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Autore: Mann    24/11/2012    0 recensioni
Odeon. Pianeta 17, ammasso 14, galassia 21. Un mondo separato dal resto dell'universo. Un mondo completamente diverso dagli altri. Un mondo che non ha né giusti, né ingiusti.
Un pianeta contenente numerose razze, con città medievali e metropoli ultra tecnologiche.
Armi, scienza, magia. Tutto unito, in un unico modo di vivere.
Ogni essere vivente crede che tutta l'esistenza sia dovuta a un capriccio dei Signori del Fato.
Ogni essere vivente crede che tutta la malvagità e distruzione sia opera del Re Ombra.
Ogni essere vivente, umano, gorlottiano, scipy o qualsiasi altra specie, teme le varie organizzazioni criminali esistenti sul pianeta, ognuna con uno scopo differente.
Angeli, demoni.
Il regno dei cielo, l'impero degli inferi.
Una reliquia dai poteri sconosciuti.
Una guerra.
Odeon.
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                  Capitolo 7
 
 
Le alte montagne erano pervase da una calma indescrivibile, da un silenzio che pareva essere rumoroso, da ricordi di battaglie e sangue, che ora era scomparso.
Le grandi guerre dei Berserker.
Nessuna sconfitta, solo vittorie, tra quelle montagne tanto belle quanto pericolose.
Makus e Olaf  erano seduti in cima a una delle tanti torri che delimitavano il confine della regione di Yle, omonima alla capitale.
Un giorno come gli altri passato a sorvegliare il nulla, ad annusare la puzza delle proprie ascelle, ad ascoltare solo il vento che fischiava tra le vette innevate.
< Mi serve una donna! > urlò Olaf.
Makus non rispose, annuì soltanto.
Erano passati due mesi da quando iniziarono il turno di guardia all’avamposto meridionale di Yle, e le altre sentinelle non si facevano ancora vedere, anche se la cosa non stupiva né l’uno ne l’altro: si sa che il punto debole, come la forza, dei Berserker era la disorganizzazione.
< Non ne posso più! Io vado! > esclamò Olaf
< Dove vuoi andare? > domandò Makus con un tono di voce tra l’ironico e lo scocciato.
< A bere una birra! Yle non è lontana se ci fai caso. Ma dove sono finite le mie accette? >
< Qua! > rispose Makus, ora annoiato, alzando da sotto la sedia le due accette affilate e ancora sporche di sangue secco sulle lame. Olaf le afferrò, incastrandole al cinturone dell’armatura.
< Tu vuoi venire? >
< No, aspetto. >
< Sei di un’allegria! Divertiti ogni tanto! Oppure incazzati! >
< Mi hai mai visto incazzato? >
< No! >
< E allora non sai come sono, quindi non rompere il cazzo. > Makus disse quelle parole con una faccia disgustata e infastidita, continuando a fissare la strada della montagna.
< Così mi piaci! > urlò ancora Olaf, ridendo. Scese dalle scale della torre e in poco tempo si era già incamminato verso il niente.
< Yle è dall’altra parte! > gli urlò Makus.
< Lo so! Vado in avanscoperta! > rispose l’altro.
< Ma che vuoi scoprire? Idiota. > mormorò.
Makus era solo, in cima a una torre e in mezzo alle montagne, mentre il vento si stava alzando, vento che poco dopo divenne una bufera di neve. Entrò nella torre suddivisa in tre piani.
Chiuse lo sportello che separava la cima dell’avamposto dalla stanza del terzo piano.
Era estremamente piccola: due letti quasi appiccicati, un piccolo armadio, un tavolo con due sedie e una finestra.
Sul tavolo c’erano due piatti, delle carte, una candela e un pacchetto di fiammiferi.
Ne accese uno, così illuminò la stanza con la candela, mentre guardava al di fuori del vetro della finestra, seduto, davanti a quella fiaccola che accendeva sulla pelle grigia di Makus un’emozione, dei ricordi malinconici.
Osservava. Scrutava l’orizzonte, ma non faceva caso a cosa vedeva, assorto nei suoi più lontani ricordi.
 
< A Makus, che è appena diventato papà! > Urlò Olaf
< A MAKUS!!! > i Berserker brindavano nel cuore della notte, in una delle più grandi taverne di Yle, attendendo con ansia la grande battaglia che la mattina dopo avrebbero combattuto.
Il giovane uomo arrossì, un po’ per l’alcool che si era scolato poco prima, un po’ perché in quel momento era al centro dell’attenzione.
< Makus! > Lo richiamò il re
< Si, signore? > rispose al richiamo il soldato, tenendo la birra ben stretta.
< Credo che ti tocca un discorso! > affermò il re.
< Cosa? >
< SI! Discorso, discorso, discorso!!! > urlavano i compagni.
< Ma non so cosa dire! >
< Su, non farti pregare! > Olaf lo afferrò per il braccio e lo portò al centro della sala.
Makus non sapeva cosa dire, deglutendo per l’emozione. Tutti erano fermi, in silenzio, pronti ad ascoltare le parole del guerriero.
< Ehm… Uomini!  Oggi è un grande giorno! >
< SI!!! > urlarono
< Oggi, mi è giunta notizia che mio figlio è nato! Quando l’ho saputo mi sono venute le lacrime agli occhi. E domani piangerò ancora, perché subito dovrò separarmi da lui per andare in battaglia. >
Silenzio.
< Ma almeno so, che domani, fuori da Yle, combatterò con qualcun altro che mi è caro. Uomini valorosi e sempre incazzati, ma comunque degli ottimi amici! Come Olaf Squartafiamme, > allungò il braccio verso l’amico e quello gli si buttò addosso, ridendo.
< Come Kurt detto il Beone! >
< Sii! > urlò Kurt alzando i quattro boccali di birra che aveva in entrambe le mani.
< Come Tauro il Distruttore! >
< Sii! > Tauro alzò il pugno al cielo
< Come tutti voi altri che mi avete affiancato in questi lunghi trent’anni da quando sono nato, amici d’infanzia! >
< Sii! > urlarono tutti in coro.
< Domani combatteremo assieme, fianco a fianco. Lo faremo per proteggere le nostre mogli e i nostri figli, e lo faremo col cuore e con la rabbia e la furia che dormono in noi! >
< Viva Makus!!! > Urlò Kurt. Gli altri lo imitarono, ma Makus fece segno di smettere e di nuovo silenzio.
< Non lo faremo solo per la patria, per la libertà. Noi combatteremo anche per Ratos, il nostro glorioso re! >
< Urrà Ratos! Urrà Makus! Urrà Yle! > urlò Olaf, e tutti si misero a gridare per la gioia, festeggiando prima della grande battaglia.
La mattina dopo i Berserker si preparavano a partire per combattere, salutando mogli e figli.
Makus più degli altri. Baciò la sua amata sulle labbra, fini e dolci, per poi salutare il figlio neonato, baciandolo sulla fronte. Dormiva beato, inconsapevole che il padre avrebbe rischiato di non tornare a casa la sera.
Attimi di malinconia e pianti. Ma le donne di Yle erano forti e se si mettevano a piangere smettevano subito, perché dovevano dimostrare audacia e autocontrollo.
Così, la spaventosa armata di Berserker si incamminò, diretta al luogo fissato per la battaglia dai generali di entrambe le fazioni.
La terribile battaglia della valle del potere, tra Berserker e Gorlot, questo si ricordava Makus.
I soldati Gorlottiani attendevano con ansia i tamburi e i flauti dell’armata di Yle.
Ogni singola scimmia fissava l’orizzonte, le collinette della valle, le pozze fangose per la pioggia che incombeva quel pomeriggio, attendendo i Berserker.
E quando la brezza portava il profumo dell’erba bagnata, quando i fulmini e i tuoni squarciarono il cielo, Karl, generale gorlottiano, vide in lontananza un uomo.
Non riusciva a distinguere i colori, per il buio e per la distanza, ma aveva capelli e barba lunga, due accette impugnate e la corazza luccicante.
Quest’uomo fissava i grandissimi Gorlot, finché non si mise a urlare e subito dopo a correre, seguito dall’intera armata di Berserker che comparve alle sue spalle.
Correvano, i diecimila soldati di Yle, urlando come matti.
Il caos più totale.
Ognuno impugnava l’arma che preferiva, alcuni cavalcavano orsi, altri cavalli, anche se pochi, altri ancora tigri. I più veloci restavano a piedi e alcuni sembravano ubriachi. Un centinaio rimase dietro alle fila.
Improvvisamente tutti si fermarono, ansimando.
Karl e gli altri generali ordinarono di prepararsi all’impatto.
Ma nessuno si muoveva più. Nell’aria si sentivano solo le potentissime urla dei Berserker e i tuoni dei fulmini. Poi anche le urla cessarono.
Nessuno se lo sarebbe aspettato, ma quella fu l’unica volta che l’armata di Yle utilizzò un po’ di ragione.
I cento uomini rimasti indietro, in cima alle colline, guidati da Makus, erano tutti tiratori scelti.
Agli ordini di Makus, i soldati crearono attorno alle loro braccia degli spuntoni di ghiaccio, puntandoli al cielo, diretti ai soldati gorlottiani.
Un urlo, fortissimo. Cento stalattiti ghiacciate salirono nell’aria, per poi cadere sui Gorlot, uccidendone in un numero spropositato.
E mentre le lame di ghiaccio cadevano dal cielo, i Berserker cominciarono a correre.
L’impatto fu mortale per i Gorlot.
Ogni soldato di Yle combatteva come se avesse energia illimitata.
Tauro, uccideva numerosi gorlottiani con la sua enorme Claymore.
Kurt, alto quanto le scimmie giganti, scagliava fendenti con la gigantesca mazza chiodata.
Nonostante le dimensioni, i Gorlot non riuscivano a fare nulla.
E quando pochissimi Berserker morirono e la battaglia sembrava finita, ecco che alle spalle dei cento uomini di Makus comparvero i veri soldati gorlottiani.
Cinquecento Gorlot completamente armati e difesi dalle famose armature di oricalco che indossavano i soldati d’elite gorlottiani.
Makus se ne accorse in tempo, riuscendo a ordinare la ritirata.
Ma per quanto i Berserker potessero essere veloci, i gorlottiani li avevano già accerchiati.
L’armata di Yle cercò di raggiungere il gruppetto di Makus, ma quando arrivarono erano sopravvissuti solo in una ventina.
Makus combatteva con tutto se stesso.
Il suo braccio destro impugnava una spada di ghiaccio, quello sinistro era invece ricoperto da uno spuntone.
Un gorlottiano gli saltò addosso.
Schivo il suo attacco, riuscendo in qualche modo a trapassare l’armatura di oricalco e uccidere l’uomo scimmia.
Ne aveva uccisi pochi, rispetto a quello che avevano fatto i suoi nemici.
Tai Kong, generale dei Gorlot, lo colse alle spalle, afferrandolo per la testa e buttandolo a terra.
Solo ora Makus si era accorto che dei cento uomini che gli erano stati affidati lui era l’unico sopravvissuto.
< Uccidetelo, non voglio sporcarmi le mani > disse con tono altezzoso Tai Kong.
Due gorlottiani gli si avvicinarono minacciosi, impugnando delle alabarde.
Uno lo teneva fermo per i piedi, l’altro lo stava per trafiggere con la punta della lancia.
< Ho servito Yle fino alla morte, non ho paura di voi! > urlò Makus, chiudendo gli occhi.
Mollò la spada, scagliando subito dopo lo spuntone al cielo, come per chiedere aiuto.
Makus gridò, spalancando gli occhi.
Il gorlottiano che lo teneva si spaventò e subito dopo un’accetta si piantò nell’occhio dell’altro.
Olaf impugnò con entrambe le mani l’altra accetta, decapitando il secondo gorlottiano.
< La tua morte è ancora lontana, amico mio! Devi ancora passare un giorno con tuo figlio! > disse Olaf.
Subito dopo di lui arrivarono Kurt, Tauro e il re, Ratos, che gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Ratos impugnava uno spadone a due mani, simile a quello di Tauro. Lo alzò al cielo.
< Alla vittoria!!! > tutti i Berserker attaccarono i Gorlot, nella furia più totale.
 
Makus tornò al mondo reale. Aveva smesso di ricordare il giorno in cui numerosi fratelli morirono.
E a stuprare i suoi pensieri furono delle figure in lontananza. Erano piccole.
Il Berserker aprì la finestra, appoggiando il braccio destro sul bordo.
Una stalattite affilata si creò attorno ad esso, creando l’arma a distanza degli uomini di Yle. Guardò nel mirino dell’armatura, posizionato sul braccio, prima dello spuntone.
Fissò quelle figure, ingrandite, e in mezzo alla bufera notò Olaf, seguito da un ratto con un bastone, due giovani, un uomo col volto molto pronunciato e uno dai capelli verdi.
Si calmò, ma poi arrivò anche la grande figura dell’uomo scimmia, Karl.
Non ci aveva combattuto faccia a faccia, ma il sangue ghiacciato iniziò a bollire.
Continuò a mirare alla testa di Karl.
Era agitato, non sapeva cosa fare.
Gli mancava pochissimo al pensiero di lanciare la lama di ghiaccio, ma Olaf che muoveva le mani verso di lui nel codice Berserker lo fermò.
Le muoveva a croce romana, tenendo i palmi aperti, e quello che significava fece stupire Makus: amici.
Non ci impiegarono molto a raggiungere la torre, forse perché era l’unico riparo presente dalla bufera e volevano arrivare il prima possibile.
Makus aprì la porta al primo piano, facendo entrare il gruppo e Olaf.
Li guardò tutti, curioso, con sguardo serio, chiedendosi chi fossero per far si che Olaf li accolga all’avamposto meridionale.
< Chi sono? > chiese Makus
< Fuorilegge! > esclamò ad alta voce Olaf.
< Abbiamo già abbastanza feccia a Yle, non credi? >
< Questi sono bravi, fidati. Porta qualcosa da bere agli ospiti, da bravo >
Makus, scocciato, salì le scale, raggiungendo il secondo piano che fungeva da dispensa.
Quando tornò dagli altri li vide seduti e comodi attorno a un tavolino, su due divani.
< Abbiamo birra e vino. Se non vi va bene arrangiatevi. >
< Non essere scortese Makus! >
Makus si sedette
< C’è un gorlottiano e devo dargli da bere, pretendi pure che sia educato? >
< La guerra è finita, amico mio, e l’abbiamo vinta. Ora, meglio non ricordare il passato, giusto? >
Karl deglutì. Era la prima volta che Pigos lo vedeva così teso.
< Come vi chiamate? > domandò Makus fissandoli col suo sguardo agghiacciante.
Uno dopo l’altro si presentarono.
< Àkos, da Tropico. >
< Jackie, da Sion. >
< Matarak, dalla capitale. >
< Grunch, dalle fogne! >
< Pigos. >
< Karl. >
Al Berserker non interessava veramente sapere il nome dei suoi “ospiti”, se non quello di Karl, che quando sentì, si alzò in piedi, rovesciando una bottiglia di vino.
< Ma dai! > si lamentò Olaf.
Makus fissò Karl dritto negli occhi, come se volesse metterlo in guardia e che tra i due non  sarà scorso mai buon sangue.
Si voltò e noncurante salì le scale, scomparendo dalla vista degli altri sette presenti.
< Perdonatelo, ma è uno molto malinconico > spiegò Olaf versando vino o birra nei bicchieri di tutti.
< Lui come si chiama? > domandò Àkos.
< Makus Rout. È un capitano, quindi è molto orgoglioso. La presenza di Karl dovrebbe averlo infastidito. >
< Perché a te non faccio questo effetto? > chiese il gorlottiano.
Olaf si mise a bere, pensando a cosa rispondere. Per lui durante la guerra era soltanto un nemico, mentre in quella torre era solo un ospite e al di fuori di essa, il nulla.
< Semplicemente per il fatto che non siamo più in guerra. Io ti ho visto, generale, mentre combattevi contro i miei compagni che uno dopo l’altro uccidevi. Ma questa è la guerra, non esistono né buoni né cattivi. Semplicemente combattiamo per due cose differenti, quindi la tua presenza non mi fa nulla. > spiegò, continuando a bere come se non assumesse alcolici da un’eternità.
< Piuttosto, mi stupisco come facciate a essere ricercati. Insomma, tu sei un paladino? > chiese a Matarak.
< Si, ma credo che ora mi abbiano già tolto la nomina. > rispose l’altro.
< Capisco. >
< Scusa una cosa: quando ti sei presentato hai detto che ti chiami Squartafiamme. Perché? > chiese Àkos.
< Perché io riesco a tagliare il fuoco. >
< In che senso? >
< Nel senso che taglio il fuoco! > urlò entusiasta Olaf. < Vuoi una dimostrazione? >
< No, ti credo! >
< Come vuoi. Quali sono le vostre intenzioni? >
< Vogliamo andare a Yle. > rispose Pigos.
Olaf si versò un’altra dose di birra nel boccale.
< Hum, e come mai? >
< Cerchiamo rifugio. C’è una taglia sulle nostre teste. >
< Ahah! Classico! Beh, se volete rifugio, Yle richiede manodopera, lavoro. E poi non so quanto possa essere sicuro per voi andare fin là. Insomma, a parte il paladino non sembrate nulla di particolarmente pericoloso! >
< Hey, non giudicare dalle apparenze! > protestò Grunch picchiettando il pavimento con il bastone.
< Tu, proprio! AHAHAHAH! > Olaf scoppiò a ridere, divertito, prendendoli anche in giro per la loro situazione, ma poi si riprese e tornò a parlare < Quanto siete spassosi! Beh, le vostre taglie sono alte? > domandò asciugandosi una lacrimuccia.
< Tutti assieme raggiungiamo quasi due milioni e mezzo di ori. >
Olaf rimase a bocca aperta, con la lunga barba dorata che si immergeva nella birra. Era rimasto così di stucco che non si accorgeva della sensazione di bagnato.
Deglutì, quindi, per bere, si tolse la barba dal boccale involontariamente, sorseggiando birra e peli assieme.
< Ehm… allora credo che Yle non sia un posto per voi. > sentenziò il Berserker.
< E perché? > domandò Jackie.
Olaf stava per rispondere alla domanda pertinente della ragazza, ma prima che riuscisse ad aprire bocca Makus comparve dalla tromba delle scale.
< Una taglia vale su tutto il pianeta. Yle è piena di rinnegati come voi, se scoprono quanto valete non ci metteranno molto a mettervi le mani addosso. Se riusciranno a portarvi in qualsiasi regione che non sia Yle e a rinchiudervi, loro diventeranno smisuratamente ricchi e liberi da ogni colpa commessa. > Il suo tono era serio, cupo, tagliente come un rasoio. Dopo le sue parole tutto sembrò più silenzioso: il vento al di fuori della porta si calmò improvvisamente, le finestre che sbattevano ora erano ferme, immobili, e la poca luce che c’era sembrava aver paura del capitano, illuminandogli solo il corpo, ma del volto nulla si riusciva a intravedere.
Mentre Makus gli osservava e viceversa, durante quel silenzio tombale, delle urla strapparono la calma da ogni anima presente nell’avamposto.
Quelle voci gridavano il nome di Makus e Olaf. Quest’ultimo uscì dalla porta principale, estraendo un’accetta.
< Chi sono? > chiese Makus.
< Forse sono il cambio. > intuì il Berserker.
Makus rimase all’interno della torre, mentre Olaf faceva la guardia alla porta cercando di riconoscere quelle figure.
Muovevano le mani a croce romana, coi palmi aperti, per comunicare di non preoccuparsi, che erano amici.
Non ci impiegarono molto a raggiungere l’avamposto, e quando Olaf li riconobbe fece un baccano indescrivibile.
< Tiberius! >
Una delle due sentinelle gli urlò contro, come per salutarlo, e il Berserker fece altrettanto.
< Seriani! Ogni giorno più bella! > le fece i complimenti Olaf.
Tiberius era l’allievo prediletto di Makus, che al giovane pareva quasi un padre. Ma il capitano non adorava così tanto i suoi uomini. Li considerava solo merce. Merce pronta a venire uccisa. Ma non fu sempre così. Prima li riteneva dei fratelli, prima della grande battaglia nella valle del potere. Da allora il carattere di Makus cambiò radicalmente.
Seriani era invece una delle Berserker più temuta. Incredibilmente bella e affascinante, rovinava la sua meraviglia con la natura rude dei soldati di Yle. Era la sorella di Olaf. O meglio. La cugina, figlia della zia che morì durante il parto e dello zio che morì in battaglia, fu adottata dalla madre di Olaf, crescendola come figlia.
< Siete qui per darci il cambio? > domandò Makus.
< Non proprio, no. > affermò Tiberius < Ratos convoca i migliori Berserker nella regione di tornare a Yle. >
< Si! Guerra?!? > chiese entusiasta Olaf.
< I fuorilegge hanno organizzato una rivolta. La provincia di Runkarth è già stata conquistata. > disse Seriani.
Makus rimase in silenzio e Olaf si mise a guardarlo accigliandosi il volto.
< Quanti morti? > chiese soltanto il capitano.
< Tanti. > rispose secco il suo allievo.
< Ho chiesto quanti morti?! > si adirò Makus.
< Scusi signore, so solo che ci sono tanti morti, non so quanti di preciso. >
Makus gli si avvicino, tirandogli una forte sberla e subito dopo un calcio al busto, buttandolo a terra.
< Impara la disciplina ragazzo! > dicendo questo si incamminò.
Seriani aiutò l’amico ad alzarsi dopo che questo rimase a lungo a guardare il superiore.
Olaf fece segno agli altri di uscire dalla torre, così, uno dopo l’altro, l’intero gruppo si mostrò agli occhi dei Berserker.
< E questi chi sono? > chiese Seriani.
< Viandanti. Li portiamo ad Yle. > mentì Olaf sull’identità del gruppo.
Tiberius annuì col capo, quindi fece segno di raggiungere Makus.
< Io sto qua… qualcuno deve pur rimanere a fare la guardia… > commentò Olaf. Avrebbe voluto combattere anche lui, ma conoscendo l’orgoglio di Makus, sapeva che non avrebbe potuto far nulla per andare al posto suo.
< No. Ratos ha esplicitamente detto di lasciare sguarnito l’avamposto meridionale. Voi due siete troppo importanti per l’armata, la torre verrà rinforzata al più presto, non preoccuparti. > lo tirò su di morale. Così anche Olaf, entusiasta e contento, quasi fosse un bambino, sbarrò l’entrata della torre, seguendo gli altri che già si erano incamminati.
Perciò, i quattro Berserker si dirigevano ad Yle con passo piuttosto calmo nonostante la temperatura glaciale e pericoli dietro ogni albero o pianta. Abitudine, asseriva Olaf.
Questo, poco dopo la partenza, li aveva avvertiti che, nel caso dei banditi li avessero attaccato, loro non dovevano muovere un dito. Anche se uno dei Berserker rischiava di morire, loro dovevano guardare e lasciar fare ai quattro di Yle.
E così fu.
A metà strada dei rinnegati fecero un’imboscata al gruppo.
Erano piuttosto numerosi, forse una banda di briganti, pensò Jackie.
Erano in una ventina, tutti pronti a scagliarsi sul gruppo di dieci, di cui solo quattro combattevano.
Il primo bandito si buttò letteralmente contro Seriani. La donna schivò il fendente accasciandosi a terra, estraendo l’enorme spada dal fodera sulla schiena. Il bandito tentò di colpirla di nuovo, ma Seriani gli tagliò una gamba prima che l’altro potesse finire di effettuare il colpo. Cadde a terra, venendo subito dopo trafitto al ventre dalla lama della donna, che urlava, per darsi carica e per il gusto di uccidere.
< Raggruppatevi! > disse Makus al paladino che poi riferì l’ordine agli altri.
I sei rimasero spalla a spalla a guardare i Berserker che combattevano.
Erano estremamente abili e le loro urla li spaventavano.
Non lasciavano in vita nessuno.
Makus per la scocciatura combatteva peggio del solito.
Incassava molti colpi, ma nulla di grave: solo pugni e calci.
Un rinnegato più alto e robusto gli tirò un pugno dritto al volto, facendolo indietreggiare.
< Non dovevi. > Makus gli si avvicinò repentinamente. Le sue unghie divennero più lunghe e affilate, trasformandosi in ghiaccio. Il capitano lo bucò con tutte e cinque le lame della mano. Nulla di che, infatti il brigante stava già per allontanarlo, ma improvvisamente sentì qualcosa allo stomaco.
Un dolore atroce. Poco dopo non riuscì quasi più a respirare. Aveva il busto completamente ghiacciato. Gridò per il dolore, finché non divenne una statua di ghiaccio.
Come Makus tolse la mano dal suo stomaco, il bandito si sgretolò e cadde a terra.
Tiberius combatteva come al solito, spada e spuntone di ghiaccio, armi consigliate per i tiratori di Yle. Schivava ogni attacco, mentre i suoi andavano tutti a segno.
Olaf era il più pericoloso agli occhi dei banditi. Sembrava farsi ferire apposta, e più perdeva quel sangue violaceo dalle sue ferite più lui era divertito.
Uno gli saltò addosso, lacerandogli il braccio destro. Olaf gli urlò nell’orecchio, quindi lo scagliò per terra e subito dopo gli conficcò l’accetta sinistra allo sterno.
Raccolse l’arma, intanto un altro lo colse al fianco. Il Berserker riuscì a deviare il colpo della lancia, spezzandola. Piantò la stessa accetta al piede del bandito, che urlò. Gli strappo dalle mani il legno spezzato e mentre urlava glielo ficcò in bocca talmente forte che gli bucò la carne, trapassandogli la testa.
Ancora una volta Olaf dava dimostrazione della sua crudeltà in battaglia.
Erano rimasti cinque banditi in vita, tutti di fronte a Olaf.
Gli altri presenti osservavano, alcuni disgustati, come Àkos, Grunch e Jackie, altri rimasero indifferenti, quali Matarak e Pigos, mentre i tre Berserker ridevano.
< Perché? Perché ridete?!? > chiese spaventato Karl. Lui era l’unico a conoscenza di cosa sapevano fare quei soldati, li aveva combattuti.
< Guardati la scena! > Urlò Tiberius.
Olaf stava parlando.
< Avanti! Avete paura? Siete cinque contro uno, non riuscite a fermarmi? >
I rinnegati non sapevano cosa fare. Ritirarsi o continuare a combattere?
Ogni sano di mente avrebbe scelto la prima ipotesi. Due stavano infatti indietreggiando, ma nonostante l’orrore Grunch era curioso di vedere cosa avrebbe fatto Olaf, voleva sapere le sue vere potenzialità.
Effettuò un incantesimo, picchiettando il bastone a terra, e poco dopo i cinque banditi furono presi da un’irrefrenabile voglia di combattere.
 In tre gli corsero contro con l’intenzione di colpirlo tutti assieme.
< Ahahah! > rise Olaf < Non potete fare nulla contro di me! Io ho il ghiaccio nel sangue! >
Dette queste parole, tre spuntoni di ghiaccio uscirono dalla neve sotto ai loro piedi, impalandoli tutti e tre.
Gli altri due osservarono la scena rimanendo dietro le quinte, ma ora il sipario era libero solo per loro e per la loro morte.
Il primo tentò con un tondo della spada a decapitare Olaf.
< Banale! > il Berserker bloccò la lama con l’accetta. Gli tirò una testata, facendolo barcollare all’indietro.
Il nordico gli si avvicino. Le sue accette si ricoprirono di ghiaccio affilatissimo. Gridò, così con un’accetta lo taglio orizzontalmente, alla vita, e subito dopo verticalmente.
Due tagli perfetti. Il bandito era diviso in quattro parti simmetriche.
L’ultimo brigante sarebbe scappato se non fosse per la magia del ratto, e così andò incontro alla morte.
Anche lui come il suo predecessore tentò di decapitare l’avversario.
< Siete noiosi, un po’ di fantasia! > si lamentò Olaf, che gli tirò un calcio alla rotula, rompendogli la gamba.
Il bandito urlò per il dolore, cadendo in ginocchio. Il Berserker piantò le accette al suolo, afferrando la testa del brigante. Gli gridò contro, spalancandogli gli occhi.
Gli ci volle un piccolo movimento delle braccia a spezzargli l’osso del collo.
Venti contro quattro.
I Berserker erano ancora in piedi.
Olaf raccolse le sue armi, attendendo che il gruppo lo raggiunse.
Makus gli mise una mano sulla spalla, dicendogli qualcosa, e Olaf scoppiò a ridere, divertito e sporco di sangue.
Mancò poco a raggiungere le porte di Yle. I Berserker gridavano e ridevano per la gioia di aver combattuto e ucciso qualcuno, mentre gli altri rimasero in silenzio.
Ecco, finalmente le gigantesche mura di Yle si mostravano davanti ai dieci.
< Siamo arrivati! > Gridò Olaf.
< Chi? > chiese una voce dietro alle immense porte.
< Tua madre! > rispose ridendo Olaf.
Le porte si aprirono e il gruppo entrò nella città.
  
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