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Autore: Jessy87g    12/06/2007    1 recensioni


''La stirpe dei Ravenswood si estinguerà,
quando l'ultimo erede una morta in moglie chiederà''


Sciocchezze,superstizioni..ecco cosa era quella profezia per Sesshomaru.
Ma quella cantilena,che non smetteva di ripetersi nella sua mente, cominciava ad assumere sempre di più i tristi rintocchi di un requiem.

Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Scott.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Il pallor funesto orrendo
Che ricopre il volto mio
Ti rimprovera tacendo
Il mio strazio…il mio dolor.
Perdonar ti possa Iddio
L’inumano tuo rigor.”




Gocce di pioggia cadevano lentamente sul davanzale delle finestra a intervalli regolari: segno che il temporale stava lentamente passando. Il rossore del sole morente si stagliava timidamente all’orizzonte e rade stelle iniziavano a mostrarsi tra le piccole fenditure delle alte nubi.
Miss Asthon, con il gomito poggiato sulla fredda pietra, sosteneva con la piccola mano il viso rivolto verso sud; dove, a diverse miglia di distanza, avrebbe dovuto trovarsi il mare. Quel mare che, sebbene non avesse mai visto, adesso odiava sopra ogni cosa.
Intanto Kagome le aveva sciolto i folti capelli corvini e, sedutasi alle sue spalle, aveva iniziato pazientemente a pettinarli: come faceva ogni sera, prima di far coricare la padrona.
“Ancora niente?” Chiese Rin con un tono sconsolato, dal quale si comprendeva come fosse già a conoscenza della risposta.
“No, signorina. Assolutamente niente. Non sapete quanto mi dispiaccia!” Rispose la compagna, senza interrompere il suo lavoro.
La fanciulla strinse impercettibilmente i pugni; mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime, che minacciavano di farle capolino dagli occhi arrossati.
Era già trascorso un mese da quando il signore di Ravenswood era partito alla volta della Francia e aveva ricevuto solamente una lettera da parte sua, dove la informava di essere giunto a destinazione e la esortava di nuovo ad attenderlo…e poi più nulla.
Il silenzio assoluto.
Portò inconsciamente una mano al frammento di moneta che aveva legato al collo con un nastrino celeste, nascondendolo bene sotto i vestiti e sfiorò con le dita il freddo metallo.
Perché…perché…
Questa era l’unica domanda che la torturava da un mese a quella parte, rischiando di farla impazzire.
Non poteva essersi scordato di lei…non riusciva a crederci, non avrebbe voluto crederci. Lo ricordava bene: i suoi occhi, i suoi gesti, le sue parole erano veri, reali...non poteva fingere, non lui!

No! Non gli avrebbe fatto mancare la sua fiducia, non un’altra volta! Lui sarebbe tornato bello e trionfante, sarebbe andato a casa sua, l’avrebbe portata via per poi non lasciarla mai più.
…ma allora perché…
“Si è forse dimenticato di me?” Chiese alla compagna dopo un lungo sospiro.
“No Rin. Non lo farebbe mai.” Cercò di consolarla Kagome, allarmata dallo stato di apatia in cui era caduta la sua signora da un paio di settimane.
“Oddio mi dispiace!” Esclamò Miss Asthon, ricordandosi solo in quel momento che anche la sua dama da compagnia condivideva la sua stessa pena “C’è anche Inuyasha con lui. Chissà quanto sarai preoccupata! Ed io non faccio altro che tormentarti con i miei discorsi! Perdonami, sono solo un’egoista!”
“Non preoccupatevi,” le sorrise dolcemente posando il pettine su un piccolo comodino di legno scuro e le si sedette vicino “comprendo la vostra angoscia. Vedrete che andrà tutto bene. Torneranno e finalmente potrete sposarvi.”
“Potremo sposarci.” La corresse Rin, con un sorrisetto irriverente stampato sul volto.
Bastò un solo istante per far si che le gote di Kagome avvampassero completamente.
Le due donne, dopo essersi lanciate uno sguardo complice, scoppiarono all’unisono in una ristata argentina che rischiarò la notte e risuonò, portata sulle ali del vento, per tutta la pianura deserta.

************

La grande camera della signora Asthon era illuminata dal fuoco che, appena acceso, iniziava pian piano a consumare i piccoli ciocchi ammassati all’interno del camino.
L’imponente figura della donna stava eretta al centro della stanza; il bel volto austero e gli occhi di un azzurro profondo e freddo, erano volti verso una figura smilza e non molto alta, che la osservava con la testa china.
“Allora? L’hai con te?” Chiese impaziente lady Asthon con tono autoritario, dal quale si poteva facilmente intuire quanto fosse avvezza a comandare….servi e non.
“Certo mia signora. Eccole.” Rispose l’uomo; il quale, a giudicare dall’uniforme, doveva essere un corriere. Messa una mano nella logora tasca del vestito, ne cavò fuori una paccata di lettere: tutte recanti sul retro la stessa firma: S. Ravenswood.
“Sono tutte?”
“Tutte milady.”
“Puoi andare, ma ricorda: se ne arriveranno altre intercettale e portamele. Bada bene che non te ne sfugga nemmeno una! E’ una questione di vita e di morte.”
“Certamente signora. Sempre al vostro servizio.” Disse l’uomo, afferrando rapace un piccolo sacchetto pieno di monete che la donna gli stava porgendo prima di eclissarsi completamente nell’ombra, stando ben attento a non farsi vedere da nessun membro della servitù.
Lady Asthon osservò per un lungo istante le lettere, una per una, con una smorfia di disprezzo che, sommata alla tetra luce con cui il fuoco le illuminava gli occhi carichi di odio, faceva sembrare il suo volto ancora più crudele e inquietante di quanto non fosse già.
Poi le gettò con violenza tra le fiamme e le guardò con gioia accartocciarsi e scomparire velocemente: come se con le lettere potesse bruciare anche colui che le aveva scritte.
“Sei furbo, ragazzino insolente” sibilò tra sé “ma non avrai mia figlia, Mai! Preferirei vederla morta, piuttosto che sposata con un Ravenswood! Se mio marito non è abbastanza forte per tenere lontano il suo nemico dalla propria figlia, ci penserò io!”
Socchiuse gli occhi, voltandosi verso il tavolo, dove, accanto a un ricco candelabro d’argento stava socchiusa una lettera sulla cui parte inferiore rilucevano tanti piccoli sigilli rossastri.
Nel contemperarla un sorriso sadico le adombrò il viso marmoreo: un sorriso che avrebbe terrorizzato anche il più temerario fra gli uomini.
“…E so come fare…cara la mia bambina…so come fare.”aggiunse, trionfante “Fra poco lo odierai, con tutto il tuo cuore…”

**********

“Puah! Che puzza. Mi domando come facciano a vivere in questo posto!” Esclamò disgustato Inuyasha, portandosi una mano al naso con una smorfia, cercando di mettere il meno possibile alla prova il suo olfatto sviluppato.
I luridi, stretti vicoli della periferia di Parigi, dove persino la luce del sole si dimenticava di illuminare quelle putride vie, si dislocava innanzi a loro in un groviglio di strade talmente fitto, che avrebbe fatto invidia anche al celebre labirinto di Creta.
“Taci.” Lo zittì Sesshomaru, infastidito “Questa situazione è già abbastanza insopportabile senza i tuoi stupidi commenti!”
Infatti il signore di Ravenswood era impaziente di trovare il prima possibile quella dannatissima casa, dove avrebbe dovuto svolgersi un incontro segreto con dei delegati del re di Francia. E, come era naturalmente prevedibile, in quell’intricato percorso e con le enigmatiche indicazioni del marchese, avevano finito per perdersi.
“Non riseco a capire” Borbottò Inuyasha, ignorando completamente l’ammonimento del fratellastro “perché vostro zio abbia dovuto comprarsi il suo ennesimo appartamento in un posto schifoso e sperduto come questo!”
“Probabilmente non vuole scocciatori alla porta.” Ribattè Sesshomaru, lanciandogli un’occhiata eloquente.
“Mha…” ribatté il mezzodemone “Poi un uomo ricco ed elegante come lui. Perché non si è preso una bella villa nel centro, dato che può tranquillamente permettersela?!”
Il signore di Ravenswood questa volta non rispose, ma continuò ad avanzare con passo deciso, cercando di evitare le numerose pozze di acqua e fango sparpagliate per la strada; mentre osservava con disgusto, sempre tenendo la mano ben salda sul calcio della pistola, il notevole numero di mendicanti e ubriaconi sdraiati sul margine della strada.

“Dormite con me stanotte, bel demone?”
Sesshomaru si voltò di scatto allarmato, stringendo con maggiore forza la pistola, pronto ad usarla, nel caso ci fosse stato bisogno.
Davanti a lui stava una donna sulla ventina, che egli non tardò a classificare come prostituta.
I lunghi e scompigliati capelli, di un biondo paglia, le ricadevano a boccoli sulle spalle scoperte. I seni prosperosi, quasi del tutto scoperti da una generosissima scollatura, erano messi ancora più in risalto da uno strettissimo corpetto che le fasciava la vita sottile. Le gambe, lunghe e pallide, erano messe in mostra grazie a una lunga spaccatura che le percorreva tutta la gonna logora e sporca, partendo appena sotto la cintura.
La figura, che non avrebbe potuto passare inosservata anche in quel posto dove le prostitute erano di casa, avrebbe sicuramente potuto risultare molto più gradevole se il volto non fosse stato ricoperto da uno spesso strato di trucco.
Mentre gli sorrideva maliziosamente, con le labbra carnose tinte da un rossetto di colore acceso; il signore di Ravenswood non poté fare a meno di paragonare quella figura prorompente e a tratti volgare con quella minuta e graziosa di Rin.
“Scusatemi, signorina. Ho fretta. Lasciatemi passare.” Disse, con tono tagliente, cambiando la propria direzione per superarla.
“Suvvia, signore. Come siete crudele.” Civettò la donna con fare puerile, poggiandogli le mani sul torace, così da impedirgli di fuggire “Non volete farmi compagnia nemmeno per pochi minuti? In fondo…sembrate molto ricco.” concluse facendo l’occhiolino.
“E cosa ve lo fa pensare?” ribatté il demone, alquanto infastidito da quella inutile perdita di tempo, che rischiava di farlo arrivare tardi all’appuntamento.
“L’abito che tentate di nascondere sotto il mantello, per esempio o quella bellissima elsa dorata sulla quale tenete poggiata la vostra bianca e delicata manina…ma basta solamente osservare le vostre movenze eleganti. Anzi, visto il vostro portamento fiero e lo sguardo indignato che lanciate agli straccioni che abitano qui…sì…direi che siete anche nobile.”
“Complimenti, che perspicacia!” Ammise scocciato Sesshomaru, cercando di trovare una via di fuga.
“Ma, in un certo senso, siete fortunato.” Tornò nuovamente alla carica la prostituta con sguardo malizioso, accarezzando la guancia levigata del demone.
“Veramente? E pensare che non me ne ero mai accorto.” Ironizzò Sesshomaru, afferrando disgustato la mano di lei per impedirle di continuare a insozzarlo con le sue sudice mani.
“Certamente! Anche se siete ricco vi farò un prezzo di favore. In fondo, non capita tutti i giorni un uomo bello come voi da queste parti.”
Il signore di Ravenswood, avendo ormai perso la speranza della fuga, decise almeno di far tornare utile quella perdita di tempo.
“Facciamo un altro accordo. Che ne dite?”
“Di che tipo?”
“Voi mi dite dov’è Rue Saint-Martin ed io vi ripagherò adeguatamente.”
“Se proprio ci tenete…” Rispose delusa la donna dopo un attimo di esitazione e, dopo un lungo sospiro, gli elencò un tortuoso groviglio di strade da seguire, che Sesshomaru si impresse nella mente senza problemi.
Allora il Signore di Ravenswood le dette in mano, come promesso, alcune monete d’argento, per poi allontanarsi in fretta; seguito da un inebetito Inuyasha, che aveva assistito tutta la scena, tenendosi a debita distanza, ed ora rischiava di scoppiare a ridere da un momento all’altro.
“Se per caso odo un singolo suono da parte tua, che può anche lontanamente ricordare una risata, giuro che ti strappo con le mie stesse mani la tua inutilissima lingua fastidiosa!”Lo prevenne il fratello, conoscendo fin troppo bene quel carattere che gli dava così tanto sui nervi. Il mezzodemone, intuita la pericolosità della minaccia e temendo per la sua incolumità personale, ricacciò indietro le parole che stavano per uscirgli dalla bocca e rimase in silenzio.
Questa volta fu inaspettatamente la voce di Sesshomaru a rimbombare per prima in quegli stretti vicoli. “Non è arrivata ancora nessuna lettera da parte della signora Asthon, vero?”
“No, mi spiace.”Rispose Inuyasha, voltandosi appena per osservare la reazione del fratello.
“Che diavolo starà facendo?! Maledizione! E’ da quando siamo partiti che non so più nulla di lei.”
“Accidenti, non avrei mai creduto di vedervi così innamorato!...per di più di una donna umana, figlia del vostro peggior nemico. Ci verrebbe fuori davvero un bel romanzo!”
Ma, vedendo lo sguardo omicida del fratello posarsi sopra di lui; si affrettò ad aggiungere “Comunque non preoccupatevi, sicuramente ci saranno dei problemi per farvi avere le sue lettere…non si sa mai, di questi tempi i corrieri sono diventati davvero inaffidabili!”
“Spero che tu abbia ragione.” Mormorò Sesshomaru, abbassando lo sguardo carico di preoccupazione.
Non sapeva perché, ma le parole di Inuyasha non riuscivano a calmare quella dolorosa angoscia che, sin da quando erano partiti, non gli dava un attimo di requie.


  
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