccide.- scherzò su la ragazzina, per sdrammatizzare. L’amico la guardò storto, avviandosi verso il tavolo dove la professoressa Hamilton stava finendo di sistemare le piante: -Ehm, professoressa?- iniziò, intimidito.

Era bella, era paziente, era anche gentile.

Ma digli una parola sbagliata e diventerà una belva.

Così gliel’avevano descritta il primo giorno che aveva messo piede a scuola e così aveva imparato a conoscerla come Capocasa. Specie dopo l’ultima violazione del coprifuoco grazie alla quale, proprio per mano della docente, avevano perso cinquanta punti.

La vide osservarlo, cortese: -Mi dica, signor Spock.- replicò, il tono di una calma piatta, come sempre. –Io… il professor Lafayette mi ha tolto quaranta punti.- lo sguardo divenne leggermente gelido. Ma non quel freddo che sapeva di neutralità e che la docente manteneva sempre.

No.

Quello era il gelo di quando, in presenza di Karin Hamilton, mettevi vicine le parole "perdita di punti" e "Lafayette".

-E per quale motivo questo è accaduto, signor Spock?- chiese, guardandolo dritto negli occhi. Il ragazzino abbassò lo sguardo, di colpo le proprie scarpe erano interessantissime: -I-io… lui non è stato obiettivo! Da sempre ragione a quelli della sua casata!- esclamò, un po’ distorta come versione, ma in effetti era quello che a Micheal sembrava. La Hamilton lo guardò perplessa: -Il professor Lafayette dunque, fa dei favoritismi? Possiamo parlarne a fine lezione, signor Spock?- domandò, osservandolo. Micheal annuì, non era né così fesso né così coraggioso da dissentire alle parole della docente, che si portò vicina ai tavoli degli studenti: -Bene ragazzi, iniziamo pure la lezione di oggi.- sentenziò, mentre il Serpeverde prendeva posto.

 

-Arrivederci professoressa Hamilton!- salutarono diversi studenti Tassorosso e Serpeverde, avviandosi verso l’uscita della serra. Mary Sue, invece, era ancora sulla soglia: -C’è qualcosa di cui mi vuoi parlare, Mary Sue?- chiese la docente, osservandola. La ragazzina dissentì con il capo: -No, però… non si arrabbi troppo con Micheal. Lui fa sempre guai, è vero, ma non lo fa con cattiveria!- disse, il tono infantile un poco più alto, variazione data dalla preoccupazione per l’amico. Karin sorrise: -Va bene, Mary Sue. Non sarò severa con Micheal, a meno che non lo meriti davvero.- disse, congedando cortesemente la ragazzina Serpeverde. Si volse verso Micheal, prendendo posto accanto ad uno dei tavoli da lavoro, su uno sgabello. Il ragazzino fece lo stesso, di fronte a lei.

-Allora, signor Spock.- esordì la giovane, -vorrebbe spiegarmi meglio cosa è successo?- Il ragazzino abbassò un po’ lo sguardo iniziando a raccontare della lezione, venendo però interrotto quasi subito: -No, mi ha fraintesa. Vorrei capire perché ogni volta che lei a lezione con il professor Lafayette riesce a farsi togliere tutti questi punti. Non mi sembra un docente poco paziente, a detta anche dei colleghi.- si corresse, sperando di ricevere una risposta che potesse soddisfarla.

Il Serpeverde la guardò sorpreso: -Io so che devo stare calmo!- esclamò subito, -ma quell’uomo è insopportabile! Quando litigo con la McDougal, lui sempre lì, a mettersi di mezzo e a fare il buon samaritano da quattro soldi! Sempre l’, a guardarmi dall’alto in basso, come se lui potesse sempre tutto su tutti! Non lo sopporto e lui non sopporta me. E poi non è mai obiettivo! Sgrida sempre me, perché sono Serpeverde e lui odia la nostra casata!- replicò, veloce, mangiandosi anche qualche parole, che però Karin intuì comunque.

-Il professor Lafayette, quando era studente, specie il primo anno, ebbe qualche problema con la mia casata.- disse la docente, pensosa. Micheal la osservò fra l’interrogativo e il curioso: -Lei andava a scuola con lui? Cielo, che incubo…- Karin sorrise: -Non era molto diverso da ora, che io ricordi. Vedi, Micheal,- disse, passando a dargli del "tu", -il professor Lafayette è una persona tremendamente distratta. Inaffidabile se si tratta di date, numeri o qualsiasi cosa implichi degli appuntamenti, a meno che non si tratti di dosi per gli ingredienti di pozioni. È sempre stato così, purtroppo. A volte è un insopportabile saccente, e se non lo affatturo per i corridoi è solo perché, da adulta, ho una certa maturità.- disse, facendo sorridere il primino, un po’ per le sue parole, un po’ per la sua espressione fredda nel criticare il collega. Espressione che mutò del tutto, forse perché il ragazzino non era abituato a vedere sul viso della giovane un sorriso così…dolce?

-Però, il professor Lafayette è una persona estremamente corretta. È sempre stato così, anche da piccolo, quando eravamo entrambi al primo anno. Ed è affidabile, sulle cose davvero importanti. Non farebbe mai un torto senza motivo, è leale, è sempre stato più una persona di pensiero che d’azione. Anzi, forse da bambini, era proprio fifone.- disse, un lieve risata riempì la serra, apparendo persino più alta di quanto fosse in realtà, dato il silenzio in quel luogo. –Sai, il professor Lafayette è la classica persona che non si cura a volte, di essere frainteso, se crede in quello che fa. Ma te lo assicuro, non ti toglierebbe mai punti per ripicca. Perché lui è un’ottima persona. Gli affiderei la mia vita, conscia che sarebbe nelle mani di chi non mi tradirebbe.- concluse, osservando il primino: -Dai tempo al vostro rapporto. Avrete ancora sei anni per convivere in questa scuola.-

Micheal annuì, incerto: -Professoressa… io pensavo che lei odiasse il professor Lafayette.- disse, nell’ingenuità tipica dei bambini.

Lei sorrise, divertita, così diversa da come si manteneva in classe.

-Per odiarlo, dovrebbe avermi fatto qualcosa di davvero grave, non credi?- domandò, osservandolo. Il ragazzino annuì di nuovo: -Sì.- replicò, osservandola. –Bene.- disse lei, alzandosi, -se hai capito questo, io non ho nient’altro da dirti. Se hai davvero capito, di certo avrai individuato l’errore che ti ha portato ad essere in torto questa mattina.- aggiunge, congedandolo. Micheal annuì, mormorando un: -Sì professoressa, buonasera.- allontanandosi dalla serra.

Quando ne uscì, per poi non gli prese un infarto, andando quasi a sbattere non solo contro Mary Sue, ma anche contro la McDougal.

Destino maledettamente avverso… -McDougal.- si limitò a dire, nel rivolgersi alla ragazzina, che ricambiò con un cenno del capo: -Non mi convince.- disse a Mary Sue, che annuì in sua direzione.

- È un po’ strano, in effetti.- aggiunse, confondendo Micheal, che non perse l’occasione per chiedere chiarimenti. La McDougal sospirò appena, spazientita per il dover spiegare qualcosa che riteneva ovvio: -Le parole della tua Capocasa, ovvio! Lei è il professor Lafayette non fanno che guardarsi in cagnesco e a te non sembra strano che lei ne parli così bene, davanti a te?- domandò, osservandolo.

In effetti, non era il massimo della normalità.

-Bene, vorrà dire che lo scopriremo.- sentenziò, convinta. –Per quale motivo stai parlando al plurale?- -Perché mi seguirai in quest’impresa, Spock.- fu il botta e risposta dei due, mentre Mary Sue si arrendeva a vederli costantemente battibeccare: -E come vorresti venire a capo della cosa, scusa?- domandò alla Corvonero. Lei le strizzò l’occhio in tutta risposta, l’aria divertita: -Guardate lì.- replicò, indicando la finestra aperta della serra, ove aveva fatto il suo ingresso il professor Lafayette, passo calmo e portamento elegante.

-Li vuoi spiare?!- domandò perplessa in un sussurro, cui la Corvonero annuì.

I due Serpeverde fecero lo stesso.

Notò l’entrata di qualcuno, dunque si voltò verso la porta. L’espressione, fino ad allora neutra e, anzi, con una sfumatura gentile dopo il colloquio con Micheal, tornò fredda come solo in sua presenza era, quando riconobbe il collega.

-Salve.- salutò cortese. –Professor Lafayette.- rispose, un lieve cenno del capo, quasi impercettibile.

Chi l’ha detto che gli iceberg si trovano solo al Polo Nord?

-Il signor Spock è venuto a parlarle?- chiese il moro, osservando la giovane docente muoversi abilmente fra tavoli e piante, mentre replicava lo stretto necessario: -Sì, poco fa l’ho congedato.- Il docente si fermò, osservandola: -Ho idea che se glielo dirò io non mi darà retta. Potrebbe far capire al signor Spock che "mezzosangue" è un insulto?- domandò, pacato. Karin si fermò, voltandosi verso di lui: -Ritengo grave che debba chiederlo a me, visto che lei stesso è un docente.- replicò, fredda.

Dalla loro postazione, videro Clifton sospirare, prima di parlare: -Professoressa Hamilton, non le sembra un po’ fuori luogo, tutta questa sua palese avversione nei miei confronti?- chiese, beccandosi un’occhiataccia: -Con tutto il rispetto per il suo ruolo, professor Lafayette, le posso ricordare le parole che lei ha detto ormai sei anni fa? Perché io non le ho dimenticate, e se permette al momento mi sento di avere tutto il diritto di avercela con lei.- replicò, tono lievemente irritato:

-Se doveva semplicemente sincerarsi che il signor Spock era venuto, temo che non abbia più ragioni di rimanere qui.- aggiunse.

Clifton parve gelarsi a quelle parole: -Ho bisogno di alcuni ingredienti per pozioni. Posso prenderne alcuni dalla Serra?- chiese, d’improvviso più formale del solito. –Sì, se non mi obbliga ad una prolungata sopportazione della sua presenza.- replicò e tempo cinque minuti, Clifton Lafayette usciva dalla serra.

I tre studenti attesero che fosse sparito alla vista lungo il sentiero, prima di allontanarsi a loro volta.

***

-Continuo a ripetere, cosa che ho fatto negli ultimi tre giorni, che la Hamilton è stata esagerata a trattarlo così!- disse Selene, che ormai parlava con i due Serpeverde di ciò che avevano spiato da tre giorni. Micheal non si esprimeva, malgrado tutto Lafayette continuava a non digerirlo. Mary Sue ogni tanto ribatteva, ma non sapeva mai bene da che parte stare, poiché ammirava entrambi: -Forse ha un motivo e noi non lo sappiamo.- -Lafayette è sempre gentile, te lo assicuro, è il mio Capocasa! Non c’era proprio motivo di trattarlo a quel modo! Mia mamma ci andava a scuola insieme, e me l’ha confermato. È sempre stato una brava persona.- disse, convinta.

A quelle parole, a Mary Sue sembrò arrivare una verità fra capo e collo: -Se è così, forse tua mamma potrebbe anche sapere perché si odiano tanto, no? La Hamilton ha detto che era a scuola con il professore, quindi può darsi che tua madre la conosca, Selene.- disse, acuta. Micheal e la Corvonero annuirono in contemporanea, ma la ragazzina replicò: -So che si conoscevano, ma è inutile. Mia mamma non parla mai dei prof insieme, sembrano quasi dei compagni di due scuole diverse. Quindi, se anche chiedessi qualcosa, probabile che non mi direbbe nulla.- concluse.

Pochi istanti dopo, si era trascinata gli altri due dietro, seguendo la docente che avevano visto uscire dalla Sala Professori e che si dirigeva a quello che era il suo ufficio. La videro aprire discretamente la porta ed entrare, lasciando l’uscio socchiusa, visto il caldo che faceva dentro, a causa dell’umidità e della collocazione dell’ufficio nei sotterranei.

I tre si affacciarono il tanto che bastava ad osservare senza essere scoperti: videro Karin posare il mantello sulla sedia dietro la scrivania, per poi avvicinarsi ad uno scaffale. Il primo a riconoscere l’oggetto posato sopra esso fu Micheal, perché aveva già avuto a che fare con quello del nonno:

-Quello è un Pensatoio.- pronunciò, seguito dall’annuire delle altre due. Videro Karin puntarsi la bacchetta alla tempia, estraendone un filo argentato ed inconsistente che sembrava brillare di un alone proprio. La videro poi posarlo nel Pensatoio, l’aria stanca di chi odia fare quell’azione ma è costretto a compierle più volte al giorno.

Scoprirono in oltre che l’ufficio della docente era collegato con un’altra stanzetta, probabilmente quella dove lei dormiva e dove si diresse.

Fu inutile il tentativo di Micheal di fermare Selene che, con disinvoltura, di diresse veloce verso l’oggetto lasciato incustodito: -So cosa vuoi fare e ti avviso che, se proprio ci tieni, lo farai da sola.- disse acido il ragazzino: -Tranquillo, Spock, so che te la fai sotto.- replicò Selene, una punta divertita nel tono di voce, mantenuto basso. Mary Sue intervenne subito: -Ragazzi, proprio qui dovete cominciare a discutere?- chiese, spazientita. I due dissentirono.

-Bene, allora vado.- disse Selene, convinta, ma il primino Serpeverde la prese per un braccio: -Hai idea di come si faccia ad uscire da un Pensatoio?!- -No.- replicò tirandosi dietro i due ragazzi e finendo per toccare tutti e tre la superficie liquida.

Sensazione famigliare per Micheal, che accidentalmente da piccolo era finito nel Pensatoio del nonno.

Buio, l’ambiente circostante che diveniva distorto per poi riacquistare forma poco dopo, diverso.

Riconobbero facilmente il giardino, e altrettanto facilmente si resero conto che non era quello di Hogwarts.

Era grande, ma non come quello che vedevano nove mesi all’anno, e soprattutto poco distante da loro c’era una casa. Era abbastanza grande, ma la casa tipica di un paesino lontano dall’atmosfera caotica di Londra. Prati verdi anche al di fuori del giardino, un misto fra il classico paesaggio di montagna incontaminato e un minimo di civiltà che, comunque, era giunta fin lì. Non si sentivano voci, ma scorsero due figure. Riconobbero prima quella femminile che quella maschile. Capelli neri, lunghi fino a metà schiena, mori, occhi azzurri. Quindicenne, certo, ma quella era senza dubbio la loro docente di Erbologia, Karin Hamilton. E fu inquietante vedere che osservava quella che era una Karin Hamilton ancora più piccola, sui sette anni, che sorrideva felice e spensierata ad un ragazzo.

Capelli mori, corti, occhi verde smeraldo, sorriso gentile rivolto alla bambina, che giocava tranquillamente senza badargli. Era solo un ricordo, dopotutto, non poteva interagire con gli intrusi. Videro il ragazzo sorridere nuovamente, prima che una voce di donna chiamasse dall’interno:

-Sarah! Vai a chiamare tua sorella, per favore?- e, poco dopo, apparve una ragazza dai lineamenti simili a quelli della bambina, solo che i capelli erano castani, e gli occhi di un nocciola piuttosto chiaro. Si avvicinò alla bambina: -Ehi! Rientra!- disse secca verso la bambina che, inconsapevole del tono freddo si avvicinò allegra a quella che, evidentemente, era la sorella: -Sarah, Sarah, mangiamo vicine?- chiese, con un sorriso dolce tipico dei bambini. L’altra la guardò come si guarda un insetto: -Scordatelo. Non mangio con i mostri.- replicò scanzandola e rientrando, seguita dalla bambina, ora silenziosa.

Stavano per esprimersi su quella ragazzina priva di tatto, quando la Karin Hamilton quindicenne lasciò il suo nascondiglio, la voce arrabbiata, e parecchio: -Clifton Lafayette!- tuonò, osservando il compagno. Per poco non caddero a terra dallo sgomento: -Razza di impiccione, privo di tatto, ti avevo proibito di avvicinarti al mio Pensatoio! Perché?!- esclamò, prendendolo per un braccio e trascinandolo evidentemente fuori dai propri ricordi.

Non gli diede nemmeno tempo di ribattere, mentre i tre osservavano la scena. Il paesaggio attorno a loro era mutato nuovamente e solo in un secondo momento riconobbero la Foresta Proibita. E la cosa certa era che non erano al suo limitare, ma all’interno. L’ingresso di una grotta si trovava alle spalle dei tre primini, la cui attenzione era posata sui quindicenni.

Karin teneva ancora Clifton per un polso e sembrava furiosa: -Non ti basta il passato che io ti ho raccontato?! Maledizione Clif, ti ho raccontato cose che non ho detto nemmeno a Sally, e se anche l’ho fatto, tu sei sempre stato il primo a sapere ogni mio segreto! Una volta, una sola ti ho chiesto di restarne fuori! Te l’avevo chiesto per favore, Clifton, e tu non sei riuscito a farlo! Tu hai dovuto per forza impicciarti nei ricordi che tengo per me e che cerco di dimenticare! Hai veramente così poca considerazione di me?! I miei sentimenti valgono così poco, Clifton?!- la sentirono esclamare, vedendole per la prima volta gli occhi lucidi. Quello che seguì, li lasciò di sasso, così diverso dalla realtà a cui erano abituati.

Clifton si liberò dalla presa della ragazza, attirandola a sé, con un gesto improvviso, abbracciandola: -Lo sai che non è così… lo sai, Karin.- Videro la ragazza restare immobile, in quell’abbraccio, senza piangere benché avesse lo sguardo lucido. –Clif… perché sei così gentile, anche quando ti rivolgo parole orribili?- chiese, in un sussurro udibile ai tre primini solo grazie alla loro vicinanza. Videro Clifton scostare appena Karin da sé, mentre lei restava con il volto leggermente chino. Le pose due dita sotto il mento, alzandole il volto per poterla guardare negli occhi: -Shhh…- sussurrò, posando poi le proprie labbra su quelle della ragazza, in un bacio dolce.

Lo sguardo dei tre primini palesava le loro emozioni.

Micheal era di certo quello più turbato: un po’ perché, fin dal suo primo arrivo lì ad Hogwarts, era stato convinto che la sua professoressa di Erbologia, oltre che sua Capocasa, sarebbe stata un’ottima alleata nella sua battaglia contro il professor Lafayette.

Un po’, perché non l’aveva mai vista come una persona, ma solo con un’insegnante: Karin Hamilton non era per lui qualcuno che potesse essere presa da sentimenti particolari. Sorrideva in modo neutrale, parlava sempre in maniera imparziale, e sembrava sempre un’entità fuori dal tempo, ai suoi occhi di studente.

Selene era rimasta sorpresa, ma non in maniera poi così eclatante, visto che lei stessa aveva fatto notare agli altri due l’incoerenza fra atteggiamenti e parole della docente.

Mary Sue era raggiante: se l’aspettava, ed inoltre aveva sempre sostenuto, a discapito anche delle prese in giro, che i due docenti non potevano odiarsi davvero. Forse l’istinto, forse ciò che molti chiamano sesto senso, non sapeva esattamente cosa, ma una sorta di voce nella sua testa glielo ripeteva quando li osservava.

"Quei due non si odiano."

-Potrei evitare, ma perché privarmi di questa vittoria? Ve l’avevo detto!- sottolineò Mary Sue, sorridente come se fosse la mattina di Natale e si fosse ritrovata sommersa di pacchetti di ogni colore, forma e dimensione.

Stavano per allontanarsi, quando si accorsero che il paesaggio attorno a loro stava nuovamente cambiando.

Giardino di Hogwarts.

Estate, probabilmente, perché lo scenario non era diverso da quello che avevano visto quella stessa mattina di inizio Giugno.

Clifton e Karin erano poco distanti da loro, lei espressione allegra, lui seria. Fin troppo, forse.

Karin fece qualche passo senza fare particolare attenzione a dove questi la portavano, restando comunque vicina al moro, cui si rivolse: -Allora Clif? Un po’ di allegria, santo cielo, hai passato i M.A.G.O brillantemente! Devi essere allegro!- commentò, il tono vivace come solo con il ragazzo era.

E lui taceva.

Taceva di quel silenzio che la metteva in ansia, che la lasciava sprofondare nella preoccupazione più cupa.

Paura.

Sì, era questo.

La paura di non riuscire più a comprenderlo, di non riuscire più ad essere vicina a lui come voleva.

Taceva di quel silenzio di cui anche la notte più solitaria è invidiosa, quell’assenza di suoni di cui la luna è testimone ogni notte, anche quella in cui viene nascosta alla vista degli uomini, così piccoli e pieni di un desiderio che non possono e saprebbero mai soddisfare.

Capire.

Capire perché il Sole e la Luna non si incontrano mai, perché gli è stato proibito la condivisione di un cielo che entrambi illuminano, il primo alla luce degli occhi dell’uomo, la seconda nascondendosi con pacata delicatezza dietro il proprio alone, o qualche nuvola che la nasconde insieme alle stelle.

Capire perché noi siamo così, perché ogni uomo è la maggior debolezza di se stesso.

Perché fuggiamo da ciò che amiamo, perché allontaniamo ciò che vorremmo vicino…

-Karin, ascolta. Sai che cosa avrei voluto fare da grande, quando avevamo undici anni?- chiese, facendo tornare seria anche la ragazza. Lo sguardo ceruleo si posò sul ragazzo: -Il pozionista, come tuo padre, giusto?- chiese conferma. Lo vide annuire: -Sì, è quello che vorrei fare tuttora.- replicò.

E conosceva quella calma piatta, quelle parole senza tonalità alcuna.

Neutre, come di solito era lei.

Ma non Clifton. Se pronunciate da lui a quel modo, potevano significare solo una cosa…

-L’apprendistato che fece mio padre è lontano. Vorrei andarci.-

…ecco, appunto.

-Saresti sciocco a non farlo. Sei un genio nelle pozioni, Clif.- disse, un lieve sorriso.

-Starò via. Parecchio.-

Dunque, avevi già deciso? E da quanto, Clif?

-Capisco.- disse, semplicemente.

Dolore e Orgoglio. Pessima accoppiata.

-Karin, noi… credo sia meglio se restiamo amici. Cioè, insomma…-

Impacciato come sempre, quando si tratta di ferire gli altri, vero, Clifton?

Annuire. Nulla più.

E lui si volta, e tu lo guardi, ma non dici nulla.

Lo sai bene che se aprissi bocca sarebbero o insulti o preghiere.

I primi forse li merita, al momento, ma non vuoi pronunciarli, troppa la paura del suo allontanamento.

Le seconde? Atto di puro egoismo, e lo sai.

-Clifton, parla chiaro.- lo impone, quasi.

E lui china il capo, come da bambini, quando voleva scusarsi, non sapeva come fare, e aveva paura della sua reazione, che era sempre un perdono, alla fine.

Quello che meno sentiva di meritare.

Ciò che più desiderava, e lei capiva, capiva e annuiva, a volte con un sorriso, raramente con le lacrime.

-Karin, noi dobbiamo trovare ognuno la sua strada e dobbiamo farlo divisi. Questo intendo.-

Ah, ecco qual è il punto.

Videro Karin sorridere di un sorriso quasi freddo, ma nessuna lacrima: -Va bene. Magari ci rincontreremo quando tu sarai un pozionista ed io qualcosa.- replicò, il sorriso che camuffava di comprensione, il tono che si falsificava in allegria immotivata: -In fondo hai ragione. Non possiamo stare appiccicati per il resto della nostra vita. Io diventerò qualcosa, di certo e tu sarai pozionista. E ci incontreremo di nuovo, forse.- Clifton si voltò verso di lei: -Karin, non…- -Taci.- replicò, bloccandolo. –Non complicare le cose con la tua gentilezza e le tue scuse, Clifton, ti sto dicendo che hai ragione, che va bene, che ti libero dal peso di Karin Hamilton. Non chiedermi anche di saltare di gioia, proprio non è il caso.- ribatté, lo sguardo basso.

Clifton tacque.

-Ci vediamo Clif.- mormorò, allontanandosi.

I tre si guardarono, in silenzio, stesso pensiero e stesse domande che affollavano la mente. Qualcuno che li riportava indietro, e che avrebbero affrontato.

Chiusero gli occhi, riaprendoli solo quando sentirono i propri piedi toccare il pavimento solido.

Karin Hamilton, la professoressa che erano abituati a vedere e conoscere li guardava con uno sguardo indecifrabile.

E non c’era ira, ma nemmeno dolcezza.

Una bambola vuota o un’anima troppo satura per poter lasciar predominare un’emozione rispetto all’altra.

-Tornate nei vostri dormitori.-

Si allontanarono, sguardo basso, aria colpevole di chi ha profanato un territorio che doveva restare nascosto.

Ho nascosto i pensieri di un passato che fa male, li ho nascosti agli occhi di estranei in quel cuore ferito.

Non permetterò che venga toccato, nemmeno sfiorato, da inutili menzogne e false promesse, che circonderanno la mia anima con dolcezza, per poi abbandonarla nuovamente in un dolore che non saprebbe sopportare per una seconda volta.

Lascio la luna ad osservare entrambi, con la neve ed il vento che così poco si addicono all’estate.

Gelo dentro, che ferma ogni movimento e rallenta ogni battito di questo cuore di cui non so più che farmene.

Un cuore che si è ingannato, nel silenzio della notte che teme, che lo lascia sveglio, custode di un’anima che vaga senza una meta, non più, non ora.

La sua metà continua a cercarla, e poi la trova, e lei la vede, e volge lo sguardo, e l’abbandona.

Di nuovo, di nuovo.

Silenzio distorto di un cuore che batte, al suono del tempo, ed illude il mondo. Sospira di nuovo, sospira di nuovo...

E pronuncia parole che non sono comprese, non più, non ora.

Un’anima è perduta, se non trova la metà mancante e lei la cerca, e se la trova, l’abbandona, per non essere ferita, abbandonata.

Non di nuovo, non di nuovo.

E lascia al vento parole di conforto che non può pronunciare, che non può sussurrare.

Non stavolta.

Non a sé stessa.

Non a lui.

Non a quell’anima che ha perso.

 

To be continued...

 

Nda: (sarò breve, promesso XD) Ero indecisa se pubblicarla o meno O.o Ma alla fine, tanto valeva farlo! XD Clifton e Karin, i personaggi principali, sono sempre stati inseparabili fin dal primo anno ad Hogwarts. Forse una fanfiction ispirata ai personaggi di un gdr apparirà senza senso e non piacerà, ma vorrei davvero far arrivare i sentimenti di questi due. Perché comunque dietro ci sono delle persone che li muovono e quindi ho finito con l'affezionarmi ^__^

Grazie dell'attenzione, mi dileguo avvisando che saranno due, massimo tre parti ^^

   
 
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