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Autore: ArchiviandoSogni_    23/11/2012    8 recensioni
Lui, lei e l'altro.
Roberto e Cristina si conoscono dall'età di tre e cinque anni e diventano, fin da subito, amici per la pelle.
La loro amicizia si fortifica anno dopo anno, ma - per una serie di sfortunati eventi- il destino ha deciso di mandarli in capo al mondo, dividendoli per sempre.
Lei a Milano, Lui a New York: la loro bellissima amicizia sembra affievolirsi ogni giorno di più. Dopo chiamate disperate, videochiamate malinconiche e visite ormai sempre più rade; il destino torna in campo per concendere ai due migliori amici, una seconda possibilità.
E se l'amicizia non fosse più l'unico sentimento che li lega?
E se, nel frattempo, dopo sette anni di distanza, comparisse il simpaticissimo e protettivo Luca al fianco della nostra incasinata protagonista?
Una storia d'amore moderna, frizzante e malinconica al punto giusto; che porta con sé il retrogusto dolceamaro della vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Ahia!”
“Stai attento, per Dio!”
Roberto, dopo essere sceso dalla ringhiera di ferro, toccò malamente con il piede un grosso vaso di porcellana.
Il mio orologio segnava le due di notte; eravamo inzuppati fino alle mutande e, per di più,  sembravamo anche due ladri maldestri che eseguivano il furto dell’anno in un microscopico paese di provincia.
“Ma perché ci comportiamo in questo modo? Stiamo bisbigliando a casa mia!”
Lui continuava a muoversi velocemente davanti ai miei occhi, cercando – in un modo alquanto discutibile – un’idea che ci avrebbe garantito velocemente una doccia calda e un letto per dormire le restanti ore di buio.
La villetta, distante solo pochi passi dalla casa dov’ero cresciuta, era decisamente carina e si addiceva moltissimo alla personalità di Giovanna.
Sembrava confortevole, calorosa e simpatica. Anche al buio si intravedeva l’azzurro acceso dell’intonaco e la varietà di fiori colorati disseminati per tutto il giardino.
Avevamo abbandonato l’ospedale da una mezz’ora, perché dopo il nostro acceso e sofferto confronto, non era rimasto molto da dire o chiarire.
Salutata mia mamma con un nodo in gola, Roberto mi aveva convinta – o meglio obbligata – a prendermi qualche ora di riposo, visto che non dormivo dal giorno precedente. Senza contare che, ero rimasta troppo tempo sotto la pioggia e stavo rischiando davvero di prendermi un’influenza con i fiocchi.
Il nostro piano di “ritorno all’ovile” però, era stato distrutto davanti alla lunga ringhiera di ferro che ci aveva lasciati entrambi con la bocca spalancata.
“E’ per mio padre…” Aveva sussurrato pochi minuti prima Roberto, di fronte all’evidenza.
Giovanna aveva ancora paura di suo marito e sia io che il mio migliore amico, eravamo giunti alla stessa medesima conclusione di fronte a quell’ammasso di ferro battuto.
Gli avevo stretto il pugno tra le mie mani, che si schiuse quasi subito per accarezzare la mia pelle e sorridermi, fingendo un benessere forzato.
“Ok, il cancello l’abbiamo scavalcato e ora? Come facciamo senza uno schifo di chiave ad entrare dentro?”
“Non lo so, Rob. Dobbiamo per forza suonare il campanello e svegliare Giovanna e Luca.”
Lui si strofinò i capelli con forza, arrendendosi di fronte alla cruda realtà.
“Hai ragione; e smettiamola pure di bisbigliare.”
Suonò il campanello con forza e poco dopo Giovanna ci raggiunse in camicia da notte.
Era una donna dolcissima e lo confermava anche la camicia rosa confetto che la facevano assomigliare ad un carinissimo marshmallow. Sì, l’adoravo!
“Oh, Dio! Tesoro mio!”
Giovanna si gettò tra le braccia del figlio; stritolandolo, baciandolo e piangendo nello stesso momento. Evidentemente non aveva avvisato nemmeno lei del suo rientro e questo mi fece capire quanto lui ci tenesse a mia madre e a me.
Non aveva pensato alle conseguenze, al lavoro, a se stesso: aveva preso il primo volo disponibile per correre qui a dare una mano.
Quello - quel ragazzo che stringeva sua madre tra le braccia, che le baciava i capelli e le sussurrava parole dolci - era il Roberto che conoscevo e che non sarebbe mai cambiato.
Perché non si cambia il modo di amare e di volere bene ad una persona; è come una dote naturale che ognuno di noi possiede ed è unica nel suo genere.
“Quanto sei alto e sei dimagrito! Oh, signore mio! Sei mesi fa, quando sono venuta da te, eri più grassottello. Robé, devi magnà!”
Scoppiai a ridere, chiudendomi la porta di casa alle spalle.
“Ma che succede qui?”
Il mio sguardo oltrepassò la coppia che si stringeva ancora sotto ai miei occhi e si fermò sul volto stropicciato dal sonno di Luca.  Fasciato da una canotta e dei pantaloni larghi scuri, mostrava quasi senza accorgersene tutta la sua forza fisica, nonostante la stanchezza lo avesse visibilmente provato.
Le mie gambe si mossero da sole e qualche secondo dopo, accompagnata dai nostri sorrisi, finii tra le braccia del mio ragazzo.
“Scusaci, se ti abbiamo svegliato.” Sussurrai contro la sua spalla, ricevendo come risposta un bacio sul capo.
“Non stavo dormendo, tranquilla. Mi continuavo a rigirare come uno scemo.”
Mi allontanai dalla sua pelle calda, per poter catalizzare la sua attenzione sulla mia espressione accigliata.
“Certo, certo. Come se io non ti conoscessi.”
Lui sorrise colpevole, baciandomi subito a fior di labbra.
“Mi freghi sempre, Sherlock. Ok, forse mi ero appena addormentato.”
Sorrisi, ribaciandolo con dolcezza prima di ricordarmi che Roberto era dietro di noi e ci teneva ad essere presentato.
Presi la mano di Luca e feci qualche passo indietro, avvicinandomi al mio migliore amico.
Il biondino teneva ancora un braccio sulle spalle di Giovanna.
“Ok, scusateci per l’ora, ma un certo rompicoglioni mi ha costretta a tornare a casa per riposare. Nonostante questa non sia esattamente la situazione migliore per farvi conoscere, ormai il caso ha deciso per me. Luca, questo è Roberto, il mio migliore amico e Rob questo è Luca, il mio fidanzato.”
Lasciai la mano di Luca e sorridendo ad entrambi, mi allontanai di un passo per poter fare spazio tra di loro.
“Oh, finalmente! Penso di sapere anche quante volte andavi in bagno a dieci anni, ormai.
Contento di conoscerti di persona, Roberto.”
Luca gli porse così la sua mano che venne prontamente stretta da quella del mio migliore amico.
“Io invece comincio a capire il perché di tutti quei complimenti deliranti verso di te.
Sembri davvero il ragazzo perfetto per Crì. Il piacere è tutto mio!”
Roberto lasciò così la stretta di mano, facendomi l’occhiolino.
“Ma davvero? Sì, effettivamente so di essere un ottimo bocconcino.”
Io scossi la testa, ormai rassegnata.
“Modesto, soprattutto!” Entrambi si guardarono, scoppiando poi a ridere di gusto.
”Spero mi scuserai, Luca, ma non vedo l’ora di farmi una doccia e riposare. Sono in piedi da 24 ore e comincio a sentire davvero la testa pesante. Domani mattina, però, ti faccio un caffé da leccarsi i baffi e ci divertiamo a prendere in giro la tua ragazza. Ho delle cose da raccontarti.”
Il fatto che io mi sentissi in qualche modo minacciata, doveva essere normale?
Perché, tra tutti, Roberto era a conoscenza di troppe cose imbarazzanti, riguardo la mia infanzia e adolescenza.
"Scherzi? Sarò sveglio e pimpante solo per assorbire quante più informazioni possibili!"
Roberto lo salutò con una pacca sulla spalla, che Luca ricambiò felice.
“Tesoro, il letto della camera degli ospiti l’ho lasciato a Luca e Cris. Se vuoi io posso dormire sul divano e tu nella mia camera e-“ Roberto bloccò la madre, con uno sguardo duro.
“Scherzi? Ovviamente tu non dormi sul divano a casa tua! Mi lavo e poi mi sistemo lì, non ti preoccupare. Buonanotte ragazzi.”
Luca cercò di protestare, ma Roberto era inflessibile. “Ma figuriamoci se faccio dormire i nostri ospiti sul divano! Luca, non ti preoccupare. Non credo di morire per una notte. Buonanotte a tutti.”
Sorridendo, mi passò una mano tra i capelli e sparì per il corridoio dietro le mie spalle.
Luca mi guardò come se non mi vedesse, ma poi si riscosse e mi prese per mano.
Salutammo così Giovanna che controllò ben due volte di aver chiuso la porta a chiave.
Con un nodo in gola, dopo la visione di quella scena, mi lasciai trascinare da Luca verso la nostra camera.
Mi spogliai meccanicamente, indossando l’accappatoio e aspettando che Roberto mi desse il via libera per la doccia.
“E’ davvero un bel ragazzo.”
Mi girai verso Luca che si era seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera.
“Sì dai, si tiene un po’ di più di quel che ricordavo. Perché quest’affermazione?”
Lui mi guardò e fece spallucce. “Così.”
“Geloso, eh?”
Risi da sola, avvicinandomi al letto e sedendomi di fronte a lui.
“Io? Ma cosa vuoi che me ne freghi.. E’ pure simpatico.”
Non mi guardava negli occhi, come faceva spesso quando era indispettito o nervoso per qualcosa.
Mi avvicinai a lui e gli baciai il mento. “Smettila di fare così…”Scesi sul suo collo, lasciandomi accogliere dalle sue braccia.
“Amore, Cristina bella, se mi strusci addosso il tuo bellissimo corpicino strizzato solamente in un reggiseno e in un paio di mutandine microscopiche, non credo di poter fare per molto il bravo fidanzato in trasferta.”
Ridacchiai sulla sua spalla, mentre la sua mano si insinuò sotto l’accappatoio, iniziando a a massaggiarmi la schiena in modo sinuoso e rilassante.
“Quanto sei diventato pudico… Puoi fare il bravo fidanzatino anche facendomi rilassare.”
Lui mi sollevò il mento, per guardarmi negli occhi.
“Sei sicura? Tua mamma sta poco bene e dietro a questo muro dormono due persone importanti per te. Non so se sia il caso di rilassarci.”
I miei occhi si socchiusero, sentendo la premura e la dolcezza di quelle semplici parole.
Stare con Luca era così rassicurante.
“Avrei proprio bisogno del mio Mr Grey personale…”
Lui mi strinse di più a sé, ridacchiando contro il mio collo.
“Quanto sei cretina.”
Le sue labbra iniziarono a percorrere il mio petto mentre le sue mani mi avvicinavano sempre più a lui, fino a far combaciare i nostri due corpi.
“Se mi offendi, me ne vado…”
Gli massaggiai i capelli che si erano allungati negli ultimi mesi. Adoravo toccarli, erano sempre così morbidi e profumati.
“Ok, allora io smetto di baciarti.”
Ma invece non lo fece, anzi. Le sue labbra oltrepassarono il pizzo del reggiseno, fino a circondare con dolcezza un capezzolo.
“Oh…”
Lui alzò gli occhi, sorridendo senza smettere di coccolarmi.
“Shhh, silenzio o ci beccano.”
Ma il destino, evidentemente, ci era profondamente avverso negli ultimi giorni.
“Piccioncini, il bagno è libero.”
Luca si accasciò contro la testiera del letto, mentre io scoppiai a ridere come un’ossessa
Mi ricomposi alla bell’e meglio e uscii dalla camera, dopo aver assistito brevemente all’inizio di un lungo sproloquio tra Luca e il suo “intimo” amico.
“Giuro solennemente che non volevo interrompere niente.”
Roberto, di fronte a me con una spalla appoggiata alla porta del bagno, sorrideva sornione con una mano sul cuore.
“Non hai interrotto niente, infatti.”
Lui alzò il sopracciglio, come tacita risposta.
“Ok, va bene. Penso che Luca entro le prossimo ore o scoppia  o tenta l’impiccagione del suo amato gingillo!”
Roberto mi guardò prima stralunato e poi incredulo, scoppiando infine a ridere di gusto.
Aveva addirittura le braccia incrociate sulla pancia, tanto che rideva.
“Credo di essermi fottuto l’unica possibilità di piacergli davvero.”
Sorrisi, dandogli una pacca sulla spalla ed entrando in bagno.
“Direi che come minimo tu debba pagarci un soggiorno alle Maldive…”
Lui si girò verso di me, che intanto preparavo le mie cose per la doccia.
“Perché non in Australia? Visto che ci siamo…”
Gli feci una linguaccia, cercando lo shampoo.
“Nella terza mensola del mobiletto alla tua sinistra. Usa il mio, è una bomba. Qualche mese fa, in America, avevano fatto un nuovo bagnoschiuma incredibile… Ricordava un sacco quello che usavi tu a dodici anni. Me lo sono comprato, sovrappensiero e pensavano fossi dell’altra sponda, perché profumavo sempre di pesca e zucchero.”
Scoppiò di nuovo a ridere, facendomi quasi scivolare sul tappetino davanti alla doccia.
Era tutto bagnato in giro, ecco perché.
“Quanto sei coglione! E poi non si pulisce in giro dopo la doccia? Stavo rischiando di ammazzarmi.”
Lo guardai male, ma lui mi sorrise con la sua bellissima faccia da culo.
“Peccato, ed io che volevo ucciderti per starmene solo soletto con Luca.”
“Allora vedi che lo sei davvero dell’altra sponda!”
Scoppiammo di nuovo a ridere, fintanto che non rimase più niente da dire, se non la buonanotte. Mi abbracciò a lungo, con forza ed esigenza.
Dio, come mi era mancato.
Con mille pensieri per la testa ed il profumo di Luca mischiato allo shampoo di Rob, mi feci la doccia più lunga e pensierosa della mia vita.
 
***
 
“E poi, era una bambina rompiballe. Non che ora sia migliorata, ovviamente. Mi ricordo ancora che, pochi giorni dopo il nostro primo incontro, mi chiedevo cosa avesse avuto di così speciale quella bambina, per aver fatto intenerire mio padre.”
Mi fermai contro la parete del corridoio, bloccata da quelle parole.
Mi ero svegliata da poco e trovando il letto vuoto, mi ero affrettata a uscire dalla camera per vedere dove fosse finito Luca.
La risposta arrivò poco dopo, tramite la voce lievemente incrinata di Roberto.
“Cris una volta mi aveva accennato qualcosa, però non si è mai sbilanciata troppo. Mi è sempre sembrato che parlare di tuo padre, fosse un po’ un tabù per lei. Si vede che ti vuole molto bene.”
Sentii un sospiro e le parole successive uscirono confuse, come se Roberto stesse sorridendo e faticasse a pronunciarle bene.
“Lo so, Luca. Cristina è sempre stata preziosa per me, penso tu l’abbia capito. Comunque per me non è un problema parlare di mio padre. Purtroppo, mi spiace dirlo, ma ho smesso di rimanerci male e soffrire per una persona debole e meschina. Aveva problemi di alcool, ho sentito urla e sofferenza per gran parte della mia infanzia e adolescenza. Essenzialmente,  me ne sono andato per cercare di ricostruirmi una vita normale come tutti i miei amici. Purtroppo, però, ci sono esperienze che ti segnano in modo indelebile e ti cambiano di conseguenza. Ora ho solo il rimpianto di non essere rimasto. Avrei potuto salvare Cristina dai suoi tormenti interiori e avrei potuto salvare anche mia madre dalla paura che ha ogni volta a sentire solo il nome di mio padre.”
Il mio sguardo si disperse sulla parete azzurrina del corridoio, mentre mi stringevo le braccia intorno al corpo.
Ricordavo bene ogni litigio e ogni pianto successivo di Roberto che veniva a cercarmi a casa, per potersi sfogare.
“Che merda di vita… Scusami, amico. Non avrei dovuto insistere per chiederti dettagli. Sono solo fondamentalmente curioso.”
Una sedia venne spostata, prima che la voce di Roberto - più dolce e allegra di poco prima - giungesse alle mie orecchie.
“Hey, è giusto così. Cazzo, sono un uomo e sono stato per tanti anni a stretto contatto con la tua donna. E’ normale che tu voglia sapere più cose su di me. Fidati, però: non valgo la pena di tutta questa curiosità. Sono un ragazzo normale e semplice, anche se non amo molto parlare di me e del mio passato. Cristina è una dolcezza e mi è stata vicino a lungo. Da quando poi mi ha raccontato di te, ho cominciato ad allontanarmi, perché finalmente aveva trovato il ragazzo giusto. Sei romantico, rispettoso e hai una famiglia numerosa e affettuosa: sei perfetto per lei. Sì, scusa; all’epoca avevo fatto il terzo grado a Cris per vedere se eri davvero quello giusto. Alla fine, cavolo, sono contento per voi. Però, ecco, non voglio fare lo stronzo; ma se dovessi farla soffrire…”
Un lungo silenzio, prima di una risata.
“…Non sono cazzi miei, lasciamo perdere. Quanti zuccheri nel caffè?”
Entrai così in cucina, fingendo uno sbadiglio e avvicinandomi a Luca per baciarlo.
“We, buongiorno patatina. Sembri uscita dalla lavatrice, dopo la centrifuga.”
Mi fece l’occhiolino, conscio di ricordare quello che era successo poche ore prima, quando ero ritornata in camera da letto.
“A me sembra più uscita dal cartone di un clochard…”
Incrociai le braccia, guardando male Roberto, ritornato di fronte ai fornelli.
“Buongiorno anche a te, pezzo di stronzo.”
Risero entrambi, mentre mi sedevo con il broncio, vicino a Luca.
“Quanto è dolce la mia ragazza?”
“Meglio un calcio nelle palle!”
Luca rise, mentre io li diedi un pizzicotto sul braccio.
“Hey! Sei pazza?”
Incrociai di nuovo le braccia, arrabbiata. “E voi avete finito di fare gli stronzi?”
Roberto arrivò alle nostre spalle, mimando le pose di un cameriere con le braccia.
“Il cappuccino, con il cacao sopra e un cucchiaino di zucchero di canna, per la signorina con i capelli stile Caparezza e un caffè amaro per il nostro povero ragazzo che se la deve sorbire tutti i santi giorni.”
Rimasi sorpresa della memoria del mio amico, che si ricordava ancora la mia piccola mania per la colazione “perfetta”. Anche Luca lo fece, ma il breve momento di silenzio, venne interrotto quasi subito da nuove risa.
“Comunque, oggi chiamo mio padre e gli chiedo qualche giorno di permesso.”
Mi voltai verso Luca, assottigliando lo sguardo.
“Non credo proprio. Non voglio che salti il lavoro per stare qui.”
“Voglio starti vicino.”
Roberto si sedette di fronte a Luca, girando il suo caffè e guardando altrove.
Sembrava così pensieroso, che per un attimo mi persi nell’inseguimento dei suoi occhi cristallini.
“Amore, non sono da sola. Ho Giovanna, Roberto e poi oggi devo parlare con il dottore. Facciamo così; se mia madre si sveglia, vuol dire che il pericolo è passato e tu puoi ritornare a casa, va bene? Nel caso, puoi chiedere qualche giorno di permesso. Non voglio fare la stronza… Sai come la penso.”
Lui mi presa una mano e la strinse nella sua.
“Già, è per questo che ti amo.”
La dolcezza, la sincerità e la semplicità di quelle parole dette non solo a me, ma anche sotto la presenza di qualcun altro, resero quella frase ancora più profonda e sentita.
Mi sorrise e mi baciò la punta del naso, prima di alzarsi per posare la tazza ormai vuota.
“Allora, ragazzi. Tra venti minuti passa il 24, che ci lascia proprio davanti all’ospedale. Preparatevi e vi chiamo io quando andare. Intanto sistemo un po’ qui.”
Roberto mi guardò intensamente, prima di alzarsi e posare anche lui la sua tazza vuota.
Il 24… Quanti ricordi mi tenevano legata a quell’autobus.
“E Giovanna?”
“Mia mamma è già lì dalle 7.”
Un sorriso si increspò sulle mie labbra. “Quelle due sono diventate inseparabili.”
Roberto ricambiò il mio sorriso. “Già.”
 
Nei minuti successivi, mi lasciai coccolare da Luca che, sovrappensiero, mi massaggiava pigramente la schiena.
Non gli chiesi niente; avevo intuito che il suo silenzio era dovuto al discorso avuto con Roberto.
Chissà cosa si erano detti… Ero curiosa, ma non mi sarei permessa di indagare oltre.
In fondo, io sapevo già tutto di entrambi.
Roberto, come da programma, venne a bussare pochi minuti prima dell’arrivo dell’autobus.
Prendere di nuovo quel mezzo, mi riportò indietro di anni e mentre mi sedevo nei penultimi posti con Luca di fianco e Roberto di fronte, la mia mente si perse nei ricordi.
 
8 anni prima
 
“Mamma mia, che palle!”
Mollai la cartella sui miei piedi, indispettita dal macello e dalla moltitudine di ragazzi che affollava ogni posto libero di quel vecchio autobus di provincia.
Ero schiacciata tra l’apertura delle porte e lo schienale rigido di un sedile, quando qualcuno – spintonando come Dio comandava – si fece spazio, finendomi di fronte.
“Ciao, Cris.”
Rob mi sorrise, togliendomi il cappellino di lana e scompigliandomi i capelli. Non riuscivo proprio a capire che cosa ci trovasse di divertente nel farmi perennemente innervosire.
“Dai, Rob! Lo sai che non lo sopporto!”
Lui appoggiò la sua cartella sul pavimento nero, e mi sorrise sornione.
“Permalosa. Com’è andato il compito di mate, poi?”
Al solo ricordo, mi venne il mal di pancia. “Una valanga di sterco in camera mia sarebbe stata più piacevole. La Giacobini, mi odia… lo so, anche se sono al primo anno e ci conosciamo da tre mesi, sento che combatterà con tutte le sue forze per farmi avere il debito per tutti e cinque gli anni. Voglio morire.. Te? La rossa ti sta perseguitando ancora?”
Il suo sguardo fu eloquente. “Scherzi? Quella non mi molla un attimo! Che palle di ragazza.. Ben mi sta! Così imparo a trombare a destra e a manca giusto per divertirmi. Questa mi farà diventare gay dalla disperazione.”
Gli diedi una pacca sulla spalla, che sembrò più una sberla ben assestata. “Rob! Non urlare che siamo in un posto pubblico! E comunque, ti sta bene sì! Così impari a lasciarmi sola alle feste, mentre ti infili in ogni buco disponibile.”
Lui scoppiò a ridere, avvicinandosi di più a me.
“E poi sono io quello che non deve urlare. Miss Piggy, lo sai che io amerei solo te, se tu mi concedessi la tu-“
Gli misi una mano sulle labbra, fingendomi scandalizzata.
“Roberto Casarini, smettila di dire porcate!”
Lui sorrise contro le mie dita, abbracciandomi.
“Su, su, piccola Crì. Dopo sabato sera, non dovresti più dirmi niente…”
Io diventai rossa. Sabato sera avevo perso la mia verginità… Purtroppo il modo era stato abbastanza discutibile.
“Senti, ma tu manco c’eri.”
“Me l’ha raccontato Ary..”
Lui mi strinse di più tra le braccia, bisbigliando al mio orecchio.
“Come ti senti?”
Sospirai. Il fatto era che.. Beh, non mi ricordavo poi molto della mia prima volta e mi vergognavo solo al pensiero di aver sprecato una delle cose più importanti nella vita, per colpa dell’alcool, della fretta e della pressione delle mie amiche.
“Male, Rob. Non mi ricordo nemmeno il viso di Nico.. E’ iniziato tutto per uno stupido gioco ed io… Io non avrei voluto buttarmi via così.”
Lui sospirò, prima di massaggiarmi la nuca, come mi piaceva tanto.
“Lo so, piccola. Sono sicuro che non era così male.”
In effetti, era così. Non mi ricordavo il viso di Nico, però ricordavo il suo tocco, i suoi baci e la sua gentilezza. In fondo, mi era rimasta una piacevole sensazione, nonostante nei mie sogni, la mia prima volta era molto diversa.
“Hai ragione.. E’ stato magico. Mi ha rispettata e coccolata. Questo lo ricordo, anche se non capisco perché non riesco a focalizzare minimamente il contesto, il dove e il suo viso. Boh, oggi non mi ha nemmeno salutata quando sono andata alle macchinette, per la cioccolata. Sembrava avesse paura solamente di guardarmi.”
Rob fece spallucce, prima di staccarsi da me, giusto per guardarmi negli occhi.
“Lascialo perdere. Si sentirà un leone, perché ha avuto l’onore di stare con te. Tu vali più di lui e di tutti i ragazzi stupidi che ti fanno la corte. Sei speciale, Cris. Sei anni luce sopra a tutti loro.”
E poi mi baciò sulla fronte, dolcemente; facendomi sentire migliore e unica, come solo lui riusciva a fare in quel periodo.
 
“Siamo arrivati.”
La voce di Roberto e la stretta di Luca, mi riscossero dai ricordi.
Sorrisi ad entrambi e uscii dall’autobus che profumava ancora di passato e malinconia.
Dicono che solo ritornando nel posto dove sei cresciuto, riesci a ricucire i tuoi veri sogni e la tua futura vita.
Quel breve ricordo, per quanto adolescenziale e sciocco, era riuscito a farmi ricordare i miei sogni di un tempo e le aspettative di una vita che ora stavo vivendo giorno per giorno.
E nonostante gli ultimi tre anni di distanza, mi ero resa conto che Roberto aveva marcato indelebilmente la mia vita. Ogni sua parola, gesto e pensiero avevano influenzato la Cristina di 14 anni che maturando e crescendo, si era aggrappata a quelle parole, gesti e pensieri.
Non sono le situazioni a cambiarci nel tempo, ma le persone.
E Roberto, nonostante la sua assenza prolungata, era riuscito a cambiare tutt’ora ogni mia certezza.
Il resto del tragitto lo percorsi in silenzio, interrotto solo dalle parole di Luca e Roberto sul  confronto tra football americano e il calcio italiano.
Quando varcai finalmente la soglia della camera 16, il cuore si bloccò.
Mia madre era seduta sul letto, con un libro in mano e un sorriso lieve dipinto sul viso.
“Mamma!”
Lasciai la mano di Luca e mi precipitai ad abbracciare la mia famiglia.
Aveva ancora le flebo nelle braccia e un colorito pallido sul viso, ma sentire la sua leggera stretta ricambiare il mio abbraccio, mi fece commuovere.
Perché per quanto l’amore del tuo partner possa essere totalizzante, l’affetto della tua famiglia non potrà mai essere sostituito da nient’altro; nemmeno da un barattolo di Nutella.
“Tesoro…”
Bastò una parola per farmi crollare e lo stress dell’ultimo periodo mi si rigettò addosso: le scelta dell’università, un lavoro estenuante, il ritorno di una persona importante…
Bastò la voce leggera di mia madre e il profumo dei suoi capelli a ridarmi il benvenuto.
Bentornata a casa, Cristina -  pensai, lasciandomi andare.
 
 
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Buonasera, fanciulle!
È passato quasi un mese dallo scorso aggiornamento, lo so perfettamente!
Mi scuso davvero, ma ho iniziato a lavorare e tra poco ho anche un esame, quindi mi è davvero difficile gestire tutto.
Ho altre storie da scrivere, mille idee da assecondare e anche una vita da inseguire! Sì, mi sto giustificando, perdonatemi xD
Che ve ne pare di questo capitolo?
E’ stato un po’ pesante da scrivere. Fa schifo? Non lo so… Ho bisogno dei vostri pareri, per vedere quanto valga la pena pubblicare ancora questa storia :D Dico solo che il bello, non è ancora arrivato ù.ù
 
Un bacione a tutte voi <3
                                                                                                                                    
 
 
 

   
 
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