Titolo: I wanna break this spell that you’ve created
Personaggi: Alexander Vlahos; Colin Morgan; Bradley James
Pairing: ColinxAlex (Vlorgan); ColinxBradley (Brolin)
Rating: Giallo
Genere: Slice of life; introspettivo
Avviso: Slash; What if?; One-shot
Note: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo
di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste
persone né offenderle in alcun modo.
I wanna break this spell that you’ve created
Era entrato da poco a
far parte di quell’enorme famiglia eppure era stato accolto a braccia aperte,
come se fosse stato un membro essenziale per quel nucleo familiare fin
dall’inizio della sua nascita.
Poteva considerare tutti
dei gran giocherelloni, sempre pronti allo scherzo, a farne, a giocare tra
loro, a stuzzicarsi e ad appoggiarsi l’un l’altro; i momenti di serietà non
mancavano di certo.
Quando arrivò il giorno
della sua presentazione a tutto il cast, il vuoto allo stomaco si impossessò di
lui ed aveva una strana agitazione nel cuore, eppure doveva essere abituato a
tutto quello, non era certamente un novellino; ma come ci si poteva integrare
in un nucleo già enormemente avviato? Come avrebbe fatto l’ultimo arrivato a
gestire una situazione così grande senza sentirsi fuori posto e di troppo?
Tutti i suoi pensieri e
quelle farfalle che non smettevano di svolazzare si annullarono nel momento in
cui il suo nome fu pronunciato e sorrisi entusiasti presero vita in ognuno di
loro.
In poco tempo era
diventato parte integrante di quel gruppo affiatato ed improvvisamente sembrava
che gli interpreti dei cavalieri di Camelot l’avessero
adottato. Perfino il fantomatico re, quello burlone con quell’aria spavalda che
tanto lo caratterizzava e la sua altezzosità, ma c’era altro in lui.
Per quanto vivesse bene,
quasi magnificamente, i suoi momenti sul set e fuori da esso, la sua attenzione
si concentrava sempre su qualcos’altro, come se non riuscisse in nessun modo
possibile a distogliere i suoi pensieri da quella persona.
L’aveva visto; i suoi
sorrisi, la sua gentilezza, la cordialità e quel manto misterioso che lo
ricopriva, così tanto lontano da quella realtà fattibile da chiedersi se fosse
davvero reale.
Probabilmente era la
persona migliore lì dentro, ma anche la più riservata ed imprevedibile.
Aveva sentito diverse
voci sul suo conto prima di approdare in quell’avventura ed era famoso il suo
essere schivo senza nemmeno far rendere conto all’altro di ciò che accadeva.
Scioccamente aveva creduto che fosse davvero magia la sua.
Ma era anche vero che
tutti conoscevano il rapporto che lo legava a Bradley, eppure da quando era
arrivato, da quando aveva messo piede in quel nuovo contesto, non gli era mai
davvero capitato di vedere il biondo in compagnia del protagonista della serie.
Erano rare quelle
occasioni e non erano mai da soli, come se qualcosa si fosse rotto fra loro e
non cercassero neppure di rimediare.
Colin sorrideva, Colin
travolgeva, ma sembrava che non fosse presente.
Alexander l’aveva
osservato – forse anche un po’ troppo –, i suoi movimenti, le sue abitudini, le
sue reazioni in compagnia del prossimo, ciò che vedeva era completa solitudine.
Perché ogni volta che l’irlandese si ritrovava in compagnia degli altri membri
della troupe, soprattutto con re e cavalieri, appariva sempre messo
da parte, come se non vi appartenesse.
Mentre loro si
divertivano ed Alex stesso veniva travolto dalla loro complicità, Colin era
rintanato in un angolo del set – ne possedeva sempre uno in ognuno di essi e
nessuno si azzardava mai a scomodarlo –, con indosso il suo costume, il copione
tra le mani e passava momenti infiniti perso tra quelle pagine.
Non sapeva cosa l’avesse
spinto quel giorno, senza un particolare motivo, a lasciare il gruppo che tanto
stravedeva per lui per dirigersi verso la figura del moro. Ed era esattamente
come lo vedeva ogni volta: perso tra le pagine del copione, immerso in un mondo
tutto suo.
Sinceramente aveva
dimenticato le parole che l’avevano condotto a lui, forse parole di semplice
cortesia, ma quando gli si era presentato dinnanzi, quasi pentendosi di imporsi
nel suo campo privato, Colin apparve sorpreso di trovarlo proprio lì, quando
attimi prima era da tutt’altra parte. Gli aveva sorriso dopo alcuni momenti di
stupore ed il gallese si chiese quale significato potesse realmente avere.
Da allora era diventata
la sua strana routine.
Nei loro momenti di
pausa, quando si ritrovavano tutti per aggiornarsi, come se non si vedessero da
mesi, Alex trovava sempre il tempo per separarsi da tutti gli altri e dedicarsi
interamente all’irlandese.
In realtà non parlavano
mai molto, alle volte erano conversazioni senza alcun senso, eppure lui ne
aveva bisogno e Colin non sembrava mai infastidito dalla sua presenza; Alex
doveva ammettere che c’era decisamente più gusto ad osservarlo da vicino che ad
essere distante per metri e metri.
Ma c’era una sola cosa
che lo disturbava.
I giorni trascorrevano e
di set ne avevano cambiati parecchi, per poi tornare sempre al punto di
partenza.
Quel giorno le riprese
durarono più del previsto. Quando buona parte del lavoro fu svolto e mancavano
le ultime inquadrature, buona parte del cast fece ritorno ai propri alloggi,
mentre il restante attendeva il termine del lavoro.
Le sue scene erano state
terminate da un pezzo, eppure il gallese rimaneva lì ad osservare gli altri o
semplicemente rimanendo in loro compagnia. Ma il sole era quasi scomparso e lo
stomaco brontolava parecchio; non seppe perché, ma i suoi occhi cercarono la
figura del moro, intravedendola a stento, ritrovandola esattamente lì dov’era
consueto vederla.
In poche falcate giunse
al punto designato, ritrovandosi l’irlandese fermo costantemente sui fogli del
copione.
«Sei ancora qui, Alex?»
Domandò il moro privo di alcuna sfumatura nella voce, senza distogliere gli
occhi dalla lettura.
Il più piccolo si
irrigidì per un momento, sorpreso dalla capacità dell’altro di accorgersi di
tutto quello che lo circondava. «Anche tu.»
Colin curvò leggermente
le labbra in risposta, annuendo impercettibilmente con il capo. «Qualcosa ti
trattiene qui?» Chiese con apparente disinvoltura.
Alex trattenne appena il
brivido che minacciava di percorrergli la schiena, assordato dalla domanda
posta e dal tono usato; riusciva a sentire l’allusione, ferma ed immobile, come
non mai ed ebbe la sensazione di essere stato brutalmente scoperto. Tutto
quello che gli si presentava era l’indifferenza e la tranquillità dell’altro
con quel sorriso appena accennato in cui lui scorgeva molteplici significati.
«Nulla di particolare.» Riuscì con maestria a proferire.
L’irlandese sbatté le
palpebre una volta, voltando una pagina della sceneggiatura, distendendo
maggiormente quel sorriso.
Il tempo passava
inesorabile con una lentezza quasi straziante, mentre loro rimanevano
esattamente fermi in quel modo.
«Non sei costretto a
farmi compagnia.» Annunciò improvvisamente il più grande, girando una nuova
pagina.
«Credi sia qui per
questo?» Domandò il gallese con stupore, automaticamente.
«In realtà non lo so.»
Rispose il moro, alzando il capo dai fogli per dirigere il suo sguardo sugli
occhi dell’altro. «Non so cosa tu voglia.»
Più volte si era
ritrovato stupefatto dalla differenza che esisteva tra Colin ed il suo stesso
personaggio, così incredibilmente diversi eppure allo stesso tempo
complementari, ma in quel momento avrebbe preferito mille volte ritrovarsi
faccia a faccia con Merlin. «Se credi che mi senta obbligato sbagli.»
Le labbra dell’irlandese
si curvarono in un nuovo sorriso ed Alexander odiava profondamente quella piega
che prendevano così abitualmente, eppure non poteva distogliere lo sguardo da
quella bocca piena così vicina. «Cosa stai cercando, Alex?»
Gli occhi marini erano
fermi sui suoi e sembravano scrutargli l’anima, esaminando brandello per
brandello ed improvvisamente si ritrovò senza fiato. Ebbe quasi la certezza che
Colin sapesse perfettamente il perché le gambe lo portassero sempre al suo
cospetto senza mai tentennare.
Il suo unico pensiero
era solo uno in quel momento e guidato da chissà quale forza estranea mise fine
a quella distanza che esisteva tra loro, rubandogli un bacio.
L’irlandese lo allontanò
da sé dopo pochi attimi, intontito da quel gesto che certamente non si
aspettava. Le perle sgranate e sbalordite incrociarono le sue, mettendo in
risalto quel color tempesta che predominava in lui, e quella era un’espressione
che aveva avuto l’onore di osservare solo sul volto di Merlin.
«Ho la netta sensazione
che ti sia fatto un’idea sbagliata.» Esordì il più grande con il tono di voce
più controllato che possedesse.
Fu il turno delle labbra
del gallese di curvarsi in un sorriso, in uno quasi liberatorio e nervoso;
Colin riusciva sempre ad essere diplomatico in qualsiasi situazione. «Volevo
solo vedere qualcosa di nuovo in te.»
«So cosa volevi.»
Proferì glaciale l’irlandese, paralizzandolo sul posto. «Ed in questa famiglia
si preoccupano abbastanza per me.»
Alexander sbatté le
palpebre più volte disorientato, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal
suo ed in quel momento ebbe il terribile sospetto di aver errato i suoi
calcoli.
In quel preciso momento
un Morgan echeggiò per i corridoi del fantomatico castello,
scuotendo le due figure.
«Morgan, dove sei
finito?» Domandò una voce possente, enfatizzando sul nome dell’altro, senza
lasciare alcun dubbio di chi potesse essere.
«Sono qui, James.»
Rispose il moro senza distogliere gli occhi dal più piccolo.
Bradley arrivò dopo
pochi secondi con il suo passo pesante e marcato. «Hai un vero
talento nel trovarti posti introvabili, Morgan.» Dichiarò nel
momento in cui se lo ritrovò davanti, ma i suoi occhi furono catturati da
tutt’altra figura. «Alexander.» Pronunciò con uno strano tono, tra il sorpreso
e la consapevolezza.
O-oh. Nome completo, gran brutto affare.
Tutta quella situazione
non si presentava nel migliore dei modi.
Aveva la strana
sensazione che Bradley lo stesse scrutando a fondo, come se stesse cercando di
capire qualcosa ed era davvero strano essere guardati in quel modo da lui,
quando in realtà gli riservava un trattamento speciale.
Ma poi i suoi occhi si
spostarono, come se qualcos’altro lo avesse chiamato in allarme, come se quel
qualcos’altro esigesse la sua attenzione in modo radicale. I suoi occhi
cambiarono ancora.
Le perle acquatiche del
biondo erano ferme sul viso dell’irlandese, catturato dalla strana piega che
aveva preso, turbato da quelle iridi marine che sembravano comunicare ogni cosa
ed incantato da quelle labbra stranamente rosse e gonfie. «Ѐ successo
qualcosa?» Domandò senza perdere ulteriore tempo ed il tono usato poteva
risuonare un po’ apprensivo alle orecchie del più piccolo.
Le palpebre di Colin si
chiusero per un nano secondo e le sue iridi si specchiarono in quelle del
biondo. Il gallese quasi tremò quando si rese conto di ciò che aveva visto
Bradley in essi. «No, Alex mi onorava della sua compagnia.» Rispose
semplicemente il corvino, sorridendogli debolmente.
«Perché ne avevi bisogno?»
Chiese straniato l’inglese.
«Non ha importanza,
Bradley.» Dichiarò l’irlandese interrompendo quella spiegazione immotivata.
Per Alex quella
situazione era quanto di più surreale avesse mai vissuto ed era convinto,
pienamente, che quelle parole nascondessero significati chiari solo per loro.
«Allora è doveroso che
vi ringrazi Sir Vlahos per la protezione,
così devota, che presta alla nostra donzella in pericolo.» Pronunciò con
leggera ironia il biondo, sorridendogli caldamente.
Colin si lasciò andare
ad una risata cristallina, colpendo in malo modo una spalla della sua co-star.
Il gallese sgranò gli
occhi interdetto, conscio dell’essersi perso qualche passaggio e frastornato
dalla rapidità con cui il biondo ritornava al suo vecchio carattere
estremamente lunatico. «Dovere.» Riuscì solo a pronunciare con tutta la serietà
e il celato sarcasmo che possedeva.
Bradley sorrise ancora,
mentre gli occhi del corvino rimanevano costantemente sull’esile figura del più
piccolo, con le labbra leggermente inclinate.
«Andiamo, Cols?» Domandò subito dopo Bradley, concentrando la sua
attenzione sull’irlandese. «Credo che tu mi abbia aspettato abbastanza per
oggi.»
Colin sorrise di
rimando, avvicinandosi al proprio zaino. «L’ho fatto per anni, smettere adesso
sarebbe illogico.»
Agli occhi di Alexander
tutto apparve incredibilmente chiaro, come lo non era mai stato.
I due avevano un bisogno
quasi morboso di toccarsi, ma erano restii dal farlo; comunicavano con parole e
significati velati, si guardavano l’un l’altro trasmettendosi continui pensieri
e sorridevano spensierati, quando era evidente che volevano qualcosa di più;
che fosse la sua presenza a bloccarli?
Lo zaino era già su una
spalla del corvino, mentre continuava a tenere il copione tra le mani.
«Alex.» Lo saluto
semplicemente Bradley voltandosi verso di lui mentre quest’ultimo annuiva con
il capo.
Gli occhi di Colin si
legarono a quelli del gallese e le sue labbra si curvarono in un sorriso
enigmatico. «Mordred.»
Alex trasalì, sbattendo
più volte le palpebre, mentre i due gli voltavano le spalle ed il sorriso
dell’irlandese rimaneva indelebile nella sua mente.
Camminavano uno vicino
all’altro, sfiorandosi appena e lui poteva vedere quelle mani toccarsi
delicatamente, vogliose di voler approfondire quel contatto.
Si era illuso davvero in
quel modo?
Davvero era stato così
cieco da non vedere la realtà?
Aveva davvero cancellato
ciò che gli si presentava davanti creandosi quel mondo fittizio?
Perché proprio in quel
momento ciò che era gli si presentava nella mente, facendo riemergere immagini
vivide dimenticate, emozioni provate e quella certezza che sapeva esistere?
Infinite volte li aveva
osservati con casualità – poco importava se poi era diventato un bisogno –,
aveva studiato i loro comportamenti e gesti; li aveva visti separarsi e poi,
come per magia, sparire per poi riemergere momenti successivi. Innumerevoli volte
li aveva trovati uno di fronte all’altro, in qualche angolo dimenticato,
toccarsi con intimità mentre si sorridevano complici, come solo due amanti
potevano fare. E quante volte i suoi occhi, mentre camminava da una direzione
all’altra, accompagnato dagli altri membri del cast, avevano incontrato le loro
labbra sfiorarsi per poi approfondire quel contatto con ingordigia in un angolo
dimenticato.
Alex lo sapeva, ne era
consapevole, ma qualcosa si era insinuato in lui, cancellando tutto quello che
gli urlava di non tentare quella strada impercorribile. Tutto perché aveva un
solo pensiero nella mente da così tanto tempo da non averne più memoria.
Il pensiero fisso per
quello che casualmente aveva intravisto in una pubblicità lontana di anni
prima; una pubblicità di pochi attimi che promuoveva una nuova puntata di quel
telefilm di cui non aveva alcun interesse. E poteva dannarlo quel giorno,
quando quella figura mingherlina e nivea lo inchiodò allo schermo.
La sua curiosità aveva
prevalso e tutto si era dissolto come bolle di sapone nel momento in cui
apprese la notizia di poter entrare a far parte del cast.
Tutto quello che aveva
desiderato da quel giorno era poter conoscere l’animo dell’altro, andare oltre
il suo sguardo profondo, la sua figura avvolta dal mistero, il suo sorriso
sempre presente e quel disagio che si provava stando dinnanzi alla sua persona.
Alex voleva solo quello,
eppure tutto si era trasformato in qualcos’altro a cui si ostinava a non voler
dare alcun nome.
Il sorriso enigmatico e
pieno di malcelate parole dell’irlandese rimase impresso nei suoi occhi, senza
riuscire in alcun modo a cancellarlo e quello non premetteva nulla di buono.
Non so nemmeno cosa ci faccio qui.
Mi sono ripromessa per anni di non scrivere più qualcosa che trattasse il
RPS, c’ero quasi riuscita, ma poi ecco che arriva la mazzata e quell’idea
malsana che non vuol lasciarti andare.
Non so nemmeno cosa sia uscito, so solo che non riuscivo a tollerarla più
nella mia cartella.
E poi andiamo, fremevo dalla voglia di unire i nomi dei nostri moretti. Io
e la mia ossessione per le lettere.
Osiamo e vediamo.
La mia storia targata Alexander Vlahos è davvero complicata ed avremo sempre alti
e bassi – forse più alti –, chiedo venia.
Questo piccolo sipario è quel che è ed adesso la mia mente potrà mettersi
il cuore in pace.
Ringrazio chiunque le dedicherà quegli attimi fuggenti.
A presto.
Antys