4. QUANDO L’AMORE DIVENTA
ODIO
“L'odio sembra capace più dell'amore
di serbare memoria”
(Sergio
Quinzio)
Che fossero passati
minuti, secondi, o ore intere poco mi importava, stare seduta con la schiena
rigida e le unghie conficcate nei palmi delle mani su di una poltrona che aveva
le sembianze di un enorme macigno magnetico che mi impediva qualunque tentativo
di districarmi da quell’inconveniente situazione,
faceva comunque apparire il tempo un’interminabile condanna dalla fine
imprecisata e dalla consistenza decisamente opprimente.
Essere lì, ad un metro da
un calmo e pacatissimo Elijah, era opprimente.
Dopo quella
“presentazione” innocente ad occhi estranei Damon l’aveva interrotto chiarendo
a tutti che le famigerate novità richiedevano l’immediata attenzione, tanto che
senza neanche accorgermene mi ritrovai nuovamente seduta compostamente sulla
poltrona, in apparente aspettativa come tutti gli altri.
Elena, alquanto allarmata
riuscii a constatare dopo che un barlume di senno si rimpossessò della sua
parte designata nella mia mente, chiese cosa stava accadendo e Stefan gli si
avvicinò scuro in volto, certamente preoccupato di un possibile subdolo piano
di Klaus o altro.
Io mi chiesi invece come
Impossibile.
Sicuramente c’era ben
altro per abbassarsi a rivolgere loro la parola, calpestando il suo orgoglio
che certamente non gli avrebbe permesso di rapportarsi così amichevolmente con chi l’aveva
spudoratamente fregato senza tanti rimorsi e rimpianti, e addirittura
aiutandoli, sfavorendo così la propria fazione.
Le sue parole confermarono
i miei sospetti.
-Non sono certamente qui
per aiutare voi, questo spero almeno
che siate stati in grado di intuirlo, ma perché tra di voi c’è la chiave del
nuovo piano che temo stia tramando mia madre-
-Puoi parlare meno per enigmi?-
lo interruppe subito Damon con aria strafottente. Pessima mossa.
-Se me ne dai il tempo,
forse riuscirò a spiegarti come stanno le cose Damon. Dubito che interrompendomi
trarrai conclusioni logiche- sorrisi appena, mentre Elijah schioccava
seccatamente la lingua sul palato, gettandogli un’occhiata di sufficienza. Dopo
tanti anni ero ancora in grado di prevederlo, di capirlo, ero orgogliosa di me
stessa. E del legame che ci univa.
-Stavo dicendo…temo che
mia madre stia nuovamente tramando qualcosa a discapito nostro, non ne sono
certo, questo lo ammetto, ma dopo il fallimento del suo precedente piano ho
buone ragioni di credere che farà un nuovo tentativo per sterminarci, e con noi
ogni vampiro- sorrideva misterioso mentre parlava, ma non mi fregò. La
conoscevo quell’espressione, la stessa di quando mi raccontò della sua
famiglia, era tristezza, delusione, era tormento malcelato da un’ironia sottile
e superficiale, inappropriata e per nulla convincente. Soffriva Elijah, lo
sapevo dalla sua mascella contratta e da quella ruga sulla fronte pallida, ma
lo nascondeva con una maestria dettata dall’esperienza di mille anni. Era bravo
ad ingannare la gente, glielo avevo sempre detto.
-E noi in tutto questo
cosa c’entriamo? Perché sei qui Elijah?- fu Elena a parlare, avvicinandosi di
un passo e posizionandosi al fianco di Stefan, che le cinse un fianco con
possessione e protezione.
Una fitta d’invidia mi trafisse il petto,
piccola ma percepibile. Li invidiavo, sì, in quel momento più che mai, perché
anche noi eravamo così un tempo,
anche noi non riuscivamo a stare lontani, a non cercarci con lo sguardo, a non
bramare quei casti contatti quotidiani. Ora invece, dopo secoli di lontananza,
sembravamo due perfetti estranei, era inutile tentare di affermare il
contrario. Certo, forse riuscivo ancora a leggere tra le righe le sue emozioni,
per quanto quel suo essere enigmatico me lo permettesse, ma nulla più. Temevo
costantemente di incrociare il suo sguardo e leggervi nuovamente null’altro che
il gelo e l’indifferenza più nera, temevo di vedere quegli occhi spenti posarsi
su di me con la stessa intensità con cui si posavano sulle sue vittime, e temevo
il contatto con la sua pelle, perché ero certa che, vampiro o meno, le mie
gambe avrebbero ceduto e lui non avrebbe mosso un muscolo per aiutarmi. Ma ero
salva, salva da ognuna di queste situazioni, perché mi ignorava. Parlava leggermente voltato verso Stefan, guardava tutti,
persino Caroline e quell’incosciente di Damon, ma non aveva mai posato gli
occhi nella poltrona sulla quale sedevo, si muoveva, ma tenendosi sempre,
costantemente a debita distanza da dove mi trovavo io. Sembrava non vedermi, o
non volermi vedere. Probabilmente
l’odio, il disprezzo nei miei confronti era tale da non potermi neanche degnare
di un briciolo di attenzione, fosse poi questa spesa con urla e sfoghi
rabbiosi, ma quella situazione se da una parte mi feriva a livelli
inimmaginabili, dall’altra stava facendo accrescere una punta di collera, lieve
ma fastidiosa.
Quel suo essere così
composto, così impeccabile e gelido, quel suo essere nobile persino
nell’irradiare il peggiore dei sentimenti, mi innervosiva come poche cose,
tanto che ero immensamente tentata di alzarmi per posizionarmi ad un palmo dal
suo naso, giusto per vedere se anche in quel caso non avrebbe fatto una piega,
se solo il gesto non fosse stato tanto puerile.
Mentre facevo queste
considerazioni, non riuscii a staccare lo sguardo la suo volto, così potei
notare l’espressione a metà tra lo sdegnoso e l’irrisorio che assunse nel
rivolgersi ad Elena. Decisamente non aveva preso bene il suo scherzetto assieme ad Esther.
-Odio ripetermi, ma mi
sembrava di essere stato chiaro quando ho detto che voi con ogni probabilità
avete la chiave del suo nuovo piano- soffiò con aria apparentemente stanca.
-Sarebbe?- chiese Caroline
seccata. Una parte di me poteva capirla, Elijah quando decideva di comportarsi
a quel modo risultava veramente odioso, o dannatamente e esasperante a seconda
dei casi.
-Sarebbe, giovane Forbes,
la vostra amica strega. Bonnie, giusto?-
-Cosa diavolo c’entra lei
con Esther adesso?-
-Probabilmente nulla, o
forse tutto. Ribadisco, non conosco i piani di mia madre, non so cosa potrebbe
mai avere in mente, ma so che ha
intenzione di fare qualcosa, e penso abbia bisogno dell’aiuto di un’altra
strega. Bonnie è la candidata migliore-
-Se parli così, qualcosa devi sapere per forza- lo
accusò Stefan con tranquillità, ma tenendosi comunque in guardia. Capibile.
Elijah era noto per la sua poca sopportazione delle accuse rivolte nei suoi
confronti, ed ancor più per la sua immensa differenza dal fratello: se Klaus
nei suoi scatti d’ira con conseguenze pari alle distruzioni di massa risultava
prevedibile, Elijah no, la sua immutabile calma era uno scudo che lo rendeva
imprevedibile ed egualmente temibile, se non di più, al fratello.
-Forse- ammise con una
lieve increspatura arrogante delle labbra –Ma per ora non vedo il motivo di
informarvi di nulla. Vi basti sapere che Bonnie potrebbe essere una candidata
per il compimento della distruzione della nostra razza, confido nelle vostre
azioni d’ora in poi, sperando che la terrete d’occhio ed eviterete ogni
avvicinamento da parte di mia madre, sotto qualsiasi forma esso possa avvenire-
Vidi Stefan tentennare,
prima di parlare nuovamente.
-D’accordo, faremo come
dici tu, terremo d’occhio Bonnie e chi le graviterà attorno d’ora in poi, ma
dacci la tua parola che per qualsiasi sviluppo ci terrai informati-
Elijah alzò prepotente un
sopracciglio.
-Perché dovrei? Non vi
devo nulla, tutt’altro, siete già stati
graziati dal fatto che sono venuto qui ad informarvi di questo. Inoltre sono
affari di famiglia-
-Non sono affari di
famiglia, c’entriamo tutti in questa faccenda, non puoi pretendere che
rimarremo in disparte in caso di un nuovo accatto da parte della tua pazza
mammina fan di Van Helsing. Se uno di voi tira le cuoia, c’è il rischio che
moriamo anche noi, ed è un rischio che, spiacente, non ho nessuna intenzione di
correre. Ci tengo alla mia eternità- sbuffò Damon acido.
Elijah lo fissò per un mo
mento in silenzio, probabilmente valutando la veridicità delle sue parole. Ero
sicura che se davvero Esther stava tramando qualcosa, certamente un aiuto in
più non avrebbe scomodato, e lo sapeva bene persino lui anche se li aveva
definiti affari di famiglia, inoltre
era vero, c’eravamo dentro tutti quanti fino al collo quando si trattava di
attentati agli Originari.
Alla fine sospirò appena,
lievemente scocciato giudicai.
-Va bene, se lo riterrò necessario, vi metterò al
corrente dei piani di mia madre. Per ora limitatevi ad adempiere al compito che
vi ho affidato e non tirare fuori altre pretese-
Vidi Stefan annuire e
capii che la questione si era chiusa così.
Rimasi abbastanza basita
dal fatto che in tutto quel tempo ero rimasta silenziosamente in disparte,
immobile e muta di fronte a quello scambio di battute nel quale non avevo
neanche tentato di inoltrarmi. Probabilmente fu meglio così, non osavo
immaginare cosa avrebbe potuto ribattere Elijah ad un mio possibile intervento.
Il suono di un cellulare
mi distrasse.
-Dimmi Alaric-
-Stefan, qui sembra ci siano novità. Puoi parlare?-
Stefan gettò una veloce
occhiata ad Elijah, che ricambiò con pacata curiosità.
-Arriviamo- disse solo,
senza realmente rispondere, per poi riattaccare.
-Spero per voi che non
stiate tramando nulla contro la mia famiglia. Sapete bene che non avete alcuna
speranza di vittoria, i precedenti parlano chiaro- Elijah assottigliò lo
sguardo arrogante, sputando quelle parole velate di un’inconsistente minaccia
con eleganza e tranquillità. Poi sospirò, gettando un’occhiata all’orologio e
parlando prima ancora di ricevere risposta –Ora si è fatto tardi, e anche voi
mi sembrate parecchio impegnati-
-D’accordo. Elena, vieni?-
Stefan aveva già raggiunto la porta, seguito da Damon, prima di voltarsi nella
nostra direzione.
-Si, intanto voi andate,
vi raggiungo dopo. Prima devo fare una cosa-
Stefan la fissò dubbioso,
nello sguardo la muta domanda riguardo alle sue intenzioni, ma fu liquidato da
un’occhiata seria e determinata che fu accolta con piccolo cenno del capo.
-Ok. Nina, noi ci vediamo
oggi pomeriggio se non hai altri impegni, anche perché volevo discutere con te
di una cosa, ma non ce ne è stato il tempo-
-D’accordo, ci vediamo
dopo- sorrisi a Stefan, che ricambiò prima di uscire.
Caroline mi si avvicinò,
radiosa.
-E’ stato davvero un
piacere conoscerti, Nina, mi dispiace solo che siamo stati interrotti- gettò
una veloce occhiataccia ad Elijah, che notai con la coda dell’occhio era stato
fermato da Elena –Comunque spero di poter passare del tempo assieme, hai già
fatto un giro?-
-Veramente no, non ne ho
avuto ancora il tempo…-ammisi con un sorriso imbarazzato.
-Oh fantastico! Allora
quando oggi finisci con Stefan fammi uno squillo, ti passo a prendere e ti
faccio conoscere un po’ la città. Sai i locali carini, i negozi più belli…certo
non è Parigi, ma ti dovrai pur ambientare prima o poi- sorrise euforica,
sicuramente nella sua testa già progettava tutto il tour che avrebbe messo in
atto -Tieni, questo è il mio numero- lo scrisse velocemente su di un foglietto recuperato
da un mobiletto lì accanto e me lo passò –Se hai anche bisogno di qualcosa, qualsiasi
cosa, non esitare a chiamarmi, d’accordo?-
Sorrisi, era così
contagiosa la sua euforia che per un attimo mi scordai di tutta la tristezza
provata fino a quell’istante, di Elijah che era ancora in quella stessa stanza,
e del fatto che non mi aveva ancora realmente rivolto la parola, o lo sguardo.
-Ok, grazie Caroline. Sei
davvero una ragazza fantastica-
-Cerco solo di non farti
sentire sperduta, d’altronde non conosci nessuno se non Stefan- si strinse
nelle spalle, come a minimizzare la questione -Beh ora scappo, mi raccomando
oggi chiamami-
-Certo, buona giornata-
Quando anche lei se ne fu
andata decisi che era arrivato il momento di tornare al B&B. Mi voltai e
vidi che Elena stava ancora parlando con Elijah, voltato di spalle e sempre più
intenzionato ad ignorarmi. La stretta allo stomaco si acuì e fui tentata di
andarmene senza dire nulla. Stavo per uscire quando uno scambio di battute mi
bloccò sul posto, allarmandomi.
-Elijah, devi dirmelo! Io
devo saperlo se le persone che amo sono in pericolo!-
-Devo, Elena? Non mi pare che io devo nulla nei tuoi confronti,
ringrazia piuttosto che sia venuto fin qui ad avvisarvi, invece di risolvere la
questione uccidendo la tua amica ed evitando così futuri pericoli. Non mi pare
tu sia nella condizione di dettare pretese, o sbaglio?- sgranai gli occhi nel
sentire quel tono gelido e accusatorio, leggermente collerico, mentre le si
avvicinava d’un passo, minaccioso, gelandola sul posto.
Mossa da non so quale
forza superiore decisamente incosciente
tornai indietro.
-Ehi, cercate di darvi una
calmata- dissi, quasi frapponendomi fra i due e sospingendo indietro un Elena
reticente.
Ero stata una sciocca, in
primo luogo perché effettivamente Elijah non le avrebbe torto un solo capello,
la sua era tutta una tattica per intimorirla ma non si sarebbe mai azzardato ad
alzare una mano su di una ragazza, per di più umana, non era nel suo stile; e
in secondo luogo perché se anche non fosse stato così non avrebbe certamente
dato retta a me, e men che meno io avrei avuto la forza fisica per fermarlo.
Peccato che tutti questi ragionamenti li avessi fatti solamente dopo.
Era calato il silenzio.
Sentivo Elena trattenere il fiato, probabilmente ancora intimorita dalla
reazione del vampiro (una parte di me registrò che con ogni probabilità quella
era la prima volta che lo vedeva rivolgersi in maniera tanto sgarbata a lei)
mentre io abbassavo le mani che istintivamente avevo alzato nella mia
spettacolare entrata in scena.
Non guardavo esattamente
il suo volto, bensì un punto imprecisato tra il nodo della cravatta e il mento,
ma lo potei sentire lo sguardo che mi riservò non appena entrai nel suo campo
visivo. Anche senza alzare la testa, percepii quegli occhi neri trapassarmi da
parte a parte. Deglutii a vuoto e mi ostinai a non fissarlo apertamente, non
sarei mai riuscita a reggere quegli occhi gelidi. Ma al suono della sua voce,
amaramente divertita e velata d’ironia, non potei che alzare la testa di
scatto, fissandolo confusa.
-Che coincidenza- soffiò
con un angolo delle labbra piegato verso l’alto. Non c’era felicità in
quell’espressione né divertimento, solo tanta amarezza e disprezzo, mischiate alla consueta nota di noncuranza.
Aggrottai la fronte
specchiandomi in quegli occhi neri ora fissi sul mio volto, e cercai di capirne
il significato, ma era così difficile
ragionare a meno di un palmo dal suo viso, quando potevo chiaramente percepire il suo respiro freddo
infrangersi sulla mia pelle, respiro che aveva lo stesso profumo ammaliante di
due secoli prima: gelsomino. Sbattei le palpebre, annebbiata dai ricordi e da
lui, e misi nuovamente a fuoco la sua espressione apparentemente indifferente
fissa su di me.
E’ questo l’effetto che ti faccio Elijah? Mi odi a
tal punto da credere che la violenza fisica non basti? Che serva questo per
distruggermi?
Lo pensai solamente, ma un
guizzò nei suoi occhi scuri mi fece capire che aveva intuito i mille dubbi muti
e nascosti che tormentavano la mia mente dal moment in cui lo avevo rivisto. Ma
era stato troppo veloce, troppo sfuggevole per non credere che fosse solamente il
frutto della mia fervida e suggestionabile immaginazione.
-Che vuoi dire?- le parole
uscirono dalla mia bocca prima che ne prendessi realmente il controllo. Ero
sempre stata impulsiva, dote che se molte volte poteva giocarmi a favore,
altrettante risultava un’arma a doppio taglio. Ricordo che un tempo anche lui
me lo disse, in un giorno soleggiato di metà settembre.
Eravamo in giardino, nella vasta tenuta di mio
padre, il sole cominciava a calare all’orizzonte tingendo ogni cosa di mille
sfumature diverse dalle tonalità più calde. Per essere già settembre l’aria era
ancora tiepida e mi permetteva di aggirarmi tra i fiori ormai al termine della
loro breve vita con solamente una leggera mantellina a coprirmi le spalle.
Elijah camminava silenzioso al mio fianco, tenendo con pazienza il mio passo
lento mentre affascinata mi soffermavo su ogni cosa che mi circondava: fiori di
cui non conoscevo il nome, insetti dai colori più strani, cervi in lontananza
che sgambettavano tra le secolari querce della foresta ai limiti del giardino.
-Guardate! Guardate questo! Chissà come si chiama...è
così bello, non trovate?- mi chinai sul fiore dalle tonalità violacee,
accarezzandone i petali setosi con la punta delle dita prima di alzare lo
sguardo sull’uomo che si era fermato vicino a me, sorridendogli.
Il sole alle
suo spalle creava un’aurea di luce tutt’attorno alla sua figura tale da farlo
sembrare una creatura divina. Mi persi a metà strada tra il suo sorriso gentile
che mi rivolse e quegli occhi scuri che mi fissavano quasi inteneriti,
desiderando solamente bloccare il tempo in quell’istante perfetto e magico.
Con un sospiro inudibile ringraziai Dio di avermelo
fatto incontrare.
-E’ un’orchidea macchiata, abbastanza rara in
effetti. Annusatela, dicono che sappia di vaniglia- sotto il suo sguardo
intenso chinai il volto sul fiore e socchiusi gli occhi, sorridendo
imbarazzata. Un profumo dolciastro mi invase le narici, facendomi spalancare
gli occhi.
-E’ vero…Elijah, avete la capacità di stupirmi
sempre- constatai rialzandomi e scrollandomi i fili d’erba dalla gonna
dell’abito –Come fate a sapere tutte queste cose?-
-Nina, forse voi siete solamente troppo ingenua.
Avete mai pensato che potrei semplicemente imbrogliarvi?-
Lo fissai per un attimo seria, concentrandomi sul
suo volto, su quell’espressione divertita e su quei magnetici occhi neri, prima
di aprirmi in un sorriso.
-No, non credo siate un uomo che deve ricorrere a
simili trucchetti puerili per incantare la gente. Forse avete i vostri segreti,
come tutti d’altronde, ma sento che dite il vero quando mi parlate-
Rimase in silenzio a guardarmi, le mani in tasca e un’espressione illeggibile, lontana da
quella scanzonata di poco prima, dipinta in volto, prima di staccare gli occhi
dai miei e fissarli lontano, là dove il sole iniziava a calare.
-Vi affidate troppo al vostro animo buono, sapete?
Cercate di vedere il meglio in tutto ciò che vi circonda-
-Può darsi, ma non sempre è un male-
Sorrise appena.
-Ribadisco, voi siete davvero ingenua-
Invece di arrabbiarmi risi, cercando di alleggerire
quella strana atmosfera che si era creata.
-E voi estremamente modesto-
Rise anche lui, tendendomi il braccio per invitarmi
a proseguire la camminata.
-Siete la prima che afferma una cosa simile-
-Forse sono la prima che tenta di capirvi davvero allora- subito dopo aver detto quelle parole arrossii visibilmente, fissando imbarazzata le punte delle scarpe che sbucavano dal vestito ad ogni passo.
Quando capii che
non avrebbe commentato mi azzardai a gettargli una breve occhiata, notando con
stupore ed altro imbarazzo il suo sorriso mentre fissava d’innanzi a sé.
Rimanemmo in silenzio per un bel pezzo, io
gettandogli di tanto in tanto occhiate incuriosite e lui fissando il cielo
all’orizzonte, con sguardo pensieroso.
Ogni tanto il pensiero del motivo per cui era lì
assieme a suo fratello sbucava nella mia mente, e con esso il dubbio di quando
sarebbero partiti. D’altronde erano lì per una visita di piacere, una sosta nel
loro lungo viaggio, non si erano certamente trasferiti né avevano l’intenzione
di farlo, e ciò era in grado di farmi cadere nel baratro della disperazione più
nera. Possibile che ero diventata in poco tempo così dipendente da lui?
Possibile che una persona tanto estranea era diventata una simile costante
indispensabile della mia vita?
Avvolta da quei tristi pensieri non mi accorsi che ci eravamo fermai
fin quando non mi sentii strattonare delicatamente per il braccio.
-Qualcosa vi turba?-
Sbattei ripetutamente le palpebre, sobbalzando per
quell’improvviso e brusco ritorno alla realtà, e mi soffermai sulla sua
espressione crucciata e preoccupata.
Sorrisi timidamente, scuotendo la testa.
-Nulla di importante- alla sua occhiata scettica mi
aprii in un sorriso sincero –Dico davvero!- risi per distrarlo e mi guardai
attorno, adocchiando ai margini di un pendio che dava su un piccolo ruscello a
qualche metro di profondità un altro fiore dai colori sgargianti che faceva
bella mostra di sé in tutto quel verde. Senza pensarci mi staccai dal braccio
di Elijah, che mi fissò confuso, e corsi in quella direzione, decisa a
raccoglierlo, o quantomeno osservarlo da vicino.
Nel mio scatto non avevo però messo in
considerazione né le mie scarpette, decisamente poco adatte a quel terreno
umido e scivoloso, né il suddetto
terreno, che là dove cadeva a picco verso il piccolo corso d’acqua era parecchio
franabile e poco resistente.
Per questo quando arrestai la mia corsa, il piede
scivolò su di una zolla traballante, che cadde giù nel vuoto facendomi
pericolosamente perdere l’equilibrio. Non riuscii a cacciare nemmeno un urlo
che un braccio mi circondò la vita, attirandomi verso un corpo solido e
impedendo così la mia rovinosa caduta.
Sentii le guance andare a fuoco mentre realizzavo
che il corpo non era altro che quello di Elijah, miracolosamente comparso alle
mie spalle al momento giusto.
Provai ad articolare qualcosa,ancora stretta dal
suo braccio, ma le mie facoltà di parola
erano state arrestate da quella vicinanza troppo…vicina, così rimasi immobile,
rossa come il tramonto che stava giungendo al termine, a boccheggiare con lo
sguardo che fissava tutto fuorché lui.
-Sapete, credo di dover riformulare…non siete
solamente ingenua, ma anche straordinariamente impulsiva- soffiò lui divertito
al mio orecchio, ignorando il mio imbarazzo –E vi posso garantire che questa è
una dote a doppio taglio-
Quando capì che i miei balbettii e respiri mozzati
non avrebbero portato a nulla, si decise a mollare la presa, lasciando
lentamente la mia vita e allontanandosi di un passo, sempre con quel sorriso
enigmatico e leggermente divertito ad illuminargli il volto.
Prendendo un bel respiro, mi azzardai ad incrociare
il suo sguardo.
-G-Grazie…- sussurrai, avvampando nuovamente come
una ragazzina e fissando un punto imprecisato sopra la sua spalla.
-Dovere- sorrise, porgendomi poi il braccio, che
afferrai riluttante –Credo che sia ora di tornare dentro, che ne dite?-
-Si…io…penso sia una buona idea- commentai,
aggrottando la fronte e abbassando lo sguardo, mentre il ricordo del suo
profumo intenso, di gelsomino, mi ritornava alla mente.
Il suono della sua voce mi
riscosse, facendomi tornare bruscamente al presente mentre i ricordi si
affievolivano sino a scomparire come impalpabile nebbiolina.
-Nulla…mi ricordi
solamente una persona che tanto tempo fa fece una cosa simile-
-Che cos…oh- mi bloccai
sgranando appena gli occhi, mentre il senso della sua enigmatica constatazione
si faceva largo in me. L’avevo rifatto di nuovo, non propriamente con la stessa
persona ma con la sua copia spudorata, e senza neanche accorgermene. L’aveva
nuovamente “protetta” da lui, e proprio sotto i suoi occhi. Che razza di sciocca…
Sorrise appena, un sorriso
freddo e amaro, quasi deluso, un sorriso cattivo che mi pugnalò al cuore,
bloccandomi lì dov’ero. Possibile che qualunque cosa facessi, qualunque cosa
dicessi con lui mi si ritorceva sempre contro? Era passata poco più di un’ora
da quando l’avevo rivisto e già avevo fatto la prima mossa falsa, una tra le
più stupide e dementi che potessi fare.
Una vocina mi disse che
erano solo idiozie, che era lui quello che non capiva, che non aveva mai
capito, che non potevo farmi condizionare tanto da lui e da ciò che era
accaduto, perché era ingiusto e insensato, ma il senso di colpa era troppo
grande per starlo a sentire, per questo abbassai lo sguardo sconfitta,
vergognandomi nuovamente e accatastando quel barlume collerico di sensatezza che
mi diceva di ribellarmi e di urlargli in faccia ciò che pensavo, tutto il
dolore che avevo provato, tutta la sofferenza e la disperazione nella quale mi
aveva gettato andandosene e condannandomi. D’altronde quando si ama si tende a
compiere un errore dietro l’altro, no?
-Elijah...- provai a dire,
ma fui bruscamente interrotta da lui, che a quel punto aveva spostato lo
sguardo da me ad un punto alle mie spalle, cambiando leggermente espressione,
levandosi quella maschera di indifferenza e amarezza, delusione e quel
qualcos’altro che la rendeva insopportabile e mettendone una di una pacata
calma.
Mi ricordai in
quell’istante che alle mie spalle c’era ancora Elena, rimasta in silenzio per
tutto quel tempo.
-Elena, non abbiamo altro
da dirci. Ho già detto che vi terrò informati se lo riterrò necessario, ma non
insistere mettendo a dura prova la mia pazienza, non è infinita-
-Io…d’accordo, come vuoi
Elijah-
Lo vidi annuire con la
coda dell’occhio, mentre mi spostavo per non intralciarli, ma soprattutto per non
restargli ancora così vicina, non dopo quel nuovo scontro appena finito.
-Buona giornata- disse
prima di sparire, senza guardarsi indietro, senza più rivolgermi neanche
l’ombra di uno sguardo e lasciandomi lì, a crogiolare nel mio dolore nuovamente
attizzato da lui.
Odiavo quella sua
indifferenza, quella sua freddezza e cattiveria nei mie confronti. Odiavo non
sapermi più rapportare con lui, non riuscire più a tenergli testa come un
tempo, soffocata da sensi di colpa che a ben vedere non avrei dovuto provare ma
che con lui sorgevano spontanei.
Odiavo quella situazione.
-Nina?- Elena mi chiamo,
un’espressione dubbiosa dipinta in volto mentre fissava me e poi il punto da
dove Elijah era scomparso. Capii cosa voleva chiedermi all’istante, e mi diedi
della stupida per essere stata così incosciente da avergli mostrato quello
spettacolino senza neanche accorgermene.
-Si?-
-Sicura di non conoscere
Elijah?-
Risi, più che altro per
mascherare il nervosismo, e la guardai negli occhi.
-Credo che e me
ricorderei, se davvero conoscessi un Originario-
-Si ma…non so per come
parlavate…- aggrottò la fronte, cercando di capire.
-L’ha detto anche lui, che
gli ho ricordato una persona che conosceva- mi strinsi nelle spalle, cercando
di chiudere il discorso senza destarle troppi sospetti.
Elena sorrise,
imbarazzata.
-Già scusami…è che mi
sembrava…vabbè non farci caso, sono tempi in cui tutto mi rende paranoica- rise
come per scusarsi.
-Tranquilla, posso
capirlo- sorrisi rassicurandola –Allora vado, ci vediamo in giro-
-D’accordo, a presto- mi
salutò con un gesto della mano, ma prima che potessi chiudermi la porta alle
spalle mi richiamò.
-Ah Nina!-
-Dimmi-
-Grazie per avere cercato
di proteggermi, prima-
-Non c’è di che, anche se
ammetto che è stata una mossa un po’ azzardata. Non avrei potuto fare granché
contro un Originario-
-E’ stato comunque gentile
il tentativo- sorrise, ed io con lei, prima di salutarla ed uscire.
Quando raggiunsi la
macchina appoggiai la testa al seggiolino, chiudendo gli occhi e respirando
piano. Tutta l’agitazione, il tormento, il dolore, la rabbia e la tristezza
trattenute fino a quell’istante sfociarono in un'unica lacrima silenziosa che
mi rigò la guancia prima di cadere nel vuoto.
Vedere Elijah, dopo
duecento anni era stato un vero colpo,quello indubbiamente, ma vederlo così
freddo e schivo nei miei confronti, così indifferente e spietato era stato
anche peggio. Forse avevo sbagliato ad accettare di venire lì, forse rimanere
nel dubbio di come avrebbe mai potuto reagire sarebbe stato meglio, meno doloroso,
meno soffocante.
Percepire tutto quell’odio
e capire che me lo stava riversando addosso stillandolo sotto forma della più
completa indifferenza era stato atroce, ingestibile. Io lo amavo, dopo tutto
quello che avevo passato, dopo i secoli passati a maledire il giorno in cui lo
avevo incontrato, in cui mi ero innamorata di lui, lo amavo ancora, ma la
convinzione che per lui ormai non ero altro che una traditrice da punire si
concretizzò di colpo.
Klaus aveva ragione, non
mi avrebbe mai perdonata.
- - -
Angolino dell’autrice - - -
Ehm
ehm….questa è tuuuutta un’illusione, il mio non è assolutamente un ritardo,
adesso conterete a ritroso da 10 e allo 0 capirete che non sono realmente
passate più di due settimane dalla mia ultima pubblicazione…
Ok ok bando
agli scherzi, cercate di placare i vostri istinti omicidi almeno per i prossimi
5 minuti, giusto il tempo di finire di leggere le note, e dopo mi offrirò a voi
così potrete fare di me ciò che volete (la melodrammaticità è il mio forte non
so se si è capito XD)
Allora…questo
capitoletto non ha una vera sostanza poderosa, insomma è un po’…di passaggio
diciamo. Non succedono chissà che fatti né si risolve nulla, viene solo
presentato meglio Elijah, c’è quel flash su di un momento tra lui e Nina, un
ricordo praticamente, e si capiscono
meglio le intenzione del bell’Originario con la nostra povera protagonista. Eh
già, la linea del “ti ignoro così ti faccio soffrire” continuerà per un bel
po’, sapete Elijah è un tipetto piuttosto testardo ed orgoglioso quando ci si
mette. Per quanto riguarda Nina…ora non vorrei che la inquadraste come una
piagnucolona priva di spina dorsale che non sa far altro che piangersi addosso,
perché non è assolutamente così…solo che mi sembra normale che reagisca così,
dopo 200 anni che non vede l’uomo che ama e se lo ritrova davanti in tutto il
suo splendore e la sua stronzaggine, intento ad ignorarla bellamente…Con i
prossimi capitoli diciamo che anche lei tirerà fuori il suo caratterino, una
volta ripresa dallo shock.
Uhm…poi poi
poi…ah si, Esther. Ovviamente la mammina da premio dell’anno non poteva
starsene con le mani in mano ancora per molto vero? Si lo so sono sadica, però
ci vuole qualcuno che smuova le acque. Certo ancora sono solo sospetti, ma già
dai prossimi capitoli si capirà cosa la sua subdola mente sta tramando (dico
solo che mi sono mooooooolto ispirata alla quarta stagione).
Ora, so che
diciamo metà storia è ancora un incognita, tipo il passato di Nina, questo
benedetto tradimento e altri fattori vari, ma keep calm XD tutto verrà spiegato
a suo tempo, per adesso vi lascio navigare nelle vostre congetture che ormai
ammettetelo si stanno decisamente avvicinando alla realtà, non è più così
difficile da capire su :)
Bene,
aggiungo che penso che questo capitolo faccia un po’…beh schifino ecco. Non mi
convince per nulla, mi sembra superficiale e privo di spessore ma vabbè, ormai
è scritto quindi a voi il supplizio di leggerlo…
Grazie
infinite per i commenti dello scorso capitolo, sono stata così felice di vedere
che continua a piacere (con questo ovviamente tutto crollerà a picco, già me lo
sento…), e un grazie speciale ad Elyforgotten che mi ha citata nelle note del
suo ultimo capitolo:)
Un bacio a
tutte, spero di sentirvi nelle recensioni :)
Deademia