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Autore: Moonage Daydreamer    20/11/2012    3 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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If I Fell.
 




Stesa sul letto nella penombra, guardavo il soffitto con la testa piena di pensieri.
Cominciavo a farmi delle domande su quella folle notte; avevo paura riguardo a ciò che Lennon avrebbe potuto fare di ciò che gli avevo detto.
In realtà, dopo il suo compleanno non ne avevamo più parlato, né di mio padre né... del resto.
Ti desidero più di qualsiasi altra cosa.
Quelle parole continuavano a risuonarmi nella mente e non sapevo come comportarmi nei loro confronti. La cosa giusta da fare sarebbe stata dirlo immediatamente a Cyn, e in un primo momento avevo preso seriamente in considerazione questa idea, ma quando mi ero ritrovata faccia a faccia con la mia amica non ero riuscita a proferire parola.
Ciò era maledettamente inquietante, perché quel gesto di lealtà nei confronti della ragazza era la prima cosa che avrei fatto fino a qualche tempo prima.
Mi stavo accorgendo che stavo cambiando in fretta, e mentre il mio corpo era ancora intrappolato nell'adolescenza, dentro di me stavo diventando adulta prima del tempo.
A questa situazione di confusione totale si aggiungeva il fatto che ero ancora in punizione, e potevo uscire di casa solo per andare al lavoro o per portare Frency a fare delle brevi passeggiate, letteralmente cronometrate da Elisabeth; e la cosa peggiore era proprio che la mia madre adottiva era ancora arrabbiata con me. Le avevo chiesto scura e avevo cercato di spiegarmi solo quando ero entrata in casa dopo aver salutato John, perché sapevo che più avessi insistito più lei si sarebbe indisposta.
Sbuffai: non ne potevo più di quella situazione. Era venuto il momento di prendere l'iniziativa.
Scesi le scale e andai alla ricerca di mia madre, che trovai in salotto che leggeva un libro ascoltando un disco di musica classica in compagnia di James.
Quando mi vide entrare, mio padre si alzò dalla poltrona e mi venne incontro, poi mi strinse una spalla per manifestarmi la sua solidarietà e mi incoraggiò con un sorriso, poi uscì dalla stanza.
Mi aveva già perdonata da un po', mentre sua moglie mi era ancora a dir poco ostile.
- Hai bisogno di qualcosa, Anna?- mi chiese Elisabeth freddamente, senza nemmeno alzare gli occhi dal libro. Mi avvicinai e mi sedetti di fronte a lei, sul bracciolo del divano.
- Vorrei parlare con te. - mormorai.
Il mio tono esasperato la convinse a chiudere il libro. Accavallò le gambe e mi guardò freddamente:- Parla, allora. -
Mi morsi un labbro:- Non ne posso più di questa situazione; non del castigo, ma del fatto che sei così arrabbiata con me. Io mi rendo conto di aver sbagliato: mi sono comportata come un'egoista e ti chiedo scusa. -
Quando finii di parlare quasi ansimavo, poiché avevo a malapena preso fiato tra una parola e l'altra. Guardai Elisabeth, che nel frattempo continuava a rimanere in silenzio.
- Il problema, Anna, è che ora non so più se fidarmi di te. - disse infine.
Il distacco che ostentava copriva a malapena la rabbia che ancora provava, e sebbene sapessi che scaturiva dalla preoccupazione e dalla paura, essa mi colpì come un pugno.
- Lo so!- esclamai, sull'orlo delle lacrime per la frustrazione - Ma non ho la più pallida idea di cosa fare per dimostrarti che puoi ancora darmi la tua fiducia. -
La guardai negli occhi per un momento.
- Mi dispiace.- sussurrai abbassando di nuovo lo sguardo - Credimi: mi dispiace davvero tanto. -
Mi ero scusata, avevo provato a far pace ma non aveva funzionato. Basta, fine dei giochi.
Mi alzai e mi diressi verso la porta, avvilita, ma Elisabeth mi fermò prima che potessi oltrepassarla.
- Buonanotte, tesoro. - mi disse con un tono che fece rinascere in me la speranza che mi avesse perdonata.
Mi voltai di nuovo e incontrai il sorriso e lo sguardo dolce di Elisabeth, che si avvicinò e mi abbracciò. Per mia fortuna mia madre non era tipo da covare rancore più di tanto.
- Se lo fai ancora una volta giuro che ti uccido io. - mormorò.
Annuii con convinzione, mentre dentro di me tiravo un enorme sospiro di sollievo.

Il giorno dopo mi recai allo Ye Cracke, ma insolitamente per arrivarci feci il giro che passava davanti al College of Art; a causa della punizione era dalla festa di John che non passavo un po' di tempo con i miei amici, tranne qualche mezzoretta passata con Paul mentre facevo fare a Frency le sue passeggiate, ma ogni tanto li vedevo perché venivano nel locale in cui lavoravo.
Quella mattina, però, non si vide quasi nessuno e le ore trascorsero molto lentamente.
Quando finii il turno era ormai quasi ora di pranzo, ma ero talmente stanca di stare continuamente al chiuso che decisi di non tornare a casa ma di andare un po' al parco, ma prima cercai una cabina telefonica per avvertire Elisabeth, così da evitare di finire di nuovo in castigo dopo meno di un giorno che ne ero uscita.
Nonostante l'aria ormai quasi invernale fosse molto fredda c'era un bel sole limpido che rendeva piacevole starsene all'aria aperta.
Inoltre, il parco era estremamente tranquillo, poiché non c'era molta gente, se si escludeva qualche anziano che portava a spasso cani dalle dimensioni tanto piccole che Frency avrebbe potuto mangiarseli molto facilmente; e vista la fama che il bobtail dimostrava sempre, non era completamente escluso che prima o poi l'avrebbe fatto.
Proprio perché il parco era praticamente deserto, non mi fu affatto difficile scorgere Stu, in piedi nelle prossimità del laghetto. Aveva le braccia incrociate sul petto e tamburellava un piede guardandosi intorno, come se stesse aspettando qualcuno.
Lo chiamai e mi sbracciai per attirare la sua attenzione, anche se non sarebbe stato necessario perché il mio amico mi aveva già vista e mi stava correndo incontro.
- Come mai qui? Non dovresti essere al college? - chiesi dopo che ci fummo salutati con affetto.
- Ho bucato. - rispose sorridendo - Ti stavo cercando. -
- E immagino che tu abbia la capacità della preveggenza, per essere riuscito a sapere che mi sarei trovata qui a quest'ora. - osservai con ironia cercando di mascherare l'improvvisa agitazione.
- No, però ti conosco bene. Sono passato prima dallo Ye Cracke, ma mi hanno detto che eri già andata via, e visto che ho incontrato Cyn ieri sera e mi ha detto che eri di nuovo a piede libero, ho immaginato che saresti venuta qui per festeggiare.- spiegò Stu ridendo.
- Sono davvero così prevedibile?- chiesi, cercando di distogliere la sua attenzione dal motivo per il quale aveva avuto bisogno di venirmi a cercare.
Pur non riuscendo ad immaginarmelo, infatti, avevo l'impressione che non mi sarebbe piaciuto.
- Ho bisogno di parlarti. - disse il ragazzo con una serietà che fece prendere il sopravvento al lato più codardo di me.
- Scusa, ma se faccio tardi mia mamma non mi lascia uscire per un mese... -
Indietreggiai di un passo, tuttavia Stu mi prese una mano.
- Anna, per favore... - mormorò.
Non avevo vie di fuga, poiché non potevo allontanarmi senza sembrare scortese, quindi assunsi un sorriso forzato e mi accostai di nuovo a lui.
Stuart mi prese anche l'altra mano e abbassò lo sguardo a fissare i miei palmi, sui quali tracciava dei disegni immaginari con il pollice.
- Io... credo che tu te ne sia già accorta da tempo... Le mie azioni sono state troppo esplicite perché tu... - cominciò, ma poi si interruppe, arrossendo.
Non l'avevo mai visto così agitato e il suo stato d'animo si riflesse su di me.
- Io... non capisco cosa intendi... -mormorai incerta.
- Tu mi piaci. - disse Stuart di getto, ma poi abbassò la voce e tornò a mormorare. - Da morire. -
Ammutolii, allibita; non avevo idea di cosa pensare.
Brava scema, Anna!
In tutto quel tempo non mi ero resa conto che i sentimenti di Stu andassero al di là della semplice amicizia e ora la sua dichiarazione mi coglieva del tutto impreparata.
Ci misi tantissimo prima di trovare il coraggio per semplicemente alzare gli occhi e incrociare quelli di Stu.
- Oh, ti prego, dì qualcosa!- esclamò il ragazzo, esasperato dal mio silenzio.
Abbassai di nuovo lo sguardo:- Io non so che cosa dire...-
- Allora non dire niente.-
Stuart mi fece avvicinare ancora di un passo; istintivamente alzai una seconda volta gli occhi su di lui ed egli si chinò su di me.
Socchiusi gli occhi mentre le sue labbra si accostavano sempre di più alle mie.
Sarebbe stato così facile...
Mi scostai, ingoiando quel nodo alla gola che mi era venuto quando mi ero resa conto di ciò che quella decisione avrebbe comportato.
Anche Stuart si ritrasse, come se si fosse proteso troppo verso il fuoco e fosse stato bruciato.
- Stu, scusa... - balbettai- Io ti voglio tantissimo bene, ma... come amico. -
Mi si strinse il cuore quando vidi la sua espressione ferita. Abbassai lo sguardo, mortificata.
Mi sentivo un'egoista, ma allo stesso tempo non potevo negare i miei sentimenti. Sarebbe stato ancora peggio se l'avessi preso in giro. E poi...
- Ti stai innamorando di lui, vero?- chiese Stuart all'improvviso - Di John. -
Rimasi qualche secondo interdetta, ma mi ripresi e intervenni con veemenza in mia difesa:- Che cosa?! Ma è assurdo! -
- Ma è così. - replicò il ragazzo amaramente.
- No!- esclamai - Voglio dire: io e John ci saremmo scannati a vicenda fino all'altro ieri! Ora stiamo recuperando il nostro rapporto ma... Come puoi pensare una cosa del genere?!-
- E' vero, Anna. - insistette, con molta malinconia nell'inflessione e gli occhi lucidi. - Forse lo stai negando anche a te stessa, ma è vero; si vede dal tuo sguardo. Ma non importa: è giusto così. Non possiamo decidere noi quali saranno i nostri sentimenti. -
- Non voglio perderti. - mormorai.
Stu si sforzò di sorridere, con scarsi risultati:- Non mi perderai. -
- Davvero?-
- Sì, ma ora devi andare a casa o tua mamma si arrabbierà. - concluse sbrigativamente.
Mi salutò con un gesto della mano e si allontanò velocemente.
Mi incamminai verso casa con la morte nel cuore perché sapevo che, nonostante le sue parole di incoraggiamento, tra noi si era spezzato qualcosa che non si sarebbe più potuto rimettere al suo posto.

Tornai a casa di malumore e subito dopo aver pranzato uscii di nuovo: sentivo la necessità di parlare di quello che era successo con qualcuno e l'unica cosa che mi venne in mente di fare fu aspettare Cyn fuori da scuola.
Era molto presto, quindi ebbi molto tempo per pensare a me e a Stu e al nostro rapporto.
Ero stata una sciocca a non cogliere tutti i segnali che il ragazzo mi aveva lanciato e che solo ora che le sue intenzioni erano manifeste riuscivo a interpretarle nel modo giusto.
Se l'avessi capito prima non avrei cambiato la mia risposta, ma per lo meno gli avrei detto quello che sentivo e non gli avrei dato l'impressione di prenderlo in giro, o ancor peggio, di stare usandolo per tirarmi fuori dai miei casini ...
Era inutile tormentarsi con tutti quei se; le cose erano andate in quel modo e non potevano essere cambiate, perciò non rimaneva che affrontarne le conseguenze.
Auguravo a Stu tutto il bene possibile, ma più ci rimuginavo sopra più mi rendevo conto che non avrei potuto fare diversamente, ma questo non mi dispensava dal sentirmi così in colpa nei suoi confronti.
Prima che Cyn uscisse avevo il morale talmente a terra che la mia amica quasi si spaventò quando mi vide, ma non ne sembrò affatto sorpresa. Infatti, la prima cosa che fece, ancor prima di salutarmi, fu abbracciarmi.
- Stu...- cominciai, ma lei mi interruppe
- Non qui. - disse imperiosa - L'unico posto in cui si può parlare di problemi di cuore è davanti a una cioccolata calda. -
Mi prese per mano e prima che avessi il tempo di reagire mi trascinò verso il caffè più vicino.
E, in effetti, quando fui seduta ed ebbi avuto una tazza fumante tra le mani mi sentii già meglio.
- Come mai non sei rimasta sorpresa nel vedermi?- chiesi dopo un sorso di cioccolata.
- Stu è arrivato in ritardo questa mattina e aveva una faccia che faceva a dir poco impressione. - rispose Cyn - Ho dovuto torturarlo per riuscire a cavargli due parole su quello che è successo; ora voglio i dettagli.-
Dato che aveva espresso quell'ultima frase in un modo scherzosamente (ma nemmeno troppo) minaccioso, arrivai alla conclusione che fosse meglio accontentarla. Ci misi più di mezz'ora per raccontarle tutto perché ero interrotta ora da un suo commento ora da un mio.
Quando finalmente ebbi terminato appoggiai la fronte sulle mani e sbuffai.
Cazzo, ma perché tutte le cose dovevano necessariamente complicarsi?
- Mi dispiace così tanto... Anche perché tutti, guardandovi, abbiamo pensato che tu ricambiassi i suoi sentimenti... -
- Lo so, ed è stato proprio questo il mio errore: ma davvero non sono riuscita a rendermene conto. -
- E' una cosa normale: spesso non riusciamo a cogliere l'interezza delle situazioni in cui ci troviamo in prima persona. - commentò Cyn.
Annuii nel silenzio che seguì, perché non avevo idea di cosa poter replicare. Infine, oppressa dall'atmosfera grave di quella conversazione, provai a sdrammatizzare:- Da dove viene tutta questa profondità? Ti stai per caso facendo dare ripetizioni di filosofia? Mi avevi detto che il tuo professore era un bell'uomo, ma... -
- No, niente ripetizioni: sto solo cercando di aiutare quella deficiente della mia migliore amica! - replicò Cyn ridacchiando e tirandomi un pugno sul braccio.
- Ti spiace se non ti accompagno a casa? Devo uscire con John. - mi chiese poi.
- Tranquilla. - risposi sorridendo e mascherando in tal modo i nuovi sensi di colpa, di tutt'altro genere rispetto ai precedenti, che mi erano venuti. - So come arrivare a casa: non mi perderò! -
Ci alzammo, pagammo il conto e uscimmo dal caffè.
- Chiamami, 'sta sera! - mi gridò Cynthia appena prima che entrambe girassimo agli angoli opposti della strada.
La mia testa era nuovamente in subbuglio: il pomeriggio passato con la mia amica, invece che tranquillizzarmi, mi aveva riempito di nuovi dubbi.
Cyn aveva detto che tutti pensavano che a me piacesse Stu e questo significava che anche John lo credeva, senza contare che di sicuro Stuart aveva parlato con lui riguardo ai propri sentimenti.
E allora perché John mi aveva detto quelle cose? Se davvero Stu era il suo migliore amico, non avrebbe fare un passo indietro e "lasciarmi" a lui?
Il mio cervello si rifiutò di prendere seriamente in considerazione l'eventualità che Lennon  potesse pensare che fossi una facile, e che dopo esserci stata con Stu, sarebbe toccato a lui; sebbene cercassi di convincermi da sola del contrario, era quello il timore più grande che avessi.
Grazie al Cielo, il tragitto verso casa fu (o mi sembrò) molto più corto del solito e non ebbi il tempo di fare altre assurde congetture; appena fui entrata tra le accoglienti mura domestiche tirai un sospiro di sollievo: finché fossi stata lì dentro, non mi sarebbe capitato nient'altro.
Nemmeno le feste che Frency mi fece riuscirono a scuotermi dall'umore meditabondo e, diciamo le cose come stanno, fondamentalmente depresso nel quale sprofondai quella sera; a Elisabeth, già attenta di suo, non occorse molto tempo per capire che la causa di quello stato d'animo era un ragazzo e non mi fece domande, ma non mancò di esprimermi il suo appoggio morale con alcune occhiate lanciatemi durante la cena, dopo la quale misi su un disco di Chuck Berry e mi lanciai, stravolta, sul divano. Frency si avvicinò e appoggiò la testa sul divano: finalmente aveva capito che era troppo grande ormai per salirmi sulle ginocchia o perché lo prendessi in braccio, ma ciò non faceva altro che aumentare la sua voglia di essere coccolato.
Gli grattai la testa, mentre mi arrivavano le voci dei miei genitori adottivi, nonostante Chuck Berry stesse cantando a squarcia gola nel mio salotto.
- Ma è successo qualcosa che mi sono perso? - chiese James preoccupato.
- No, mio caro, - rispose Elisabeth per rassicurarlo - ma tua figlia sta combattendo contro l'adolescenza.
Gran bell'affare, l'adolescenza! Non vedevo l'ora di uscirne e di riprendermi il mio equilibrio ormonale ed emotivo, sempre che l'avessi mai avuto.
Canticchiai sotto voce una canzone o due, sino a che fui raggiunta da Elisabeth e James; tolsi il disco, per fare in modo che si avesse l'opportunità per parlare un po'; noi tre chiacchierammo per lungo tempo, e scherzammo come non facevamo da prima che finissi all'ospedale.
Ma, a quanto pareva, il Fato aveva altri progetti per me, ben diversi dalla tranquillità che tanto agognavo.
Qualcuno bussò furiosamente.
Io, Elisabeth e James ci guardammo, sorpresi sia dall'ora sia dall'insistenza con cui quel qualcuno continuava a colpire la porta. Mio padre si alzò dalla sua poltrona e andò ad aprire. Rimase nell'ingresso per qualche minuto, quindi tornò in salotto e mi rivolse uno sguardo a metà tra l'accigliato e il preoccupato.
- C'è un ragazzo alla porta che dice di essere tuo amico, ma sembra piuttosto arrabbiato. - mi informò - Devo mandarlo via? -
Non faticai a immaginare di chi stesse parlando.
Possibile che non potessi avere un attimo di tregua?!
- No, vado a parlargli. - risposi alzandomi controvoglia dal divano.
- Non stare fuori troppo. - si raccomandò Elisabeth; feci un gesto di assenso poco convinto con la testa, poi mi affacciai alla porta.
Come avevo previsto, c'era Lennon in mezzo al vialetto. Come mi vide, il ragazzo mi rivolse uno sguardo furente.
- Ti sembra appropriato piombare a quest'ora in casa mia?!- lo rimproverai, ma lui non cambiò atteggiamento.
Chiusi la porta alle mie spalle e quando vidi che John non accennava a dire niente mi allontanai dalla casa, uscendo in strada, e invitai Lennon a seguirmi, poiché sapevo che Elisabeth avrebbe seguito la scena dalla finestra del soggiorno.
Per fortuna, l'oscurità della sera ci permise di sparire alla sua vista con pochi passi.
- Mi spieghi che ti prende?- chiesi a Lennon.
Lui strinse gli occhi, che si ridussero a due fessure.
- Che cos'è successo oggi con Stu?- sibilò ignorando la mia domanda.
Alzai un sopracciglio; se lui si impuntava in quell'atteggiamento l'avrei fatto anche io.
- Niente che ti riguardi. -
- Puttanate. - replicò con durezza. - Cyn mi ha detto che lui ti ha confessato i suoi sentimenti, ma non ha fatto commenti riguardo a quello che hai fatto tu. -
- Bel modo che hai di chiederlo. - commentai. - E comunque, non sono affari tuoi. -
- Dimmelo, Anna!- esclamò Lennon perdendo la pazienza.
- Gli ho detto la verità: cioè che gli voglio bene come se fosse un fratello! - gli gridai di rimando.
Dopo quella risposta, John sembrò calmarsi un poco e così feci pure io, respirando a fondo per reprimere l'irritazione, ma poi il ragazzo tornò all'attacco.
- Hai deciso, allora?- chiese.
- Che cosa? -
Cominciava a farmi male la testa, a causa di tutte le emozioni di quella giornata e avrei voluto essere lasciata un po' in pace.
- Riguardo a quello che ti ho detto. - disse.
Nonostante la sua criptica frase, intesi all'istante a cosa si stesse riferendo.
- Non ancora. - risposi portandomi una mano alle tempie.
- Avresti dovuto farlo. - ringhiò Lennon.
Me ne uscii con un sogghigno tra il sarcastico e l'incredulo:- Ma non mi avevi detto che mi avresti aspettata? -
John si avvicinò di un passo e mi guardò negli occhi.
- La mia pazienza ha un limite. -
- Oh, me ne sono accorta, e anche piuttosto breve, direi! - esclamai. - O forse hai paura che io mi guardi attorno e mi accorga che a questo mondo ci sono tanti ragazzi migliori di te, Stuart per primo?! -
Per un momento parve che la rabbia abbandonasse lo sguardo di John e si trasformasse in un'espressione che non gli avevo mai visto prima di allora.
- Sì. - rispose a bassa voce, come se il solo ammettere che potesse esistere quell'eventualità gli provocasse un dolore fisico.
Quel fugace attimo bastò per sciogliere la tensione che si era creata tra di noi.
- John, tu sei il ragazzo della mia migliore amica, la decisione che debbo prendere è una sola. - mormorai lentamente. Era più difficile del previsto.
- Non è una questione su quello che devi o non devi fare, ma su quello che tutti e due vogliamo. - rispose John, mentre il tono della sua voce si faceva via via sempre più suadente. - Lasciati andare, per una volta. So che provi qualcosa per me; non puoi nascondermelo. -
Mi prese le mani, ma mi scostai e gli diedi le spalle. Stavo lottando contro me stessa per mantenere il controllo sui miei sentimenti.
- Non posso farlo, John...- mormorai - non è giusto nei confronti di Cyn. -
- Non ti ho mica chiesto di venire a letto con me, cazzo!- sbottò il ragazzo.
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo.
John si addolcì di nuovo. Mi sfiorò il palmo della mano sinistra con la punta delle dita, poi la accostò alle proprie labbra, baciandola delicatamente.
La sua bocca scivolò sul polso e andò a posarsi sulla cicatrice rosea con i segni dei punti di sutura. Una scarica elettrica attraversò il mio corpo mentre le sue labbra indugiavano sui segni della mia follia. Era una delle sensazioni più intense che avessi mai provato.
Cominciò a darmi dei piccolo baci, risalendo piano piano lungo il braccio.
- Se vuoi che smetta, basta che me lo chiedi.- sussurrò fra un bacio e l'altro.
Sentire il suo respiro sulla pelle del braccio mi fece venire dei piccolo brividi allo stomaco.
Non sentivo altro che il battito del mio cuore.
Non aveva senso, era sbagliato, completamente sbagliato!
- Dimmi che vuoi che io smetta e ti obbedirò. - ripeté baciandomi la spalla.
Il mio cuore stava impazzendo.
-Smettila, John - mormorai. Dove diavolo era finita la mia capacità di parlare?!
John staccò le labbra dal mio braccio e mi guardò negli occhi.
- Lo vuoi davvero?- chiese sottovoce.
Ero intrappolata dal suo sguardo e sentii le mie guancie arrossire violentemente.
Dovevo continuare a pensare che lui era il ragazzo di Cyn, dovevo visualizzare l'immagine di loro due mano nella mano e non levarmela più dalla testa.
-Sì...- risposi, ma quella piccola parola, all'apparenza così semplice da pronunciare, risultò poco convincente perfino alle mie orecchie.
John sorrise appena, poi, senza staccare lo sguardo dal mio, posò una mano sul mio cuore.
Cristo santo, così non era leale!
- Il tuo cuore dice il contrario.-
Mi morsi un labbro e cercai in tutti i modi di abbassare gli occhi, ma senza molto successo.
Mi resi conto che non sarei mai riuscita a resistere ancora a quello sguardo. Anche John se ne accorse e sorrise di nuovo.
Mi accarezzò la guancia con il dorso della mano, poi mi strinse il delicatamente il mento, alzandomi leggermente il volto.
Si chinò lentamente su di me, senza staccare i suoi occhi dai miei.
Alla fine chiusi gli occhi e mi protesi verso di lui quel poco che bastava per annullare la piccola distanza che mi divideva da John.
Le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie.
Le mani di John scivolarono lungo la mia schiena e si posarono sui miei fianchi, per stringermi al suo corpo.
Il bacio si fece via via sempre più pieno di desiderio: perso ogni controllo, il mio corpo faceva quello che l'istinto gli diceva di fare, come se avvinghiarmi a lui fosse un bisogno primario.
E non era del tutto scontato che non lo fosse.
Affondai le mani nei suoi capelli e gli accarezzai la nuca.
Riacquistai quel briciolo di lucidità che mi permise di riprendere il controllo.
- No, John!- esclamai allontanandomi da lui.
Gli diedi di nuovo le spalle per paura che se l'avessi negli occhi sarei di nuovo crollata. Mi portai una mano alla bocca, sfiorando le labbra che John Lennon aveva appena baciate.
- Non è giusto...- continuai - Cyn è la mia migliore amica.-
Sentii il ragazzo avvicinarsi.
- Non pensare a lei - sussurrò al mio orecchio - ora ci siamo solo io e te. -
Prima che potessi replicare, mi scostò i capelli, così da potermi baciare il collo e la nuca.
 Non sarei riuscita a oppormi di nuovo, nemmeno appellandomi alla mia forza di volontà: essa era svanita, il mio cervello si era liquefatto ed io ero completamente impazzita.
Ma non mi ero mai sentita in quel modo in tutta la mia vita. Forse ero davvero una stronza egoista: pur sapendo che era sbagliato, io ero completamente appagata, felice, e non potevo più fingere e impormi di non esserlo.
Sorrisi e scossi la testa, poi mi voltai e guardai John.
- Tu devi solo ringraziare il fatto che il mio autocontrollo sia in ferie.-
-Per quanto mi riguarda, può pure andare in pensione anticipata.- replicò.
Io ridacchiai, ma lui mi tappò la bocca con un bacio.
Mi baciò a lungo, poi cominciò a mordicchiarmi il labbro inferiore.
Sapevo che se avesse continuato in quel modo mi avrebbe completamente fatta impazzire, così mi staccai. Nascosi il volto nell'incavo del suo collo e appoggiai le mani sul suo petto. Respirai il suo profumo inebriante.
John mi cinse delicatamente i fianchi, facendomi avvicinare ancora di più a lui, poi appoggiò la fronte sulla mia testa, baciandomi piano i capelli.
- Cosa succederà ora?- chiesi. John sciolse l'abbraccio, così da potermi guardare negli occhi
- Non lo so- rispose - So semplicemente che mi piaci molto e che, a meno che tu non lo voglia, non ti lascerò più andare via.-
Mi baciò di nuovo.
- Devo rientrare. - dissi quando mi lasciò per permettermi di respirare - E' da tanto che siamo qui fuori ed Elisabeth ci starà sicuramente guardando dalla finestra. -
- E se io non ti dessi il permesso e ti portassi via con me?- replicò John facendo scorrere le labbra sul mio collo.
- Ti potrei denunciare per sequestro di persona.- risposi con sarcasmo staccandomi da lui.
Feci per aprire il cancello,ma John mi fermò prendendomi la mano.
- Devo andare. - sussurrai, pur avendo il segreto desiderio che quella sera durasse in eterno.
John mi tirò gentilmente verso di sé, cingendomi nel suo abbraccio.
- Non crederai che io ti lasci andare senza che tu mi abbia ringraziato!- disse al mio orecchio.
Scossi la testa e alzai gli occhi al cielo.
- Ringraziato per cosa?! - esclamai ridendo.
- Per averti permesso di dormire a casa mia, o per averti salvato la vita; usa quello che preferisci, per me è uguale. -
Sebbene non credessi che fosse possibile, riuscì a trovare un modo per far aderire ancora di più il suo corpo al mio.
- Ma è stato un sacco di tempo fa!- replicai - E comunque ti ho già ringraziato.-
-Avanti, sono sicuro che non pensi davvero che ciò possa bastarmi...- mormorò con un tono provocante e mi diede un piccolo bacio sul collo, sufficiente per farmi uscire di testa.
- Che bastardo.- dissi sottovoce.
John staccò le labbra dal mio collo e mi guardò negli occhi.
Quella volta, però, fui più veloce di lui.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, mi protesi verso di lui e gli stampai sulle labbra un bacio minuscolo, talmente rapido che John non fece in tempo ad accorgersi che gliel'avevo dato e a ricambiare che già mi ero allontanata da lui.
- Contento?- chiesi, anche se sapevo già la risposta.
Sorridendo, John scosse la testa. Mi scostò una ciocca di capelli dal viso e mi accarezzò la guancia. Mi baciò lentamente, ma non ci volle molto perché perdessi il controllo sulle mie emozioni.
Posai le mani sul collo di John e lo strinsi a me, mentre il bacio si faceva sempre più appassionato.
Sentii la lingua di John sfiorarmi i denti. Inebriata da quel bacio e dal profumo del ragazzo, schiusi le labbra e lasciai che le nostre lingue si toccassero.
Mi parve che quel bacio durasse ore e quando le labbra di John si allontanarono dalle mie ero senza fiato.
- Perché domani non vieni a vedere le prove? Siamo da Paul. - chiese John sottovoce.
Io annuii, ma poi abbassai lo sguardo:- C'è anche Cyn?-
John sorrise dolcemente:- No, ha un impegno.-
Mi strinse il mento e mi fece alzare il volto mi diede un altro piccolo bacio, poi mi lasciò andare.
- Ci vediamo domani.-
-Ciao, Johnny. -
Percorsi velocemente il vialetto che attraversava il piccolo giardino davanti alla casa, ma prima di chiudere la porta alle mie spalle rivolsi un ultimo sguardo al ragazzo, ancora in piedi vicino al cancello.Piegò leggermente il capo e mi fece l'occhiolino. Gli sorrisi, poi chiusi la porta, appoggiando la testa contro il legno massiccio.
Non riuscivo a riprendere il controllo sui miei sentimenti: ero troppo esaltata per riuscire a calmarmi, anche se la mia felicità era velata da un pensiero che non riuscivo a togliermi dalla testa: come avrei fatto a guardare di nuovo Cyn in faccia e fingere che il suo ragazzo non la stesse tradendo con me?


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Buona sera, gente!

So che sembra difficile crederlo, ma questo capitolo è stato scritto in due giorni, completamente di getto, sulla scia di molte emozioni che sono nate nell'ultimo periodo, ma non sono riuscita a pubblicarlo prima perché quel gentilissimo creaturo che è il mio computer ha deciso che il suo orientamento politico è l'anarchia, perciò fa quello che vuole.
In ogni caso, gli sono grata per avermi concesso questi tre giorni per fare il mio lavoro! (Scusate se non mi dilungo, ma sono di corsa: mia mamma mi sta urlando dietro perché domani mi tocca l'entusiasmante interrogazione di greco!!)


AlexaZoso_Lennon: Be', non sarò certo io a dirti di non farlo! Anch'io mi sono esaltata come una scema quando sono arrivata alla decisione finale, dopo qualche notte e qualche ora di contemplazione passata a cercare di capire che cosa volessi da questa storia. Grazie mille per la recensione!

weasleywalrus93: oh, sì, ti prego!!!!! Mi stai rendendo felice!!!  Eh sì, anche io, in fondo in fondo, ho sempre saputo che Anna e John erano destinati a piacersi a vicenda (anche se ho dovuto fare un lungo e contorto percorso per arrivarci), ma ora devo prendere la ancora più difficile decisione su che cosa accadrà tra loro due in futuro, perché sono fondamentalmente troppo sadica per far finire tutto così!!! * risata diabolica.


Peace n Love.

  
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