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Autore: LadyMaria    21/11/2012    1 recensioni
Mary è stata nuovamente accolta, finalmente in maniera definitiva, alla corte del padre.
Seppur nella sua attuale "felicità" non può certo fare a meno di esser riconoscente a quell'uomo che le è rimasto accanto per tutti quegli anni di sofferenza: l'ambasciatore Eustace Chapuys.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Recarsi nell’alloggio dell’ambasciatore per accertarsi del suo stato di salute era diventata una piacevole abitudine per Mary. Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò ad aspettare quei momenti liberi dallo sfarzo di corte per poter dirigersi da lui il più in fretta possibile.
Come i giorni da poco trascorsi Mary si ritrovò a camminare nell’ampio corridoio. Era agitata, non riusciva a star ferma, non vi era riuscita per tutto l'arco della mattina. Avvertiva l'impellente bisogno di vedere l'ambasciatore. Si avvicinò quasi in punta di piedi, si soffermò davanti alla porta e prese a bussare con l'ausilio delle nocche della mano destra.
Non ricevendo alcuna risposta rimase per qualche istante immobile di fronte alla porta chiusa ammirando le venature del legno per poi inclinare appena il volto e sbattere le ciglia più volte.
Forse Eustace stava ancora riposando e quindi dormendo, per tal motivo non le aveva risposto.
Stava per indietreggiare quando la voce di uno dei domestici al servizio dell’ambasciatore la costrinse a fermarsi all’istante.
- Principessa… - mormorò l’uomo inchinandosi di fronte a lei, mentre Mary sollevava lentamente la mano per fargli intendere che non c’era bisogno di tanto formalismo.
-Potete riferire all’ambasciatore che verrò a fargli visita più tardi?- gli chiese con un tono di voce pacato e con un largo sorriso stampato sul volto fin quando…
-Ma l’ambasciatore è partito, Lady Mary.-
Le spalle della ragazza subirono un lungo fremito mentre la schiena si drizzava appena.
-Cosa?- chiese fissando il povero domestico con uno sguardo stupito costellato dalle iridi chiare tremanti.
-L’Ambasciatore Chapuys ha fatto ritorno in patria proprio questa mattina.- ripeté allora l’anziano scrutando ogni piccolo, impercettibile, mutamento d’espressione della giovane.
Le labbra di Mary si aprirono leggermente e, mentre il labbro superiore tremò appena, cercò di mostrarsi “indifferente” di fronte a quella notizia.
Era più scossa del necessario, più turbata di quello che pensasse, più afflitta di quel che avrebbe mai dovuto mostrare in pubblico, figurarsi ad un uomo di servizio come colui che aveva di fronte!.
Prese un profondo respiro, annuì col capo e, abbozzando un sorrisetto di circostanza, rispose:
-Capisco. Non vi importunerò oltre- e afferrando il lembo più lungo del vestito lo sollevò a mezz’aria e riprese a camminare nella stessa direzione dalla quale era arrivata.
Quando il corridoio si fece sempre più stretto, e il domestico sempre più lontano, ecco che Mary affrettò il passo.
Mille domande la tormentavano, e a nessuna di esse riusciva a trovar risposta.
Un nodo di saliva le si formò all’altezza della gola e, per diversi istanti, non riuscì a mandarlo giù. Fu costretta a sollevare la mano sinistra e adagiarla sul collo. Premendovi appena le dita riuscì a mandar giù il “groppo” che s’era formato mentre alcune lacrime scesero a rigarle le guance.
Perché era partito se il dottore gli aveva raccomandato di non farlo? Perché non l’aveva mandata a chiamare? Perché non aveva voluto vederla?  Aveva forse detto o fatto qualcosa che l’aveva infastidito durante quei giorni, anzi quelle poche ore, trascorse in compagnia l’uno dell’altra?
Certo Eustace era sempre costretto a rimanere sdraiato, ma Mary cercava di riferirgli ogni minimo particolare e avvenimento che capitava a corte. Sperava in tal modo di poterlo distrarre dalla monotonia alla quale era costretto a vivere, e per questo cercava sempre un argomento diverso per ogni ora che passavano insieme.
E le sembrava che anche lui gradisse chiacchierare con lei in modo tanto amabile.
La porta della propria stanza, grazie al cielo, si fece sempre più vicina.
Adagiò la mano sul pomello e lo girò per entrare all’interno della camera e richiudere la porta dietro di sé.
Lasciando adagiate le mani sul legno duro dell’imposta e fissando il pavimento Mary cominciò ad accasciarsi. La testa veniva appena scossa, di tanto in tanto, a causa di qualche lieve singhiozzo. Le tempie, a causa del pianto incessante, pulsavano tremendamente mentre le lacrime, ormai, raggiungevano anche i lati delle proprie labbra.
La disperazione più devastante nasceva dal fatto che Mary si domandava se:
-Lo rivedrò mai più? Mi ha lasciato per sempre?-
 
 
L’ambasciatore viaggiava all’interno di una carrozza. L’unica direzione possibile era: il porto.
La propria nave sarebbe salpata di lì a breve, quella volta non poteva proprio perderla.
Doveva far ritorno in Spagna. Sua sorella gli aveva nuovamente scritto. Era gravemente malata e chiedeva all’adorato fratello di raggiungerla per “un ultimo saluto”, così gli aveva scritto nella corrispondenza.
E forse questo viaggio improvviso era stato un segno che Dio aveva voluto inviargli.
Era ormai chiaro, perfino per Chapuys, che ciò che provava per Lady Mary non lo rendeva più lucido e razionale come un tempo. Prima riusciva a mostrarsi indifferente, ma adesso..gli sembrava di tradirsi anche con un semplice sguardo o una parola pronunciata con un mezzo tono più dolce del dovuto.
Non poteva più rischiare tanto.
Lady Mary gli aveva fatto visita tutti i giorni dal giorno della propria indisposizione, ma solo perché (almeno così pensava Eustace) era una persona troppo buona per lasciare il prossimo in difficoltà.
In questo assomigliava tantissimo a sua madre, alla cara Caterina D’Aragona.
Uno scossone più prolungato gli fece capire di essere arrivato. Si fece aiutare a discendere dalla carrozza e respirò a pieni polmoni l’aria salmastra che lo circondava mentre, adagiando la  punta del bastone a terra, tentava di camminare in direzione della nave ormai prossima alla partenza.
Era faticoso perfino fare un singolo passo, ma sua sorella aveva bisogno di lui. Con tale pensiero impresso nella mente ecco che i piedi cominciarono ad avanzare più velocemente di prima.
Non sapeva per quanto tempo sarebbe stato lontano da Londra, non aveva idea di quanto avrebbe resistito, ma il segnale inviatogli da Dio era chiaro: doveva allontanarsi, dimenticarsi della Principessa e seppellire i propri sentimenti. Peccato che Dio gli avesse inviato questo messaggio tramite la malattia della sorella. Eustace era molto legato a lei, lo era sempre stato fin da quando era un bambinetto.
Prima di salire sul pontile afferrò il rosario e cominciò a pregare sottovoce mentre la punta delle dita scorreva sul piccolo monile di culto.
Un lieve venticello si levò dalle onde del mare e cominciò soffiare sul porto.
Si udì la voce del Capitano gridare qualche insulto ai marinai mentre questi levavano l’ancora.
La partenza era vicina e il cuore di Eustace così lontano. Per un attimo il viso di Mary gli comparve nitidamente davanti agli occhi. Si alzò di scatto, sollevò gli occhi in direzione del cielo terso e, baciando il rosario, sussurrò:
-Dio perdonami…-
Con tutta fretta fece cenno agli addetti di non far partire la nave.
Doveva scendere, doveva rivederla.
Anche un’ultima volta soltanto: per dirle addio.
Non si sarebbe mai perdonato una simile mancanza proprio con la persona che più di tutte le altre gli aveva sempre mostrato profondo rispetto e infinita comprensione.
 
  
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