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Autore: marwari_    23/11/2012    3 recensioni
Male e Bene gareggeranno, di cui i figli paladini saranno.
Chi infine vincerà? Questo davvero non si sa.
[e se.. Biancaneve non fosse l'unica ad avere per figlia una salvatrice?]
TEMPORANEAMENTE SOSPESA - FINO A: DATA DA DEFINIRE
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 - Still Little Voices
Armida era in uno stato di semicoscienza quando Regina irruppe in camera, chiamandola. La ragazza mugolò, non pensando neanche lontanamente di voler lasciare quel letto caldo e morbido, dal momento che, nel vecchio mondo, non ne aveva mai sperimentato uno, figurarsi un letto così comodo.
«Henry è andato a scuola, si è portato il pranzo e, fino alle quattro, possiamo fare quel che ci pare.» esclamò con voce allegra, sedendosi sul letto.
Armida la guardò con occhi assonnati, da sotto la coperta
«Sì.. ecco, a proposito.. perché Henry deve andare a scuola? Insomma, a che serve la scuola?» domandò, risorgendo poco alla volta dalla sua nuova idea di paradiso
«Non ti preoccupare.» Regina scrollò le spalle «Lo scoprirai presto, perché ci andrai pure tu.» Armida la guardò male. Non sapeva di cosa si trattasse, ma già il fatto di doversi alzare presto e tornare a casa in pomeriggio inoltrato per fare.. chissà cosa, non la attirava affatto
«Stai scherzando, vero?» Regina le afferrò un polso, trascinandola fuori dal letto
«Io non scherzo mai, Armida.»
«Devi stare simpatica ad un sacco di gente..» commentò la ragazza, ottenendo come risposta una bella stritolata al polso. Non protestò, se lo aspettava.
«Andiamo, simpaticona, ho preparato la vasca.» la costrinse a seguirla fino all'altra stanza.
Era un po' sconcertata da quell'ambiente immacolato, bianco, con tanti oggetti e mobilia che non aveva mai visto prima.
Regina entrò per prima, lasciando la figlia ammirare a bocca aperta quel luogo tanto strano. Osservò il piccolo accappatoio azzurro che doveva, per forza, appartenere ad Henry, e la vestaglia rossa.. che non aveva bisogno di ipotesi; a parte i flaconi colorati, non sembrava affatto un luogo frequentato da un bambino, il predomino, in quella casa, era sicuramente in mano sua.
Regina si sedette elegantemente sul bordo della vasca, sfiorando l'acqua con le dita
«Fammi capire..» Armida incrociò le braccia al petto, sollevando un sopracciglio «Vuoi farmi il bagnetto?»
«Sei sporca da fare schifo!» esclamò lei, senza mezze misure
«Non è facile farsi belle in mezzo ad una foresta!» le rispose a tono, seccata. Regina sospirò, massaggiandosi la fronte
«Entri da sola o devo fare come quando Henry era piccolo?»
«Posso anche cavarmela..» disse poco convinta, guardando la vasca colma d'acqua
«Non credo proprio.» Regina scosse la testa, girando le manopole per fare uscire altra acqua. Armida si avvicinò estasiata
«Pensavo che la magia fosse scomparsa..» la donna si lasciò scappare una risata
«Sì, la magia idraulica.» Armida la guardò con aria di sfida
«Essia.» disse prima di levarsi il pigiama di seta e, con decisione, si immerse completamente. Regina non fece nemmeno in tempo ad avvisarla di fare piano, almeno per evitare che il liquido rovente le provocasse dolore, che lei era già dentro con gli occhi sbarrati
«Sì.. avrei dovuto avvertire.»
«Ma sei pazza? Sei una sadica, perché mi hai fatto entrare in questa trappola bollente?!» protestò, cercando di liberarsi dalle mani di Regina - divenute improvvisamente congelate - che la costringevano a rimanere seduta
«Non posso andare in giro per la città con una selvaggia sporca di fango! Sono pur sempre il sindaco! ..E vedrai che un giorno sarà rilassante.» Armida urlò contrariata quando prese a strofinarla con una spugna, tanto forte da farle male
«È una tortura! Pensavo che ci avessi spediti in una civiltà evoluta!» esclamò di nuovo, mentre stringeva gli occhi, rossi per il sapone.
«Ma non ti sei mai lavata?» protestò seccata Regina, quando la ragazza cercò di combattere contro l'acqua insaponata che le colava giù dalla testa
«Sì!» tossicchiò «Ma nell'altro mondo non è che sguazzavamo nell'oro, dovevamo accontentarci di un panno umido, quando andava bene.. e qui, beh, il fiume sotto Toll Bridge.. Troll Bridge.. insomma, sotto il ponte, non è molto accogliente.» Regina abbassò lo sguardo, si era sentita improvvisamente assalire da un nodo allo stomaco, si sentiva in colpa
«Mi dispiace non essere riuscita a darti la vita che merita una principessa.» Armida la guardò, per un attimo, non aveva mai veramente realizzato di essere una principessa; si mostrò distaccata, scrollando le spalle
«Beh, almeno sono viva.» si rivolsero, a vicenda, un sorriso tirato.
Regina le porse un asciugamano, mentre tirava via il tappo e l'acqua defluiva.
Si scambiarono un'occhiata, quando il campanello suonò
«Vado a vedere chi è.» disse con fare circospetto, la donna. Armida la osservò uscire dalla stanza.
Chi poteva farle visita di mattina? Non stava aspettando nessuno! E per i pettegolezzi su di lei e su Armida, contava sarebbero scoppiati solo dopo mezzogiorno, quando l'avrebbe portata da Granny's per il pranzo. La mente di Regina correva su ogni possibile ipotesi mentre trottava giù dalle scale, le dita che accarezzavano delicate il corrimano; si sistemò i capelli, quando arrivò all'ultimo gradino. Intravide una figura sfocata dai vetri opachi che circondavano la porta.
«Signor sindaco!» si sentì chiamare, prima di girare la maniglia.
Quellavoce, quel bastone, quel taglio di capelli così piatto e anonimo, quegli occhietti furbi e taglienti.. a Regina si bloccò il respiro. Che ci faceva lui davanti alla sua porta? E proprio il giorno dopo il ritrovamento di sua figlia.. si stava chiedendo se fosse realmente una coincidenza.
«Signor Gold.» provò a sfoggiare un sorriso amichevole «Bu-buongiorno...?» non aveva mai balbettato davanti a lui, non aveva mai balbettato davanti a nessuno! Che le stava prendendo? Quell'aria interrogativa nel titubante buongiorno che gli aveva rivolto la faceva sentire colpevole di qualcosa che non aveva fatto. Non aveva nulla da nascondere, dopotutto!
«Buongiorno anche a lei.» sorrise l'uomo, facendole un cenno col capo. Non sembrava molto sorpreso dall'atteggiamento della donna.
«Serve qualcosa, Gold?» la sua voce si era fatta scontrosa tutto d'un colpo, e l'uomo fu costretto a rimettersi dritto, facendo finta di non aver osato sbirciare dentro casa del sindaco
«Io ero venuto.. per darle questo.» solo allora lo sguardo di Regina notò che, con il braccio piegato, l'uomo reggeva una stoffa dai colori sgargianti. Gold glielo porse con un largo sorriso «Ne ho tanti al banco dei pegni e.. ho immaginato che alla piccola non entusiasmasse l'idea di indossare vestiti smessi e dai colori cupi.» arricciò il naso e Regina lo guardò dall'alto in basso.
Come diavolo faceva a saperlo? E con che coraggio chiamava Armida "piccola"? ..Giusto, lui non era consapevole del resto.
«La ringrazio..» si schiarì la voce «Ma non ho bisogno di..» si sentì spostare. Armida era corsa giù per le scale, grondante, e si era affacciata alla porta con aria curiosa, sbirciando da dietro il corpo di sua madre.
Regina fu disgustata dal modo in cui lo sguardo di Gold cadde sul corpo seminudo della figlia e desiderò avere il potere di scagliarlo lontano da lei, ma lì non poteva.
«Armida!» la riprese sconvolta, cercando di ricacciarla in casa
«Che grazioso bocciolo.» la voce dell'uomo fece bloccare entrambe.
La ragazza sembrava attratta dal volto di Gold. Corrugava le sopracciglia, nel tentativo di capire, di ricordare, dove l'avesse visto.. o chi fosse.
Regina si sincerò che l'asciugamano con cui si era coperta non fosse in procinto di lasciarla nuda davanti a lui, poi, rassegnata, tornò a guardare verso il mattiniero visitatore
«Le presento Armida.» disse con voce atona
«Incantato.»
Tremotino!
Armida spalancò la bocca, sbandando all'indietro. Il Signor Gold venne ritenuto alquanto inopportuno, da Regina, quando cercò di preservare la ragazza da una caduta.
«Armida, vai di sopra.» la donna le raccomandò con garbo di non fare passi falsi così ingenuamente
«Mi permetta soltanto di darle il mio dono..» insistette Gold «Per favore.» Regina s'irrigidì schiarendosi la voce
«Il Signor Gold ha un regalo per te, cara.» le rivolse un sorriso mellifluo, al quale Armida decise di reagire ridandosi un tono «Ringrazia e vai di sopra.»
Armida ubbidì, prendendo l'abito corto che l'uomo le porgeva e scattando su per le scale, volendosi solamente allontanare da lui.
Regina lo congedò con un cenno composto del capo, chiudendogli praticamente la porta in faccia
«Che ti è saltato in mente?» la donna aggredì la ragazza appena la porta si richiuse
«Avevo sentito una voce familiare.» provò a giustificarsi lei, lo sguardo basso
«Intendevo dire come ti è saltato in mente di venire alla porta mezza nuda!»
«Non è per me che dovresti preoccuparti.» mormorò lei, puntando i suoi occhi in quelli di Regina «Lui sa.» disse tagliente. Confermando le teorie che Regina, a cui da un po' di tempo, aveva pensato: Tremotino ricordava tutto.
«Non essere sciocca.» rispose mettendo le mani ai fianchi
«Allora perché sei così nervosa?»
«Non lo sono!» esclamò adirata «È solo che.. potresti avere ragione.» sospirò «E se così fosse..»
«Cosa?» la interpellò «Lui è senza magia tanto quando noi. Con la differenza che noi siamo in due.. non è da Gold che dobbiamo tenerci alla larga.»

«Non potevamo evitare?» mugugnò per l'ennesima volta la ragazza, mentre cercava di abbassarsi la gonna, troppo corta per i suoi gusti
«Se incontriamo Gold non sarà sospetto.» rispose Regina con tono indifferente, alzandole l'abito dalla scollatura
«Insomma, tutto per uno stupido abito?» sbottò lei, fermandosi in mezzo al marciapiede
«Daresti più nell'occhio vestita da selvaggia, credimi.» le passò una mano sui capelli, cercando di pettinarli, dal momento che non aveva passato più di due minuti sotto le torture della spazzola.
Armida inciampava più del dovuto nelle scarpette che la madre le aveva infilato ai piedi. Aveva le caviglie troppo magre e le calzature si abbandonavano alla gravità ogni due passi; la macchina era stata scartata a priori, optando per un mezzo di locomozione più tradizionale e più.. evidente. Dovevano mettersi in mostra.
Regina doveva far sfilare la figlia davanti ai cittadini curiosi.
Avevano un paio d'ore prima dell'ora di pranzo, a mezzogiorno, ora in cui la maggior parte degli abitanti si sarebbe rintanata da Granny's per un buon pasto in previsione del lavoro pomeridiano. Era un appuntamento fisso: quando qualcuno doveva far sapere qualcosa, a più gente possibile, nello stesso momento, quello era il luogo giusto.
Ruby e la sua cara nonnina avevano la meritata reputazione di pettegole e, essendo il loro locale l'unico punto di ristoro in tutta StoryBrooke, la città sarebbe venuta a conoscenza della novella in poche ore.
Regina guardò l'orologio, avevano tempo per una sosta in boutique.

«Ma dei normalissimi corsetti? Gonne che coprono tutte le gambe, stivali.. non esistono più?!» protestò la ragazza, alle prese con l'ennesima camicia che sua madre le aveva fatto provare
«No, se non fanno trenta gradi sotto zero ti devi accontentare di vestiti corti ed eleganti di scarsa utilità pratica.» rispose secca Regina, lanciandole nel camerino di prova altri due abiti colorati «Il cibo, da queste parti, non lo devi rincorrere con arco e freccia. E comunque è questione di abitudine.» la donna si sedette sul divanetto, attendendo che la ragazza uscisse per mostrarle il nuovo abito. Dopo pochi minuti la sentì urlare
«Armida? Che ti è successo?»
«Che disastro!» sentì la voce tremante di lei provenire come dall'oltretomba
«Ti sei impigliata i capelli nella zip?» chiese, ricordandosi della sua prima esperienza con quella roba.. l'esperienza che la obbligò - in un certo senso - a tagliare i suoi lunghi capelli bruni
«Peggio. Tu sei più pazza di quello che pensavo.»
«Ma si può sapere che hai?» sbottò la donna, raggiungendola nel camerino.
Armida spalancò la porticina, mostrandosi alla donna con uno sguardo tra il furente e il disperato
«È rosa! Rosa!» lisciò con nervosismo la corta gonna «Non vorrai davvero che me ne vada in giro conciata così!» Regina si lasciò sfuggire una risata
«Certo che no, sarebbe troppo crudele persino per me.» richiuse la porticina «Vado a pagare tutto il resto, indossa qualcosa, ti aspetto fuori.»
Armida raggiunse Regina poco dopo, indossando l'abito che le aveva dato Tremotino. La donna sollevò un sopracciglio
«Tutto questo... per ritrovarti con il vestito di Gold?» la ragazza sbuffò scocciata, passandole metà delle buste
«Una cosa alla volta, prima questo vestito, poi i tuoi. Mi devo abituare.»
Regina si diresse verso il Granny's, era dall'altra parte della città e una lunga passeggiata non sarebbe stata una cattiva idea, magari passando anche dal parco.
Quella graziosa cittadina era immersa nella monotonia del mondo in cui si trovava e ogni abitante era ignaro della sua vera identità. Armida era sconcertata nell'ammirare quanto quelle persone fossero tranquille, nel vivere una vita che non era la loro; ognuno sapeva ciò che doveva fare, i commessi aprivano i negozi, le maestre andavano ad insegnare.. era tutto normalissimo.
Regina ed Armida camminavano calme - anche loro - sul marciapiede di StoryBrooke, scivolando accanto a persone che le guardavano strano, altre le ignoravano.. ma tutti erano come immersi in un sogno che li teneva imprigionati.
La ragazza sentì come un ronzio, nella testa.
Si voltò, vide Archibald Hopper, altrimenti conosciuto come il grillo parlante. L'uomo incitò il cane dalmata che teneva al guinzaglio e si diresse al parco.
E poi ancora, un forte colpo, tanto potente da spaccare una pietra.
Si voltò ancora, vide Leroy, il quale rispondeva al nome di Brontolo, camminare imbronciato nella direzione opposta. Si avvicinò con passo pensante verso di loro, urtò Armida con la spalla e non si degnò nemmeno di chiedere scusa.
E tanti altri, che si manifestavano nelle sue orecchie con acuti suoni per quelli che erano, nel loro mondo.
"Inchinati alla Regina!" sentì urlare "Inchinati alla Regina!", ancora, e sbandò.
«Ci hai maledetti!» sbottò, tra i denti, quando la donna le offrì la mano per alzarsi da terra. Regina indietreggiò, sorpresa da quel brusco cambiamento.
Ebbe la sensazione che tutta la città la stesse osservando, invece, erano sole e tutti non lanciavano che qualche occhiata curiosa, continuando sulla loro strada.
Armida si alzò traballante, le mani strette in due pugni. Non era intenzione sua, dare spettacolo, eppure lo stava facendo. Perché? Perché il suo passato la stava tormentando di nuovo? Perché lì e perché il quel momento?
«C'è qualche problema, Signor Sindaco?» la macchina si fermò proprio davanti a loro ed Emma tirò giù il finestrino.
Emma, certo. Se c'era lei, nei paraggi, cominciava il suo incubo. Erano le rivali per eccellenza. Le figlie perdute che si dovevano affrontare; starle il più lontano possibile poteva essere un'ottima idea, soprattutto se voleva evitare spiacevoli ricordi.. ma sapeva che questo era impossibile. Doveva solo.. abituarcisi. A poco a poco le brutte sensazioni sarebbero scemate, forse.
«No, va tutto bene, Sceriffo.» rispose atona Regina, senza nemmeno guardarla. «Continui il suo giretto di pattuglia, faccia il suo lavoro.»
«Hey ragazzina, tutto bene?» insistette la donna, ignorandola. Armida non rispose
«Ho detto che va tutto bene, Sceriffo.» le si avvicinò con il suo solito sguardo truce «Ora ingrani la marcia, tiri su quel benedetto vetro e vada a fare il suo lavoro.» gli occhi di Emma presero a fissare le labbra di Regina che scandivano ogni singola parola.
«D'accordo, come vuole lei.» commentò sollevando le sopracciglia. «Me ne vado.. me ne vado.» borbottò sgommando via.
Regina prese un profondo respiro, facendo nascondere le sue mani nelle tasche della giaccia di lana nera. Armida le si affiancò con lo sguardo basso, incapace di rispondere.. e impaurita, dalle domande che Regina avrebbe potuto rivolgere
«Tutto bene?» chiese la donna poco dopo, il suo tono era ben più freddo di quanto avesse voluto
«Sì.» si limitò a ribattere la ragazza, non troppo convinta. I rumori e le voci e le urla e i ricordi stavano lentamente abbandonando la sua mente.
Era certa che la vera domanda non fosse quella, in realtà.. ma non era pronta a conoscere la sua storia, Regina, come lei non era pronta a raccontargliela.
Sbucarono nella strada principale, Armida osservò con occhi affamati il grande orologio sopra la biblioteca, trattenendosi dal chiedere se fosse proprio quell'orologio e se quelle lancette che correvano senza sosta fossero proprio quelle lancette e se quella biblioteca fosse proprio quella biblioteca che custodiva grandi segreti.. come la città intera.
La ragazza cercò di incrociare più sguardi possibili e così fece anche Regina, con mal celata indifferenza. Gruppetti di persone più o meno numerosi si dirigevano a gran passo verso il punto di ritrovo quotidiano: il Granny's.
Regina avanzò a passo deciso verso la porta del locale, che aprì disegnandosi un sorriso trionfante sul volto - come le era consono - e lasciò che Armida varcasse la porta per prima.
La ragazza entrò stringendosi nelle spalle, si sistemò una ciocca ribelle dietro l'orecchio mentre la campanellina attaccata alla porta testimoniava la loro presenza.
«Signor Sindaco.» la signora Lucas salutò la donna con sorpresa. Non era da lei presentarsi per pranzo.. "mischiarsi con la gentaglia di StoryBrooke", e con lei, tutti i presenti del locale si zittirono
«Possiamo pranzare?» un largo sorriso, dolce quanto spietato, si allargò sul suo viso mentre la mano sinistra stringeva la spalla della ragazza, visibilmente fuori posto.
La signora Lucas non fece nemmeno in tempo a darle un responso negativo che subito un tavolo si era liberato; sconsolata e affranta dall'autorità e dal terrore che disseminava quella donna, le mostrò il tavolino con il braccio
«Grazie, cara.»
Armida venne sospinta fino al suo posto. Si sistemò appoggiando i gomiti sul ripiano rosso pregando che le persone tornassero agli affari propri. Cosa avrebbe fato, Regina? Si sarebbe alzata, messa in piedi su una sedia, e avrebbe gridato che lei era sua figlia? Come?
L'ansia cominciò a prevederle lo stomaco.
«Henry prenderebbe patatine fritte.. e hamburger.» Regina sollevò per un attimo lo sguardo dal menù
«C..cosa?» la ragazza si sporse verso di lei, temendo di non aver sentito bene: cos'erano quelle cose? Cibo?
Regina non ebbe tempo né di ridere, né di piangere per la disperazione che la frizzante Ruby era già da loro con il blocchetto in mano
«Che vi porto?»
«Ehm..» Armida balbettò, rivolgendo velocemente lo sguardo verso Regina
«Roastbeef, per due.. e dell'acqua.»
«Ok!» squittì Ruby, mostrando il suo sorriso luminoso. Regina si era domandata più volte a cosa servisse il piccolo blocchetto per le ordinazioni, visto che la matita non passava mai sulle sue pagine, né comprendeva il motivo dell'esistenza di quei menù, dal momento che erano invariati da ventotto anni e che, sicuramente, nonostante la maledizione, tutti quanti avevano già imparato a memoria.
Armida rispose con un sorrisetto tirato a quello sincero che Regina le rivolse, e fu l'unica comunicazione che intrattennero. Di mangiare non ne avevano voglia, ma erano lì, avevano ordinato e, nonostante lo stomaco chiuso, dovevano reggere la recita.
Ruby arrivò tenendo due piatti in equilibrio sulla mano e sull'avambraccio destro, mentre con il palmo sinistro reggeva un vassoio contenente l'acqua e due bicchieri.
Armida si ritrovò costretta ad aiutare la stravagante cameriera, la quale si prese un rimprovero dalla signora Lucas: "un giorno o l'altro farai cadere tutto in terra!", le aveva gridato da dietro il bancone, e lei aveva sbuffato, roteando gli occhi al cielo.
«Non ti ho mai visto da queste parti.» Ruby si era appoggiata al tavolino con entrambe le mani. Il dottor Whale si diresse al bancone passando fra lei e il banco di profilo, senza dimenticare di dare una lunga occhiata ai cortissimi jeans di Ruby. La signora Lucas mimò con le labbra delle frasi, la testa rivolta al cielo.
«Come?» Armida distolse per un attimo lo sguardo dal suo piatto
«Sei nuova, di qui?»
«Ah!» la ragazza scattò sulla sedia. Un qualcosa di appuntito le aveva colpito il piede. Giusto. Ecco il perché Regina non l'aveva ancora scacciata in malo modo: l'occasione perfetta. Bisognava reggere il gioco.
«Sì..» rispose quasi titubante
«Io sono Ruby!» si presentò raggiante, porgendole la mano. Armida gliela fissò per qualche istante, per poi porgerle la sua «La signora Lucas è mia nonna.» indicò la donna dall'aria bonaria con un cenno del capo
«Io sono Armida.» disse con tono dolce, rivolgendole un sorriso. Ma Ruby non sembrava soddisfatta: attendeva qualcosa. Aveva alzato le sopracciglia ed abbassato il capo, come per invogliarla a dirle di più
«..Mills.» intervenne prontamente Regina. Ruby spalancò la bocca, ritraendo quasi d'istinto la mano
«Piacere mio, Ruby.» Armida le sorrise ancora, mentre la ragazza annuiva
«Così.. voi due.. insomma.. sei la figlia di Re... del sindaco.»
«Sì.. beh..» incrociò gli occhi con quelli della donna, intenta a tagliare un pezzo di carne con aria indifferente «È una lunga storia..»
«Potrai sempre raccontarmela.. ti va di uscire qualche volta?» Ruby fece spallucce.
Regina accennò una risata
«Non la lascio uscire con te, cara.»
«Oh, avanti signor sindaco!» quella supplica la trovò estremamente fuori luogo, tanto che l'espressione che le rivolse rasentava l'allibito «Non ci sono tante ragazze qui a StoryBrooke.. avanti, non sia noiosa!» la donna si portò alle labbra un pezzo di carne, masticò e ingoiò in tutta tranquillità. In effetti il mondo delle favole non pullulava di teenager.. e Ruby era della stessa età di Armida, anno più anno meno. Entrambe erano state sole a lungo e il tempo di attesa non andava certo diminuendo, secondo i suoi calcoli
«Vedremo.» concluse Regina. E Ruby comprese che era il momento di levarsi dai piedi dopo un allegro "buon appetito", magari andando verso il bancone a bisbigliare le ultime news ai presenti.

«Molto bene: il primo obiettivo è stato raggiunto.» Regina sorseggiò dal suo bicchiere, lasciando del rossetto sul bordo
«Siamo una squadra.» sorrise trionfante Armida, masticando energicamente la carne.
«..e comunque, devi ancora spiegarmi che è successo in strada.» la ragazza inghiottì a fatica il boccone
«Non sono sicura.. che tu sia pronta.» abbassò lo sguardo, depositando le posate sul lucido ripiano rosso «E nemmeno che sia il luogo adatto.»
Regina si guardò attorno: la folla si era stretta attorno al bancone, con la scusa di una torta appena sfornata.
«Sei qui, ora. Voglio aiutarti.»
«Si tratta della mia maledizione.» Armida respirò pesantemente, come se si stesse liberando da un peso opprimente «Si tratta.. di chi sono.» la donna inclinò la testa, non era sicura di comprendere a fondo il significato di quelle parole
«E chi sei?»
«Sono stata nessuno per molto tempo. Ho avuto anche un nome, per un periodo.. ho avuto una famiglia, una casa, finché non ho scoperto la verità. Non ero chi credevo di essere.. e le bugie che tutti mi avevano sempre detto non cambiavano un fatto: non importa dove mi trovavo, non importa come mi chiamavano, non importa chi io volevo essere. Rimanevo comunque la figlia della regina.»























angolo autrice:
Innanzitutto lasciatemi ringraziate tutti voi, che leggete, recensite, seguite, ricordate.. e preferite, addirittura!
Ma un immenso GRAZIE va a McHardcore che.. beh, che dire, ama questa storia almeno tanto quanto la amo io, e forse anche di più! xD Ha creato gif fenomenali (una di esse è il link che trovate nel capitolo precedente: 'Armida') quindi inutile dirti che ti ADORO <3
...nel prossimo capitolo rintroniamo nel mondo incantato di Once, vi aspetto numerosi!!
syriana94
   
 
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