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Autore: damnhudson    25/11/2012    4 recensioni
«La tua mamma almeno c’è.» Rispose la bambina, alzando di nuovo lo sguardo, notando che il bambino ora si avvicinava a lui, stranito.
«Tu hai un papà. Siamo pari, non pensi?»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finn Hudson, Santana Lopez
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1.0 - Beginning.
Quando era più piccola, Santana Lopez era solita giocare da sola. Il fatto che suo padre fosse uno degli uomini più ricchi di Lima, non si era mai rivelato essere di buon auspicio. Non aveva mai stretto una forte amicizia con nessuno, se non con chi cercava di accaparrarsi il suo affetto solo per un po’ di soldi. Morti di fame, ecco come li definiva Santana. All’età di otto anni, aveva imparato di chi fidarsi e di chi no, e ovviamente, non si fidava di nessuno, se non di Marisol, la sua governante. Era una donna molto bella ed era successo più volte che Santana l’avesse scambiata per sua madre. Infatti, aveva perso la madre quando era venuta al mondo, e per questo, negli anni successivi si sentii particolarmente in colpa, ogni giorno della sua vita. Non festeggiava il Natale. Lei non aspettava Babbo Natale e non era convinta che lasciare latte e biscotti, l’avrebbe fatta apparire migliore agli occhi della gente ed era utopico, che, a quell’età, una bambina non avesse un bel sorriso stampato in faccia. La colpa non era di suo padre. La colpa era sua, tutta sua. Sua perché a crescere da sola aveva sviluppato una specie di carattere un po’ ribelle, antipatico, auspico. Ma per quanto questo sarebbe stato colpa sua? Era colpa sua se era cresciuta da sola? Se ogni bambino della sua età si allontanava da lei? Se ogni volta che guardava ‘il re leone.’ non piangeva, perché aveva vissuto avventure ben peggiori? Era realmente colpa sua? Suo padre era del parere che, comunque, non era colpa sua e, nonostante, amasse la moglie, aveva imparato ad amare anche sua figlia.
Quando un giorno, venne a bussare un bambino, più o meno dell’età di Santana, Javier Lopez aprì la porta sorridente.
«Ciao, piccolo!» Disse, aprendo un sorriso grande grande alla vista del bambino con la testa a forma di patata e i capelli a baschetto color biondo cenere.
«Ehi… Salve. – Finn si girò a guardare verso casa sua, dove sua madre stava sulla porta. Insomma, la vedeva male, visto la stagionata. – Mi è caduto il pallone dall’altra parte della sua casa… Può recuperarlo?»
«Vai tu. Hai il mio permesso.»
Finn annuì e sorrise, poco convinto. Non era preparato a questo. Comunque girò dietro la villa e a prima vista intravide il suo pallone, arancione, da basket sull’erba e poi una bambina, con due trecce e una gonnellina rossa, giocare da sola, con una bambola. La vide parlarci anche, mentre giocava con una tazzina da tè, faceva finta di berlo e poi parlava. Finn aveva parecchi amici, il suo preferito si chiamava Noah, ma c’era anche Mike, che era un asiatico simpatico con gli occhi allungati, Finn voleva molto bene ai suoi amici, giocavano sempre a basket, anche se Mike, di tanto in tanto, ballava per arrivare a canestro. Erano simpatici, comunque, anche se Noah era palesemente antipatico e picchiava i bambini che non concordavano con lui.
«Ciao!» Fece Finn, preso da un momento di strana tenerezza per la bambina, mentre raccoglieva il pallone, portandolo sotto il braccio. Santana alzò lo sguardo, guardandolo con la coda dell’occhio, cercando di capire cosa volesse effettivamente da lei. Riprese a giocare con la bambola.
«Sai… Non è buona educazione non rispondere, me lo dice sempre mia madre.» Continuò, il bambino più alto.
«La tua mamma almeno c’è.» Rispose la bambina, alzando di nuovo lo sguardo, notando che il bambino ora si avvicinava a lui, stranito.
«Tu hai un papà. Siamo pari, non pensi?»
Oh. Santana rimase colpita, nella sua innocenza, quando Finn pronunciò le sue parole. Erano pari. Aveva un papà lei, che le voleva bene ogni giorno della sua vita, nonostante non giocasse mai con lei, anche se sapeva che era per lavoro. Finn si strinse nelle spalle, facevo una linea continua con le labbra, serrando l’unico pugnetto rimasto, mentre l’altra reggeva il pallone.
«Posso bere il tè con te?» Chiese allora, mentre Santana non sapeva cosa dire, gli fece cenno col capo e Finn si sedette, spostando la bambola nell’altra sedia, mentre Santana versava il tè nell’altra tazzina, che prima apparteneva alla bambola.
«In realtà è semplice acqua.»
«Io gioco a basket, ma preferisco il football..» Rispose Finn, prendendo un dolcetto che si rivelò essere autentico, sapeva di cocco. Santana sorrise.
«Il basket almeno non ti fa spezzare le ossa, al contrario del football.»
«Non guardi mai le partite alla tv? – chiese il bambino, allora, prendendo grandi morsi del suo biscotto mentre la femminuccia scuoteva la testa. – Allora non sai che portano le protezioni affinché non si facciano male. A meno che non sia un gigante come nella storia di Jake e il fagiolo magico, non dovrebbero mai farsi male.»
Santana fece una strana espressione, mise la bocca a forma di o e rimase stupita, mentre prendeva un biscotto a forma di coniglietto. Marisol era bravissima a fare i dolci.
«Oh.. Cosa vuoi fare da grande?» Chiese dunque lei.
«L’astronauta. O il giocatore di football, appunto. Ma mai il lavoro che mi ha portato via il mio papà.» Disse il bambino sicuro, scrutando l’acqua dentro la tazzina, lasciandola lì dov’era. Chissà se era potabile, inoltre. «Tu?»
«Mia madre non l’ho mai conosciuta. – Prese un sospiro e riprese a parlare. – Oh… non lo so. Come si chiamano quelle ragazze che fanno il tifo? Potrei fare il tifo per te, se ti fa piacere. »
« Non lo so, qualcosa a che fare con pon pon. – Disse, posando un dito sopra la bocca, tutta sporca di biscotto. – Cheerleader.»
«E sarò il capo!»
«E sarai il capo. La capa, forse… Visto che sei una femmina, non trovi?» Chiese il bambino ridendo. Santana, scoppiò a ridere, accorgendosi che qualcuno la fissava da una finestra. Era suo padre, che la vedeva parlare con quel bambino di cui, facendoci caso non sapeva nemmeno il nome. Ora si vergognava, ma sapeva che aveva un grosso sorriso sul viso e forse anche lei era contenta.
«Io non so nemmeno come ti chiami!» Finn si batté una mano sulla fronte, mentre guardava la bambina che gli faceva notare quel particolare importante.
«Finn. Finn Hudson.»
«Ah. Io sono Santana, Santana Lopez.» Fece lei ridendo, prendendosi gioco di lui, mentre lo fissava.
«Santana… Ora devo andare, la mamma mi aspetta. Dobbiamo andare a prendere un cane, per farmi compagnia, quando lei lavora di notte… Sai, succede che anche i bambini maschi abbiano paura, ma non lo dire ai miei amici, eh.» Finn si alzò, guardando Santana e scomparve dietro la casa, correndo, perché non vedeva l’ora di avere quel cagnolino, non vedeva l’ora di non avere più paura, che tutto andasse bene. Non vedeva l’ora di non sentirsi più solo, di trovare un senso a tutto quello che aveva fatto e soprattutto, non vedeva l’ora di raccontare alla sua mamma della sua nuova amica Santana, con le trecce e la gonna rossa. E allora Santana, con un sorriso sulle labbra, riprese a giocare con la bambolina, lasciandola nella sedia in cui Finn Hudson senza il papà, l’aveva lasciata, perché sentiva di avere un nuovo amico ed ogni bambino di otto anni, quando ha un nuovo amico è contento e dopo tanto tempo, Santana si sentiva almeno un po’ felice.




* Marti. *
Non si sa perché io sia tornata su questo fandom, dopo aver detto che mi prendevo una pausa, ma boh, sto pomeriggio avendo da studiare ma avendo poca voglia, ho deciso di scrivere e poi tumblr mi ha aiutato.
Come sempre, stimola la mia fantasia çç
Comunque questa cosa è un po' complessa, nel senso che: praticamente sono vari prompt per i miei bambini, FinntanaFTW, ma è una vera e propria FF. Sto scrivendo una long Finntana, sì... Abbiate pazienza. Non sarà più lunga di tredici/quattordici capitoli, quindi... gnip. Vi aspetto con le recensioni, nel caso vi sia piaciuto quello che ho fatto, sennò smettetela di leggermi u.u
Un abbraccio, Marti.
   
 
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