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Autore: LadyMaria    23/10/2012    1 recensioni
Mary è stata nuovamente accolta, finalmente in maniera definitiva, alla corte del padre.
Seppur nella sua attuale "felicità" non può certo fare a meno di esser riconoscente a quell'uomo che le è rimasto accanto per tutti quegli anni di sofferenza: l'ambasciatore Eustace Chapuys.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eustace doveva partire il mattino successivo alla volta della Spagna. Era già stato concordato tutto, ma il caso volle che l’ambasciatore si fosse sentito male durante la nottata. Era stato chiamato il medico di corte il quale lo aveva visitato a lungo prima di rivelargli la "sentenza" definitiva.
 
-Temo che sarete costretto a rimanere a letto- 
 
 
disse il medico mentre rivestiva il povero ambasciatore, dato che non riusciva nemmeno a muoversi.
 
-Questo non è possibile, dottore…- esclamò Eustace quasi balbettando 
 
 
 
–Devo salpare domani mattina!- gli occhi cominciarono a contrarsi a causa del nervosismo e dell'agitazione. Doveva far ritorno in Spagna, il proprio re lo aspettava! Non poteva ammalarsi!
 
-Non salperete.-
 rispose il medico in modo, decisamente, irritato.
 
 
 –Voglio che sia chiaro….- 
si sedette di nuovo sul bordo del letto mentre richiudeva la valigia contenente gli strumenti del proprio lavoro per poi proseguire il discorso
 
 
 –se non farete ciò che vi dico io ci saranno ben poche possibilità che vi rimettiate e potreste morire. Se volete questo…- 
sospirò profondamente, si alzò e afferrò la valigia marrone 
 
 
–fate pure.- 
 
Non lo degnò più né di una parola né di uno sguardo e si fece scortare da uno dei domestici in direzione dell’uscita.
Morire? Come era possibile?- pensò Eustace sollevando una mano per adagiarla sulla fronte. Le dita andarono a smuovere i piccoli riccioletti brizzolati che gli ricadevano sulla fronte. 
Tornò ad adagiare la schiena contro il cuscino, si fece il segno della croce e racchiuse le mani davanti a sé per pregare sommessamente:
 
 
-Madre de Dìos…..-
 
Mary sedeva nel proprio alloggio insieme alle dame di compagnia. Il re e la consorte erano impegnati nel ricevere alcuni nobili stranieri e lei, non essendo stata chiamata a partecipare all’evento, era rimasta silenziosa a leggere un libro nel proprio appartamentino mentre le domestiche parlottavano tra loro.
Nonostante bisbigliassero riuscì comunque a capire, in parte, quel che stavano dicendo. Parlavano di… tese meglio l’orecchio fingendo di interessarsi alla pagina del romanzo che stava, svogliatamente, sfogliando.
 
 
-Come non lo sapete?- 
esclamò a bassa voce una di loro
 
 
 
 –L’ambasciatore spagnolo è stato costretto a rimanere in Inghilterra. Sembra che abbia contratto una gravissima malattia…-
 
 
 
Quello che riuscì a capire fu abbastanza sufficiente da far sbiancare il volto della ragazza. Deglutì lentamente e, richiuso il libro, si allontanò in fretta. 
Le proprie dame erano così impegnate a spettegolare che non si accorsero della sua repentina scomparsa e lei si ritrovò prima a camminare e, poi, a correre nei corridoi del palazzo.
Chapuys stava male, era malato e lei non lo sapeva! Se vi fosse stato qualche passante sicuramente, a causa dell’ansia e della preoccupazione sempre più crescenti, lo avrebbe travolto senza tante cerimonie. In quel momento l’unico obiettivo era vedere l’ambasciatore, sperando che non fosse troppo tardi.
 
 
 
-No, grazie…- 
tuonò la voce di Eustace in direzione del domestico. Non aveva mai rivolto una mala parola a nessuno prima di allora, ma lo stavano, tutti, decisamente irritando. Volevano costringerlo a mangiare quando lui di fame non ne aveva proprio.
All’ennesima supplica li congedò in malo modo e, una volta rimasto solo, si sdraiò con molta fatica e cominciò a fissare con fare annoiato il soffitto.
C’era talmente tanto di quel silenzio che Eustace riusciva a percepire il minimo suono e il più impercettibile dei rumori.
Quando gli sembrò di  sentire, in lontananza, il rumore di … tacchetti? Probabilmente erano scarpe da donna a provocare tutto quel trambusto, perché nessuna scarpa maschile avrebbe mai prodotto quel suono.
Comunque sia quando cominciò a percepire quel rumore farsi sempre più vicino e intravide la figura di Lady Mary, tutta scompigliata ed evidentemente affannata da una recente corsa, sulla soglia della propria stanza non poté fare a meno di sbattere lentamente le palpebre.
 
 
-Lady Mary? Cosa state facendo?-
 chiese cercando di mettersi seduto con scarso risultato.
 
 
 
-Ambasciatore- 
esclamò portandosi una mano sul petto mentre avanzava verso di lui 
 
 
–Ho saputo…-
 lo fissò per un breve istante negli occhi e si rese conto di quanto fossero meno brillanti rispetto alla sera precedente 
 
 
-che siete malato.-
 
Lei si era recata a fargli visita perché qualcuno le aveva riferito della propria, momentanea, malattia? Per quel motivo il volto della giovane sembrava tanto stravolto? Possibile che fosse..:preoccupata per lui?
 
 
 
-Lady Mary non dovete preoccuparvi. Qualche giorno di riposo 
e passerà tutto- 
 
 
 
mormorò lui mentre si massaggiava la schiena con il palmo della mano sinistra. Chi cercava di convincere? Lei? O se stesso? Sarebbe mai veramente guarito? 
La ragazza lo fissò con uno sguardo quasi compassionevole. Aveva da poco parlato con uno dei domestici dell’ambasciatore e le era stato detto che se lui non si fosse sforzato di mangiare probabilmente non avrebbe mai più ripreso le forze e non avrebbe superato l’indisposizione.
Con una tranquillità, che in quel momento non le apparteneva, si mise seduta di fronte al suo capezzale e spostò lo sguardo in direzione del comodino. Un piatto pieno di brodo vi giaceva ancora intatto.
 
-Non state mangiando….- 
non era una domanda, ma una constatazione.
 
 
 
 –Non va bene…-aggiunse sporgendosi un poco in avanti per afferrare il piatto e il cucchiaio e portarli entrambi sul grembo.
Eustace osservò ogni suo movimento incuriosito e quando la vide afferrare il piatto corrugò così tanto la fronte che una profonda ruga si formò vicino alle sopracciglia.
 
-Cosa state facendo?-domandò basito mentre lei, ormai, aveva già intinto il cucchiaio nel brodo leggermente tiepido per avvicinarlo alle labbra dell’ambasciatore.
 
 
-Vi aiuto a rimettervi.- rispose senza scomporsi 
 
 
 
–Mi avete aiutata così tante volte, adesso permettetemi di ricambiare la bontà che mi avete sempre dimostrato.-
 
 
 
-Non ho bisogno di compassione, Lady Mary. Non dovreste nemmeno esser qui- 
la malattia lo aveva reso estremamente burbero ed perfino leggermente acido.
Mary drizzò appena la schiena e fece per indietreggiare col busto per poi mormorare
 
 
 
- Non è compassione, Eustace.-
 tornò ad avvicinargli il cucchiaio
 
 
 –Mangiate. Parleremo a mente lucida più tardi.-
 
 
 
L’uomo, seppur contrario alle insistenze che gli venivano mostrate, aprì la bocca e aspettò che la principessa si avvicinasse ancora un po’.
Mando giù il brodo quasi controvoglia e quando avvertì una piacevole sensazione di caldo all’altezza dello stomaco non poté fare a meno di socchiudere gli occhi e tornare ad appoggiare la schiena contro il morbido cuscino.
 
 
 
-Ho tutto il tempo del mondo, ambasciatore. Potete anche bere un cucchiaio di brodo ogni ora, ma finché non sarà finito non lascerò questa stanza.- 
disse Mary con un tono di voce estremamente convinto.
Di fronte al suo temperamento e alle sue parole Eustace riaprì debolmente gli occhi e accennò ad un sorriso.
 
 
 
 
-Mi ricordate molto vostra madre…-
 fu tutto quello che riuscì a dire. Caterina era stata una donna estremamente combattiva, ma dolce. Aveva sempre pensato al bene del prossimo invece che al proprio e Mary le assomigliava molto in tutto ciò che faceva. Si ricordava persino che alcuni movimenti e gesti particolari che spesso usava Mary li aveva visti molti anni fa nella Regina. Le avversità avevano separato madre e figlia, ma evidentemente le loro anime erano sempre connesse in un modo molto più profondo della semplice corporeità. 
Chapuys tornò a sollevarsi per proprio conto e, senza che Mary gli dicesse niente, aprì la bocca e rimase ad aspettare che lei lo imboccasse. Si sentiva uno sciocco, ma non poteva fare a meno di pensare che era molto felice di averla lì davanti.
Mano a mano che il tempo passava il brodo diminuiva ed Eustace era tornato ad essere lo stesso di sempre.
Incredibile il miracolo che poteva operare su di lui Lady Mary.
Nessuno era riuscito a farlo mangiare, seppur fosse stato minacciato di future ed atroci disgrazie se non lo avesse fatto, e invece lei in meno di due ore e mezzo lo aveva imboccato amorevolmente, aveva parlato con lui e scherzato amabilmente. 
 
 
 
-Avete mangiato tutto…- 
declamò lei assai fieramente mentre adagiava il piatto vuoto sul comodino. Si alzò e gli sorrise per l’ennesima volta mormorando un sommesso
 
 
 
 –Vi lascio riposare.- 
 
Eustace chinò, o almeno ci provò, rispettosamente il capo e cercò di sdraiarsi anche se una fitta all’altezza della schiena lo fece sussultare.
Mary si avvicinò e, adagiando una mano dietro la schiena di lui e l’altra sul petto, lo fece distendere con movimenti lenti e delicati.
 
-Ecco…-
 
 
mormorò con un largo sorriso mentre la mano di Eustace s’era leggermente sollevata in direzione del petto per incontrare quella di lui.
 
 
-Grazie….-
 
 le disse fissandola negli occhi con uno sguardo assai riconoscente.
Dal canto suo la ragazza provò un lieve, e piacevole, brivido quando le sue dita si intrecciarono con quelle di lui. Rimase a fissarlo per qualche secondo, non sapeva bene cosa dire o cosa fare perché quello sguardo la stava totalmente spiazzando.
Il cuore cominciò a battere più ritmicamente, al punto che  temeva che sarebbe schizzato fuori da un momento all’altro. Per questo allontanò la mano da quella dell’ambasciatore e fece un passo indietro.
 
 
-Buon riposo, Eustace.-
 
 
un altro respiro profondo e poi gli diede le spalle e si avviò in direzione della porta. 
Lui, rimasto immobile avvertendo un misto di emozioni ancora non ben definibili, la fissò scomparire oltre la soglia della stanza e si perse a fissare il soffitto.
L’espressione di Lady Mary era cambiata nell’esatto momento in cui lui le aveva afferrato, per pura riconoscenza, la mano o si era immaginato tutto?
In fondo come poteva vederlo se non come un vecchio malato costretto a rimanere a letto? La sua era stata pura carità cristiana, sicuramente.
Si tormentava da solo per tutte quelle fragili illusioni, ogni volta crollavano come un castello fatto di carta e lui, stavolta, non era più sicuro di riuscire a mettere insieme i pezzi del proprio castello.
  
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