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Autore: WriteYourSelf_    21/11/2012    8 recensioni
Prese in mano la fotografia, stando attenta a non stropicciarla. Era buffa, proprio come i ragazzi. E dopo aver visto un video musicale del loro gruppo -Live while we're young, se non ricordava male-, con il permesso di accedere al computer di Louis, si autoconvinse della loro pazzia. Rovistando in quella stanza trovò una matita e girando la foto scrisse la data in cui era stata scattata.
Martedì, 29 luglio 2012. L'inizio che viene dopo la fine.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 15
She doesn't want to sleep alone

Con una mano si aiutò ad alzarsi dal terreno dato il mal di testa. Riusciva solamente a identificare il suono di una chitarra nelle vicinanze. Aprì gli occhi contemplando una distesa di prato verde immensa, tendente al giallognolo di un campo di grano: una peonia bianca le arrivava all'altezza del ginocchio, mentre un tulipano color ocra le superava il gomito. Scavalcò curiosa salici e arbusti, seguendo gli accordi dello strumento. Era una melodia bellissima.
Un'ansia improvvisa l'assalì. Correva a perdifiato, pensando di arrivare troppo tardi. Sapeva che una volta che quella chitarra avesse smesso di suonare sarebbe tutto finito. Con le braccia poco forzute si fece spazio in quel campo coltivato da lunghi filamenti di mais; calpestò patate, fagioli, piselli e un alberello di pere, poco le importava. Si stava avvicinando sempre di più, quando un forte vento le scompigliò i capelli facendole volare il cerchietto che nemmeno lei sapeva di possedere. E come gli alberi spogli, la raffica d'aria che la investì le stava togliendo ogni capo di indumento iniziando dal cappotto. Il cuore accelerava i battiti, e la voce che sentì cantare subito dopo accelerò il suo passo. Si accorse di essere in canottiera bianca e culotte, ma niente poteva fermarla. Si ritrovò ansimante per una distesa di erba, questa volta più bassa. Sorrise. Lui era lì, sotto l'unico albero rigoglioso a suonare la sua chitarra. Si avvicinò. Il temporale che si era creato pochi minuti prima si affievolì a mano mano che la loro distanza diminuiva. Si accomodò al suo fianco sul prato fresco, osservandolo timida.

"You'll never love yourself half as much as I love you".
Lo guardava con occhi che brillavano dall'emozione. Lui era ancora lì. E cantava. Sembrava una scena a rallentatore, tanto che Niall non si accorse della figura che gli giaceva affianco.
Le nuvole oscuravano quel poco sole che era rimasto.
"Maybe you'll love yourself like I, love you". Lo ascoltò sognante. La sua voce rimbombava alta in quel piccolo rifugio campagnolo.
Un fulmine, seguito da un altro, si piombò tra i due, bruciando i filetti d'erba e aprendo una voragine che li separò. Sara gridò il suo nome ma sembrò non sentirla. No, pensò lei. Non di nuovo.
L'oscurità si mischiò con il sapore amaro della consapevolezza. Cantò a voce bassa la canzone di prima, anche se come tentativo per scacciare l'ansia creatasi in quel momento non era uno dei migliori. La cosa più brutta era perdere il sorriso quando la speranza l'aveva fatta illudere inutilmente. Mentre lo sguardo della ragazza era rivolto verso il basso rendendosi conto dei vestiti di nuovo al loro posto, lo sguardo dell'altro era preoccupato e terrorizzato. Cercò di affrontare la situazione coraggioso, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu un semplice passo in avanti, semplice ma efficace a far sgretolare la terra ai suoi piedi. All'ultimo momento gli occhi puntarono nella sua direzione, riconobbe la ragazza. "Sara", non urlava, sussurrava.
Sara allungava le braccia nel vuoto, nell'aria, e il nulla le fece crescere l'angoscia.
Quello che tanto temeva era successo.
Tentò di strapparsi i cappelli, senza riuscirci. Poi scoppiò in un pianto liberatorio. Nessuno poteva placarla, niente poteva distrarla dalla disperazione.
Niall era cascato nella voragine, quasi fosse stato risucchiato, e lei, immobile, riusciva solo a compiangerlo.


Svegliata di soprassalto controllò la sveglia. Erano le 8 di sera e non aveva voglia di cenare.
Si alzò dal letto, e barcollando per la stanza, si mise qualcosa di decente e comodo addosso. Era troppo stanca per far caso ai capelli malridotti, al viso pallido da far paura ai fantasmi, alle unghie poco curate. Sembrava un morto vivente.
Prese il cellulare e digitò il suo numero. Aveva bisogno di lui; voleva sapere se ci fossero novità; aveva la necessità di sentire la sua voce, ne era dipendente.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Quatt... riattaccò.
Ce l'avra spento, rifletté. Oppure...
Dei brividi le percorsero la schiena al pensiero che potesse essere successo qualcosa di brutto. Stava già soffrendo ma Madre Natura decise che non era abbastanza: una fitta nausea le prese il sopravvento. Corse fino a raggiungere il primo bagno meno lontano possibile per vomitare lo yogurt scaduto digerito malamente all'ospedale. Sapeva che non era il top, e che dopo essere ritornata dallo psicologo era andata a letto a fare un pisolino per il mal di pancia, ma non pensava di arrivare a vomitare l'anima. Un ospedale di solito aiutava a rimettersi in sesto, non a vendere yogurt scaduti.
"Pazienza". Sospirò, sciacquandosi la bocca dal sapore amarognolo. Si guardò allo specchio, era ridotta davvero molto male: le occhiaie le suggerivano l'insonnia.
Il cellulare prese a squillare e Sara non aspettò un secondo di più a vedere chi fosse a telefonarle. A leggere il suo nome, le fossette di un sincero sorriso le nacquero in viso.
"Harry!"
"Sara, scusa, mi ero addormentato sulla spalla di Liam e avevo messo il silenzioso al cellulare e non ho visto..."
"Tranquillo", lo rassicurò lei, "Volevo sapere se ci fossero novità" disse con voce tremante. Prese a torturare il bottone della camicietta dall'ansia di una prevedibile brutta notizia. Abbandonò il bottone e passò a mordicchiare il labbro.
"Tutto apposto" la voce del ragazzo squillò dall'altro capo del cellulare rassicurandola. "Ancora non si sveglia..." annunciò poco dopo. La sua voce trapelava un pizzico di paura. Rassicurata, ma non del tutto.
Chiuse gli occhi scacciando via le lacrime. "Chi c'è con te?" domandò con voce flebile.
"Liam, Niall, Louis, Eleanor... oh, Zayn, Perrie! Siete arrivati alla fine..." Dal telefono si sentivano il pianto dei bambini e le distinguibili voci dei ragazzi parlottare fra loro. Si chiese che fine aveva fatto Emily.
"Ci sei? Harry?" domandò lei. Con il telefono in mano, si avviò nel salotto. Notando il fuoco del camino accesso si diresse verso la poltrona affianco, quella in cui la sera prima Louis vi si era seduto. Quella sera in cui tutto andava ancora bene, in cui Niall faceva finta di sorriderle, nascondendo la vergogna del loro litigio segreto. Colta dall'amarezza e dall'angoscia, appoggiò i piedi sulla soglia di marmo del camino soprastante e abbandonandosi in un lungo sospiro puntò lo sguardo verso la porta-finestra del salotto. Sembrava così calmo e quiete il tempo che riuscì a cullarla fin quando Harry, dall'altra parte del telefono, la riportò alla realtà.
"Sara, devo staccare, il dottore viene verso la nostra parte. Credo per darci nelle novità. Allora... ci sentiamo..."
"Stasera, stanotte, non voglio dormire da sola." Le sue gote si arrossarono all'unisolo con quelle del ragazzo. Ma Sara non poteva saperlo.
"Capito", disse. Non sapeva se essere affranta o un'illusa, ma in quel momento voleva solamente sprofondare nella poltrona. Invece si alzò, ritornò in camera, e si mise sotto le coperte, nascondendo la sua stupidità.
"Aspetta. Fra venti minuti sarò lì", mormorò lui. Il ragazzo riattaccò per primo. Un sollievo nauseabondo la travolse, sorrise. Ma si rese troppo tardi che quel voltastomaco era dovuto alla necessità di vomitare di nuovo in bagno. Corse disperata verso il gabinetto.

"Ragazzi, io vado", comunicò Harry agli altri.
"Ok" si limitò a rispondere un Liam assorto. Era sotto schok, lo si notava. I suoi occhi erano semichiusi sul punto di piangere per la millesima volta.
"Dove?", chiese invece Zayn.
"Da Sara", intuì fiero Louis, ammiccando un sorriso ribelle e comprensivo in volto. "Cos'altro aspetti? Ha bisogno di te, corri", lo incitò infine.
"Grazie, BooBear." Prese il giaccone e si dileguò lasciando i ragazzi seduti su una panca a guardarsi complici.
Quando entrò in auto la luna iniziò a salire in cielo. Ultimamente il cielo si oscurava in fretta, e così il suo stato d'animo. Accese il motore e partì in prima marcia. Quindi girò a destra e aumentò di un'altra. La sua testa suggeriva di continuare a procedere in seconda, ma una voglia di stringere Sara tra le sue braccia si fece spazio nel suo cuore e così, comandato da quei battiti ripetitivi e martellanti, mise la quarta. I fari accessi e accecanti gli fecero riconoscere la strada purché disorientato dalla notte offusca. Tenendo in mente l'indirizzo di casa di Louis, girò a destra guidato dai cartelli stradali che segnavano le multiple vie di Doncaster. Una serie di villette raffinate entrò nel suo campo visivo. Una delicata pioggerellina scese dal cielo, bagnando il parabrezza. Harry imprecò, costretto a far azionare i tergicristalli. Non aveva nemmeno un ombrello in quel ben di Dio di un auto. Intravista la villetta di Louis, parcheggiò nel secondo garage, quello coperto. Spense il motore e si mise il cappuccio del giaccone. Corse veloce verso il portone principale cercando di bagnarsi il meno possibile. Ficcando una mano in tasca notò di non avere con sé la chiave. "Merda" grignò sbattendo un pugno al legno della porta. Constatò calpestando di avere uno zerbino sotto ai piedi. Il classico, pensò. Quale inglese non avrebbe nascosto la chiave di riserva sotto ad uno zerbino? Si chinò e spostò lo zerbino. Sì, cazzo!
Prese la chiave di riserva e la infilò nella serratura, con uno scatto questa scricchiolò dando accesso al salotto. Richiuse dietro di sé la porta e posò il giaccone sul divano dopo averlo ripiegato, per poi lanciare il mazzetto di chiavi sul tavolo da pranzo. Non trovando la ragazza vicino al camino come si aspettava, sbuffò.
"Sara?" la chiamò aprendo tutte le porte del primo piano. Da stupido si rese conto di che ore si erano fatte. L'una di mattina. Salì le scale, credendola nel letto a dormire. Ma quando aprì la porta il letto era disfatto e lei non c'era. Preoccupato, fece il giro della stanza. Niente. "Sara?", domandò di nuovo senza ricevere risposte. Poi però, con orecchie attente, scorse il suono di un pianto provenire dal bagno adiacente alla camera. A grandi passi raggiunse il bagno e lei era lì, a vomitare nel gabinetto. "Sara?" ripeté.
"No" disse lei con voce rauca allungando una mano per farlo allontanare. Lui eseguì l'ordine e mantenne, come da lei chiesto, le distanze.
"Cosa ti è successo?"
"E' stato quel cazzo di yogurt che ho mangiato in ospedale" si schifò lei ripugnata. "Era scadut..." non fece in tempo a finire la frase che un colato di vomito le salì in gola facendole automaticamente piegare la schiena verso il gabinetto. Il ragazzo la guardò rigurgitare. Era disperata. La sua massa di capelli mossi, le occhiaie che aveva intavisto quando si era girata per un secondo a guardarlo negli occhi, quel viso pallido che gli parlava. Tutti stavano passando un brutto momento, notò, ma lei sembrava... strana. Le si avvicinò ricevendo un'occhiataccia, ma la ignorò. Si mise dietro di lei prendedole i fianchi con entrambe le grandi mani, quelle mani che la facevano sentire protetta. Lei si girò, prima di avere altri attacchi di nausea, e lo guardò massaggiare con le dita i suoi fianchi eseguendo movimenti perfettamente circolari. Si stava rilassando, e lui le fece un accenno di sorriso invitandola a continuare a fare quello che stava facendo prima del suo arrivo. Dopo una mezz'oretta, la nausea finalmente finì.
Passarono tutta la notte in bagno a dormire sdraiati sul pavimento di mattonelle levigate, abbandonando entrambi i loro corpi alle braccia dell'altro.
La mattina seguente Sara si svegliò a causa di un forte mal di schiena. Aperti gli occhi stropicciandoli, sbadigliò. La pelle di Harry, a contatto con la sua, era calda, e questo le trasmetteva solo un grande calore al cuore. Non si era mai sentita speciale per nessuno ma ora pensava di esserlo per lui. Si fece delle domande, e si rispose. Lo amava? Non c'era aggettivo migliore per descrivere cosa provava per lui.
"Ehy" sussurrò con voce rauca il riccio. Si stiracchiò sorridendo. La finestra dava la luce necessaria per far risaltare i suoi occhi color smeraldo. Quanta bellezza.
"Oggi si va al mare!", esclamò entusiasto. La ragazza aveva un grande punto interrogativo dipinto in testa. "Eh?"
"Mantengo sempre le promesse" rispose sorridente. Un improvviso deja vù le sfiorò i ricordi: il suo primo sogno. Da quanto tempo non sogno l'altro Harry?, si chiese.
"Non vedo l'ora!", esclamò manifestando lo stesso entusiasmo del ragazzo. Poi una smorfia le colorò il viso. "E il costume?"
"Secondo te, io dò ascolto a te? Tzè. Ho comprato quello che ti piaceva ma che non volevi. Ringraziami."
"Ma..."
"Ma niente. Non credi che possa permettermi di comprarti un costume?"
"Usciamo dal bagno? Mi mette inquietudine questo posto" confessò, cambiando argomento. I ragazzi ansiosi all'ospedale, Niall ricoverato all'ospedale, e loro che intanto si facevano una scappatella al mare. Non le piaceva tanto l'idea, anche se quell'uscita poteva migliorare il loro rapporto di bene in meglio. Sembrava quasi essere un appuntamento ma non disse nulla. Se glielo dissi, penserebbe a male, rifletté. Voleva 'conquistarlo' con calma, senza fretta. Ho delle chance? si chiese, invana.

L'aria era fresca, lui la teneva stretta tra le sue braccia. Poteva morire dal benessere. Ora le accarezzava dolcemente i capelli, sussurrandole paroli smielate...
Lei invece gli pizzicava le guance col tentativo di innervosirlo, ma il ragazzo era paziente. Cominciò a ridere sotto il suo sguardo. "Scherzavo Piccolo Principe..."

Quello che lei associò ad un terremoto erano le delicatissime spinte del ragazzo che le dedicava per svegliarla. "Siamo arrivati" le disse, stavolta usando un tono più dolce. Lentamente aprì gli occhi disorientata, poi capì: erano al parcheggio della spiaggia privata. Li richiuse brontolando qualcosa. Harry aprì lo sportello, e facendo il giro dell'auto aprì il suo. "Su, dai, sveglia". Il ragazzo cominciò a slacciarle la cintura. Si avvicinò sempre di più al suo viso, mancava poco che le loro labbra si sfiorassero. "Sara? Siamo arrivati" ripeté lui. Sbuffò e riaprì gli occhi e, con un grandissimo colpo al cuore, si ritrovò il labbro inferiore del ragazzo sul suo labbro superiore. Spalancò gli occhi, ormai più che certa di essersi ripresa dal sonno. Poi lui si staccò. Sara balbettava frasi incomprensibili, era allibita. E felice.
Harry si massaggiava continuamente la massa di ricci, i suoi occhi erano nervosi e pieni di rancore.
"Mi hanno lanciato un pallone da calcio e mi è rimbalzato sulla testa, spingendomi. Non l'ho fatta apposta, credimi. Ahia, fa ancora male" si giustificò continuando a massaggiarsi sullo stesso punto. Non aveva parole. Sembrava... tutta una favola.
"Allora, ti devo prendere come un sacco di patate per farti scendere?" continuò lui spezzando il silenzio.
"Ci riusciresti?" rispose Sara con sguardo di sfida, ancora scossa ed elettrizzata. Il mio primo vero bacio, e non è un sogno, pensò.
"Certo" annuì Harry sentendosi potente.

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Hola.

Tanto, troppo ritardo, I know. Ma che ci posso fare! Ho tanti compiti e tanto sport, incluse partite nei week-end :c
MA SONO VIVA,  PER VOSTRA SFORTUNA!
E quindi ho aggiornato, ehggià!
Che ne pensate del capitolo? E' molto lungo, almeno per me. Insomma qui, sul sito, me lo da lungo, poi non so se quando lo pubblico su EFP me lo rimpicciolisce... :(
Personalmente a me piace la parte in cui Hazza guida, boh, non so perché!
 Mi sono ispirata a Ken Follett che scrive sempre parti in cui guidano. #OraLoSapete
TROLOL.
Che dire? Recensite c: PLEASE.

Passate da tomlinsasia, ha scritto una one shot rossa! No scherzo, è verde :')


xSariArix
  
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