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Autore: Rico da Fe    23/11/2012    5 recensioni
Una normale festa a casa di America.
Halloween. Mezzanotte.
E il bagno di sangue ebbe inizio...
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Danimarca, Nord Italia/Feliciano Vargas, Romania, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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L'una e mezza.
Russia e Serbia uscirono dalla cucina, e scavalcando i corpi ormai freddi delle altre nazioni si inoltrarono nel soggiorno.
Serbia rabbrividì.
Quella casa sembrava essersi completamente spenta; il buio e il gelo regnavano sovrani, ammantando il grottesco e contorto teatro di cadaveri con una sottile luce grigiastra.
Il serbo strinse saldamente la presa sulla spada.
La spada che gli aveva salvato la vita.
Era un antico manufatto medievale, un dono che America aveva ricevuto da Inghilterra; al serbo era bastato staccarla dal muro cui era appesa e mettersi vicino a Russia quando questi, improvvisamente impazzito, aveva iniziato a falciare gli ospiti con il suo tubo. Il russo l'aveva creduto un complice e non lo aveva toccato.
'Ma avrei preferito... Finire ammazzato, piuttosto che vedere ciò che ho visto' pensò Serbia seguendo Russia, che camminava per il soggiorno guardandosi intorno con aria innocente, alla ricerca di altre prede da spappolare.
A un tratto, nell'assoluta calma che avvolgeva il soggiorno, sentirono una voce. Una sorta di flebile canto, una preghiera simile a quelle che si potevano udire in chiesa durante le commemorazioni dei defunti.
Un canto lugubre, che congelava il sangue al solo sentirlo.
Serbia toccò leggermente una spalla a Russia, che si fermò, annuì e si mise in ascolto.
Poi, sorridendo come un bambino in un negozio di dolci, si diresse verso una porticina di legno candido, con il serbo che gli trotterellava dietro spaventato.
Non era ancora finita...
La mano di Russia, simile a un bizzarro ragno di pelle, si avviluppò intorno al pomello della porta.
Spinse.
L'uscio rivelò una scura rampa di scale che scendeva verso il basso: una cantina.
La voce si fece più forte, e il canto più sinistro.
Serbia poté distinguere una nota di affanno in quella voce dal timbro insolitamente familiare, una nota ansimante, come se alla loro prossima vittima costasse fatica proseguire quella litania.
A passo felpato, i due slavi scesero i gradini di pietra grigia e si ritrovarono in una stanza buia, dal soffitto basso e pieno di ragnatele.
'Tipico di America: perché mai il grande eroe dovrebbe disturbarsi a pulire?' cercò di sdrammatizzare il serbo, ma fu inutile: il gelo e la tensione non se ne andavano.
Russia, da par suo, stava osservando un punto in fondo al sotterraneo.
"R-Russia... C-Che guardi?"
Chiese nervosamente.
Il compagno non rispose.
Si limitò ad indicare una sottile riga di luce azzurrina sulla parete opposta.
Si avvicinarono.
La nenia si faceva sempre più nitida, ma nessuno dei due poté distinguerne le parole.
Raggiunsero una piccola porta.
Russia strinse l'ennesimo pomello e spinse.
Una gelida luce azzurrina li investì.
Serbia guardò la figura in piedi al centro della stanzetta, circondata da un cerchio di luce bluastra.
Istintivamente si portò una mano al crocifisso che aveva al collo.
"Kol kol kol..." Russia fece un passo avanti verso la misteriosa sagoma.
Il canto si interruppe.
La luce si affievolì, rivelando ai due slavi un giovane avvolto da un pastrano scuro, con le spalle curve sopra un grosso e antico libro che teneva aperto tra le mani.
L'inconfondibile caschetto biondo permise a Serbia di riconoscerlo.
"R-Romania?"
Il giovane alzò il capo.
Entrambi gli slavi sussultarono.
La mano del serbo si strinse ancora di più sulla croce di metallo, scavandosi il palmo con i bracci.
"R-ROMANIA!!! C-Che... Che diamine..."
Il bel volto del rumeno era irriconoscibile.
La pelle grigia e secca, le guance scavate, le profonde occhiaie scure, le labbra screpolate...
Un cadavere appena emerso dalla tomba.
Le labbra secche e spaccate di Romania si tesero in un ghigno.
"Che c'è Serbia? Ti disgusto, forse?"
Il sibilante accento rumeno gli fece accapponare la pelle.
"R-Rom... Che ti succede..."
"Stai indietro." Russia, accanto a lui, aveva smesso di sorridere.
Gli mise un braccio davanti, come a volerlo proteggere.
Il rumeno scoppiò in una risata raccapricciante, simile a un rantolo affannoso.
La croce incideva ormai profondi solchi nel palmo del serbo.
"Allora..." Romania si avvicinò barcollando sulle gambe tremanti.
"Sei... Sei stato... Tu?" chiese Serbia.
"Prietenul meu... Ma chi altri poteva essere? Di certo non quel citrullo di Inghilterra..."
Fece una pausa, respirando a fatica e continuando a sogghignare.
"Quel cretino... Non saprebbe evocare un demone nemmeno se lo avesse già di fronte..."
Serbia e Russia inorridirono.
Demoni...
"Certo, draga mea... Demoni! Li ho evocati io... Un bello scherzetto di Halloween, non trovate?"
Ormai era a pochi passi da loro.
Serbia distinse chiaramente il rivoltante tanfo di putrefazione tipico dei cadaveri.
Era come se Romania si stesse decomponendo lì, davanti a loro.
"Non vi aspettate chissà quale grottesca figura... I demoni non sono altro che i nostri desideri più atroci e sanguinari... Sono la bestia presente in ognuno di noi..."
"Tu... Tu hai... Schifoso bastardo..."
Un'altra risata raccapricciante accolse le parole farfugliate da Russia, immobile davanti a Serbia come un blocco di marmo.
"Certo... Mi è costato caro... Ma non potete immaginare..."
Ansimò ancora.
"La soddisfazione... Che ho provato... Nel vedervi massacrarvi a vicenda... Predatori assetati di sangue... E prede affamate... Di vita..."
Tossì. Un sottile velo di sangue vermiglio gli imperlò il labbro inferiore.
Serbia era ancorato al pavimento.
"Sei stato furbo, Serbia... Sei sfuggito alla morte... Con l'inganno... Un'arte che non ti è nuova..."
Guardò Russia con i suoi occhi da folle. Il colosso slavo strinse più saldamente le dita sul rubinetto.
"Sì, Russia... Serbia ti ha ingannato... Ha finto di aiutarti per... Come dire... Pararsi il culo..."
Sputò le ultime parole in faccia al russo. Questi impugnò il rubinetto.
"Russia, no! Non ascoltarlo!"
Serbia fece per indietreggiare, ma il terrore lo teneva inchiodato al suolo.
La spada gli cadde di mano, rompendo il silenzio della cantina buia.
"Avanti, Russia... Non vuoi schiacciare quest'insetto schifoso... Una volta per tutte?"
Romania, simile a una serpe infida, cantilenava le sue tentazioni.
"Russia... Andiamocene! È pazzo! Solo un pazzo può evocare dei demoni durante una festa e far impazzire gli ospiti! Russia..."
Lento e inesorabile, lo slavo si voltò verso di lui.
"Coraggio, Russia... È l'ultima vittima... Poi avrai... La pace!"
"Russia... Non farlo..."
Serbia sentì un liquido caldo scorrergli tra le dita.
Si rese conto di aver stretto con tale forza il crocifisso da tagliarsi.
Russia incombeva su di lui.
La fioca luce azzurrina lo illuminava dal basso rendendo il suo tenero viso di bambino inquietante e spaventoso.
La voce roca e sibilante di Romania lo incitava da dietro.
"Avanti Russia... Colpiscilo... Sangue... Tanto sangue..."
Russia brandì il rubinetto.
Serbia restò immobile, in attesa di chiudere gli occhi per sempre.
"Sribja... dolcetto..."
La voce dolce del russo lo accarezzò agghiacciante come l'inverno.
Poi... Un leggero sorriso gli increspò le labbra. Un sorriso rassicurante.
"O SCHERZETTO?"
Si voltò di scatto e puntò davanti a sé il tubo metallico.
"Ma che... Cazzo... Fai?"
Il rumeno, furente, sembro gonfiarsi di rabbia davanti al russo.
Serbia, ancora immobile e attonito, non aveva ancora realizzato l'accaduto.
Un attimo prima vedeva la faccia tremendamente inquietante di Russia, un attimo dopo ne vedeva la nuca bionda...
Guardò Romania.
Lo stregone sembrò tremare e disfarsi; qualche ciocca di capelli grigi gli scivolò sulle spalle, seguita da sottili lembi di pelle morta che andavano a scarnificare sempre di più quel corpo ormai interamente corrotto dalla magia nera.
"Scappa! Corri! A lui ci penso io!"
Russia lo guardò con la coda dell'occhio. L'espressione determinata gli diceva di avere fiducia in lui.
Ma il serbo sembrava paralizzato.
"VAI!!!"
Fu l'ordine tonante di Russia a schiodarlo da lì.
Si voltò e, senza guardarsi indietro, si lanciò attraverso la cantina, diretto alle scale.
Un urlo straziante e disumano, simile al grido di un’aquila, squarciò violentemente il silenzio della casa.
I vetri andarono in frantumi.
Le gambe del serbo accelerarono.
Aveva appena raggiunto le scale, quando una violenta vampata di calore gli aggredì la schiena, seguita da un potente bagliore aranciato.
Fiamme.
Si gettò a capofitto su per le scale con il fuoco alle calcagna, arrampicandosi con tutti gli arti a sua disposizione sui gradini di pietra.
Un secondo urlo, simile a un tuono, riecheggiò nell’intera villa.
“KYRIE ELEISON!!! SIGNORE, PIETÀ!!!”
Russia! Le lacrime sgorgarono copiose dagli occhi di Serbia, mentre il giovane bruno emergeva finalmente nel soggiorno costellato di cadaveri.
Le calde gocce salate non si fermarono, come non si fermarono i piedi dello slavo che, scalciando qua e là i morti, si lanciavano a rotta di collo verso l’ingresso, trascinando disperatamente in salvo il loro proprietario.
Inciampò, cadde, si rialzò, e continuò la sua corsa incalzato dalle fiamme che ruggivano la loro ira divorando i muri della casa, i corpi di gente venuta fin lì per festeggiare, i mobili di America…
Sfondò letteralmente la porta linda e bianca con un calcio, e l’aria gelida di novembre gli schiaffò in faccia tutta la sua fredda indifferenza.
Gli stivali della nazione divorarono la ghiaia del vialetto che serpeggiava attraverso il giardino ormai spoglio.
Sentì delle urla, ma le ignorò.
Corse finché raggiunse il cancello di ferro, sua salvezza…
Finalmente si voltò indietro, e si fermò.
La casa di legno bianco era ormai ridotta a uno scheletro di travi nere avvolte dalle fiamme.
Una massiccia colonna di fumo nero saliva al cielo, disperdendosi nella notte limpida e offuscando le stelle.
Come un animale incatenato, il fuoco rombava, ruggiva, tuonava, mangiando e straziando i resti della sua prigione.
Serbia, aggredito dal freddo, fiaccato dalla corsa stremante, provato dagli atroci avvenimenti di quella notte e vinto dalla stanchezza, non resse oltre.
La vista gli si appannò, le gambe cedettero.
E cadde come cadde l’ennesimo cadavere di quel maledetto Halloween.
Il suo orologio segnava le due.


NOTE DELL’AUTORE
 
Eccoci giunti al termine di questa modesta opera di cinque miseri capitoli dedicata ad Halloween.
Molte cose sono state spiegate, molte restano oscure… o forse ho spiegato tutto, non saprei, devo rileggermi i capitoli precedenti.
Sarò sincero: questo capitolo non è venuto bene come doveva.
L’idea di introdurre la tematica religiosa risulta un po’ azzardata, e il motivo della pazzia dei nostri terribili amici un po’ arrangiato (erano tutti posseduti… oppure semplicemente impazziti)…
Saluto e ringrazio caldamente le mie numerose seguaci, che hanno cortesemente recensito ed espresso i loro pareri, e mi scuso con loro per questo finale non proprio riuscito (nessuno è perfetto)…
Un saluto speciale va alla simpaticissima Sol F. Jones, che ha recensito tutti i capitoli, e a Shir, che mi ha fornito recensioni dettagliate e complete (ne sono davvero onorato, ragazze… avete perso tempo per me… quasi quasi mi commuovo…)!!!
Un ringraziamento va anche al grande TonyCocchi, con cui mi sento in dovere di scusarmi per l’enorme delusione.
Aspetto le vostre recensioni (Romania e il suo libro di magia nera sono sopravvissuti… muahahahaha XD al cubo) e qualche consiglio per un’eventuale immagine da affibbiare anche a questo capitolo…
 



  
  
  
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