Quindici.
Scopriamo
tutto casualmente. Ogni tanto ci sono cali di tensioni dovuti alle tempeste
elettromagnetiche, e l’energia è deviata tutta alla barriera e al filtro
visivo, così restiamo al buio e perdiamo la connessione per qualche
istante. Durante l’ultima tempesta
stavamo camminando verso la mensa, quando siamo piombati nel buio, nel nostro
tentativo di spostarci e raggiungere la nostra meta, abbiamo aperto una porta, convinti che fosse quella giusta, ma siamo finiti in una
parte che non conoscevamo. A prima vista sembrava un normale corridoio, con
porte ai lati, poi mentre camminavamo cercando di capire dove eravamo finiti,
abbiamo aperto un’altra porta, e abbiamo trovato i corpi. Ci trovavamo in
quello che è la zona dedicata alla produzione, in ogni stanza ci sono quattro
postazioni, costituite da un letto in cui una donna collegata da un migliaio di
tubi porta in grembo un bambino, ci avviciniamo ai corpi incoscienti delle
donne e vediamo sugli schermi i parametri vitali dei bambini, poi Adam mi afferra
per un braccio e cambiamo stanza. La luce deve ancora tornare, camminiamo velocemente
per il corridoio sapendo che non dovremmo essere li, sentiamo delle voci venire
nella nostra direzione, entriamo in un’altra stanza e Adam mi chiude la bocca
con una mano, dopo aver lasciato passare il momento di panico per quello che ho
davanti agli occhi, mi volto verso Adam che ha girato il capo verso di me per
non vedere. Davanti a noi almeno una decina di cadaveri appesi per le spalle,
sventrati, ai loro piedi un tavolo con i loro organi stesi sul ripiano di
ferro, ognuno di loro collegato a una macchina che li mantiene vitali. Non
sappiamo a cosa serva tutto questo, ma non ci piace. Usciamo quasi subito dopo
esserci assicurati d’esser al sicuro. Dovremmo dirigerci verso la direzione
opposta, e invece continuiamo ad addentrarci dentro di quello che è sempre più chiaro,
essere il centro di ricerca. Continuiamo ad avanzare e durante il nostro
tragitto troviamo altre stanze, con donne incinte, alcune con macchine e
laboratori, poi entriamo in una stanza che sembra innocua, c’è solo una
scrivania con qualche matita spuntata, qualche foglio di carta e uno schedario,
lo apriamo convinti di trovarci cartelle, informazioni sulla struttura, invece
quando cerchiamo di aprire un cassetto, ci rendiamo conto che non è un classico
schedario, troviamo l’apertura vera, sul lato del mobile e apriamo lo
sportello. Appena apro del tutto lo sportello, un raggio mi scannerizza, faccio
un balzo all’indietro e sullo schermo compare il mio nome, poi quello del mio
custode, e poi una serie di nomi, capeggiati da altri due evidenziati in verde.
Ci metto un po’ a collegare i puntini, poi lo capisco, i due nomi, i miei
genitori biologi e gli altri nomi, i miei fratelli. Clicco su un nome a caso e
si apre una nuova schermata, vedo il suo volto e il nome del suo custode. Inizio a capire di più di quella schermata. I nomi in rosso
sono i morti ovviamente, i verdi, i vivi e quelli evidenziati, quelli assegnati
alla riproduzione ancora in vita. I miei genitori sono vivi.
- dobbiamo andarcene – mi dice Adam controllando la porta
- non vuoi sapere? –
- no. Poi li cercherei ovunque, non voglio. -
Richiudo lo sportello, afferro la mano di Adam e usciamo. Camminiamo per un
po’, poi troviamo un’altra stanza, entriamo ed è vuota. Stiamo per uscire
quando sentiamo passi avvicinarsi, restiamo attaccati alla parete sperando che
non entri, poi sentiamo la voce.
È Greg, sta parlando con qualcuno ma non si sentono altre voci a parte la sua,
così sbirciamo dalla fessura e ci rendiamo conto che sta parlando con qualcuno,
guardiamo attentamente e vediamo cosa sta usando per parlare. È una specie di
scatola rettangolare che tiene attaccata all’orecchio, non capiamo cos’è, poi
ci viene in mente, un telefono cellulare, un pezzo d’antiquariato, di solito si
trovano nelle vecchie case sotto qualche teca a
prendere polvere. Ascoltiamo la conversazione un po’ interdetti. Quei telefoni
non si usano da almeno un centinaio d’anni da quando sono stati sostituiti,
dagli apparecchi auricolari.
- sono qui… lo so… non posso prenderla, non capite, non è così semplice… lo
so…ma… certo… certo… c’è solo un modo. Ucciderli. – chiudiamo la porta lentamente
e restiamo a guardarci fino a quando non lo sentiamo lontano. Sappiamo di cosa
stava parlando, è stata la conferma ai nostri timori. Vogliono la scatola. Ci
vogliono morti. E Greg non è dalla nostra parte. C’è solo un motivo per usare
una tecnologia così vecchia, non si vuole esser rintracciati, con chiunque stesse
parlando, non è qui dentro. È all’esterno, e probabilmente non è un protettore.
Usciamo
dalla stanza e cerchiamo l’uscita, apriamo una porta e finalmente siamo
all’esterno. Davanti a noi vediamo strade e case, nessuno è in giro,
probabilmente sono tutti dentro, al sicuro aspettando che la tempesta passi.
Effettivamente può esser pericoloso stare all’esterno, ci voltiamo per vedere
dove siamo, ma quello che troviamo non è quello che ci aspettiamo. Dove
dovrebbe esserci la porta che abbiamo appena oltrepassato, c’è un muro. Facciamo
per avvicinarci per controllare, quando il messaggio di riavvio del computer
appare, così ci allontaniamo ed entriamo nella prima struttura che troviamo.
Siamo in un
panificio, per cui ci restiamo per un po’ dopo il riavvio, compriamo un po’ di
pane e poi usciamo. Torniamo in stanza e una volta dentro ci comportiamo
normalmente, poi Adam inizia ad amoreggiare e spegniamo inostri computer in
modo da non dare nell’occhio.
- ok, Greg è
il nemico, probabilmente lo è sempre stato. Scommetto che è stato lui a dire ai
ribelli dove si trovavano i protettori precedenti… oddio, scommetto che non è
un caso se siamo diventati noi i protettori, insomma ammettiamolo, non eravamo
di certo i migliori della classe, magari pensava che sarebbe stato facile
eliminarci. – è in preda al panico, lo vedo. Cammina avanti in dietro per la
stanza cercando spiegazioni, e costruendo scenari che spiegano tutto quello che
è successo. Mentre io, sono seduta cercando di capire cosa fare. – Talia, mi
ascolti? – mi dice riportandomi all’attenzione.
- certo, Greg cattivo. Stavo pensando, non possiamo dire nulla, insomma, se
sapesse che conosciamo la verità poi ci ucciderebbe…ok lo so, è il suo obiettivo,
ma riflettiamo. Non siamo messi così male. Noi sappiamo, ma lui non sa che sappiamo, per cui possiamo osservarlo attentamente e
agire di conseguenza. Insomma, lui vuole la scatola per darla ai ribelli,
forse. – dico in preda alle macchinazioni del mio cervello.
- di sicuro la vuole per quello, un momento… loro vogliono
usare la scatola, per cui presumo che anche Greg pensi che la scatola debba
esser usata dagli umani. -
- a cosa serve la scatola? – dico guardandolo, ammettendo che effettivamente non
sappiamo a cosa serva, è una chiave, ma non sappiamo di o per cosa. Apre una
porta? Una scatola? O cosa?
In pochi minuti concepiamo una nuova missione, proteggere la scatola non solo
dai ribelli ma anche dai protettori e scoprire cosa apre.
All’interno
della città c’è di tutto. Ristoranti, bar, negozi, librerie, come una vera
città. Siamo in una libreria, quando ci viene un’idea, per proteggere al meglio
la scatola, dobbiamo uscire dalla sede principale, non possiamo continuare a
vivere li. Usciamo e iniziamo a guardarci intorno, tutte le case sono abitate,
le poche non abitate si trovano lontano dal centro e le loro condizioni non
sono delle migliori; mentre ci guardiamo intorno, avvistiamo quella che fa per
noi, non troppo grande, due stanze da letto e un piccolo bagno. Cucina e salotto nella stessa stanza, e un giardino invaso da
erbacce sul retro. La analizziamo e vediamo che la tecnologia dei
protettori non è di ultima generazione il che la rende ancora più perfetta.
Raggiungiamo l’ufficio per l’assegnazione delle case e dopo un’ora in cui hanno
provato ad assegnarci una casa diversa, riusciamo a ottenerla.
Quando
arriviamo nella nostra stanza per raccogliere le nostre cose, troviamo Greg ad
aspettarci.
- non sapevo non vi piacesse qua! – ci dice con un finto sorriso rilassato in
volto.
- ci piace, è che abbiamo pensato sia meglio così, non possiamo stare qua per
sempre, vogliamo vivere normalmente, magari trovare qualche impiego – spiega
Adam
- potete stare qua – ribatte Greg un po’ innervosito
- ormai abbiamo deciso, puoi venire a trovarci quando vuoi. -
- ok, basta che facciate rapporto tutte le settimane regolarmente. – ci dice
sorridendo nuovamente accettando la sconfitta.
- certo – rispondo io. Greg esce lasciandoci soli, poi dopo aver sbrigato alcune
faccende burocratiche, andiamo nella nostra nuova casa. Non è il massimo, ha
bisogno di molti lavori, ma almeno sappiamo che li possiamo controllare le
cose, possiamo esser sicuri che non ci siano
telecamere nascoste, e soprattutto possiamo spegnere i nostri computer, poiché
tra le leggi dei protettori c’è la privacy tra le mura domestiche di proprietà…
per cui ora che possediamo una casa nostra siamo liberi di spegnere i computer
quando vogliamo, anche se abbiamo la scatola. Non possono rimproverarci è la
legge che hanno scritto loro.