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Autore: Deademia    25/11/2012    2 recensioni
Quando Stefan si rivolge a Nina Lefevre, giovane vampira francese conosciuta decenni prima a La Rochelle, per chiederle aiuto nella lotta contro Klaus, non sa quanto la sua richiesta sconvolgerà il fragile equilibrio della ragazza. Perchè Nina fugge da un passato macchiato da una colpa fugace ed innocente, un passato dove l'amore è stato oscurato dall'odio, dove il paradiso è mutato sotto i suoi occhi in un eterno inferno. Così quando arriva a Mystic Fall, si trova persa: da una parte vecchi e nuovi amici che combattono per una giusta causa, dall'altra lui, l'amore della sua vita, l'uomo per il quale anni prima avrebbe fatto follie. Per chi lotterà? Per chi metterà a repentaglio la proprio vita? Per quegli amici appena trovati, solari e vivaci, che le faranno scordare la solitudine in cui è sempre vissuta, o per Elijah, bello e dannato, che un tempo l'aveva amata come nessuno mai aveva fatto ma che ora sembra odiarla dal profondo del cuore, quello stesso cuore che lei comincia a temere non possa più provare nulla nei suoi confronti?
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. QUANDO L’AMORE DIVENTA ODIO

 

“L'odio sembra capace più dell'amore di serbare memoria”

(Sergio Quinzio)

 

 

 

Che fossero passati minuti, secondi, o ore intere poco mi importava, stare seduta con la schiena rigida e le unghie conficcate nei palmi delle mani su di una poltrona che aveva le sembianze di un enorme macigno magnetico che mi impediva qualunque tentativo di districarmi da quell’inconveniente situazione, faceva comunque apparire il tempo un’interminabile condanna dalla fine imprecisata e dalla consistenza decisamente opprimente.
Essere lì, ad un metro da un calmo e pacatissimo Elijah, era opprimente.
Dopo quella “presentazione” innocente ad occhi estranei Damon l’aveva interrotto chiarendo a tutti che le famigerate novità richiedevano l’immediata attenzione, tanto che senza neanche accorgermene mi ritrovai nuovamente seduta compostamente sulla poltrona, in apparente aspettativa come tutti gli altri.
Elena, alquanto allarmata riuscii a constatare dopo che un barlume di senno si rimpossessò della sua parte designata nella mia mente, chiese cosa stava accadendo e Stefan gli si avvicinò scuro in volto, certamente preoccupato di un possibile subdolo piano di Klaus o altro.
Io mi chiesi invece come mai Elijah fosse proprio , in casa del nemico, soprattutto dopo il tiro mancino che la doppelganger gli aveva rifilato tradendo la sua fiducia, a spifferare i possibili piani di Klaus.
Impossibile.
Sicuramente c’era ben altro per abbassarsi a rivolgere loro la parola, calpestando il suo orgoglio che certamente non gli avrebbe permesso di rapportarsi così amichevolmente con chi l’aveva spudoratamente fregato senza tanti rimorsi e rimpianti, e addirittura aiutandoli, sfavorendo così la propria fazione.
Le sue parole confermarono i miei sospetti.

-Non sono certamente qui per aiutare voi, questo spero almeno che siate stati in grado di intuirlo, ma perché tra di voi c’è la chiave del nuovo piano che temo stia tramando mia madre-

-Puoi parlare meno per enigmi?- lo interruppe subito Damon con aria strafottente. Pessima mossa.

-Se me ne dai il tempo, forse riuscirò a spiegarti come stanno le cose Damon. Dubito che interrompendomi trarrai conclusioni logiche- sorrisi appena, mentre Elijah schioccava seccatamente la lingua sul palato, gettandogli un’occhiata di sufficienza. Dopo tanti anni ero ancora in grado di prevederlo, di capirlo, ero orgogliosa di me stessa. E del legame che ci univa.

-Stavo dicendo…temo che mia madre stia nuovamente tramando qualcosa a discapito nostro, non ne sono certo, questo lo ammetto, ma dopo il fallimento del suo precedente piano ho buone ragioni di credere che farà un nuovo tentativo per sterminarci, e con noi ogni vampiro- sorrideva misterioso mentre parlava, ma non mi fregò. La conoscevo quell’espressione, la stessa di quando mi raccontò della sua famiglia, era tristezza, delusione, era tormento malcelato da un’ironia sottile e superficiale, inappropriata e per nulla convincente. Soffriva Elijah, lo sapevo dalla sua mascella contratta e da quella ruga sulla fronte pallida, ma lo nascondeva con una maestria dettata dall’esperienza di mille anni. Era bravo ad ingannare la gente, glielo avevo sempre detto.

-E noi in tutto questo cosa c’entriamo? Perché sei qui Elijah?- fu Elena a parlare, avvicinandosi di un passo e posizionandosi al fianco di Stefan, che le cinse un fianco con possessione e protezione.

 Una fitta d’invidia mi trafisse il petto, piccola ma percepibile. Li invidiavo, sì, in quel momento più che mai, perché anche noi eravamo così un tempo, anche noi non riuscivamo a stare lontani, a non cercarci con lo sguardo, a non bramare quei casti contatti quotidiani. Ora invece, dopo secoli di lontananza, sembravamo due perfetti estranei, era inutile tentare di affermare il contrario. Certo, forse riuscivo ancora a leggere tra le righe le sue emozioni, per quanto quel suo essere enigmatico me lo permettesse, ma nulla più. Temevo costantemente di incrociare il suo sguardo e leggervi nuovamente null’altro che il gelo e l’indifferenza più nera, temevo di vedere quegli occhi spenti posarsi su di me con la stessa intensità con cui si posavano sulle sue vittime, e temevo il contatto con la sua pelle, perché ero certa che, vampiro o meno, le mie gambe avrebbero ceduto e lui non avrebbe mosso un muscolo per aiutarmi. Ma ero salva, salva da ognuna di queste situazioni, perché mi ignorava. Parlava leggermente voltato verso Stefan, guardava tutti, persino Caroline e quell’incosciente di Damon, ma non aveva mai posato gli occhi nella poltrona sulla quale sedevo, si muoveva, ma tenendosi sempre, costantemente a debita distanza da dove mi trovavo io. Sembrava non vedermi, o non volermi vedere. Probabilmente l’odio, il disprezzo nei miei confronti era tale da non potermi neanche degnare di un briciolo di attenzione, fosse poi questa spesa con urla e sfoghi rabbiosi, ma quella situazione se da una parte mi feriva a livelli inimmaginabili, dall’altra stava facendo accrescere una punta di collera, lieve ma fastidiosa.
Quel suo essere così composto, così impeccabile e gelido, quel suo essere nobile persino nell’irradiare il peggiore dei sentimenti, mi innervosiva come poche cose, tanto che ero immensamente tentata di alzarmi per posizionarmi ad un palmo dal suo naso, giusto per vedere se anche in quel caso non avrebbe fatto una piega, se solo il gesto non fosse stato tanto puerile.
Mentre facevo queste considerazioni, non riuscii a staccare lo sguardo la suo volto, così potei notare l’espressione a metà tra lo sdegnoso e l’irrisorio che assunse nel rivolgersi ad Elena. Decisamente non aveva preso bene il suo scherzetto assieme ad Esther.

-Odio ripetermi, ma mi sembrava di essere stato chiaro quando ho detto che voi con ogni probabilità avete la chiave del suo nuovo piano- soffiò con aria apparentemente stanca.

-Sarebbe?- chiese Caroline seccata. Una parte di me poteva capirla, Elijah quando decideva di comportarsi a quel modo risultava veramente odioso, o dannatamente e esasperante a seconda dei casi.

-Sarebbe, giovane Forbes, la vostra amica strega. Bonnie, giusto?-

-Cosa diavolo c’entra lei con Esther adesso?-

-Probabilmente nulla, o forse tutto. Ribadisco, non conosco i piani di mia madre, non so cosa potrebbe mai avere in mente, ma so che ha intenzione di fare qualcosa, e penso abbia bisogno dell’aiuto di un’altra strega. Bonnie è la candidata migliore-

-Se parli così, qualcosa devi sapere per forza- lo accusò Stefan con tranquillità, ma tenendosi comunque in guardia. Capibile. Elijah era noto per la sua poca sopportazione delle accuse rivolte nei suoi confronti, ed ancor più per la sua immensa differenza dal fratello: se Klaus nei suoi scatti d’ira con conseguenze pari alle distruzioni di massa risultava prevedibile, Elijah no, la sua immutabile calma era uno scudo che lo rendeva imprevedibile ed egualmente temibile, se non di più, al fratello.

-Forse- ammise con una lieve increspatura arrogante delle labbra –Ma per ora non vedo il motivo di informarvi di nulla. Vi basti sapere che Bonnie potrebbe essere una candidata per il compimento della distruzione della nostra razza, confido nelle vostre azioni d’ora in poi, sperando che la terrete d’occhio ed eviterete ogni avvicinamento da parte di mia madre, sotto qualsiasi forma esso possa avvenire-

Vidi Stefan tentennare, prima di parlare nuovamente.

-D’accordo, faremo come dici tu, terremo d’occhio Bonnie e chi le graviterà attorno d’ora in poi, ma dacci la tua parola che per qualsiasi sviluppo ci terrai informati-

Elijah alzò prepotente un sopracciglio.

-Perché dovrei? Non vi devo nulla, tutt’altro,  siete già stati graziati dal fatto che sono venuto qui ad informarvi di questo. Inoltre sono affari di famiglia-

-Non sono affari di famiglia, c’entriamo tutti in questa faccenda, non puoi pretendere che rimarremo in disparte in caso di un nuovo accatto da parte della tua pazza mammina fan di Van Helsing. Se uno di voi tira le cuoia, c’è il rischio che moriamo anche noi, ed è un rischio che, spiacente, non ho nessuna intenzione di correre. Ci tengo alla mia eternità- sbuffò Damon acido.

Elijah lo fissò per un mo mento in silenzio, probabilmente valutando la veridicità delle sue parole. Ero sicura che se davvero Esther stava tramando qualcosa, certamente un aiuto in più non avrebbe scomodato, e lo sapeva bene persino lui anche se li aveva definiti affari di famiglia, inoltre era vero, c’eravamo dentro tutti quanti fino al collo quando si trattava di attentati agli Originari.
Alla fine sospirò appena, lievemente scocciato giudicai.

-Va bene, se lo riterrò necessario, vi metterò al corrente dei piani di mia madre. Per ora limitatevi ad adempiere al compito che vi ho affidato e non tirare fuori altre pretese-

Vidi Stefan annuire e capii che la questione si era chiusa così.
Rimasi abbastanza basita dal fatto che in tutto quel tempo ero rimasta silenziosamente in disparte, immobile e muta di fronte a quello scambio di battute nel quale non avevo neanche tentato di inoltrarmi. Probabilmente fu meglio così, non osavo immaginare cosa avrebbe potuto ribattere Elijah ad un mio possibile intervento.
Il suono di un cellulare mi distrasse.

-Dimmi Alaric-

-Stefan, qui sembra ci siano novità. Puoi parlare?-

Stefan gettò una veloce occhiata ad Elijah, che ricambiò con pacata curiosità.

-Arriviamo- disse solo, senza realmente rispondere, per poi riattaccare.

-Spero per voi che non stiate tramando nulla contro la mia famiglia. Sapete bene che non avete alcuna speranza di vittoria, i precedenti parlano chiaro- Elijah assottigliò lo sguardo arrogante, sputando quelle parole velate di un’inconsistente minaccia con eleganza e tranquillità. Poi sospirò, gettando un’occhiata all’orologio e parlando prima ancora di ricevere risposta –Ora si è fatto tardi, e anche voi mi sembrate parecchio impegnati-

-D’accordo. Elena, vieni?- Stefan aveva già raggiunto la porta, seguito da Damon, prima di voltarsi nella nostra direzione.

-Si, intanto voi andate, vi raggiungo dopo. Prima devo fare una cosa-

Stefan la fissò dubbioso, nello sguardo la muta domanda riguardo alle sue intenzioni, ma fu liquidato da un’occhiata seria e determinata che fu accolta con piccolo cenno del capo.

-Ok. Nina, noi ci vediamo oggi pomeriggio se non hai altri impegni, anche perché volevo discutere con te di una cosa, ma non ce ne è stato il tempo-

-D’accordo, ci vediamo dopo- sorrisi a Stefan, che ricambiò prima di uscire.

Caroline mi si avvicinò, radiosa.

-E’ stato davvero un piacere conoscerti, Nina, mi dispiace solo che siamo stati interrotti- gettò una veloce occhiataccia ad Elijah, che notai con la coda dell’occhio era stato fermato da Elena –Comunque spero di poter passare del tempo assieme, hai già fatto un giro?-

-Veramente no, non ne ho avuto ancora il tempo…-ammisi con un sorriso imbarazzato.

-Oh fantastico! Allora quando oggi finisci con Stefan fammi uno squillo, ti passo a prendere e ti faccio conoscere un po’ la città. Sai i locali carini, i negozi più belli…certo non è Parigi, ma ti dovrai pur ambientare prima o poi- sorrise euforica, sicuramente nella sua testa già progettava tutto il tour che avrebbe messo in atto -Tieni, questo è il mio numero- lo scrisse velocemente su di un foglietto recuperato da un mobiletto lì accanto e me lo passò –Se hai anche bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi, d’accordo?-

Sorrisi, era così contagiosa la sua euforia che per un attimo mi scordai di tutta la tristezza provata fino a quell’istante, di Elijah che era ancora in quella stessa stanza, e del fatto che non mi aveva ancora realmente rivolto la parola, o lo sguardo.

-Ok, grazie Caroline. Sei davvero una ragazza fantastica-

-Cerco solo di non farti sentire sperduta, d’altronde non conosci nessuno se non Stefan- si strinse nelle spalle, come a minimizzare la questione -Beh ora scappo, mi raccomando oggi chiamami-

-Certo, buona giornata-

Quando anche lei se ne fu andata decisi che era arrivato il momento di tornare al B&B. Mi voltai e vidi che Elena stava ancora parlando con Elijah, voltato di spalle e sempre più intenzionato ad ignorarmi. La stretta allo stomaco si acuì e fui tentata di andarmene senza dire nulla. Stavo per uscire quando uno scambio di battute mi bloccò sul posto, allarmandomi.

-Elijah, devi dirmelo! Io devo saperlo se le persone che amo sono in pericolo!-

-Devo, Elena? Non mi pare che io devo nulla nei tuoi confronti, ringrazia piuttosto che sia venuto fin qui ad avvisarvi, invece di risolvere la questione uccidendo la tua amica ed evitando così futuri pericoli. Non mi pare tu sia nella condizione di dettare pretese, o sbaglio?- sgranai gli occhi nel sentire quel tono gelido e accusatorio, leggermente collerico, mentre le si avvicinava d’un passo, minaccioso, gelandola sul posto.

Mossa da non so quale forza superiore decisamente incosciente  tornai indietro.

-Ehi, cercate di darvi una calmata- dissi, quasi frapponendomi fra i due e sospingendo indietro un Elena reticente.

Ero stata una sciocca, in primo luogo perché effettivamente Elijah non le avrebbe torto un solo capello, la sua era tutta una tattica per intimorirla ma non si sarebbe mai azzardato ad alzare una mano su di una ragazza, per di più umana, non era nel suo stile; e in secondo luogo perché se anche non fosse stato così non avrebbe certamente dato retta a me, e men che meno io avrei avuto la forza fisica per fermarlo. Peccato che tutti questi ragionamenti li avessi fatti solamente dopo.
Era calato il silenzio. Sentivo Elena trattenere il fiato, probabilmente ancora intimorita dalla reazione del vampiro (una parte di me registrò che con ogni probabilità quella era la prima volta che lo vedeva rivolgersi in maniera tanto sgarbata a lei) mentre io abbassavo le mani che istintivamente avevo alzato nella mia spettacolare entrata in scena.
Non guardavo esattamente il suo volto, bensì un punto imprecisato tra il nodo della cravatta e il mento, ma lo potei sentire lo sguardo che mi riservò non appena entrai nel suo campo visivo. Anche senza alzare la testa, percepii quegli occhi neri trapassarmi da parte a parte. Deglutii a vuoto e mi ostinai a non fissarlo apertamente, non sarei mai riuscita a reggere quegli occhi gelidi. Ma al suono della sua voce, amaramente divertita e velata d’ironia, non potei che alzare la testa di scatto, fissandolo confusa.

-Che coincidenza- soffiò con un angolo delle labbra piegato verso l’alto. Non c’era felicità in quell’espressione né divertimento, solo tanta amarezza e disprezzo, mischiate alla consueta nota di noncuranza.

Aggrottai la fronte specchiandomi in quegli occhi neri ora fissi sul mio volto, e cercai di capirne il significato, ma era così difficile ragionare a meno di un palmo dal suo viso, quando potevo  chiaramente percepire il suo respiro freddo infrangersi sulla mia pelle, respiro che aveva lo stesso profumo ammaliante di due secoli prima: gelsomino. Sbattei le palpebre, annebbiata dai ricordi e da lui, e misi nuovamente a fuoco la sua espressione apparentemente indifferente fissa su di me.
E’ questo l’effetto che ti faccio Elijah? Mi odi a tal punto da credere che la violenza fisica non basti? Che serva questo per distruggermi?
Lo pensai solamente, ma un guizzò nei suoi occhi scuri mi fece capire che aveva intuito i mille dubbi muti e nascosti che tormentavano la mia mente dal moment in cui lo avevo rivisto. Ma era stato troppo veloce, troppo sfuggevole per non credere che fosse solamente il frutto della mia fervida e suggestionabile immaginazione.

-Che vuoi dire?- le parole uscirono dalla mia bocca prima che ne prendessi realmente il controllo. Ero sempre stata impulsiva, dote che se molte volte poteva giocarmi a favore, altrettante risultava un’arma a doppio taglio. Ricordo che un tempo anche lui me lo disse, in un giorno soleggiato di metà settembre.

 

Eravamo in giardino, nella vasta tenuta di mio padre, il sole cominciava a calare all’orizzonte tingendo ogni cosa di mille sfumature diverse dalle tonalità più calde. Per essere già settembre l’aria era ancora tiepida e mi permetteva di aggirarmi tra i fiori ormai al termine della loro breve vita con solamente una leggera mantellina a coprirmi le spalle. Elijah camminava silenzioso al mio fianco, tenendo con pazienza il mio passo lento mentre affascinata mi soffermavo su ogni cosa che mi circondava: fiori di cui non conoscevo il nome, insetti dai colori più strani, cervi in lontananza che sgambettavano tra le secolari querce della foresta ai limiti del giardino.

-Guardate! Guardate questo! Chissà come si chiama...è così bello, non trovate?- mi chinai sul fiore dalle tonalità violacee, accarezzandone i petali setosi con la punta delle dita prima di alzare lo sguardo sull’uomo che si era fermato vicino a me, sorridendogli.

 Il sole alle suo spalle creava un’aurea di luce tutt’attorno alla sua figura tale da farlo sembrare una creatura divina. Mi persi a metà strada tra il suo sorriso gentile che mi rivolse e quegli occhi scuri che mi fissavano quasi inteneriti, desiderando solamente bloccare il tempo in quell’istante perfetto e magico.
Con un sospiro inudibile ringraziai Dio di avermelo fatto incontrare.

-E’ un’orchidea macchiata, abbastanza rara in effetti. Annusatela, dicono che sappia di vaniglia- sotto il suo sguardo intenso chinai il volto sul fiore e socchiusi gli occhi, sorridendo imbarazzata. Un profumo dolciastro mi invase le narici, facendomi spalancare gli occhi.

-E’ vero…Elijah, avete la capacità di stupirmi sempre- constatai rialzandomi e scrollandomi i fili d’erba dalla gonna dell’abito –Come fate a sapere tutte queste cose?-

-Nina, forse voi siete solamente troppo ingenua. Avete mai pensato che potrei semplicemente imbrogliarvi?-

Lo fissai per un attimo seria, concentrandomi sul suo volto, su quell’espressione divertita e su quei magnetici occhi neri, prima di aprirmi in un sorriso.

-No, non credo siate un uomo che deve ricorrere a simili trucchetti puerili per incantare la gente. Forse avete i vostri segreti, come tutti d’altronde, ma sento che dite il vero quando mi parlate-

Rimase in silenzio a guardarmi, le mani in tasca  e un’espressione illeggibile, lontana da quella scanzonata di poco prima, dipinta in volto, prima di staccare gli occhi dai miei e fissarli lontano, là dove il sole iniziava a calare.

-Vi affidate troppo al vostro animo buono, sapete? Cercate di vedere il meglio in tutto ciò che vi circonda-

-Può darsi, ma non sempre è un male-

Sorrise appena.

-Ribadisco, voi siete davvero ingenua-

Invece di arrabbiarmi risi, cercando di alleggerire quella strana atmosfera che si era creata.

-E voi estremamente modesto-

Rise anche lui, tendendomi il braccio per invitarmi a proseguire la camminata.

-Siete la prima che afferma una cosa simile-

-Forse sono la prima che tenta di capirvi davvero allora- subito dopo aver detto quelle parole arrossii visibilmente, fissando imbarazzata le punte delle scarpe che sbucavano dal vestito ad ogni passo. 

Quando capii che non avrebbe commentato mi azzardai a gettargli una breve occhiata, notando con stupore ed altro imbarazzo il suo sorriso mentre fissava d’innanzi a sé.
Rimanemmo in silenzio per un bel pezzo, io gettandogli di tanto in tanto occhiate incuriosite e lui fissando il cielo all’orizzonte, con sguardo pensieroso.
Ogni tanto il pensiero del motivo per cui era lì assieme a suo fratello sbucava nella mia mente, e con esso il dubbio di quando sarebbero partiti. D’altronde erano lì per una visita di piacere, una sosta nel loro lungo viaggio, non si erano certamente trasferiti né avevano l’intenzione di farlo, e ciò era in grado di farmi cadere nel baratro della disperazione più nera. Possibile che ero diventata in poco tempo così dipendente da lui? Possibile che una persona tanto estranea era diventata una simile costante indispensabile della mia vita?
Avvolta da quei tristi  pensieri non mi accorsi che ci eravamo fermai fin quando non mi sentii strattonare delicatamente per il braccio.

-Qualcosa vi turba?-

Sbattei ripetutamente le palpebre, sobbalzando per quell’improvviso e brusco ritorno alla realtà, e mi soffermai sulla sua espressione crucciata e preoccupata.
Sorrisi timidamente, scuotendo la testa.

-Nulla di importante- alla sua occhiata scettica mi aprii in un sorriso sincero –Dico davvero!- risi per distrarlo e mi guardai attorno, adocchiando ai margini di un pendio che dava su un piccolo ruscello a qualche metro di profondità un altro fiore dai colori sgargianti che faceva bella mostra di sé in tutto quel verde. Senza pensarci mi staccai dal braccio di Elijah, che mi fissò confuso, e corsi in quella direzione, decisa a raccoglierlo, o quantomeno osservarlo da vicino.
Nel mio scatto non avevo però messo in considerazione né le mie scarpette, decisamente poco adatte a quel terreno umido e scivoloso, né il  suddetto terreno, che là dove cadeva a picco verso il piccolo corso d’acqua era parecchio franabile e poco resistente.
Per questo quando arrestai la mia corsa, il piede scivolò su di una zolla traballante, che cadde giù nel vuoto facendomi pericolosamente perdere l’equilibrio. Non riuscii a cacciare nemmeno un urlo che un braccio mi circondò la vita, attirandomi verso un corpo solido e impedendo così la mia rovinosa caduta.
Sentii le guance andare a fuoco mentre realizzavo che il corpo non era altro che quello di Elijah, miracolosamente comparso alle mie spalle al momento giusto.
Provai ad articolare qualcosa,ancora stretta dal suo braccio,  ma le mie facoltà di parola erano state arrestate da quella vicinanza troppo…vicina, così rimasi immobile, rossa come il tramonto che stava giungendo al termine, a boccheggiare con lo sguardo che fissava tutto fuorché lui.

-Sapete, credo di dover riformulare…non siete solamente ingenua, ma anche straordinariamente impulsiva- soffiò lui divertito al mio orecchio, ignorando il mio imbarazzo –E vi posso garantire che questa è una dote a doppio taglio-

Quando capì che i miei balbettii e respiri mozzati non avrebbero portato a nulla, si decise a mollare la presa, lasciando lentamente la mia vita e allontanandosi di un passo, sempre con quel sorriso enigmatico e leggermente divertito ad illuminargli il volto.
Prendendo un bel respiro, mi azzardai ad incrociare il suo sguardo.

-G-Grazie…- sussurrai, avvampando nuovamente come una ragazzina e fissando un punto imprecisato sopra la sua spalla.

-Dovere- sorrise, porgendomi poi il braccio, che afferrai riluttante –Credo che sia ora di tornare dentro, che ne dite?-

-Si…io…penso sia una buona idea- commentai, aggrottando la fronte e abbassando lo sguardo, mentre il ricordo del suo profumo intenso, di gelsomino, mi ritornava alla mente.

 

Il suono della sua voce mi riscosse, facendomi tornare bruscamente al presente mentre i ricordi si affievolivano sino a scomparire come impalpabile nebbiolina.

-Nulla…mi ricordi solamente una persona che tanto tempo fa fece una cosa simile-

-Che cos…oh- mi bloccai sgranando appena gli occhi, mentre il senso della sua enigmatica constatazione si faceva largo in me. L’avevo rifatto di nuovo, non propriamente con la stessa persona ma con la sua copia spudorata, e senza neanche accorgermene. L’aveva nuovamente “protetta” da lui, e proprio sotto i suoi occhi. Che razza di sciocca…

Sorrise appena, un sorriso freddo e amaro, quasi deluso, un sorriso cattivo che mi pugnalò al cuore, bloccandomi lì dov’ero. Possibile che qualunque cosa facessi, qualunque cosa dicessi con lui mi si ritorceva sempre contro? Era passata poco più di un’ora da quando l’avevo rivisto e già avevo fatto la prima mossa falsa, una tra le più stupide e dementi che potessi fare.
Una vocina mi disse che erano solo idiozie, che era lui quello che non capiva, che non aveva mai capito, che non potevo farmi condizionare tanto da lui e da ciò che era accaduto, perché era ingiusto e insensato, ma il senso di colpa era troppo grande per starlo a sentire, per questo abbassai lo sguardo sconfitta, vergognandomi nuovamente e accatastando quel barlume collerico di sensatezza che mi diceva di ribellarmi e di urlargli in faccia ciò che pensavo, tutto il dolore che avevo provato, tutta la sofferenza e la disperazione nella quale mi aveva gettato andandosene e condannandomi. D’altronde quando si ama si tende a compiere un errore dietro l’altro, no?

-Elijah...- provai a dire, ma fui bruscamente interrotta da lui, che a quel punto aveva spostato lo sguardo da me ad un punto alle mie spalle, cambiando leggermente espressione, levandosi quella maschera di indifferenza e amarezza, delusione e quel qualcos’altro che la rendeva insopportabile e mettendone una di una pacata calma.

Mi ricordai in quell’istante che alle mie spalle c’era ancora Elena, rimasta in silenzio per tutto quel tempo.

-Elena, non abbiamo altro da dirci. Ho già detto che vi terrò informati se lo riterrò necessario, ma non insistere mettendo a dura prova la mia pazienza, non è infinita-

-Io…d’accordo, come vuoi Elijah-

Lo vidi annuire con la coda dell’occhio, mentre mi spostavo per non intralciarli, ma soprattutto per non restargli ancora così vicina, non dopo quel nuovo scontro appena finito.

-Buona giornata- disse prima di sparire, senza guardarsi indietro, senza più rivolgermi neanche l’ombra di uno sguardo e lasciandomi lì, a crogiolare nel mio dolore nuovamente attizzato da lui.

Odiavo quella sua indifferenza, quella sua freddezza e cattiveria nei mie confronti. Odiavo non sapermi più rapportare con lui, non riuscire più a tenergli testa come un tempo, soffocata da sensi di colpa che a ben vedere non avrei dovuto provare ma che con lui sorgevano spontanei.
Odiavo quella situazione.

-Nina?- Elena mi chiamo, un’espressione dubbiosa dipinta in volto mentre fissava me e poi il punto da dove Elijah era scomparso. Capii cosa voleva chiedermi all’istante, e mi diedi della stupida per essere stata così incosciente da avergli mostrato quello spettacolino senza neanche accorgermene.

-Si?-

-Sicura di non conoscere Elijah?-

Risi, più che altro per mascherare il nervosismo, e la guardai negli occhi.

-Credo che e me ricorderei, se davvero conoscessi un Originario-

-Si ma…non so per come parlavate…- aggrottò la fronte, cercando di capire.

-L’ha detto anche lui, che gli ho ricordato una persona che conosceva- mi strinsi nelle spalle, cercando di chiudere il discorso senza destarle troppi sospetti.

Elena sorrise, imbarazzata.

-Già scusami…è che mi sembrava…vabbè non farci caso, sono tempi in cui tutto mi rende paranoica- rise come per scusarsi.

-Tranquilla, posso capirlo- sorrisi rassicurandola –Allora vado, ci vediamo in giro-

-D’accordo, a presto- mi salutò con un gesto della mano, ma prima che potessi chiudermi la porta alle spalle mi richiamò.

-Ah Nina!-

-Dimmi-

-Grazie per avere cercato di proteggermi, prima-

-Non c’è di che, anche se ammetto che è stata una mossa un po’ azzardata. Non avrei potuto fare granché contro un Originario-

-E’ stato comunque gentile il tentativo- sorrise, ed io con lei, prima di salutarla ed uscire.

Quando raggiunsi la macchina appoggiai la testa al seggiolino, chiudendo gli occhi e respirando piano. Tutta l’agitazione, il tormento, il dolore, la rabbia e la tristezza trattenute fino a quell’istante sfociarono in un'unica lacrima silenziosa che mi rigò la guancia prima di cadere nel vuoto.
Vedere Elijah, dopo duecento anni era stato un vero colpo,quello indubbiamente, ma vederlo così freddo e schivo nei miei confronti, così indifferente e spietato era stato anche peggio. Forse avevo sbagliato ad accettare di venire lì, forse rimanere nel dubbio di come avrebbe mai potuto reagire sarebbe stato meglio, meno doloroso, meno soffocante.
Percepire tutto quell’odio e capire che me lo stava riversando addosso stillandolo sotto forma della più completa indifferenza era stato atroce, ingestibile. Io lo amavo, dopo tutto quello che avevo passato, dopo i secoli passati a maledire il giorno in cui lo avevo incontrato, in cui mi ero innamorata di lui, lo amavo ancora, ma la convinzione che per lui ormai non ero altro che una traditrice da punire si concretizzò di colpo.
Klaus aveva ragione, non mi avrebbe mai perdonata.

 

 

- - - Angolino dell’autrice - - -

Ehm ehm….questa è tuuuutta un’illusione, il mio non è assolutamente un ritardo, adesso conterete a ritroso da 10 e allo 0 capirete che non sono realmente passate più di due settimane dalla mia ultima pubblicazione…
Ok ok bando agli scherzi, cercate di placare i vostri istinti omicidi almeno per i prossimi 5 minuti, giusto il tempo di finire di leggere le note, e dopo mi offrirò a voi così potrete fare di me ciò che volete (la melodrammaticità è il mio forte non so se si è capito XD)
Allora…questo capitoletto non ha una vera sostanza poderosa, insomma è un po’…di passaggio diciamo. Non succedono chissà che fatti né si risolve nulla, viene solo presentato meglio Elijah, c’è quel flash su di un momento tra lui e Nina, un ricordo praticamente, e  si capiscono meglio le intenzione del bell’Originario con la nostra povera protagonista. Eh già, la linea del “ti ignoro così ti faccio soffrire” continuerà per un bel po’, sapete Elijah è un tipetto piuttosto testardo ed orgoglioso quando ci si mette. Per quanto riguarda Nina…ora non vorrei che la inquadraste come una piagnucolona priva di spina dorsale che non sa far altro che piangersi addosso, perché non è assolutamente così…solo che mi sembra normale che reagisca così, dopo 200 anni che non vede l’uomo che ama e se lo ritrova davanti in tutto il suo splendore e la sua stronzaggine, intento ad ignorarla bellamente…Con i prossimi capitoli diciamo che anche lei tirerà fuori il suo caratterino, una volta ripresa dallo shock.
Uhm…poi poi poi…ah si, Esther. Ovviamente la mammina da premio dell’anno non poteva starsene con le mani in mano ancora per molto vero? Si lo so sono sadica, però ci vuole qualcuno che smuova le acque. Certo ancora sono solo sospetti, ma già dai prossimi capitoli si capirà cosa la sua subdola mente sta tramando (dico solo che mi sono mooooooolto ispirata alla quarta stagione).

Ora, so che diciamo metà storia è ancora un incognita, tipo il passato di Nina, questo benedetto tradimento e altri fattori vari, ma keep calm XD tutto verrà spiegato a suo tempo, per adesso vi lascio navigare nelle vostre congetture che ormai ammettetelo si stanno decisamente avvicinando alla realtà, non è più così difficile da capire su :)
Bene, aggiungo che penso che questo capitolo faccia un po’…beh schifino ecco. Non mi convince per nulla, mi sembra superficiale e privo di spessore ma vabbè, ormai è scritto quindi a voi il supplizio di leggerlo…
Grazie infinite per i commenti dello scorso capitolo, sono stata così felice di vedere che continua a piacere (con questo ovviamente tutto crollerà a picco, già me lo sento…), e un grazie speciale ad Elyforgotten che mi ha citata nelle note del suo ultimo capitolo:)
Un bacio a tutte, spero di sentirvi nelle recensioni :)

Deademia

 

  
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