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Autore: Chara    25/11/2012    9 recensioni
Phoebe è una semplice ragazza inglese, dal carattere un po' spigoloso e una modesta esperienza di uomini imbecilli. L'incontro con Joseph Morgan le aprirà gli occhi su quanto non sia il caso di fare di tutta l'erba un fascio, anche se ci vorrà un bel po' di tempo prima che il suo cervello accetti che quella che prova nei confronti dell'attore non è semplice attrazione fisica.
STORIA DA REVISIONARE!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joseph Morgan, Joseph Morgan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XII

 

 

 

Forse Amber non si aspettava che mi mettessi a fare picchetto davanti alla porta del bagno, e quando uscì mancò poco che cacciasse un urlo apocalittico. Sogghignai divertita e soddisfatta, alzandomi con calma esasperante dalla sedia, e le andai incontro. Indietreggiò fino a posare le spalle al muro, gli occhi sbarrati e le labbra strette in una smorfia sottile per la consapevolezza di essersi messa in gabbia da sola. Con le spalle al muro, letteralmente.

Ignorai con fermezza la vocina nella mia testa che mi suggeriva le mille somiglianze tra quel mio comportamento e quello che abitualmente assumeva Joseph nei miei confronti, perché non sarei stata davvero pronta ad ammettere una sua così grande influenza su di me. Dopotutto, di ammissioni nelle ultime ore ne avevo già fatte a sufficienza.

«Perché ti terrorizzo? – chiesi quindi, divertita dalla sua reazione, inarcando le sopracciglia con curiosità crescente – Hai forse la coda di paglia, tesoro?»

«Non so di che parli» balbettò in risposta, cercando con gli occhi una via di fuga che, però, ero intenzionata a non darle. Volevo che svuotasse il sacco, e l’avrebbe fatto entro pochi minuti.

«Allora ti rinfresco la memoria – sbuffai – Noi stasera dobbiamo uscire con Emily e Joseph. E per noi intendo tu, Andrew… e io. Mi dici cosa ci faccio con due coppiette? Come diavolo ti sarebbe saltata in mente una stronzata simile?»

Sussurrò qualcosa, ma lo disse così piano che non riuscii a capire. Doveva proprio essere una bomba se toglieva la parola a una persona logorroica come Amber, così iniziai a sudare freddo e a preoccuparmi seriamente, ma tentai di mantenere un minimo contegno fino alla notizia.

«Non ho sentito» le dissi, incitandola con un cenno del capo a ripetere.

«Dave» sbottò infine, dopo aver preso un profondo respiro di incoraggiamento. Cercai a tentoni la sedia che avevo lasciato pochi passi più indietro e vi sprofondai letteralmente, all’improvviso prosciugata di tutte le forze.

Ti prego, fa’ che abbia capito male.

«Lo abbiamo trovato a casa di Drew e per non si sa quale motivo è uscito il tuo nome, così Dave si è autodefinito come tuo fidanzato. E a Emily, che credo non abbia digerito per nulla il fatto che tu avessi un ragazzo tanto figo, è venuta la malsana idea di uscire tutti insieme appassionatamente. Probabilmente per verificare che stiate davvero insieme.»

«Ma noi non stiamo insieme.»

«Questo lei non lo sa – precisò concitata – E io non me la sono sentita di smentire per due motivi: uno, sono terrorizzata follemente da Dave; e due, ho pensato che ti servisse un pretesto per dimostrare a Emily che non sei sfigata come ti crede. E poi potresti far ingelosire Joseph…»

Sull’ultima parte le lanciai un’occhiata talmente tagliente che incassò il capo nelle spalle, praticamente sconvolta. Dire una cosa del genere equivaleva per me, anche se lei non lo poteva sapere, ripensare agli avvenimenti di poco tempo prima sulla scrivania della mia camera. Inoltre, Joseph si era preso un pugno sul naso per difendermi da Dave, per cui mi sembrava una mancanza di rispetto fingere di stare con l’uomo con cui aveva fatto a botte – perché, nonostante tutto, dovevo rispettare Joseph in almeno qualche sfaccettatura della nostra equivoca relazione.

«Mi do malata» decretai infine, scuotendo il capo come in trance. E continuai a comportarmi in quel modo anche mentre Amber mi spingeva dentro al bagno, accompagnando il movimento del mio capo con scuse ininterrotte che non compresi fino in fondo. Lo faceva per il mio bene, diceva, ma io mi sentivo ad ogni momento di più verso il patibolo. Non avevo ancora abbandonato del tutto l’idea di darmi alla macchia, ma la verità era che non sapevo dove andare per non correre il rischio di essere trovata. E sapevo anche che la mia migliore amica non mi avrebbe coperta, lasciandomi sola in casa, ma piuttosto avrebbe fatto in modo di spostare la serata nel nostro salotto, e io Dave proprio non ce lo volevo.

Così lasciai che scegliesse per me cosa indossare, senza nemmeno lamentarmi. Erano rare le volte in cui non esagerava, ma evidentemente quella sera si sentiva troppo in colpa per farmi vestire come una ballerina da night club, sempre che si potessero definire davvero ballerine. E optò per un vestitino bianco che sicuramente avrebbe sollevato le mie obiezioni, se subito non mi avesse spinto in mano anche un corto giubbotto di pelle marrone.

Niente da dire, mi conosceva alla perfezione, ma se fosse stato per me mi sarei coperta fino ai piedi.

«Ti sei salvata in corner» brontolai, cominciando a vestirmi.

«Ma tu no – sogghignò, dimenticando per un momento i suoi sensi di colpa asfissianti – Hai una faccia sconvolta, tesoro…»

Non risposi, roteando gli occhi, e abbassai il capo con la scusa di vestirmi.

«Phoebe, guardami in faccia e dimmi cos’hai» mi intimò, con un cipiglio così deciso che quasi mi ricordava quella seccatrice di mia madre, che però un po’ mi mancava lo stesso.

«Quando siete tornate eravamo già senza maglietta – ringhiai, scoppiando infine come una bomba – Non oso immaginare cosa sarebbe successo se aveste ritardato di altri cinque minuti.»

«Quindi… voglio dire, quindi…» balbettò spalancando gli occhi con incredulità. Mi sembrava strano che non riuscisse a credere a ciò che le avevo detto. Dopotutto era la prima sostenitrice dell’idea che io e Joseph fossimo attratti l’uno dall’altra. E cosa fanno sue persone che si attraggono? Si saltano addosso, ovviamente.

«Quindi abbiamo dato una lucidata alla scrivania della mia camera – confermai, dandole le spalle. Ero imbarazzata a morte, mi infastidiva immensamente ammettere di aver ceduto, di non essere riuscita a resistergli, di provare delle sensazioni tanto forti per lui – Ma perdonaci se non abbiamo avuto il tempo di lucidare anche la tua.»

«Oh, non serve – ridacchiò spensierata, forse troppo contenta per i miei passi avanti con Joseph. Che poi, quali passi avanti? Mi ero fatta incartare per bene e quella serata avrebbe complicato il tutto ulteriormente, con la presenza di quell’idiota del mio ex… ex cosa? – L’abbiamo lucidata io e Drew giusto l’altro giorno.»

«Poi sono io quella volgare, vero?» sbuffai, piazzandomi davanti allo specchio per stendermi un velo di cipria sul viso.

«No, tesoro, non ci siamo proprio – mi redarguì, guardandomi con un’espressione che non riuscivo a definire in nessun modo, se non disgustata – Ti trucco io.»

«Non siamo ad Halloween, Amber.»

«Sei scorbutica» mi accusò lanciandomi un’occhiataccia, e non me la sentii proprio di darle torto.

Però, come aveva fatto per i vestiti, non fu esagerata e non trovai nessuna lamentela da presentare. Certo non fu lo stesso quando giungemmo al luogo in cui avevamo appuntamento, un pub molto semplice ma allo stesso tempo elegante, che mi ricordava terribilmente Joseph. Drew ci venne incontro con Dave alle calcagna e l’espressione soddisfatta del suo viso mi fece tornare di nuovo quel bisogno di fuga che si presentava come un orrendo formicolio alla bocca dello stomaco, e, guarda caso, sempre quando mi trovavo davanti la sua pessima persona.

«Ciao Phoebe» mormorò suadente, avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra. Da una parte avrei voluto scappare, mentre dall’altra non mi sarebbe affatto dispiaciuto impiastricciargli tutta la faccia con il gloss. Tuttavia l’istinto di conservazione ebbe la meglio e alla fine mi scansai: per uno della sua risma non mi sarei nemmeno rovinata il trucco.

«Non toccarmi» gli intimai con un sibilo, guardandolo quasi schifata. Lo detestavo, non mi era mai sembrato così viscido, ma nonostante ciò dovetti per forza ammettere che la camicia bianca gli stava d’incanto. Sembrava quasi un bravo ragazzo, peccato che quella faccia da schiaffi lo smentisse in pieno. Era così sbruffone e idiota che di nuovo mi presi a insulti per essermi fatta abbindolare.

«Quella bionda – sogghignò poi, le labbra accostate al mio orecchio – Emily, mi pare che si chiami, è la ragazza del tuo principino azzurro, non è così? Sai, quello che si è preso un pugno dal sottoscritto. E lei crede che siamo fidanzati.»

«Lo so già – gli rinfacciai, scrollandomi di dosso il braccio che mi aveva posato sulle spalle – Non è necessario che me lo spieghi di nuovo, oltre al fatto che Amber è stata molto più esauriente di te.»

«Sei acida – ridacchiò, prendendo il mio viso con decisione e disegnando con la lingua il contorno delle mie labbra – Si vede che non passi più il tuo tempo sotto di me.»

«Tu invece dovresti passare il tuo tempo sotto un autobus.»

«Le tue dimostrazioni d’affetto sono un po’ da capire – esclamò la voce di Joseph alle mie spalle, ma sempre più vicina a noi – Ma quando finalmente si capisce il senso ti fanno venire voglia di abbracciarti e di volerti bene.»

Non sopportavo la gente che arrivava così di soppiatto come un aggressore, soprattutto se proprio in quel momento Dave stava dicendo che non andavamo più a letto insieme e che quindi non eravamo fidanzati come l’idiota aveva voluto far credere. Se Emily avesse sentito una bomba del genere sarebbe saltata tutta la serata e, benché non mi dispiacesse affatto l’idea di scoprire la realtà dei fatti, non volevo che Amber mi tenesse il muso per non aver sfruttato l’occasione di mettere la mia peggior nemica, o così l’aveva etichettata, in un angolo e con l’ego a pezzi. Quindi avevo deciso di reggerle il gioco per qualche stupida ora, ma non avevo avuto modo di troncare la conversazione prima di sapere che due idioti della peggior specie si stavano avvicinando di soppiatto, ascoltando ogni frammento di conversazione con quello che si spacciava per uomo della mia vita. Cominciavamo già male, e non erano nemmeno le dieci.

«Non so se avrai mai tempo di conoscermi, Joseph – replicai soave e velenosa, inarcando le sopracciglia – Ma mi sembra quasi di essere un libro aperto, per te.»

«Senza dubbio» ridacchiò, ammiccando senza pudore. Quello scambio di battute si stava effettivamente svolgendo di più con gli occhi che con le parole, e forse Emily dovette accorgersene perché decise di pararsi esattamente davanti al suo uomo, cogliendo ovviamente l’occasione per squadrarmi da capo a piedi.

«Non sarai vestita un po’ troppo poco?» mi chiese dubbiosa, occhieggiando le mie gambe che erano sempre state più affusolate e dritte delle sue. Le trovavo un sacco di difetti, eppure il suo sorriso perfetto e quegli occhi scuri da cerbiatta mi avevano sempre fatta sentire parte della tappezzeria.

«Buonasera anche a te – replicai con sufficienza, senza smettere comunque di sorridere – Vorrei ricordarti che vivo a Londra: sono abituata al freddo e anche all’umidità. Se invece temi che il tuo ragazzo mi guardi le gambe puoi stare tranquilla, credo di non essere proprio il suo tipo. Voglio dire, sicuramente non mi sbatterebbe su un tavolo per dei preliminari focosi

Fu il mio turno di ammiccare e Joseph impallidì leggermente. Forse non credeva che mi piacesse giocare così direttamente, ma non ero io quella che aveva qualcosa da perdere. Non avevo punti deboli quella sera, ma lui sì. E gliel’avrei fatta pagare per aver minato il mio autocontrollo di ferro. Anzi, gliel’avrei fatta pagare per quel doppio gioco che stava conducendo da troppo tempo.

« Certamente – ridacchiò Emily, stringendosi di nuovo al braccio del suo ragazzo fedifrago – A lui poi piace andare con calma, non è il tipo da mettere in disordine un tavolo.»

Avrei dato un braccio per poterle scoppiare a ridere in faccia e spiegarle per filo e per segno come avessimo messo a soqquadro la mia scrivania, i miei appunti e tutte le mie scartoffie, ma purtroppo non potevo. Avevo le mani legate e la serata era solo all’inizio. Avrei avuto tempo, dovevo solo godermela.

«Scusate» s’intromise Amber, rimasta fino a quel momento in un angolo a scambiarsi effusioni con Drew. Ogni volta che litigavano e poi facevano pace sembravano regredire all’età della tempesta ormonale, ma ormai avevo smesso di preoccuparmene.

«Sì?» sogghignai, per poi roteare gli occhi quando la mano di Dave si intrufolò sotto al giubbino di pelle, alla ricerca di un lembo di pelle esposto che, però, non trovò. Non ero così idiota da stare troppo nuda in sua presenza, ma evidentemente lui era idiota da non capirlo.

«Forse – ipotizzò la mia migliore amica, gesticolando in direzione dell’ingresso – Forse sarebbe il caso di entrare, non trovate? Stare tutta sera qui fuori potrebbe essere noioso dopo un po’.»

Non mi sfuggì nemmeno per un momento l’occhiata di profondo e disperato ringraziamento che Joseph le riservò e provai a trattenere un sorriso, ma non vi riuscii. Così abbassai il capo per evitare di farmi vedere, principalmente da quell’arpia di Emily, e Dave ne approfittò di nuovo, baciandomi la nuca con fare lascivo.

Rialzai lo sguardo con uno scatto, per fulminare il mio accompagnatore, ma incrociai lo sguardo azzurro di Joseph che sembrava non essersi perso nemmeno un movimento. La mia vanità sembrava troppo su di giri, così decisi di farle prendere il sopravvento almeno per un attimo, in modo che poi potesse starsene tranquilla e non darmi disturbo: sorrisi di nuovo, stavolta più apertamente e senza curarmi di farmi vedere, e li incitai a smuoversi di là.

«Andiamo, allora?»

   
 
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