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Autore: AngelOfSnow    23/11/2012    0 recensioni
"Cosa?!"
Si riscosse dal proprio stato di trance maledicendo la propria stupidità: si era persa in un labirinto di rose. Persa nel vero senso della parola perché, oramai, non riusciva più a scorgere nessuna luce provenire dalle torce presenti precedentemente sul sentiero verso la Magione. Fu assalita da un gelido terrore quando un gufo, annunciò la propria presenza per due volte di fila. Svoltò due volte a sinistra, percorse un corridoio e svoltò a destra ma si dovette fermare: un muro verde le impedì di continuare.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?
Trapassare le siepi era fuori discussione: avrebbe rovinato il vestito. Gridare non le avrebbe giovato se non ad ammalarsi velocemente. Si sarebbe data manforte ricorrendo a tutta la propria freddezza d’animo e non avrebbe deluso la madre; a qualsiasi costo. Almeno, non quella sera.

Spero che la mia storia sia di vostro gusto e non esitate a dirmi una vostra qualunque impressione: mi aiuteranno a crescere. Ne sono convinta. Saluti vivissimi.
Mary!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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VIII
 

 
Sinceramente, se gli avessero chiesto quale fosse il proprio desiderio, non avrebbe chiesto nulla di diverso, nulla di particolare e, proprio ciò che le stava succedendo, gli piaceva e molto!
<< Signorina! >>
<< Signorina Cooper! >>
<< Melody, ci dica qualcosa! >>
Eccome se le piaceva.
Le piaceva camminare in mezzo alla folla come una diva del cinema – se non più importante – e poter dire di essere arrivata al top in pochissimo tempo, non era più un’illusione.
<< Quale strategia avete utilizzato per convincere il Signor Hellis? >>
Continuavano i giornalisti, ma lei era oramai troppo presa a guardare Federico da lontano – con i loro oggetti fra le braccia – con occhi colmi di riconoscenza e felicità.
<< Federico! >> urlò, prendendo a correre per i corridoi, per nulla imbarazzata da quel gesto.
Di tutta risposta il ragazzo posò gli oggetti su una scrivania a caso e allargò le braccia, sorridendo ebete e tutto eccitato.
Poi Melody compì un balzo arrivandogli di sopra per essere afferrata e lasciata volteggiare in aria tra le braccia di un Federico estasiato.
<< Dio, come hai fatto?! Quel vecchiaccio non voleva assolutamente vendere e invece... >> prese a farfugliare Melody, facendo ridacchiare il rosso.
<< Questione di conversazione: il merito non è tutto mio, anzi, credo che tu sia stata la portata principale per la riuscita del pranzo! >>
Scherzò, facendo ridacchiare la ragazza che ritoccò terra con i piedi e si ricompose, pronta per andare dal signor Richard e poggiare i propri oggetti sulla loro nuova scrivania.
Attraversò velocemente i corridoi, dando occhiate contente, eccitate e alle volte superiori in giro, così da trasmettere a tutto ciò che le stava intorno – indipendentemente se essere vivente o no –la propria gioia.
Come un siluro s’era fiondata tra le braccia di alcune colleghe e amiche e con una sicurezza delicata aveva puntato direttamente all’ufficio del loro nuovo capo, che il solo chiamarlo in quel modo le metteva un’adrenalina addosso intensa, per poterci parlare.
<< Ho detto no! >>
Tuonò la voce di Abram, facendo irrigidire Melody sulla soglia e allertare Federico.
<< Ma! Stupido uomo senza connotati a parte quelli genitali! >> urlò la voce di Tania dall’interno. << Si può sapere perchè vorresti licenziare più di... >> e si udì uno schioppo di lingua. << Quasi cento uomini?! >>
<< Perché il proprietario sono io, e IO – i vetri e i muri tremarono – decido chi rimane e chi se ne va! Che vadano in cassa integrazione! >>
Urlò ancora, mentre Melody scrollava le spalle e bussava, curiosa di sapere a cosa fosse dovuto tutto quel parapiglia.
<< Ma non pensi a quelli che ti stanno facendo causa?! >>
Urlò la donna, mentre la voce le veniva sovrastata da quella dell’uomo che tuonò un “Entra” imbestialito.
<< OH! Melody cara! Ottimo lavoro! >>
E l’espressione di Abram divenne in meno di cinque secondi serena e allegra, alla sola vista delle due persone che li stavano permettendo tutto quel successo e quella fama.
<< Ciao ragazzi! >> mormorò arrabbiata e stanca Tania, mentre si lasciava sprofondare nella poltrona in una posizione poco femminile.
<< Prima o poi ti ucciderò, Abram da quattro soldi! >> ringhiò, portando le dita alla fronte con fare stanco, facendo inarcare un sopracciglio all’uomo.
<< Prima avrò l’onore di invitarti a cena, Tania? >>
Lei di tutta risposta si esibì in un sorrisetto sghembo.
<< Lavorerai molto di mano, Abram. >>
E si alzò, facendo ridacchiare i due neo-imprenditori e fischiare di sorpresa l’altro.
<< Cazzo, prima o poi me la sposerò quella donna! >>
Commentò infine Abram, masticando il sigaro per poi aspirare una nuvola di fumo ed espirarla dalle narici.
<< Ragazzi miei siete stati fantastici! >> cominciò, poggiando la mano sinistra sulla spalla di Federico, mentre Melody era intenta a specchiarsi in quelli azzurri dell’uomo che le ispirava fiducia e che a sua volta ricevevano sicurezza: un mix perfetto, insomma.
<< Di cosa stavate parlando tu e Tania? >>
Richard inspirò e ispirò per due volte del fumo dal sigaro prima di rispondere, soppesando le possibilità di non dire nulla...
<< Ci stanno facendo causa... >>
Melody tossì, non aspettandosi per niente una cosa del genere e Federico inarcò le sopracciglia, sistemandosi meglio gli occhiali sul volto.
<< Bhè, si, si spiegherebbe il motivo per la quale Tania stesse urlando così tanto... >> capì Federico, ricevendo in risposta un’occhiataccia da parte del capo.
<< E chi ha ragione in questa causa? >> chiese Melody, che tanto convinta dal volto biricchino e visibilmente colpevole di Abram non lo era. 
<< Noi. >>
I due ragazzi si grattarono i capi, decisamente troppo imbarazzati per poter commentare oltre a quella considerazione inutile di chi dovesse demordere dai propri propositi.
In fondo si trattava di posti di lavoro occupati da padri e mdri di famiglie, mica un capriccio sarebbe riuscito ad andare avanti.
Improvvisamente Melody impallidì, pensando al viso di Anthony.
<< Si sa chi si occuperà dell’accusa? >>
Abram arrossì di rabbia. << Ernest Crown. >>
Melody sgranò gli occhi, conoscendo perfettamente il proprietario di quel nome...
 
 
Anthony era tornato alla Magione cambiandosi di gran lena e correndo per le vie fino ad arrivare davanti alla porta della sede del corso universitario di legge, in cui avrebbe affiancato il proprio docente in un vero e proprio incarico d’ufficio.
<< Gray! >>
Era raro che qualcuno lo chiamasse per cognome, ma non impossibile, quindi si girò verso Thomas Collins – un ragazzo imponente, dalla pelle del colore del bronzo, tendente al nero, e gli occhi neri, profondi – che lo salutava da lontano con una busta in mano della caffetteria all’angolo.
<< Collins! >> ricambiò, stringendosi all’abbraccio dell’amico per poi sciogliersi e guardare la busta.
<< Ah-ah! Ridammi l’abbraccio, stronzo! >> ridacchiò, mentre scherzava sul fatto che l’abbraccio dell’amico fosse finto o no.
<< Metti in dubbio la mia buona parola? >> ridacchiò il biondo, inscenando una faccia stizzita e offesa.
<< Sei un’aspirante avvocato, in fondo! >> continuò il moro, avviandosi alla porta a vetri tallonato da Anthony.
<< Che vorresti dire, amico?! >>
Thomas si fermò e scrollò le spalle in un finto brivido di ribrezzo. << Gli avvocati sono della peggiore specie! >>
Il biondo inarcò un sopracciglio soffiando dalle mani del più alto la busta di carta, soddisfatto.
<< Senti da che pulpito! >> obiettò. << Sbaglio o sei il secondo in graduatoria dopo il sottoscritto?! >>
E si guardarono in faccia, cominciando a ridere di gusto.
Non appena si ripresero da quell’incessante ridere, si decisero ad attraversare la porta dell’edificio, diretti da Ernest Crown.
L’ambiente intorno a loro non era frenetico, ma nemmeno così calmo come sarebbe dovuto apparire un ufficio giuridico, eppure, tutti quelli con una postazione fissa, erano impegnati al telefono che prendevano appunti... e se finiva una conversazione, ecco che il telefono prendeva a suonare come un matto, facendo disperare l’avvocato.
Thomas diede una pacca amichevole ad Anthony e bussò alla porta lucida dell’ufficio venendo ricevuto con un “Avanti” leggero e delicato.
<< Professore... >> salutarono insieme.
L’uomo – sui cinquant’anni dai capelli bianchi e decimati dalla calvizie, dagli occhi neri come la notte e carnagione nivea – si tolse il sigaro Cubano dalle labbra e sorrise loro con entusiasmo.
<< Ragazzi... >> si alzò. << da quanto tempo! >> e li abbracciò di slancio.
I due si guardarono in faccia, stralunati.
<< Emh... professore... >> provò a dire Thomas.
<< Non ci vediamo da due giorni! >> concluse Anthony, slacciandosi dalla presa ferrea dell’uomo.
Quello rise di gusto e tornò a sedersi imboccando il sigaro, poi prese a parlare e loro si sentirono al settimo cielo.  

   
 
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