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Autore: Castielle Winchester    22/11/2012    2 recensioni
Quando ti si presenta un'occasione unica non la si può far scivolare dalle dita, bisogna coglierla al volo, senza pensarci due volte sopra. Questo è ciò che faranno i ragazzi di una band alle prime armi, gli "Hybrid Theory", e Aurora, la giovane cantante della band, che si troverà davanti ad un bivio proprio quando l'apice della felicità è raggiunto: successo e, di conseguenza band e compagni di vita, o amore? Scritta ispirandosi ai "the Wanted", ma con la presenza dei "one direction", per rendere felice la persona che mi ha ispirato questa storia, mia cugina. Che altro dire, buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12

Percossi ripetutamente Simona cercando di farla svegliare, ma era più dura della pietra! Non aveva voglia di alzarsi, ed erano già le 8 e mezza! Alle 9 e un quarto saremmo dovuti stare in classe per la nostra prima lezione, e non mi andava di fare ritardo anche il primo giorno! Corsi in bagno, presi una delle spugne che erano poggiate sul davanzale della finestra del bagno e la immersi nell’acqua fredda. Tornai in camera e poggiai la sugna sugli occhi di Simona, che a contatto con la spugna ghiacciata sussultò gridando: “ok ok!! Sono sveglia sono sveglia!! Che brutte maniere che hai!!”. Io le sorrisi maliziosamente e mi allontanai da lei finendo di prepararmi. Lei si alzò di malavoglia, passò 10 minuti davanti l’armadio per vedere cosa mettere, altri 10 minuti per vestirsi, un quarto d’ora per truccarsi, ed ovviamente arrivarono le 9,05. La tirai con forza fuori dalla camera, correndo verso le scale. L’aula dove saremmo dovute andare era nell’edificio annesso all’edificio più grande con i dormitori, era distante circa 500 metri, 500 metri di erbetta verde e rigogliosa, e per come sono fatta io, ci saremmo perse sicuramente, visto la mia scarsa capacità d’orientamento. Faceva anche maledettamente freddo, una temperatura rigida, a cui un italiano in generale, un pugliese peggio ancora, non sarebbe mai riuscito a capacitarsene fino in fondo: infatti arrivate alla porta d’ingresso tornammo indietro a prendere i piumini, la temperatura era insostenibile. Mia madre me l’aveva detto, ma ovviamente al momento in cui me l’aveva detto l’avevo canzonata allegramente, senza darle importanza. In quei momenti sentivo la sua mancanza. Ritornammo giù con la chitarra in groppa per me, e le bacchette in mano per Simona. Non poteva mica portarsi la batteria dietro per dietro! Appena i nostri corpi furono immersi negli 8°C londinesi delle 9 e un quarto di mattina, corremmo intorno l’edificio senza una precisa direzione, non sapendo dove andare a sbattere la testa. Alle 9 e 25 minuti finalmente riconoscemmo un edificio in perfetto stile College Inglese e ci accingemmo a raggiungerlo il più in fretta possibile. Entrammo e fummo avvolte da un tepore rincuorante e soprattutto ristoratore per i nostri nasi arrossati e indolenziti. L’edificio non era grande quanto quello principale, ma le dimensioni erano abbastanza discrete, quindi scrutammo ogni porta per trovare la nostra aula, la numero 1004. Finalmente la trovammo, bussammo e sentendo l’”avanti” di una voce adulta, aprimmo la porta ed entrammo, ed ovviamente erano tutti li, eccetto noi 2. Perfino Michael, colui che faceva ritardo per natura, era arrivato prima di noi, e tutto per colpa di lei, dell’unica e mitica Simona.
“Ecco due ragazze a cui il fuso 0rario ha dato alla testa!” disse una del gruppo italiano, Samantha per la precisione, milanese, convinta di avere il mondo ai suoi piedi solo perché era stata in grado di pubblicare un album a spese della popolarità del padre, uomo di successo.
“Noi abbiamo la scusa del fuso orario, tu quale scusa hai cara?” ammiccai verso di lei con aria di sfida. Stava per ribattere, ribollendo di rabbia, ma la sua risposta fu immediatamente troncata dalla professoressa Doupret, professoressa che avrebbe tenuto la nostra prima lezione.
“Ok filles, non vi è permesso discutere nella mia lezione, ognuno al proprio posto”. Simona la guardò esterrefatta, stava per farle una domanda stupida, me lo sentivo: “Ma lei è Francese!”. Appunto. Mi schiaffeggiai il viso dalla disperazione, e vidi Michael e Marco fare cose simili, a rappresentare le mie stesse impressioni. La professoressa s’imbarazzò per la domanda e con un filo di voce disse “si, signorina. Ora se non le dispiace vorrei iniziare la lezione”. La tirai giù a sedersi vicino a me. Già i francesi ci detestavano, affermazione scientificamente testata, esattamente nella gita in Costa Azzurra del terzo anno, in cui ci fu gettato un secchio d’acqua ghiacciata da delle studentesse dalle maniere tipiche delle principesse illuminate, poi Simona se ne usciva con determinate domande ed era per noi la fine. Michael si avvicinò a noi, con Marco e Riccardo che fecero la stessa cosa.
“Che fine avete fatto ieri sera? Volevamo registrare una nuova pagina del video diario!”. Simona non si lasciò ripetere 2 volte la domanda che immediatamente mi accollò tutta la colpa: “Giulia doveva piangersi addosso per averci portato al baratro”. Riccardo mi guardò confuso, ed io imbarazzata lasciai scivolare i capelli da dietro le orecchie al viso, in modo da creare una sorta di scudo.
“Diamine! Non dirmi che in tutti questi anni di scuola hai usato il playback alle nostre spalle! Ed ora rischiamo la squalifica!”. A quel punto gli mandai uno sguardo iniettato di sangue, sapevano tutti e 4 che non avrei mai fatto una cosa simile, così mi allungai verso di lui e gli diedi uno scappellotto dietro la nuca: “Ma sei imbecille?!? Certo che no!”. Allora Michael prese la parola: “Allora cosa hai fatto di così terribile?!”. Ritornai ad essere imbarazzata: “Ho incontrato uno dei the Wanted ieri pomeriggio, prima della riunione in teatro, e non l’ho riconosciuto”. I tre tirarono un sospiro di sollievo: “credevo che diavolo fosse successo!”. Simona allora prese parola: “Ma non capite?!? Loro ora ci odieranno e ci terranno ai margini della società come succedeva ai romantici nel periodo del mal du siècle!”. La guardai accigliata, e lo stesso fecero gli altri.
“Che c’è?! È l’unica cosa che ho capito di francese l’anno scorso, lasciatemi dare un’impressione un po’ più intellettuale del solito!”. Riccardo scoppiò a ridere, ed io stavo per fare lo stesso, ma evitai cercando di trattenermi il più possibile. Marco dopo aver fatto un sorriso divertito, molto discreto, perché lui odiava ferire i sentimenti di chiunque: “Simona, non essere ingenua! Sono professionisti, sono abituati ad avere a che fare con gente che non li conosce. Alla fine non è obbligatorio sapere i loro stili e il loro modo di fare musica. Sono gente che ci sa fare, non si attaccheranno mai a queste cose. Anzi, ti dirò una cosa: noi uomini siamo combattivi, e ci scommetterei l’anima che entro stasera il membro dei the Wanted che Giulia ha incontrato si rifarà vivo, e cercherà in tutti i modi di sedurla e di farla diventare sua fan!”. Michael sorrise alle parole di Marco e disse: “Marco ha ragione, non vi fate problemi, vedrete che andrà tutto bene!”. Io mi tranquillizzai alle parole dei 2, erano sempre in grado di darmi certezze dove non ne avevo, soprattutto per quanto riguarda il mondo maschile.
“Va bene, ora che mi avete detto questo credo di essermi calmata” li dissi sorridendo. Loro sorrisero per ricambiare e tornarono a concentrarsi sulla professoressa francese, con un aspetto terribilmente agghiacciante. Aveva una gonna lunga color di sterco, per essere diplomatici, una camicia anni ’70 sul giallo sabbia con fantasie ributtanti, un trucco talmente pesante, che invece di coprire le rughe presenti sul viso della prof le esaltavano in modo evidente. I capelli visibilmente tinti con una ricrescita presupposta dai 2 ai 3 mesi. Diciamo pure che l’aspetto di artista era una cosa che le mancava alquanto.
“Salve a tutti studenti, io sono la professoressa Doupret, sono la tutor del gruppo di cantanti provenienti dalla Francia, ed oggi farete lezione con me. Io mi occupo del lato puramente teorico riguardo la musica, sarebbe a dire solfeggio, accordo, e quant’altro… in questa occasione però mi occuperò di una cosa di cui non mi occupo ormai da anni: ovvero il pianoforte. In ogni band c’è almeno un membro che suona il pianoforte o la tastiera?!”. I membri delle band e i cantanti solisti, per lo più soprani o tenori, che sapevano per forza suonare il piano, alzarono la mano. Tra di noi ovviamente l’alzò Riccardo, che suonava il piano da quando aveva 4 anni.
“Bene ragazzi, io mi occuperò per la maggior parte di voi. Gli altri professori sono esperti in altri determinati strumenti, e altri in determinati stili di musica e di canto, dal jazz al soul, dal rock al lirico. Quindi voi pianisti, quando avrete qualche dubbio, o semplicemente vorrete qualche dritta e qualche consiglio verrete da me, ed io sarò a vostra completa disposizione. Ovviamente vi siete resi conto che le lezioni non sono articolate esattamente come lo erano nella vostra scuola, il che è comprensibile, ma sono sicura che vi renderete conto che siete davvero tanti, e che dobbiamo suddividerci i compiti”. Seguivamo la prof con attenzione. Il suo aspetto era qualcosa di raccapricciante, ma era pura apparenza, lei era fantastica, era davvero a disposizione dell’alunno. Almeno questa fu la prima impressione. “Esordirò col dirvi che io sono stata una famosa pianista nei miei anni di giovinezza, ormai passati. Poi per vari problemi legati a salute e famiglia ho dovuto abbandonare l’opera e dedicarmi all’insegnamento, cosa che però non rimpiango, perché ho portato a luce tanti talenti di cui non si sapeva nemmeno l’esistenza. Quindi vi dirò: la musica è un modo per esprimersi, per rendersi liberi di qualsiasi catena che appesantisce i nostri sensi, ma ultimamente ha perso questo suo compito principale, diventando un mondo di pescecani. Tutti vogliono superare tutti, non importa con quali armi, non importa con quali tranelli e sotterfugi, importa solo la vittoria, e il successo. Bene, il successo è la musica sono 2 maledettissime antitesi: la musica esiste solo se il successo non sovrasta la prima, il successo uccide la musica, la tramuta in un oggetto di arricchimento, di puro mercato, cancellando da essa ogni espressione di se stessi. Vi chiedo solo un favore: non vi fate abbindolare da questa realtà. Se vedete scavalcata la vostra autorità di portatori di sentimenti abbandonate tutto, non vi riducete a schiavi del successo, o lo sforzo che state facendo in questa scuola sarà vano”. Rimanemmo tutti catturati dalle parole della professoressa, io la guardavo con gli occhi sbarrati e la bocca inumanamente spalancata, come se da essa stessi assorbendo ogni singola parola della professoressa. Alla fine del discorso fu naturale il rimbombare dell’applauso di ogni singolo alunno, ispirato da quelle parole così profonde e altisonanti. Quando l’applauso cessò, la campanella risuonò nel corridoio, segnando la fine della prima e dell’unica ora della giornata. Ok che eravamo un po’ spaesati dalla situazione, ma un’ora di lezione era davvero una cosa scandalosa! Un ragazzo olandese, con cui stavo facendo queste considerazioni, mi disse che si trattava solo del primo giorno, che dall’indomani avremmo iniziato a fare seriamente.
Visto che io e i ragazzi avevamo la giornata completamente libera decidemmo di fare un video diario nel giardino della scuola, in modo da aggiornare il nostro album virtuale di ricordi e soprattutto in modo da passare il tempo prima del pranzo.

   
 
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